Ives Klein, 1962
Anna Migliozzi, analista del Centro Milanese Di Psicoanalisi, discute con Riccardo Lombardi, analista del Centro Romano di Psicoanalisi, sul tema ‘Il corpo in Psicoanalisi’.
Riccardo Lombardi ha pubblicato numerosi lavori sul tema, di cui l’ultimo ‘Metà Prigioniero Metà Alato’, edito da Boringhieri, 2018, Formless Infinity. Clinical Explorations of Matte Blanco and Bion, Routledge 2015, Body-Mind Dissociation in Psychoanalysis. Development after Bion, Routledge 2017.
Storicamente la Psicoanalisi nasce dal confronto di Freud con fenomenologie in cui il corpo è in primo piano; in particolare il corpo della donna attraverso sintomi che presentava, dava voce ai traumi subiti. Poi il corpo è stato oscurato e trascurato dagli psicoanalisti che lo hanno relegato ‘fuori dalla stanza d’analisi.’
Oggi, invece, si assiste ad un rinnovato interesse per il corpo, forse per una forte disarmonia mente-corpo che troviamo nei pazienti che si presentano nelle nostre stanze di analisi. Guardare al corpo sarebbe prima di tutto una scelta pragmatica per lo psicoanalista che intende lavorare sulle sofferenze che la contemporaneità gli sottopone.
Potremmo affermare, come dice Lombardi, che mentre in passato abbiamo assistito Faustianamente ad un individuo in lotta con le pulsioni e il corpo poteva essere l’artefice o strumento di questa lotta, oggi l’individuo non vive ‘dentro se stesso’ e, pur non percependo il corpo come antagonista, lo abita come luogo alieno e minaccioso. Il corpo, invece, rimane il contenitore dell’esperienza soggettiva originaria e fonda l’identità individuale; in quanto il nostro senso di esistere si sviluppa solo attraverso la capacità di sentire e pensare, esito dell’intimo scambio tra le ondate sensoriali e percettive tra corpo-mente.