Cultura e Società

Il sole 24 ore, 4 giugno 2018. Adolescenti, contro l’angoscia e la violenza serve più fiducia nel futuro. Intervista a Anna Nicolò

14/06/18
Il sole 24 ore, 4 giugno 2018. Adolescenti, contro l'angoscia e la violenza serve più fiducia nel futuro. Intervista a Anna Nicolò

Ernst Ludwig Kirchner

*Ernst Ludwig Kirchner

Sanità 24 Il sole 24 ore  2018-06-04.

Adolescenti contro l’angoscia e la violenza serve più fiducia nel futuro, di Anna Maria Nicolò

Introduzione : “Non domandarci la formula che mondi possa aprirti, sì qualche storta sillaba e secca come un ramo. Codesto solo oggi possiamo dirti, ciò che non siamo, ciò che non vogliamo”(Ossi di Seppia E. Montale). Qual è, a questo punto 100 e più anni dopo Freud, la formula adatta per l’incontro con gli adolescenti del terzo millennio? Anna Maria Nicolò, Presidente della Società Psicoanalitica Italiana,  Neuropsichiatra Infantile…e molto altro, con la sua profonda esperienza di disagio adolescenziale, di fronte alla sfiducia e instabilità del mondo postmoderno,  propone di ridare valore alla fiducia come tensione vitale verso il futuro.  (Maria Naccari Carlizzi)

 

Sanità 24 Il sole 24 ore  2018-06-04.

Adolescenti, contro l’angoscia e la violenza serve più fiducia nel futuro

di Anna Maria Nicolò*

In una città italiana un gruppo di allievi di una scuola media superiore circondano l’insegnante, lo insultano e lo malmenano. Il suo errore è quello di aver messo un’insufficienza. In molti istituti scolastici d’Italia, dal Nord al Sud, piccoli gruppi di bulli si esercitano. Spiegazioni sociologiche o politiche si alternano a commenti psicologici: certo il senso di pericolo generalizzato e la violenza incrementano il disagio e la fantasia che bisogna aggredire per sopravvivere.

L’adolescenza sembra essere diventata una delle emergenze prioritarie in tutti i paesi occidentali e questo avviene anche perché questa età è la cartina di tornasole della società e in essa è depositato il nostro futuro. I sociologi dicono che questa è la prima generazione di giovani ad avere condizioni economiche inferiori a quelle dei genitori, ma guardando l’accesso ai beni di consumo, ai cellulari, ai tablet, ai molti strumenti tecnologici che i ragazzi hanno oggi, potremmo piuttosto dire che sono cambiati i loro bisogni e i loro ideali. Quello di cui sono stati derubati non è solo la loro pensione futura, ma piuttosto la speranza di costruire un mondo migliore, la fiducia che l’impegno possa produrre risultati efficaci e che valga la pena di sacrificarsi per gli ideali. In cambio gli è stata data l’illusione che tutto è possibile.

I processi di idealizzazione dell’adolescente
L’adolescente fisiologicamente ha bisogno di usare processi di idealizzazione che lo aiutano a credere nella vita e ad investire in essa. Piano piano, dopo l’avvento della pubertà gli ideali dell’Io cambiano. Se prima per il bambino era il genitore al centro dei suoi ideali, successivamente tutto questo muta. L’idealizzazione cerca nuovi differenti oggetti a cui riferirsi che possono essere trovati in figure politiche o sociali, filosofie o religioni, attori, cantanti o scienziati. Uno dei problemi che esiste in questa età fa riferimento proprio a quanto l’adolescente sia capace di modificare i suoi investimenti, mantenendo un’idealizzazione modulata e accettando i limiti che la realtà impone. L’elemento dirimente è la capacità di tollerare le frustrazioni del fallimento senza esagerare narcisisticamente i risultati positivi. Talvolta questo confronto diventa traumatico. La critica e la persecuzione, se gli ideali sono diventati prescrittivi , possono essere difficili da sopportare. Nei casi peggiori, si assumono come ideali, modelli negativi a causa dell’irraggiungibilità di standard elevati. E’ la crisi di originalità negativa di cui parlava Erikson. Il ragazzo allora avrà comportamenti antisociali o perversi senza alcun senso di colpa o proibizione. Il confronto con il mondo sociale, familiare o personale diventa così traumatico che il ricorso a figure mitiche o sette religiose può diventare una soluzione tragica ad un vuoto del sé difficile da colmare. Si rimette cosi in discussione lo stesso meccanismo dell’idealizzazione. Tutto diventa cinico, opportunistico e alla fine senza significato.

Il confronto con i bulli e l’esperienza della sessualità
“E’ capace di un confronto con la realtà?”. Questa è la domanda che ci dobbiamo porre quando ci confrontiamo con i nostri adolescenti, tossicofilici, violenti, bulli o annoiati o che sperimentano una sessualità staccata, scissa, lontana dalle emozioni, agita talvolta come una bravata.
L’esperienza della sessualità testimonia di un ragazzo capace di usare di un corpo che gli fornisce nuove sensazioni mai esperimentate prima nell’infanzia, ma anche mostra che è possibile un’integrazione tra la sessualità e il grande universo delle emozioni. Talvolta questo si traduce nell’esperienza dell’innamoramento che certo facilita l’iniziazione sessuale, talvolta invece ha le caratteristiche di uno scambio giocoso, sempre affettuoso, ma mai sadico e crudele. E’ quello che i ragazzi chiamano scherzosamente “ lo scopamico”, diverso dal partner, ma sempre una figura in genere benevola e protettiva.
Ci sono però situazioni più gravi e penose dove c’è un pericoloso distacco da se stessi e dall’altro. La sessualità in questi casi è uno sforzo ginnico che lascia soli, è basata sull’affermazione, sul potere, sul controllo, può essere gestita nel gruppo e talora serve ad affermare un’identità di genere di cui inconsciamente il ragazzo ha invece molti dubbi. L’adolescente non sa ancora se sarà omosessuale, eterosessuale o semplicemente ancora confuso e incerto tra le sue posizioni. Un conflitto interno in questa età è indice spesso di un dubbio che riguarda l’identità di genere. La confusione bisessuale onnipotente può essere facilmente presente e si diventerà adulti solo quando si accetterà il senso del limite imposto dalla realtà, anzitutto da quello che sei nel tuo corpo. Certo i modelli che oggi abbiamo non ci aiutano molto nella certezza della nostra identità. Siamo davanti ad una grande rivoluzione antropologica?

Internet fa credere all’adolescente che tutto è possibile
Un’altra espressione di questo distacco tra la sessualità e le emozioni è quanto avviene in internet. Gli adulti hanno veramente poca consapevolezza di quanto sia vasto, articolato e complesso il mondo della sessualità giovanile in internet, gestita sui grandi social o nelle chat deputate a questo. La rete fa credere all’adolescente che tutto è possibile. Con un semplice click puoi trovare di tutto, puoi essere tutto e il contrario di tutto: puoi nasconderti dietro un’identità segreta, essere vecchio o bambino, maschio o femmina, transgender, omosessuale o etero sessuale. La rete è un grande miraggio per i giovani, evita loro la frustrazione del confronto vero e concreto con l’altro, esclude il corpo fisico, insegue l’onnipotenza delle fantasie e, cosa importante per l’adolescente terrorizzato dalla passività, ti dà l’illusione di una relazione senza dipendenza. L’effetto alla lunga è il paradosso della distruzione del desiderio reale. Il desiderio nasce dalla mancanza, da quello che potresti perdere o hai perduto. Potere tutto è l’altra faccia del non potere niente. E’ questo il dramma di una nuova forma tossicomania che è l’internet-mania.

Il “lutto evolutivo” e l’aggressività
Accanto alla sessualità, le cui modificazioni saltano all’occhio di chiunque, è necessario integrare l’aggressività.
Il ragazzo comune, sufficientemente normale, ha bisogno di usare l’aggressività per tante ragioni: Grazie all’aggressività si autoafferma in un contesto nuovo, nega la passività che lo spaventa; si separa dai genitori e dal passato infantile attraversando quello che gli psicologi dell’età evolutiva chiamano “lutto evolutivo”. È questa un’aggressività sana che resta sempre un po’ al limite producendo, nei casi problematici, dei passaggi all’atto che stanno al posto del pensare. E l’aggressività sfiora, e a volte tocca, la morte. Pochi sanno che il suicidio è la causa di morte più frequente in questa età e se non è espressione di gravi patologie, come la psicosi o la depressione, può nascere da una sfida nel tentativo di andare oltre il limite consentito. A volte la sfida non è consapevole, come quando sul motorino si va zigzagando a folle velocità o quando non si usa il preservativo in rapporti non protetti.
«Io sono un debole, non lo sa nessuno. […] Io sono un mediocre, e non c’è prova. […] Io sono un fallito: posso ammetterlo? […] Io sono anormale, e, saperlo, non devo. […] Io sono un mite: ma ne ho pudore. […] Io sono un povero, e ne sono umiliato […]». Così il violento per Pasolini si nasconde dalla sua fragilità.

La tendenza antisociale può essere un grido d’aiuto
Eppure ci sono casi in cui l’agito delinquente o la tendenza antisociale si manifestano come un grido di aiuto, come la testimonianza che esiste ancora l’aspettativa di poter essere soccorsi. Sembra paradossale, ma questi gesti possono celare come diceva l’analista inglese Donald Winnicott, la speranza che qualcuno li veda, si accorga di loro e possa dir loro che esiste una regola, un limite, che non tutto è vuoto.
Ecco, occorre ridare senso al presente, ma soprattutto al futuro. Questa è la sfida che gli adulti, i genitori, i politici, gli psicoanalisti hanno davanti agli adolescenti di oggi, aiutarli a non cortocircuitare l’angoscia in un agito che la evacua, aiutarli a pensare, a darsi il diritto di pensare, un diritto che a volte sembra un lusso.
Accettiamo perciò che l’adolescenza è un processo violento di cambiamento, è forse il cambiamento più sostanziale dopo la nascita. Alcuni dicono che sia una seconda nascita caratterizzata da grande turbolenza ma anche dalla possibilità di cambiare il destino che prima sembrava segnato dall’infanzia. Se è vero che tutto si prepara nell’infanzia, è vero che tutto si rimodella in adolescenza.

L’ideale sano e la speranza nel gesto del “sans papier” francese
Una notizia di qualche giorno fa ci dice che un giovane extracomunitario di 22 anni in Francia si è arrampicato fino al quarto piano di una casa per salvare un bambino di 4 anni sospeso nel vuoto, alla ringhiera di un balcone. Il presidente francese lo ha giustamente premiato dandogli la cittadinanza francese e un lavoro di vigile del fuoco.
La notizia ha fatto il giro del mondo. A tutti è sembrato straordinario che qualcuno abbia spontaneamente, e con naturalezza, messo a repentaglio la sua vita per salvare un bambino. E questo era un giovane “sans papier”, senza documenti, un clandestino.
Dobbiamo restituire ai nostri ragazzi gli ideali sani, la freschezza, la forza, la speranza, la fiducia di questo ragazzo venuto da un altro mondo perché credano che la vita ha un valore che va protetto e riprendano possesso di un futuro di cui sono stati derubati dalla fantasia onnipotente che caratterizza il nostro mondo.

(*) Presidente della Società Psicoanalitica Italiana

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