kintsugi
A cura di Daniela Battaglia
Definizione e sviluppo del concetto
Il termine riparazione, introdotto da Melania Klein nel 1929, indica i tentativi che l’individuo fa di rimediare a un danno arrecato, in fantasia o in realtà, a un oggetto d’amore.
Il concetto di riparazione è, nella teorizzazione kleiniana, un processo che riguarda il mondo interno del soggetto ed è in genere rivolta ad oggetti del mondo esterno, che rappresentano (simboleggiano) l’oggetto danneggiato. Si realizza tramite una azione, reale o in fantasia, che tende a produrre un cambiamento sia nel soggetto che nell’oggetto. Si tratta quindi di una modalità di funzionamento psichico di tipo evolutivo, che permane tutta la vita, che comporta un lavoro di ricostruzione del mondo interno e del mondo esterno e si accompagna ad un processo di elaborazione della propria ambivalenza e dei propri conflitti. E’ indissolubilmente legato a quello di posizione depressiva, nella cui concettualizzazione occupa un ruolo centrale.
Nella teoria kleiniana vengono distinti due tipi di angoscia: quella persecutoria propria della posizione schizo-paranoide, connessa al pericolo di annientamento dell’Io, che ha quindi a che fare con la sopravvivenza, e quella depressiva legata all’ambivalenza ed al timore di aver distrutto il proprio oggetto d’amore.
Va sottolineato che le due posizioni, schizoparanoide e depressiva, indicano configurazioni del rapporto con l’oggetto, delle angosce e delle difese che persistono per tutta la vita, mantenendosi in una continua oscillazione tra loro. Il termine «posizione», utilizzato dalla Klein, indica per l’appunto che la conquista dei sentimenti e della consapevolezza depressiva non è stabile ma soggetta a frequenti ritorni alla posizione schizoparanoide, sotto la spinta di angosce non altrimenti tollerabili. Sono proprio le fantasie e le attività riparative che risolvono le angosce della posizione depressiva ( Segal 1964), in quanto la riparazione fantasmatica dell’oggetto materno esterno e interno consente all’Io del bambino un’ identificazione stabile con l’oggetto buono riparato.
L’acquisizione di una reale capacità riparativa può comportare una fase di passaggio, fisiologica e ricorrente se transitoria o al contrario patologica se fissata, in cui prevalgono attività falsamente riparative di tipo difensivo, ossessivo o maniacale .
Questo avviene quando una non ancora consolidata integrazione dell’Io e/o una accresciuta invidia per l’oggetto determinano intolleranza del dolore depressivo che non può essere affrontato.
Secondo la Klein, il processo d’integrazione dell’Io, che si sviluppa intorno al 6° mese di vita, comporta una diminuzione dei processi di scissione (che avevano determinato la formazione di oggetti parziali), il riconoscimento e la possibilità di identificazione con un oggetto intero (la madre, per esempio) e quindi l’unificazione delle fantasie e dei sentimenti ad esso relativi, con la conseguenza che il bambino entra in contatto con la propria ambivalenza e può provare l’angoscia depressiva, che viene quindi sperimentata sia nei confronti dell’oggetto che nei confronti dell’Io stesso, che si sente minacciato nell’identificazione con l’oggetto.
Stili di riparazione
La riparazione di tipo ossessivo consiste nella ripetizione coatta di azioni che mirano, tramite l’annullamento, a placare l’angoscia in modo magico, senza nessun reale elemento di creatività. In un normale processo evolutivo ai rituali ossessivi, che si sviluppano fondamentalmente contro le manifestazioni aggressive, subentra una reale spinta riparativa che mobilita elementi creativi.
La riparazione maniacale ha lo scopo illusorio di ripristinare un oggetto integro , “come era prima”, che non porti quindi in sé i segni dell’attacco e della riparazione. In questo modo si cerca di evitare di sperimentare la colpa e la perdita, la dipendenza, l’ambivalenza; tutti elementi che caratterizzano l’angoscia depressiva.
Il rapporto maniacale con gli oggetti è caratterizzato da dominio, trionfo , disprezzo, sentimenti in cui sono operanti difese come la negazione, l’idealizzazione, l’identificazione proiettiva, la scissione.
Il dominio è un modo illusorio di negare la dipendenza e contemporaneamente assicurarsela, tramite un controllo onnipotente dell’oggetto; quindi ha anche a che fare con la manipolazione.
Il trionfo è un diniego dei sentimenti depressivi ed è anch’esso in relazione all’onnipotenza. Se l’attacco all’oggetto primario era connotato da una forte invidia, il senso di trionfo onnipotente sperimentato nello sconfiggere l’oggetto allontana, momentaneamente, la nostalgia per la sua mancanza, mentre ne viene negata l’importanza.
Anche il disprezzo nega il valore dell’oggetto che così, impoverito e svalutato, non è degno di suscitare sentimenti di colpa.
Le difese di tipo maniacale non hanno necessariamente una connotazione patologica; possono infatti rappresentare una tappa di quel percorso accidentato che è la crescita, proprio in virtù di una continua oscillazione tra la posizione SP e la posizione D che caratterizza l’ acquisizione di un costruttivo rapporto con la realtà, come ha ben evidenziato Bion. Diventano un elemento patologico solo se, essendo troppo forti, mettono in moto circoli viziosi che vanno a costituire un ostacolo al percorso evolutivo.
Il superamento delle difese maniacali comporta un lungo lavoro di riconoscimento della realtà psichica con conseguente rinuncia all’onnipotenza e alla magia e diminuzione delle scissioni. Man mano che il bambino sperimenta che il suo amore è più forte del suo odio acquisisce maggiore fiducia nelle proprie capacità riparative. Le ripetute esperienze di lutto e riparazione, di perdita e di recupero arricchiscono l’Io del bambino degli oggetti che ha ricreato dentro di sé e che diventano parte di sé, contribuendo alla sua crescita. Quello che viene assimilato è quindi un oggetto nuovo trasformato dall’Io.
Il riconoscimento della realtà interna ed esterna è parte fondamentale del processo di riparazione, che comporta anche il poter riconoscere gli oggetti come separati e liberi di amarsi tra di loro, con una propria vita, in parte indipendente dal soggetto, ma non per questo contro di esso. Anche questo non è un evento che si presenta una volta per tutte, ma un processo continuamente oscillante.
Evoluzione/ Sviluppi successivi del concetto
Winnicott ha studiato e arricchito la comprensione del processo riparativo sottolineando l’importanza dell’ambiente in cui vive il bambino nel favorire o al contrario ostacolare il processo. Egli, infatti, ha intuito che il riconoscimento e l’accettazione della presenza di idee distruttive e aggressive dentro di sé sarebbe intollerabile, e quindi inaffrontabile, senza la possibilità di sperimentare contemporaneamente un’esperienza riparativa, per la quale è quindi necessaria la presenza costante dell’oggetto d’amore, che la possa condividere, riconoscere e accettare. Perché possa svilupparsi la capacità riparativa è fondamentale la relazione con la madre come persona reale; è questa la principale differenza tra la posizione Winnicottiana e quella Kleiniana.
Il differente ruolo attribuito all’ambiente, l’importanza della madre come persona reale e la diversa teorizzazione della depressione di Winnicott rispetto alla Klein portano quest’autore a sottolineare aspetti del processo riparativo in modo diverso .
Piuttosto che intendere la depressione come centrata intorno alla fantasia inconscia che la propria rabbia abbia danneggiato l’oggetto amato ( Klein), Winnicott la intende come l’assunzione (inconscia) da parte del bambino della depressione della madre, o di quella degli altri oggetti amati, con lo scopo inconscio di curarla.
In accordo con questa visione egli evidenzia come spesso ci troviamo di fronte a bambini (e pazienti) che operano una falsa riparazione (da non confondere con la riparazione maniacale) in relazione alla depressione della madre (o del terapeuta) . Con il termine falsa riparazione si intendono quelle situazioni in cui il processo riparativo si determina in risposta alla colpa e alla depressione della madre. Quando non si verificano le situazioni che permettono al bambino di acquisire la necessaria sicurezza psichica per differenziarsi dal suo oggetto primario, egli rimane immerso in un mondo governato dai processi affettivi dell’altro, identificandosi con le difese della madre contro la propria depressione e la propria colpa inconscia. In questi casi il comportamento del bambino assume le caratteristiche di una falsa riparazione, non collegata al sentimento di colpa personale e pertanto non funzionale alla sua crescita mentale. E’ come se il bambino offrisse se stesso a riparazione dell’oggetto, rinunciando all’espressione e al riconoscimento dei suoi bisogni per assumere comportamenti compiacenti, che lo proteggano dalla ritorsione o dall’abbandono materni, sentiti come intollerabili. ( Winnicott 1958). E’ solo all’interno di un contesto che permetta al bambino di vedere riconosciuti e di riconoscere i propri sentimenti di amore e di aggressività che può realizzarsi un’autentica preoccupazione (“stadio della preoccupazione”) per l’oggetto amato e danneggiato.
La relazione con una ‘madre oggetto’, in grado di rimanere “vera e viva”, capace di soddisfare i bisogni del bambino e resistere ai suoi attacchi istintuali e l’esistenza di una ‘madre ambiente’, in grado di accoglierlo con un amore incondizionato, permettono al bambino di sopportare l’angoscia derivante dall’aver arrecato un danno alla persona amata e di trasformarla in capacità di preoccuparsi. Questa può svilupparsi man mano che nella mente del bambino la ‘madre oggetto’ e la ‘madre ambiente’ vanno riunendosi; in altri termini è necessaria la presenza di una figura attendibile (la madre, il terapeuta), in grado di essere attaccata senza essere distrutta, capace di sopravvivere e contemporaneamente in grado di ricevere un gesto riparativo e di rispecchiarlo. In questo modo la colpa diventa tollerabile e si possono sperimentare la preoccupazione e la responsabilità ad essa collegate. In questo senso la capacità di preoccuparsi può legarsi a, e accrescere, le capacità autoriflessive. Il bambino inizia a preoccuparsi anche delle conseguenze delle sue esperienze e del proprio Sé, in modo tollerabile, perché trasformabile.
Il fallimento dell’atto riparativo porta a una perdita della capacità di preoccuparsi e alla sostituzione di questa con forme primitive di senso di colpa e di angoscia. Al contrario la possibilità di oscillazione tra la posizione schizoparanoide e la posizione depressiva ( progressione e regressione) e il conseguente formarsi di oggetti interni buoni fa sì che questi funzionino come elaboratori di ulteriori capacità riparative (Bion, 1992), permettendo il contenimento della persecutorietà e avviando un processo trasformativo e potenzialmente creativo.
Bibliografia
Bion W. R. (1992) Cogitations Armando 1996
Hinshelwood R.D. (1989 )Dizionario di psicoanalisi kleiniana Raffaello Cortina Editore 1990
Klein M. (1921-1958) Scritti 1921-1958, Boringhieri 1978
Klein M. e Riviere J ( 1953) Amore odio e riparazione , Astrolabio 1969
Laplance J. E Pontalis J-B ( 1967) Enciclopedia della Psicoanalisi, Editori Laterza 1984
Segal H. (1964) Introduzione all’opera di Malanie Klein, Martinelli 1975
Winnicott D.W. (1948) Dalla pediatria alla psicoanalisi, Martinelli 1975
Winnicott D.W. (1965) Sviluppo affettivo e ambiente Armando Armando Editore 1970