Renè Magritte, Il doppio segreto – 1927
A cura di Gabriella Giustino
Definizione
Nella sua accezione più ampia il termine dissociazione psichica indica l’esclusione di alcuni contenuti mentali dalla coscienza. Gli elementi dissociati non sono integrati nella consapevolezza cosciente, nella memoria e nell’identità. Dissociare, infatti, significa tenere distinte idee, cose o persone che stanno solitamente insieme.
La dissociazione può riguardare i processi di pensiero, le emozioni, la funzionalità senso motoria e i comportamenti.
E’ ormai assodato che i disturbi dissociativi possono essere concettualizzati come una modalità disfunzionale di autoprotezione dalla minaccia. Da qui la concezione che la dissociazione sia una condizione correlata a situazioni traumatiche. Secondo la durata (un singolo evento o un’esposizione prolungata) e il periodo di vita (ad esempio quello dello sviluppo) dell’esperienza traumatica possono esserci diversi danni ai meccanismi d’ integrazione dell’esperienza che tutti quanti naturalmente possediamo.
Storicamente il concetto di dissociazione è stato introdotto per la prima volta alla fine dell’ottocento da Janet (désagrégation) che lo ha definito come fallimento nell’integrazione di esperienze (percezioni, memorie, pensieri, ecc.) che sono normalmente associate tra loro nel flusso di coscienza . Egli evidenziò un’eziologia traumatica del disturbo ritenendo, infatti, che i ricordi traumatici non venissero del tutto assimilati, ma che continuassero ad esistere nel soggetto come idee fisse. Secondo l’interpretazione di Janet, a seguito di tali esperienze traumatiche, alcune funzioni mentali divengono autonome rispetto al controllo centrale, a causa del grave indebolimento delle energie nervose che sostengono il coordinamento delle funzioni mentali stesse.
Diagnosi
Le diagnosi psichiatriche di Disturbo da Stress Post-Traumatico (Post-Traumatic Stress Disorder – PTSD) e Disturbo Acuto da Stress (DAS) sono le uniche a tenere in considerazione fra i criteri diagnostici l’aspetto eziologico, il trauma appunto, ma non sono sufficienti a dare conto di una serie abbastanza specifica di sintomi che ritroviamo con una certa frequenza in pazienti affetti da disturbi differenti ma accomunati dall’aver vissuto storie di sviluppo costellate da traumi relazionali.
In questo senso gli stati dissociativi della mente possono intendersi come categoria diagnostica o come gruppo di sintomi ma anche come processi patogenetici legati ad esperienze traumatiche relazionali dell’infanzia che interferiscono con l’integrazione delle funzioni psichiche.
Carlson et al. hanno proposto per questi ultimi il termine developmental trauma (trauma dello sviluppo).
Le esperienze traumatiche infantili spesso non sono sottoposte a rimozione ma dissociate, incapsulate ed isolate dal flusso di coscienza. Nei trattamenti psicoanalitici abbiamo spesso a che fare con pazienti adulti che hanno subito un trauma nell’infanzia.
In questi casi s’incontrano frequentemente parti della psiche che sono state dissociate dal Sé e che, quando riemergono, producono stati di coscienza alterati. I pazienti solitamente riferiscono la perdita del senso di se stessi, sentimenti di alienazione e paralisi. Queste descrizioni indicano l’esistenza di stati mentali dissociati che producono un intollerabile senso di disagio e che sono scatenati da stimoli esterni o dall’improvvisa apparizione di pensieri associati con un evento traumatico. La loro improvvisa e violenta intrusione nella coscienza genera nei pazienti un profondo senso d’impotenza e, durante questi stati mentali, talora i pazienti riferiscono che tagliarsi o danneggiarsi fisicamente comporta un senso di sollievo: è come porre fine a un’ intollerabile tensione ritrovando la capacità di sentire se stessi.
Da questo punto di vista i ricordi dei traumi infantili possono presentare una particolare fissità e il recupero del loro significato emotivo è molto complesso .
Questi ricordi dissociati possono anche riemergere nei sogni come frammenti estremamente vividi, veri e propri flashback, della storia traumatica infantile (Giustino, 2009).
Il concetto di dissociazione in psicoanalisi
Freud dalle osservazioni delle pazienti isteriche approdò alla teoria della difesa e della rimozione mentre Breuer continuò invece a ipotizzare l’esistenza, oltre alla presenza della scissione trasversale tra conscio e inconscio, anche del meccanismo della dissociazione verticale tra stati coscienti e inconsci.
Freud sosteneva l’esistenza di un netto divario tra conscio e inconscio e per questo aveva pensato a una barriera il cui scopo era quello di salvaguardare la coscienza dai contenuti inconsci, i quali, essendo simili al pensiero onirico, esprimevano un funzionamento mentale più primitivo.
Breuer pensava invece che l’esperienza traumatica fosse tenuta in vita non tanto da un suo stazionamento nell’inconscio quanto piuttosto da uno stato di autoipnosi che, obnubilando i poteri percettivi, impediva un pieno rapporto con la realtà e toglieva al soggetto il mezzo più efficace per contrastare le idee responsabili della conversione.
Nella disputa scientifica tra Freud e Breuer, vinse Freud e Breuer si allontanò dalla psicoanalisi.
A causa del prevalere dell’impostazione di Freud a scapito di quella di Breuer, l’isteria diventò la malattia della rimozione e non della dissociazione.
La difesa e il conseguente corrispettivo concetto di conflitto caratterizzarono, infatti, tutta la concettualizzazione psicopatologica psicoanalitica che nacque dallo studio dell’isteria.
Più tardi la psicoanalisi kleiniana con l’esplorazione delle patologie narcisistiche e dei disordini borderline portò in evidenza il termine di “scissione” strettamente legato al meccanismo dell’identificazione proiettiva e alla scissione orizzontale di parti dell’Io e dell’oggetto (divise in buone e cattive). E’ importante notare che il meccanismo della scissione non può spiegare adeguatamente gli alterati stati di coscienza e gli stati mentali dissociativi che derivano da esperienze traumatiche.
Il termine dissociazione torna poi con Kernberg che, integrando il modello kleiniano con la concettualizzazione di Jacobson, parla di stati dell’Io che sono dissociati uno dall’altro e che sono organizzati intorno a polarità affettive (che si trovano in una posizione conflittuale tra loro); anche Kohut parla di una scissione verticale, che permette ad atteggiamenti psicologici incompatibili (un Sè grandioso e un Sè orientato secondo il principio di realtà) che coesistono fianco a fianco. Tuttavia entrambe queste concettualizzazioni non prendono in considerazione la dissociazione come conseguenza di eventi traumatici.
Trauma, dissociazione e memoria
Per trauma in psicopatologia s’intende di solito un’ esperienza minacciosa estrema, insostenibile e inevitabile, di fronte alla quale l’ individuo è impotente (van der Kolk 1996 ).
In questi casi si attiva un sistema di difesa che provoca la disconnessione tra i diversi livelli funzionali della mente e che, producendo i sintomi dissociativi di distacco, impedisce l’integrazione dell’evento traumatico nella vita psichica a causa della discontinuità e frammentazione della coscienza e della memoria.
Il tema comune condiviso dai disturbi dissociativi è la perdita parziale o completa della normale integrazione tra i ricordi del passato e la consapevolezza dell’identità personale.
Giacché i ricordi traumatici spesso non sono soggetti a rimozione ma a difese dissociative essi sono come impressi a fuoco nella nostra mente, isolati ed inclusi in una particolare fissità : a volte sono impossibili da ricordare ma talora anche da dimenticare e sottoporre ad un oblio necessario e ritornano come memorie indelebili ed intrusive.
Ciò accade senz’altro negli eventi traumatici acuti e devastanti (come ad esempio lo scoppio di una bomba o un incidente) ma è possibile anche ritenere che il ricorso continuato a processi dissociativi di distacco durante lo sviluppo, per il ripetersi di traumi relazionali precoci, insieme ad altri meccanismi patogenetici, possa ostacolare in maniera permanente le capacità integrative dell’individuo provocando i sintomi da compartimentazione e una dissociazione strutturale della personalità . Vi è dunque una dimensione psicopatologica che presenta manifestazioni dissociative e che è legata alle esperienze traumatiche dello sviluppo. Questa può verificarsi quando il trauma è ripetuto, cumulativo (per dirla con Masud Khan) e riguarda soprattutto la presenza di traumi emotivi ripetuti durante lo sviluppo infantile.
Il processo di recupero della memoria implica un’ interazione complessa fra circostanze della vita presente, fra ciò che ci proponiamo di ricordare, e il materiale che abbiamo ritenuto dal passato. I ricordi sono perciò (ri)costruzioni del passato, che sono codeterminate dal presente. Per contro, come abbiamo accennato in precedenza, i ricordi traumatici non sono soggetti a queste trasformazioni provocate dal presente.
L’angoscia che supera le capacità di contenimento emotivo del soggetto altera in modo significativo il processo di codificazione, stivaggio, la conseguente consolidazione di un ricordo e il suo recupero. Le funzioni integrative della memoria in questi casi sono state sommerse e compartimentate. I ricordi traumatici vengono incapsulati e isolati dal restante flusso di coscienza. A volte lo stato dissociativo scompone la memoria degli eventi traumatici nelle sue diverse componenti: somatica, sensoriale, cognitiva, emotiva. Le esperienze dissociate sono simultaneamente sia conosciute che non conosciute (il conosciuto non pensato di Bollas).
Un ricordo traumatico dunque è soggetto a poca o a nessuna revisione o trasformazione da parte della situazione presente . Proprio perché le funzioni integrative della mente possono essere compromesse vi può essere l’affiorare improvviso e involontario di memorie traumatiche e questo fatto spesso si accompagna alla sensazione di perdita di controllo delle emozioni.
Sogni traumatici e memoria nel sogno
Freud nell’Interpretazione dei sogni (1900), aveva individuato i sogni biografici che sono descrittivi della storia e del vissuto infantile del paziente, non sono frutto del lavoro onirico della censura e non necessitano pertanto di un’interpretazione simbolica che riguarda il contenuto inconscio. I sogni traumatici furono descritti anche da altri Autori (tra cui Garma 1946, De Moncheaux1978) come sogni tipici che saltano la censura onirica ed hanno uno statuto particolare.
I recenti progressi delle neuroscienze sulle memorie traumatiche ci dicono che in alcuni pazienti che hanno subito un trauma violento (come un abuso sessuale o l’essere sopravvissuti a un evento realmente catastrofico), il ricordo del trauma può presentarsi improvvisamente, di solito in uno stadio avanzato del processo analitico, con un sogno o con un ricordo della veglia. Spesso lo stato mentale dissociato irrompe durante l’analisi come un acting non mentalizzato e difficilmente comprensibile (Varvin, 2003). In questi casi si verifica il riemergere improvviso di situazioni traumatiche violente che la mente ha tenacemente dissociato e apparentemente non registrato.
Yoram Yovell (2000) è un autore cerca di integrare i contributi delle neuroscienze con la psicoanalisi e parla dei rapporti fra trauma e memoria. Egli afferma che il disordine della memoria esplicita conseguente a un trauma violento può determinare sia fenomeni ipermnestici (flashbulb memories) che amnesia rimotiva o dissociativa intensa. Entrambe queste due condizioni possono essere presenti nello stesso paziente traumatizzato; ma ciò che è più importante è che il trauma dissociato tende a riemergere quando, nella relazione terapeutica, si crea un certo clima emotivo. Infatti, la memoria implicita ed emotiva del trauma è conservata in modo indelebile dall’amigdala e può essere stimolata e riemergere quando si verificano eventi che si collegano associativamente con il clima angoscioso del trauma.
Spesso la comprensione di questi improvvisi ricordi o sogni post traumatici si presenta difficile e laboriosa perché il paziente mostra di non avere alcuna consapevolezza inconscia dell’evento. Yovell afferma anche che le false memorie legate al vissuto traumatico infantile, anche se distorte, hanno sempre un significato per il paziente e vanno comunque considerate come fenomeni comunicativi importanti della storia traumatica dell’individuo.
In un lavoro pubblicato sull’International Journal of Psychoanalysis nel 2009, ho descritto una particolare tipologia di sogni in cui non si esprime il trauma infantile classicamente inteso come memoria rimossa bensì emergono frammenti di memoria traumatica dissociata. I sogni che ho descritto sono fenomenologicamente densi di aspetti concreti e sensoriali (flashback visivi, memorie intrusive) lasciano il paziente attonito e sono espressione di un inconscio emotivo preriflessivo. La componente d’immersione sensoriale nell’esperienza del sogno è prevalente e non permette inizialmente al paziente di fornire alcuna associazione.
Nonostante la chiarezza del contenuto manifesto, il paziente non riesce a riflettere sul sogno, a dargli un senso e a fornire associazioni ad esso. Seguendo il pensiero di Grotstein (2000) in questi casi è possibile individuare il sognatore che fa il sogno (lo esperisce) ma non è presente il sognatore che lo comprende e l’analista deve funzionare come un contenitore dotato di funzione alfa (Bion, 1962) che accoglie il racconto del sogno e aiuta il paziente a dargli un significato proprio nella misura in cui la memoria del passato non è comprensibile allo stesso paziente.
Bibliografia
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De Moncheaux C (1978). Dreaming and the organizing function of the Ego. Int J Psychoanal 59: 443-453.
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