“I Centri Psicoanalitici sono sezioni locali della Società. Sono costituiti da gruppi di analisti qualificati, svolgono attività scientifiche e culturali e promuovono sul piano locale gli scopi societari…” (art. 16 Statuto SPI).
La Società Psicoanalitica Italiana (SPI) svolge nei loro confronti attività di stimolo e di coordinamento delle funzioni che ad essi competono.
Queste sono:
- la cura della sofferenza mentale attraverso la metodologia psicoanalitica.
- lo sviluppo delle attività scientifiche e di ricerca favorendo la partecipazione dei Soci e i momenti di incontro collegiali, l’invito di ospiti, italiani e stranieri, per uno scambio delle conoscenze.
- la promozione dell’aggiornamento permanente dei Soci e la formazione dei Candidati: recentemente la SPI ha stabilito che sia gli uni, per poter far parte della Società, che gli altri, per accedere al Training, debbano preventivamente scegliere un Centro a cui iscriversi, per stimolare una maggiore partecipazione alle iniziative scientifiche e culturali, e alle attività di interfaccia con il contesto sociale.
I Centri della SPI sono attivi nelle principali città italiane e annoverano fra gli iscritti oltre 8oo membri operanti su tutto il territorio nazionale.
Soffermiamoci un momento sulla funzione che la SPI deve assumere nei confronti dei suoi Centri.
Azione tanto più importante in considerazione del rischio, da più parti sottolineato, insito nello svolgimento della nostra pratica psicoanalitica con i pazienti: il possibile nostro isolamento, come gruppo un po’ elitario, dal contesto culturale, scientifico e sociale.
La SPI, in quanto organismo nazionale, facendo da tramite con l’ambiente internazionale, a cui anche fa riferimento, può prefigurarsi come uno spazio intermedio che esercita inevitabilmente un’azione di interfaccia per i Centri con le altre Società ( e dunque culture e modalità di essere dell’oggetto psicoanalitico) appartenenti all’IPA e con la dimensione sociale.
Una importante funzione della SPI può consistere nell’avviare una fluttuazione fra dimensioni contrapposte: Centro verso Periferia, Periferia verso Centro.
La chiusura e l’isolamento, che rischiamo come individui ma anche come piccoli gruppi, sembrano favoriti dal fatto che molti di noi, pur lavorando o avendo lavorato nelle istituzioni, affidano alla appartenenza alla Società Psicoanalitica una parte legittimamente preziosa della propria identità, che sembra essere continuamente minacciata dalla promozione di iniziative multidisciplinari e dal confronto con altri gruppi istituzionali ( penso al vissuto drammatico di chi, pur provenendo da una formazione medica o psicologica psicoterapeutica, ha sentito a un certo punto il bisogno di rinunciare completamente a questa primitiva identità, quasi fosse incompatibile con quella più recente di psicoanalista).
Questa esperienza, almeno in un recente passato, può aver favorito l’idea di una nostra appartenenza a un gruppo speciale, un gruppo portato a confrontarsi con gli specialisti di altre discipline e culture assumendo atteggiamenti impropri e controproducenti (come “spiegare agli altri quello che stanno facendo”, magari utilizzando un linguaggio, seppur necessario negli incontri fra noi, non sempre semplice e chiaro se adottato con altri interlocutori e in contesti diversi).
Al contrario, talvolta può averci portato a rinunciare alla difesa delle nostre idee e della nostra specificità e a ritirarci dal confronto.
Recentemente ci siamo resi conto di questa deriva, che in pratica ha progressivamente visto la nostra scomparsa dal dibattito culturale e mediatico.
Non è questo il contesto per addentrarci nella comprensione delle motivazioni profonde di un simile atteggiamento. Ma proviamo a fare soltanto qualche semplice riflessione (N. Loiacono: “Dal centro alla periferia. Un’ipotesi di apertura all’esterno e di trasformazione del Servizio di Consultazione”. Letto presso il C.Milanese di Psicoanalisi nel 1997 e al Convegno sulla Consultazione tenutosi nel 1998 presso il C. di Psicoanalisi Romano).
Certamente dovremmo provare a essere un po’ speciali, come gruppo, ma per il fatto di essere aperti al confronto costruttivo e vivace con ogni altro tipo di conoscenza e impegnati in un ascolto e un dialogo attento e obbiettivo. Quanto più riusciremo a accrescere la nostra fiducia nell’oggetto psicoanalitico e nella possibilità dell’ applicazione del metodo in campi diversi (e non solo nella situazione più classica della relazione col paziente), tanto più eviteremo il rischio di sentirci parte di un gruppo che ha il possesso esclusivo del vero e del giusto, condizione questa che, se può sembrare fortemente rassicurante, certamente può spingerci verso un appiattimento su posizioni fideistiche, e dunque scarsamente creative e evolutive per la nostra ricerca (ho qui in mente le riflessioni sul funzionamento delle difese narcisistiche e la teorizzazione sui rifugi della mente proposta da John Steiner, e anche il “muro narcisistico” descritto da Stefania Manfredi, alla cui costituzione partecipiamo sia noi che l’altro).
Queste considerazioni hanno favorito negli ultimi anni, nella nostra Società e in molti Centri, esperienze di apertura all’esterno, iniziative idonee a evitare un isolamento del nostro gruppo, ad allargare la consapevolezza dei problemi e contribuire a farci conoscere meglio, al di fuori dei nostri Centri, anche alla periferia.
La consapevolezza che la Psicoanalisi dovrebbe diventare la base teorica sulla quale si possono inserire altri modelli e tecniche terapeutiche ed il maggior spazio dato alla discussione e al confronto fra modelli teorici differenti, ci hanno permesso di sviluppare maggiormente il lavoro del servizio clinico e la diffusione delle attività che si rivolgono al pubblico e alle istituzioni attraverso momenti di riflessione e incontri aperti anche a non soci, con inviti mirati.
Queste iniziative, che andranno sempre più stimolate e sostenute dalla SPI, contribuiscono a favorire il confronto della nostra istituzione con l’esterno in tutti i contesti operativi utili, la riflessione sulla nostra identità di psicoanalisti immersi in una dimensione sociale continuamente mutevole, la ricerca di contatto con altri gruppi scientifici, operazioni opportune per la nostra crescita e per evitare l’isolamento.
Iniziative che dovranno essere preparate con cura affinché non si rivelino sterili per il confronto e l’arricchimento del nostro sapere e non ci distolgano da un impegno di affinamento culturale, specifico della nostra identità.
In questa prospettiva è compito della SPI trovare e proporre delle linee guida, da raccogliere e sviluppare nei Centri. Va sottolineata la necessità di mantenere un buon equilibrio fra il proiettarsi con iniziative all’esterno e il dedicare spazio per i momenti di ricerca e di studio che favoriscano crescita e trasmissione del pensiero psicoanalitico.
Le occasioni di apertura e di confronto con l’esterno dovrebbero essere considerate, al pari degli incontri organizzati fra noi, come occasioni di messa alla prova del nostro pensiero, per favorirne l’arricchimento e lo sviluppo.
D’altronde un dato ci conforta e ci incoraggia: la nostra disciplina possiede una potenzialità euristica che la accomuna a altri ambiti della ricerca, essa tiene conto non solo del punto di vista dell’osservatore, ma è lo stesso oggetto della disciplina che è modificato dalla relazione tra soggetto e oggetto, come anche in altri campi egualmente si va dimostrando. Non c’è un oggetto della disciplina, ma l’oggetto è l’insieme dei due che stanno cercando. Questo elemento può consentirci di utilizzare la psicoanalisi in ambiti diversi da quelli della seduta psicoanalitica nel corso del trattamento personale. Si possono aprire, per il nostro metodo di ricerca, nuove prospettive, oltre quella squisitamente terapeutica, con la costituzione di setting appositamente pensati per contesti diversi. Una conferma di queste potenzialità ci viene data dalle attività condotte nei Centri, a giudicare dai gruppi interdisciplinari che stanno fiorendo in molti di essi (gruppi di studio fra psicoanalisti e esperti di altri campi disponibili al confronto e allo scambio di conoscenza come medici, psichiatri e psicologi, filosofi, magistrati, letterati e sociologi).
Si tratta di utilizzare le potenzialità dello strumento di cui disponiamo per aprire nuove frontiere della nostra ricerca, per favorire nuovi momenti rivoluzionari, forti del pensiero psicoanalitico.
Avere una teoria forte e approfondita è molto importante, per questo motivo dovremmo cercare di
legare il momento della ricerca al momento clinico e professionale. I ricercatori che si sono spinti al di là della dimensione duale hanno allargato il campo teorico e pratico della psicoanalisi. Dobbiamo pensare di poter utilizzare lo strumento psicoanalitico anche in ambiti non tradizionali, di poter agire e comprendere psicoanaliticamente, come sta avvenendo nel campo delle patologie psicotiche e nella terapia dei bambini.
Infine meritano una menzione i vari gruppi di studio sulla consultazione: questi, che da tempo si stanno sviluppando nei Centri, si sforzano di individuare delle proposte operative che andranno poi localmente sottoposte all’approvazione dei Soci ( e di questo si sta occupando la specifica commissione avviata recentemente).
Sempre di più si sta tentando di favorire la partecipazione a queste iniziative di tutti coloro che si dichiarino interessati: nei Centri si cerca di individuare gli indirizzi operativi da mettere alla prova e sviluppare in futuro.
In alcuni Centri si utilizza l’esperienza dei servizi clinici già esistenti, proponendo e attivando gruppi di lavoro che possano formulare i modelli teorici di gestione delle situazioni che giungono alla nostra osservazione. Al tempo stesso sono in programma altre attività (gruppi di ricerca e convegni interdisciplinari, seminari aperti all’esterno) che possano integrare quelle già attuate dal servizio di consultazione, di raccolta della richiesta e di invio dei pazienti.
Per ultimo, ma non meno importante, vi sono, in alcuni Centri, progetti già avviati da tempo di una pubblicazione autogestita: un’ iniziativa che permetta di raccogliere e testimoniare il contributo dei soci nell’organizzare la vita del Centro e quella di ospiti che abbiano partecipato alle sue attività.
Per favorire una maggiore visibilità dei Centri all’esterno e una migliore informazione sul nostro operare, sono state al momento individuate due opzioni:
– la prima volta a rendere ogni Centro più attivo e ad integrare, in linea con la politica della SPI, una serie di iniziative culturali che permettano di esprimere con più chiarezza all’esterno la nostra identità e le nostre capacità. Dibattiti, convegni, organizzazioni di gruppi per contatti interdisciplinari, pubblicazione di riviste o di altro materiale che potrebbero in questa ipotesi fare da corollario a un impegno volto soprattutto allo sviluppo di un Servizio Clinico che si proponga di fornire terapia psicoanalitica.
– la seconda opzione, accanto alle iniziative sopra citate, potrebbe prevedere l’impegno dei Centri con un servizio aperto al territorio, con professionisti esperti in vari campi capaci di rispondere, con strumenti terapeutici differenziati, alle più varie richieste che contemplino anche, ma non soltanto, la terapia psicoanalitica classica. Un centro di consultazione che integri varie funzioni (diffusione di notizie e informazioni sulla nostra specificità, contatti con realtà e istituzioni esterne e discipline affini, utilizzo dello strumento psicoanalitico in nuovi contesti) e che possa fornire altre risposte terapeutiche derivate dallo strumento psicoanalitico.
Va ricordato che attività culturali, di contato interdisciplinare, di diffusione o conoscenza all’esterno della nostra specificità sono già attuate da tempo e gestite o da singoli o da gruppi o da istituzioni che in varia maniera si ricollegano, anche se non ufficialmente, alla SPI e ai vari Centri. Basti pensare, a esempio, ai gruppi che si occupano dell’infantile, o ai gruppi cinema, ai gruppi con i magistrati, alle iniziative all’interno dei programmi scientifici aperte a ospiti esterni, ai soci dei Centri che mantengono un collegamento con le istituzioni socio-sanitarie, universitarie, scientifiche.
Si tratterebbe ora di verificare la possibilità di integrare progressivamente queste iniziative (fino a oggi condotte da singoli) nella linea politico-programmatica della SPI, utilizzando l’azione coordinata dei Centri.
Sarebbe auspicabile che i Centri si mostrassero più attivi nel dibattito che si sta sviluppando sulla terapia delle patologie gravi, con uscite più decise nel panorama di istituzioni pubbliche e private aperte agli operatori, proponendo temi seminariali di grande interesse (si pensi ad esempio al confronto che è in atto fra indirizzo medico-biologico e indirizzo psicoterapeutico nella gestione delle patologie psicotiche).
E’ nella tradizione psicoanalitica, di fatto, la promozione della ricerca e lo sviluppo delle teorie e degli strumenti idonei alla cura di patologie che cambiano anche in relazione alle trasformazioni del quadro storico sociale. Nel corso degli ultimi anni la presenza degli psicoanalisti nelle Istituzioni socio sanitarie ha garantito la continua attenzione allo studio e alla ricerca dei disturbi mentali quali fenomeno in costante e severa crescita. Il progresso della conoscenza e della tecnica terapeutica ha consentito l’applicazione e l’adattamento del metodo psicoanalitico con altri strumenti di cura nei contesti istituzionali dove afferiscono, tra gli altri, portatori di patologie gravi (psicosi, schizofrenia, disturbi narcisistici di personalità, sindromi depressive ecc.).
La SPI negli ultimi tempi ha riconosciuto l’importanza della nostra presenza nello spazio sociale non solo culturale ma anche a livello di istituzioni che si occupano dell’uomo e della sua sofferenza. Per fare un esempio, sarebbe importante avviare una presenza, realizzata attraverso l’ azione dei Centri Italiani, nei campi socio sanitario e scolastico per gestire la formazione degli operatori che si muovono in queste realtà.
A tal fine nel tentativo di riflettere su queste possibili iniziative e di individuare progetti per la gestione di queste attività in futuro, la SPI ha deciso di attivare una commissione per lo studio delle attività istituzionali e commerciali.
Questa commissione, composta da Soci e da esperti del settore, lavorerà per esprimere un quadro delle opzioni che potranno essere utilizzate per il nostro sviluppo come psicoanalisti.
In futuro si potranno aprire sbocchi interessanti per attività che rientrano nelle nostre competenze e vorremmo essere preparati a coglierle.
Senza rinunciare a rispettare lo spirito costitutivo della nostra Società, vorremmo trovare il modo di superare quei vincoli che limitano la nostra presenza in uno spazio importante per la nostra crescita a tutto vantaggio di società che, essendosi maggiormente attrezzati giuridicamente, lo occupano sempre più prepotentemente pur non disponendo della nostra preparazione e competenza.
La realizzazione di queste politiche sul territorio è di competenza dei Centri Psicoanalitici.
L’Esecutivo, nel tentativo di indirizzare, sostenere e coordinare il lavoro dei Centri Italiani, ha pensato di promuovere una ricerca volta a favorire la conoscenza dello sviluppo storico della SPI nei singoli Centri, affidandone il compito alla Commissione Intercentri. Questa iniziativa ha avuto successo e i resoconti sono stati dibattuti e approvati dai Soci così come ve li proponiamo.
Come potrete vedere, per quanto ogni Centro abbia avuto una sua storia e una sua identità che lo caratterizza, è possibile cogliere in ognuna di queste storie la passione e l’impegno che sono stati profusi, fin dalle origini, per contribuire alla crescita e allo sviluppo della nostra Società. Tanti Soci hanno dedicato parte importante del loro tempo a questa impresa che ci accomuna: accanto a tanti nomi conosciuti di Soci che si sono distinti nel portare avanti la nostra ricerca con curiosità, passione e interesse non comune, vogliamo ricordare che tutti hanno contribuito a far crescere il nostro gruppo e ancora si propongono di affrontare le nuove sfide che ci riserverà il futuro.
- Storia dei Centri SPI. A cura di Noè Loiacono
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