(a cura di Giorgio Mattana)
Sette giugno 1925 – sette giugno 2015: la Società Psicoanalitica Italiana compie oggi novant’anni! E, a quanto pare, è anche in buona salute: la tanto sbandierata “crisi della psicoanalisi”, se con ciò si intende il momento in cui una disciplina “si ferma”, smette di crescere e di elaborare, di fatto non esiste.
Non esiste, in particolare, nella nostra Società, la cui continua attività di revisione, approfondimento e ampliamento dell’apparato teorico-clinico, insieme all’affinamento e al potenziamento delle modalità terapeutiche e operative, testimonia in maniera indubitabile della vitalità della nostra disciplina. Altro discorso, meritevole di altra “etichetta”, è quello che riguarda la dispersione della domanda e la corrispondente diversificazione, quando non frammentazione, dell’offerta di terapia, con la conseguente attuale riduzione della richiesta di psicoanalisi. Attuale, appunto, nel senso di temporanea. Poiché, come dice Christopher Bollas, la “situazione psicoanalitica” risponde a un bisogno umano fondamentale, è una sorta di “preconcezione” o “apriori emotivo”, che configura una modalità di ascolto, conoscenza e cura, più volte apparsa nel corso del tempo in forme parziali e irriflesse, che una volta definitasi in modo consapevole e scientificamente codificato, non può che essere destinata a permanere ed evolvere. Fra i molteplici fattori della suddetta “dispersione” della domanda, quello farmacologico, per limitarsi a uno dei più citati, con tutti i suoi pregi ma anche con tutti i suoi limiti, che sono entrambi sotto gli occhi di tutti, non potrà mai sostituire il metodo psicoanalitico, che si identifica con uno specifico e insostituibile vertice osservativo e terapeutico, saldamente fondato tanto dal punto di vista umano ed emotivo, quanto da quello più strettamente epistemologico. Né, tantomeno, il metodo psicoanalitico potrà mai essere significativamente rimpiazzato da coartazioni e adattamenti riduttivi dello stesso, che invariabilmente, alterandone alcune componenti fondamentali, ne riducano il potenziale conoscitivo e terapeutico.
Il 7 giugno del 1925, dunque, veniva fondata a Teramo la Società Psicoanalitica Italiana (SPI). I fondatori, radunati attorno a Marco Levi Bianchini, originario di Rovigo e all’epoca direttore dell’Ospedale Psichiatrico di Teramo, sono un gruppo di medici e psichiatri: Egisto De Nigris, Leonardo Claps, Nicola Ciaranca, Carlo Maestrini, Giovanni e Romolo Lucangeli, Luigi Lucidi, Alberto Rezza, Francesco Del Greco, Raffaele Vitolo, Giovanni Dalma e Edoardo Weiss. L’Archivio generale di neurologia, psichiatria e psicoanalisi, fondato e diretto dallo stesso Levi Bianchini, è provvisoriamente destinato a ospitare le pubblicazioni scientifiche della Società. Dopo la rinuncia di Sante De Sanctis, considerato uno dei padri della neuropsichiatria italiana, viene eletto presidente Edoardo Weiss, psichiatra e psicoanalista triestino, mentre per la carica di segretario è scelto Levi Bianchini.
Weiss, spirito inquieto e autenticamente mitteleuropeo, originario di quella piccola Vienna che è Trieste, con i suoi Saba, Svevo, Slataper e Joyce, con il suo caratteristico cosmopolitismo culturale, “naturale” contrappeso alla cappa di conformismo autarchico che comincia ad avvolgere l’Italia, è l’unico psicoanalista del gruppo, ha conosciuto Freud personalmente ed è stato analizzato da Federn.
Nell’immagine: Marco Levi Bianchini e Sigmund Freud. Marco Levi Bianchini e le origini della psicoanalisi in Italia atti del Convegno Nazionale Teramo 26-27-28 ottobre 1995 a cura di Francesco Saverio Moschetta con la collaborazione di Ernesto Albanello pubblicato da Ospedale Neuropsichiatrico – Teramo 2000 e finito di stampare nel mese di gennaio 2000 presso le Officine Grafiche Edigrafital S.P.A. Sant’Atto – Teramo
Levi Bianchini è uno psichiatra colto e informato, anch’egli con lo sguardo rivolto alla cultura d’oltralpe, in particolar modo di lingua tedesca, molto interessato alla nuova disciplina che Freud sta fondando in quello straordinario laboratorio d’idee che è ancora Vienna, degna erede, dal punto di vista culturale, della “grande Vienna” d’inizio secolo, dello stesso Freud, della Secessione, di Schönberg, Musil, Schnitzler, Wittgenstein, Mahler e Loos. Non è uno psicoanalista formato, ma è un attento lettore, e in seguito traduttore, delle opere di Freud, con il quale è anche entrato direttamente in contatto a Vienna, ed è interessato alla diffusione della psicoanalisi nel mondo psichiatrico e nella cultura italiana. Il tempismo del gruppo dei pionieri è evidente: il 1925 è l’anno di pubblicazione di Inibizione, sintomo e angoscia, mentre L’Io e l’Es, con la formulazione della “seconda topica”, è di soli tre anni precedente. L’edificio teorico di Freud è ancora in costruzione, la psicoanalisi non è ancora una disciplina accettata e riconosciuta, la battaglia per il suo inserimento nel contesto scientifico e culturale dell’epoca è tuttora in corso, l’Associazione Psicoanalitica Internazionale (IPA) è stata fondata solo da quindici anni. Levi Bianchini e colleghi, sebbene, tranne l’importante eccezione di Weiss e dello stesso Bianchini, ancora poco ferrati in materia, intuiscono che il metodo psicoanalitico è qualcosa di fondamentale, sia dal punto di vista clinico che da quello antropologico, come prezioso e acuminato strumento di analisi culturale e sociale. Fondare una società psicoanalitica significa, soprattutto, non perdere l’aggancio con quella che appare loro come una fra le più vive e significative correnti della cultura scientifica europea e internazionale.
I primi anni di vita della SPI, tuttavia, non sono brillanti, scarseggiano le risorse economiche, Teramo è una realtà culturalmente piuttosto marginale e l’autorevolezza psicoanalitica dei fondatori, considerati nel loro insieme, non è certo equiparabile a quella dei loro colleghi stranieri. L’insieme di questi fattori porta a una sospensione dell’attività fra il 1928 e il 1931, anno in cui la Società riprende a riunirsi a Roma in casa di Weiss, con un gruppo più analiticamente formato e promettente, costituito da Sante De Sanctis, Ferruccio Banissoni, Nicola Perrotti, Emilio Servadio, Cesare Musatti, Raffaele Merloni e Wanda Shrenger Weiss. La sede viene trasferita a Roma, se ne affida la riorganizzazione a Weiss e si decide la costituzione di una rivista specificamente psicoanalitica.
Nel 1932, è approvato il nuovo statuto, che stabilisce che per divenire soci bisogna sottoporsi a un’analisi didattica della durata minima di un anno con uno psicoanalista esperto e, inoltre, presentare un elaborato scritto che attesti la conoscenza dei fondamenti della psicoanalisi. E’ la nascita effettiva della SPI.
Weiss è nominato presidente, Levi Bianchini e De Sanctis presidenti onorari; del vecchio gruppo, oltre a Levi Bianchini, rimangono Ettore Rieti e Giovanni Dalma. Nello stesso anno, esce il primo numero della Rivista italiana di psicoanalisi. L’attività scientifica prende il via articolandosi in una nutrita serie di incontri, seminari e convegni, compaiono pubblicazioni su riviste italiane e straniere, s’intensifica l’attività di formazione e diviene sempre più frequente la partecipazione ai congressi internazionali di psicoanalisi (Wiesbaden, 1932; Lucerna, 1934; Marienbad, 1936).
Nel 1936, la SPI entra a far parte dell’Associazione Psicoanalitica Internazionale (IPA). Nella “Biblioteca psicoanalitica internazionale – Serie italiana”, fondata e diretta da Weiss, compaiono le prime traduzioni delle opere di Freud e i primi contributi degli psicoanalisti italiani. Allo stesso Weiss si devono importanti e originali approfondimenti della dottrina freudiana e il primo trattato italiano di psicoanalisi, gli Elementi di psicoanalisi (1931; 1936, con introduzione di Freud).
A questo promettente inizio, tuttavia, non fa seguito lo sviluppo che sarebbe stato logico attendersi, ma una fase di declino e di oscuramento, dovuta alla progressiva opposizione del regime fascista alla psicoanalisi, avversata in quanto dottrina straniera di matrice ebraica praticata da soggetti politicamente orientati a sinistra. Non è solo al fascismo, tuttavia, che devono essere imputate le iniziali difficoltà del movimento psicoanalitico in Italia, ma anche all’ostilità, meno violenta ma pervasiva e diffusa, tanto della chiesa cattolica, allarmata dallo spirito laico e demistificante che anima l’indagine psicoanalitica della religione e della morale, quanto della cultura idealistica crociana e gentiliana, svalutante e diffidente nei confronti della scienza in generale e, in particolare, di una “psicologia” che indaga l’uomo non a partire dalle sue più alte produzioni spirituali e intellettuali, ma muovendo dal corpo e dall’istinto. Nel 1934, chiude la Rivista italiana di psicoanalisi e nel 1938 viene sciolta la SPI, accusata di appartenere all’IPA, organizzazione internazionale sospettata di fomentare l’opposizione politica al regime. Nel 1938, vengono promulgate le leggi razziali e i fondatori della SPI sono costretti a espatriare, come Weiss che si stabilisce negli Stati Uniti e Servadio che va a vivere in India, o a smettere di praticare la psicoanalisi, come Levi Bianchini e Musatti.
La Società, per impulso di Perrotti e Servadio, formati da Weiss, e di Musatti, filosofo e psicologo accademico, allievo di Vittorio Benussi, uno dei maestri della psicologia sperimentale italiana, riprende la sua attività nel 1945 e si ricostituisce ufficialmente nel 1946, anno in cui ha luogo il primo Congresso Italiano di Psicoanalisi. Della SPI fanno ora parte anche Raffaele Merloni, Claudio Modigliani, Joachim Flescher, e Alessandra Tomasi Di Palma.( http://www.spiweb.it/index.php?option=com_content&view=article&id=3971:alessandra-tomasi-di-palma&catid=552&Itemid=921 Nel 1947, la sede viene nuovamente stabilita a Roma, la presidenza è affidata a Perrotti e la vicepresidenza a Musatti, che nel 1949 scrive il celebre Trattato di psicoanalisi.
Nel 1950, si svolge a Roma il secondo Congresso Nazionale, dedicato all’aggressività. Nel 1955 la Rivista di psicoanalisi riprende le pubblicazioni; gli psicoanalisti italiani sono ormai una presenza costante ai congressi dell’IPA.
La rinascita della SPI si inserisce in un più ampio movimento di rinnovamento della cultura italiana, di cui gli analisti italiani condividono il fervore e l’entusiasmo, tesi a recuperare un ritardo più che ventennale, dovuto a un’asfittica chiusura nazionalistica alle più significative correnti di pensiero straniere. Negli anni ’50, con l’incremento dell’attività formativa, si stabilisce, per impulso dell’IPA, la costituzione di tre poli didattici, uno a Milano, diretto da Musatti, e due a Roma, coordinati rispettivamente da Perrotti e Servadio. Vengono creati due nuovi istituti, l’Istituto del Centro Psicoanalitico di Roma, presieduto da Servadio, nel 1962, e il Centro Milanese di Psicoanalisi, presieduto da Musatti, nel 1963, che si vanno ad aggiungere all’Istituto di Psicoanalisi di Roma, fondato da Perrotti nel 1952. La più solida struttura organizzativa della SPI e l’alto profilo scientifico delle personalità che ne fanno parte permettono un’ampia diffusione della psicoanalisi in Italia, favorita dal rinnovato clima politico-culturale degli anni ‘60 e ’70, che della psicoanalisi valorizza non solo l’aspetto terapeutico, ma anche il potenziale conoscitivo e liberatorio. Insieme a Nietzsche e Marx, Freud viene inserito fra quei “maestri del sospetto”, secondo la fortunata espressione di Paul Ricoeur, che guidano il pensiero critico, sulla scia dei movimenti giovanili di protesta, nell’analisi in profondità delle istituzioni e delle formazioni sociali, politiche e culturali. Anche prezzo di estremizzazioni e fraintendimenti, il pensiero freudiano, già fatto proprio dai filosofi marxisti della Scuola di Francoforte, diviene un formidabile strumento di analisi politica, sociale, letteraria e artistica. Nel 1976, Musatti è nominato curatore dell’edizione italiana degli scritti di Freud, un’opera sistematica e fondamentale, realizzata con eccezionale impegno e competenza, sulla cui base si sono formate generazioni di psicoanalisti.
L’attività scientifica della SPI si fa progressivamente più intensa, si susseguono i convegni nazionali e, nel 1969, la Società si impone sulla scena internazionale con l’organizzazione a Roma del ventiseiesimo Congresso dell’IPA. E’ di questi anni anche l’ampliamento dell’apparato teorico della psicoanalisi italiana, che dalla stretta ortodossia freudiana delle origini evolve verso forme più ricche e complesse, grazie all’integrazione delle componenti più significative del pensiero psicoanalitico internazionale. Franco Fornari, Eugenio Gaddini http://www.spiweb.it/index.php?option=com_content&view=article&id=3891:gaddini-eugenio&catid=552&Itemid=921 e Francesco Corrao introducono in Italia le teorie di Melanie Klein, Donald Winnicott, Wilfred Bion e Margareth Mahler.
L’evoluzione organizzativa, scientifica, istituzionale e didattica della SPI è proseguita senza interruzioni fino ai giorni nostri, mentre alla sua presidenza si sono avvicendati, dopo Nicola Perrotti, Cesare Musatti (1951-1955; 1959-1963), Alessandra Toamsi Di Palma (1955-1959), Emilio Servadio (1963-1969), Francesco Corrao (1969-1974), Franco Fornari (1974-1978), Eugenio Gaddini (1978-1982), Glauco Carloni (1982-1986), Giovanni Hautmann (1986-1990), Roberto Tagliacozzo (1990-1992), Giuseppe Di Chiara (1993-1997), Fausto Petrella (1997-2001), Domenico Chianese (2001-2005), Fernando Riolo (2005-2009), Stefano Bolognini (2009-2013), Antonino Ferro (2013-).
Nel 2007, nasce The italian psychoanalytic annual, una pubblicazione che dà ulteriore visibilità internazionale ai contributi degli psicoanalisti italiani, raccogliendo gli articoli più significativi comparsi ogni anno nella Rivista di psicoanalisi e diffondendoli all’estero nella loro versione inglese.
Oggi la SPI è una società complessa e articolata, con un apparato scientifico, didattico e formativo altamente strutturato, diffusa con i suoi 11 Centri su tutto il territorio nazionale. I Soci sono 904 e i Candidati in via di formazione 250. I rapporti con il mondo della sanità, della scienza e della cultura, nonché con il più ampio contesto sociale, sono estesi e articolati, con più di cento eventi all’anno organizzati dai vari Centri, aperti anche ai non addetti ai lavori, sia su argomenti clinici che su tematiche emergenti come la violenza, il bullismo e le nuove genitorialità.
Accanto alla Rivista di Psicoanalisi, la SPI pubblica la rivista Psiche e ha in Spiweb il suo sito internet.
L’evoluzione teorico-clinica della psicoanalisi italiana, dall’integrazione degli apporti kleiniani, winnicottiani e bioniani è proseguita verso la ricezione e l’elaborazione originale di ulteriori contributi, come la prospettiva ermeneutico-narratologica, la teoria del campo, gli orientamenti intersoggettivi e relazionali. Si tratta di un’evoluzione che testimonia della natura scientifica della psicoanalisi, che la differenzia in modo essenziale da altre formazioni culturali come il mito, la religione e l’ideologia, caratterizzate da una sostanziale staticità e dalla narrazione-rinarrazione di contenuti immutabili. Sebbene non ancora formalizzate, esposte e compiutamente ricostruite nella loro la dinamica e nei loro effetti, le falsificazioni o le anomalie, per usare due termini epistemologici molto noti, ovvero quei punti di attrito con l’esperienza, che in psicoanalisi è innanzitutto quella clinica, che segnalano i limiti delle nostre teorie, hanno dato origine a sviluppi teorici che hanno permesso di inglobare le acquisizioni dell’originario modello freudiano in quadri sempre più ampi. Questa evoluzione, favorita anche dagli apporti interdisciplinari delle neuroscienze e della ricerca sullo sviluppo neonatale e infantile, è proseguita fino alla “svolta intersoggettiva” degli ultimi decenni, un “cambiamento di paradigma” cui gli psicoanalisti italiani hanno contribuito in maniera originale e creativa, sempre più tradotti e ascoltati a livello internazionale.
Sabato 31 ottobre 2015 a Teramo si svolgerà la cerimonia di consegna di una targa commemorativa per i 90 anni dalla fondazione della SPI avvenuta grazie al lavoro di Marco Levi Bianchini e dei suoi collaboratori. La targa verrà consegnata al sindaco in presenza delle Autorità e dei vertici della SPI, IPA, FEP e AIpsi. Sono stati invitati anche il curatore degli atti del Convegno del 1995, i familiari di Levi Bianchini e i rappresentanti di altre istituzioni.