Quelli che seguono sono appunti per l’apertura di un dibattito sull’esperienza che una parte della SocietàPsicoanalitica Italiana sta facendo con il servizio dell’ascolto in emergenza. Costituiscono una riflessione in itinere ,che speriamo si possa specificare e approfondire nel tempo. Molti sono gli errori e le imprecisioni di questa valutazione e sarei contenta se i colleghi volessero correggerli.
Un po’ di preistoria
All’inizio di marzo del 2020, all’inizio del lockdown, in una situazione di angoscia, paura, come mai si era verificata negli ultimi 70 anni, ho deciso con un piccolo gruppo di persone di offrire un aiuto, un supporto a chi avesse avuto bisogno, Era un lavoro volontario, forse troppo audace e superiore alle nostre forze. Ho pensato che non avrei potuto coinvolgere ufficialmente la SPI in un’attività su cui non sapevo quanti sarebbero stati d’accordo. All’inizio ero sola e ho guardato intorno a me, ai colleghi dei due centri psicoanalitici, situati a Roma, la città dove vivo. Fabrizio Rocchetto e Giuliana Rocchetti che avevano in passato collaborato con me hanno subito accolto l’idea e allora passo dopo passo siamo andati avanti.
Molti colleghi, in particolare coloro che lavoravano già nei centri di consultazione e terapie psicoanalitiche delle varie regioni italiane, hanno rapidamente accettato il progetto Improvvisamente eravamo centinaia. Ogni Centro si è organizzato attorno ad un referente e tre referenti nazionali, Rocchetto, Rocchetti e Biondo hanno cominciato a raccogliere e monitorare la situazione.
Naturalmente il passo successivo è stato quello di dare pubblicità all’iniziativa e in questo ci ha in parte aiutato la nostra agenzia stampa .Il bisogno delle persone intorno a noi era tale che già nella prima settimana abbiamo raccolto per nostro conto già più di 150 chiamate con più di 250 colleghi disponibili.
La proposta era di un ascolto per telefono, internet, skype o zoom per un massimo di 4 volte. L’ascolto era gratuito e non poteva in linea di massima essere prolungato.
Accanto a noi si stavano intanto muovendo altre associazioni e ognuna per suo conto rispecchiava, più o meno, la nostra stessa proposta. Anche l’ordine degli psicologi e il suo presidente Lazzari avevano cominciato a muoversi.
Eravamo consapevoli di poter fare poco, ma sapevamo che avevamo alle spalle la nostra formazione di psicoanalisti che ci fornisce una particolare capacità di ascolto e di contenimento della sofferenza mentale. Il ministero della Salute aveva informato della nostra iniziativa sul sito.
Il lavoro diventava ogni giorno di più importante , nuove persone si aggiungevano come volontari, ma anche le richieste erano in aumento , anche grazie alla decisione sopraggiunta del Ministero della Salute di raccogliere sotto la propria egida tutte le iniziative provenienti dalle società scientifiche e associazioni tecnico-scientifiche delle professioni sanitarie ,accreditate secondo la legge Gelli.
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Lettera della Presidente SPI, dr.ssa Anna Nicolò al Presidente Consiglio Nazionale Ordine Psicologi, dr. David Lazzari
Progetto di ascolto Covid-19.
Giuliana Rocchetti, Fabrizio Rocchetto
Gli Psicoanalisti che hanno aderito all’iniziativa – oltre 350 a cui si aggiungono 60 psicoterapeuti allievi in formazione come psicoanalisti presso la SPI – stanno rispondendo in questo periodo a numerose richieste che riguardano la sofferenza psichica provocata o [ri]sollecitata dall’emergenza COVID-19. Osservando i dati relativi alle richieste che ci pervengono – che vanno incrementandosi con l’ampliamento del progetto organizzato dal Ministero della Salute – e negli scambi e riunioni tra colleghi direttamente impegnati nei colloqui con l’utenza, ci troviamo a riflettere sia sulle forme di tale sofferenza che sui nostri strumenti di psicoanalisti. Ci troviamo senz’altro con richieste che sono per una parte direttamente collegate all’attuale situazione epidemica e di “confinamento” (il lockdown), con i suoi portati di lutti, separazioni o vicinanze forzate, sentimenti e situazioni di solitudine, paura del futuro e dell’incognito; per un’altra consistente parte si tratta invece di stati di sofferenza che l’emergenza sanitaria attuale ha in qualche modo slatentizzato, fungendo da inaspettato contatto – in una sorta di après-coup – con un’emergenza interna tanto più spaventosa per il soggetto quanto più era rimasta sconosciuta e insospettata. Abbiamo visto situazioni nelle quali i normali timori e precauzioni si erano trasformati in vere e proprie angosce paranoidi, o in incalzanti e defatiganti rituali di pulizia personale e dell’ambiente in uno strenuo quanto inefficace tentativo di contenimento dell’angoscia; altre in cui era il corpo ad esprimere la sofferenza; oppure situazioni in cui c’era la richiesta di un aiuto apparentemente concreto (come risolvere una situazione, poter chiamare qualcuno ecc.), che tradiva una sorta di ‘perdita’ – in questo momento – di funzioni dell’Io solitamente presenti ed efficaci. Abbiamo ricevuto richieste di genitori che vedevano bambini ‘impazziti’, nella loro improvvisa incapacità a gestirli; adolescenti angosciati; la drammatica richiesta di chi ha chiesto aiuto per come proseguire dopo un ricovero in rianimazione o la scomparsa di un familiare o di un conoscente; professionisti della salute che sentivano di perdere i propri riferimenti e la propria autostima, e che scoprivano attraverso la consultazione una nuova possibilità di pensare.
In questo contesto emergenziale la messa a disposizione della nostra professionalità di Psicoanalisti ci richiede modifiche importanti del setting (interno-esterno), che vanno oltre la già importante questione dell’utilizzo dei mezzi ‘da remoto’ (v. a questo proposito il dibattito su spiweb.it). Qui anche il parametro ‘tempo’ (interno-esterno) viene profondamente modificato rispetto a quello che utilizziamo nei nostri setting analitici abituali, dove il tempo della seduta, esattamente definito, fa da cornice al tempo dell’analisi e permette l’emersione dell’atemporalità dell’inconscio.
Diverse le modifiche che dobbiamo ‘mettere in atto’.
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Gli Psicoanalisti al tempo del coronavirus
CPdP: referente Renata Rizzitelli
La vicenda sociale e collettiva del fenomeno coronavirus ci ha messo di fronte a molti problemi sul piano delle operatività da mettere in campo, ma anche alla difficoltà ad adattare il nostro abituale modo di lavorare a una realtà sociale stravolta, sia a causa del “nemico invisibile”, sia a causa delle restrizioni della libertà personale nostra e dei pazienti.
In questa cornice da organizzare – necessaria alla ricerca e alla successiva costruzione di un nuovo setting e di un campo all’interno del quale poter lavorare – è stato necessario anche individuare un’operatività che ci consentisse di raggiungere la dimensione delle simbolizzazioni affettive.
La prima riflessione è la seguente: che tipo di impatto ha avuto la parola “emergenza” nel nostro mondo interno? (Nota n.ro 1) La parola “emergenza” da sempre evoca il bisogno di non lasciarsi travolgere dal disastro e “portar fuori”, “far emergere”. Questa circostanza sociale, con gli esordi del nuovo impiego dei nostri spazi psicoanalitici, ci ha impattati con tutta la sua violenza: ha creato un serio stato di allarme in tutti noi e ci ha portato a doverci calibrare rispetto all’impulso di dover dare risposte immediate ai pazienti, arrivati a noi in circostanze inedite, con un setting del tutto diverso dalle nostre consuetudini, in cui siamo stati privati di almeno tre e a volte anche quattro dei cinque sensi che di solito collaborano fra di loro nello stabilire un contatto con i pazienti. A volte li sentiamo telefonicamente e quindi non li vediamo in volto, a volte possiamo vederli con le videochiamate, ma non sempre i pazienti sono d’accordo nel farsi vedere. Come potevamo predisporre, in un contesto simile, una mente funzionante in grado di fornire ascolto profondo?
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Gli psicoanalisti al tempo del coronavirus
CTP a cura di M.T. Colella (referente) e G. Sanfilippo
Appunti di Viaggio
L’esperienza di Ascolto Gratuito che stiamo svolgendo come Centro Torinese di Psicoanalisi e che si concluderà a fine giugno del 2020, si sta rivelando molto coinvolgente, emotivamente intensa e impegnativa; comporta più colloqui telefonici o per via telematica con persone in seria difficoltà psicologica in questo periodo di pandemia da coronavirus.
In risposta alla proposta della SPI Nazionale a metà marzo scorso, si è attivato immediatamente nel nostro Centro un gruppo dedito all’ascolto gratuito, gruppo formato da 10 soci (Astengo, Cionini, Colella, Palaziol, Pandolfo, Randaccio, Revere, Rumi, Sanfilippo, Sirianni) e 7 candidati (Blandino, Cassullo, Falletta, Fassio, Fassone, Olivieri, Secchi).
La comunicazione tra di noi è risultata da subito fluida e collaborativa, sia nel confrontarci sui contenuti delle richieste, che arrivano numerosissime, sia nel condividere le risposte di soccorso all’emergenza che via via proponiamo. << (…) La cifra emotiva di questa esperienza profondamente umana prima che professionale, è senz’altro il sentimento di coralità che abbiamo sperimentato e nei nostri ascolti e nella comunicazione tra noi dei vissuti di natura controtransferale, in quanto noi stessi stiamo condividendo con le persone che ascoltiamo il carico traumatico del momento (…). Riguardo al contenuto delle richieste, poi, per una buona parte si tratta di storie pesanti di vita e di sofferenza che intravvediamo come la punta di un iceberg al di là del contenimento e del sostegno (e a volte anche di una possibilità elaborativa) che forniamo; storie che hanno perso temporaneamente il precario equilibrio sul quale si reggevano, sconvolte dalla perdita dei ritmi consueti dello spazio e del tempo in cui vivevamo prima dell’avvento della pandemia.>> (Maria Teresa Colella)
Seguono riflessioni che abbiamo approfondito negli incontri telematici di gruppo e che alcuni di noi hanno saputo meglio esperimere per iscritto. La domanda fondamentale su cui ci siamo confrontati è:
il nostro ascolto è psicoanalitico? E se lo è, perché si può dire che sia psicoanalitico.
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Covid-19, nasce 800.833.833: il numero verde di supporto psicologico
L’emergenza Covid-19 sta mettendo a dura prova la tenuta psicologica delle persone alle prese con una situazioneinedita nella sua drammaticità. Il timore del contagio, le misure di isolamento, tanto indispensabili sul piano sanitario, quanto difficili su quello umano, la solitudine, i lutti, le incertezze economiche: tutti elementi che possono far nascere attacchi di ansia, stress, paure, disagio.Per queste ragioni da oggi, 27 aprile, sarà operativo il numero verde di supporto psicologico 800.833.833, attivato dal Ministero della Salute e dalla Protezione Civile, con il sostegno tecnologico offerto gratuitamente da TIM…
Leggi tutto alla pagina del Ministero della Salute
INDICAZIONI PER LE PERSONE CHE VOGLIONO ACCEDERE AL SERVIZIO
Servizio telefonico gratuito
Per adulti, giovani, coppie, famiglie e genitori per i propri figli
Ascolto e consulenza psicoanalitica nell’emergenza coronavirus.
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