A cura di Cristina Saottini
INTRODUZIONE. L’invecchiamento dei membri e dei candidati delle Società psicoanalitiche è uno dei problemi con i quali la psicoanalisi si confronta nella realtà sociale che cambia. Nelle interviste a diciotto colleghi stranieri, realizzate in occasione del Congresso FEP di Parigi nel 2012, l’invecchiamento è una domanda ricorrente come si può constatare consultando “Psychoanalysis Today” nello spazio video di SpiWeb
Riportiamo di seguito, tradotte in italiano, le relazioni per il Congresso FEP di Basilea tenute da Luisa Marino, che presenta, e di Mariateresa Hooke, che commenta, i dati di una recente ricerca condotta nell’ambito dei lavori del Comitato “Psychoanalytic Perspectives on Ageing of Patients and Psychoanalysts” (Chair Gabriele Junkers, DPV).
Il Comitato è nato nel 2008 per iniziativa dell’allora presidente della IPA Claudio Eizirik, con il mandato di investigare le implicazioni per la psicoanalisi dei recenti cambiamenti demografici nella popolazione in generale. Il Comitato ha lavorato su diversi temi tra i quali: ricerche demografiche sulle Società psicoanalitiche in Europa e nelle altre regioni della IPA e conseguenze per il presente e futuro della professione; studi, in collaborazione con l’IPSO, sulla tendenza delle Società ad accettare candidati di mezza età e la carenza di giovani generazioni; l’invecchiamento e le sue possibile implicazioni etiche; il tabù nelle Società psicoanalitiche nei confronti della anzianità dei membri.
Tali studi sono stati presentati a congressi della FEP, della IPA, e in congressi di varie societa’, pubblicati sul Bulletin e website della FEP, e nel libro di recente pubblicazione: “The Empty Couch: the taboo of ageing and retirement in psychoanalysis” edito da G. Junkers e pubblicato da Routledge.
Luisa Marino è membro della SPI e guest member della British Psychoanalytical Society. È stata presidente IPSO, International Psychoanalytical Studies Organization.
Mariateresa Savio Hooke, e’ didatta e supervisore della Australian Psychoanalytical Society, di cui e’ stata presidente. E’ membro dell’ IPA China Committee e Chair per l’Europa dell’ IPA Committee of Ageing. Ha edito con Salman Akhtar: “The Geography of Meaning”, pubblicato dalla IPA, e con Sverre Varvin e Alf Gerlach: “Psychoanalysis in Asia”, di imminente pubblicazione da Karnac. Ha contribuito al volume: “The Empty Couch” edito da G. Junkers, recentemente uscito da Routledge. Nel 2009 ha ricevuto dal Presidente della Repubblica l’Ordine della Stella della Solidarieta’ Italiana, per servizi alla psicoanalisi in Australia.
Esplorando il modo in cui i Candidati percepiscono il tema dell’invecchiamento.
Una ricerca del CAPP (Commitee on Ageing of Patients and Psychoanalysts) presentata a Basilea, EPF Conference, Marzo 2013.
A cura di Luisa Marino
Il questionario che riportiamo qui di seguito è stato sottoposto ad alcuni Istituti di Training nelle tre regioni dell’IPA/IPSO (Nord America, Latin America ed Europa) con questa lettera di accompagnamento.
Caro Candidato IPA-IPSO
Viviamo in un mondo che cambia in continuazione e in ogni direzione.
Un aspetto importante è il cambiamento demografico (aumento dell’età media, calo delle nascite) che modifica i rapporti tra le generazioni. Come puoi immaginare ciò influenza anche la trasmissione della psicoanalisi all’interno dei nostri Istituti.
Per questo motivo di chiediamo cortesemente di rispondere alle domande di questo breve questionario: cercando di fornire un’impressione di come tu stesso percepisci la relazione tra il passare del tempo, la nostra transitorietà, l’invecchiare e la psicoanalisi stessa.
Questionario
1.Pensi mai al problema dell’età e dell’invecchiare e cosa ti viene in mente quando senti queste due parole?
2.Nel corso della tua esperienza di vita e professionale hai avuto per lo più esperienze buone o negative con le persone anziane?
3.Qual’ è stata l’esperienza nel tuo Istituto rispetto all’invecchiamento?
4.Al tuo Istituto un ambiente caratterizzato da un età media avanzata è qualcosa che ti aspetti o meno come dato di fatto ?
5.Il processo dell’invecchiamento non è solo un fattore biologico e sociale, ma anche culturale. Le persone anziane potrebbero tendere ad essere fedeli ad approcci teorici e tecnici dei loro tempi e ad avere una visione meno positiva verso il nuovo. Hai notato o meno questo aspetto presso il tuo Istituto?
6.Pensi che presso il tuo Istituto ci sia sufficiente scambio con il mondo esterno?
7.Nel tuo Istituto pensi venga tenuta in sufficiente considerazione l’importanza del cambio generazionale?
8.Pensi che ci sia un messaggio subliminale negli Istituti Psicoanalitici in generale che non ci sia spazio per le nuove generazioni di giovani aspiranti?
9.Gli analisti di età avanzata rappresentano l’esperienza, la cultura e sono i depositari della storia, ma l’invecchiare implica a volte un declino dello stato di salute, perdita della memoria e altri possibili impedimenti. Ti è mai capitato di aver a che fare con questi aspetti nel tuo training?
Ti ringraziamo per il tuo tempo prezioso.
Il Comitato dell’IPA sull’invecchiamento e l’IPSO
Gabriele Junkers, chair
Maria Teresa Hooke, co-chair CAPP for Europe
Luisa Marino, IPSO Past President, CAPP consultant
Valeria Nader, IPSO President
Questo studio è il follow up di alcune precedenti ricerche iniziate nel 2006 (G. Junkers and L. Klockars, 2009; L. Klockars and M. Hooke, The map of Ageing, 2009; Hooke, How much time left for creative work, 2009; Marino, Reichelt, Hooke, What then candidates say on psychoanalytic prospective on ageing, 2009; Marino, 2013 in Junkers, The Empty Couch, Routledge).
Grazie alle precedenti esperienze e al fatto che possediamo ormai numerosi dati quantitativi, in questa occasione abbiamo privilegiato un’indagine di tipo qualitativo che ci permettesse di esplorare vari aspetti del delicato e complesso tema dell’invecchiare e dell’età, tanto degli analisti che dei candidati. Volevamo che si evidenziasse l’eventuale presenza o meno di consapevolezza rispetto all’importanza e agli effetti della propria età il relazione allo scorrere del tempo nel mondo interno di analisti e candidati degli Istituti di Training nel mondo.
Qui di seguito riportiamo un riassunto dei risultati sulla base delle risposte pervenute da 60 candidati, la maggior parte dall’Europa, seguiti dall’America Latina, alcuni dal Nord America. Si ricorda che per comprendere questi risultati ci siamo avvalsi delle statistiche precedenti per cui, per esempio, riferiamo qui solo i dati relativi all’età dei candidati stessi e l’impatto che questa ha nei vari Istituti. Nel 2009 in Nord America l’età media dei candidati era di 55/60 anni, in Europa 45 e in America Latina 35/40.
Alla domanda 2) che è molto generale, il 70% delle risposte riferiscono di aver avuto esperienze positive rispetto alle persone anziane, il 7% negative.
Alla domanda 4) che chiede se nel proprio Istituto si sia riscontrato un ambiente in età avanzata, curiosamente alcuni non comprendono la domanda, per altri invece si tratta di un esperienza attesa e scontata (seppure solo il 35% in America Latina), altri ancora (Europei per lo più) pensano che lo sia, ma desidererebbero fosse diverso.
Alla domanda 5) che è di approfondimento e chiede se si siano mai notati aspetti legati all’età degli analisti, il 39% dice di no, mentre il 61% sì.
Alla domanda 6) quasi il 60% delle risposte dei candidati europei afferma che non c’è uno scambio adeguato tra mondo interno dell’Istituto e mondo esterno, mentre in America Latina l‘87.5% dei candidati ritiene che questo scambio esista.
Alla domanda 7) che chiede se si senta che sia dato spazio al cambio generazionale nel proprio Istituto, il 41,7% ritiene che questo non sia preso molto in considerazione, mentre il 30% pensa di sì. In generale quello che emerge dalla varietà di contenuti espressi in risposta a questa domanda, è che uno dei problemi sentiti maggiormente è quello per cui al momento dell’associatura e quando sarebbe poi possibile il cambio generazionale, ci si ritrova ad avere un età già molto avanzata.
Alcune considerazioni significative emergono alla domanda 9), dove rispetto alle esperienze con analisti di età avanzata si chiede se si siano mai incontrati problemi o esperienze significative che riguardino questo aspetto.
La tabella qui riportata riferisce che il oltre il 60% dei candidati in Europa è stata toccata in qualche modo dal problema dell’età, mentre in America Latina solo il 30%.
Ad un approfondimento delle risposte si evince che il 48% delle persone è stata colpita personalmente rispetto a problemi legati all’età nelle esperienze di supervisioni (malattia del supervisore, problemi di memoria), e il 14% delle persone ha vissuto una malattia o la morte del proprio analista.
Alcune conclusioni generali
Nonostante alcune risposte siano molto elaborate e profonde, si ritiene che ci sia una diffusa tendenza a non essere consapevoli sia dei temi e delle possibili criticità legate all’età, dei candidati come degli analisti senior, sia del trascorrere del tempo e della conseguente necessità di tollerare limiti alla nostra capacità creativa e lavorativa. Ciò si ricava in particolare dalle risposte che arrivano da quegli Istituti in cui ricerche precedenti avevano sottolineato come queste problematiche fossero invece più sentite, riconosciute e discusse apertamente al loro interno.
Insomma, da cosa ci stiamo difendendo come candidati o come neo associati, quando neghiamo il problema dell’età e dell’invecchiamento e le sue implicazioni nella trasmissione della psicoanalisi? E questo anche là dove questo tema è sentito empaticamente e condiviso dalle differenti generazioni che fanno parte di uno stesso Istituto?
Riteniamo a questo punto che spesso l’Istituto sia sentito e vissuto come un vero e proprio rifugio (J. Steiner, 1993), costruito per difendersi da forti angosce schizoparanoidi e depressive; Steiner definisce il rifugio come un luogo a volte interpersonale, che può prendere anche la forma di un’organizzazione di persone, che fornisce sicurezza e protezione dal mondo esterno vissuto come ostile e pericoloso.
Se facessimo i conti con queste ansie dovremmo, per esempio, affrontare il tema della perdita e del lutto, dei limiti e del trascorrere del tempo per gli analisti senior come per noi stessi, oltre che quello della conflittualità tra pari in un ambiente dove l’età è a volte avanzata (anche la nostra).
Sarebbe necessario riconquistare per noi stessi una componente “giovane”, una passione adolescente che a volte è invece sentita come fonte di possibile imbarazzo o irrispettosa in ambienti così vari dal punto di vista dell’età.
Insomma, entrare nell’Istituzione psicoanalitica e percepirsi empaticamente legati ai nostri colleghi senior, non voler mai procedere nella carriera psicoanalitica (associatura, ordinariati, didattato), potrebbero essere un modo inconscio per evitare le ansie che nascerebbero dall’uscire da questi rifugi inconsci, protettivi da angosce schizoparanoidi e depressive. Mi riferisco all’ansia che procura la conflittualità tra pari, l’inventabile confronto con il lutto per la perdita degli analisti più anziani, l’ansia per lo scorrere del tempo e lo svanire della fiducia, a volte irrazionale, che l’età matura significhi accresciuta saggezza e mai invecchiamento o perdita di risorse interne ed esterne e, non ultima l’ansia che procura il dover assumere ruoli istituzionali e il ricevere un’eredità culturale che ci può impedire di essere noi stessi creativi e capaci di sostenere il disaccordo.
DEFORMATION OR TRANSFORMATION
The Transmission of psychoanalysis in ‘Ageing’ Institutes
A cura di Mariateresa Savio Hooke
Prima di tutto vorrei dire che l’invecchiamento dei nostri instituti va visto in un contesto piu’ ampio: quello della psicoanalisi a confronto con la realta’ sociale di oggi, diversa e in continuo cambiamento; l’invecchiamento e’ quindi solo una delle espressioni di questi cambiamenti. Infatti si e’ cominciato a parlare e a prendere sul serio l’anzianita’ di membri e candidati quando la cosidetta crisi della psicoanalisi era gia’ sulla mappa da qualche anno (2001) e in particolare con la ricerca del 2006 “Who does what” di G. Junkers e L. Klockars per il Working Party on Education della FEP. Da allora le cose non sono gran che migliorate, anzi, e sono molto d’accordo con Serge Fritsch che nel discorso di apertura di questo Congresso ha parlato della necessita’ di pensare non solo al futuro della psicoanalisi, ma al futuro come a un progetto a lungo termine.
Ma veniamo ad oggi. Come ha detto Luisa, il nostro è un tentativo di descrivere l’esperienza di un ristretto numero di candidati agli ultimi anni di training in ‘ageing’ Istituti. Vorrei ringraziare i candidati che hanno risposto al nostro questionario, per la loro generosa, intelligente, acuta e a volte poetica partecipazione.
Presentero’ alcuni punti generali e poi alcuni aspetti più specifici.
Per incominciare, una citazione: “Mi colpisce come mi venga assegnato il ruolo di figlio in mezzo ad altri fratelli, da analisti di training che si considerano genitori, ma che sembrano più dei nonni”. Quindi siamo in “grandparents’ land”.
Come considerazione generale: colpisce il senso di apparteneza ai propri istituti, l’identificazione con l’istituto che traspare nel tono delle risposte dei candidati. Infatti le risposte di uno stesso Istituto/Società risultano molto simili tra di loro e questo suggerisce l’idea di una cultura che permea sia il training, sia l’atteggiamento nei confronti dell’anzianita’.Il rischio di questo senso di appartenenza sta: “nell’assumere acriticamente valori stabiliti e nel non esercitare responsabilmente la propria capacità di critica creativa” (Andrea de Pereira and colleagues, 2012).
A proposito di “tono”, in alcune società troviamo una delicatezza, una leggerezza di tocco, un desiderio di proteggere le vecchie generazioni come se noi fossimo “gli intoccabili”, una specie protetta o una specie bisognosa di protezione. In altre, il tono e’ di aperta ribellione, con vedute e opinioni precise e apertamente espresse. In altre ancora, e specialmente in America Latina dove abbiamo Società e candidati più giovani, le generazioni sembrano convivere in modo piu’ creativo e armonioso.
Risonanza con l’anzianita’
In generale c’è una risonanza con l’ anzianita’, un’identificazione empatica che talvolta sfiora l’idealizzazione. Ma parliamo di candidati a loro volta in età matura, vicini a temi quali il passare del tempo, la perdita, il lutto. Convergono qui sia una risonanza con il dolore, quello che Ferro chiama “sensibilità dolorosa” (Ferro 2003, citato da G. Junkers, 2013) che il chiudere un occhio sulle implicazioni che l’invecchiamento degli institutic comporta per la trasmissione della psicoanalisi. C’e’ una notevole differenza rispetto alle nostre ricerche precedenti, infatti troviamo ora una maggiore consapevolezza del problema dovuta a vari fattori: l’ anzianita’ è ora una problematica di rilevanza sociale, anni di lavoro del nostro Comitato all’interno di molte Società e la preoccupazione dell’IPA per l’ eta’ dei suoi membri e per le conseguenze finanziarie che ne derivano.
I candidati vedono l’invecchiamento come una questione molto soggettiva, che ciascuno vive a modo proprio come una sfida da affrontare. Troviamo un tentativo di bilanciare due polarità: l’apprezzamento per la ricchezza dell’esperienza, la saggezza, il valore della trasmissione delle idee psicoanalitiche da una parte e le esperienze negative del deterioramento, del declino, della rigiditá dall’altra. Cito: “Ho imparato molto dagli analisti anziani ma ho anche trovato alcuni di loro non in linea con i tempi, con problemi di salute o di memoria. So anche di molti colleghi che hanno sofferto per la morte del loro analista di training”.
L’invecchiamento è vissuto con tristezza e il ritiro dal lavoro di maestri e supervisori con un profondo senso di perdita.
L’invecchiamento degli Istituti come dato di fatto
L’appartenere ad un Istituto con membri e candidati avanti negli anni è comunque sentito come un dato di fatto, qualcosa di atteso in una società con notevoli cambiamenti demografici e in una professione che richiede anni di esperienza e viene considerata più adatta a persone ‘mature’. Solo pochi vedono in questo un problema e vorrebbero candidati più giovani. La domanda: ‘Ti aspettavi di trovare nel tuo instituto un ambiente di persone mature e anziane oppure ti ha sorpreso?’ spesso non è compresa. Solo un candidato ha risposto: “Sono rimasta scioccata quando l’impatto con l’invecchiamento e le sue implicazioni mi sono diventate chiare.” Negazione della perdita, del trascorrere del tempo e delle sue conseguenze per il futuro della psicoanalisi? Viene in mente quello che scrive Alessandro Baricco (A. Baricco, 2013) sulle consuetudini, sulle abitudini e sull’effetto calmante e lenitivo delle consuetudini. In questo caso una falsa tranquillità che protegge da una realtà sconvolgente? Cito: “Vivere con gli anziani evoca angosce di morte, mi sento come Enea con il padre sulle spalle nel suo viaggio per costruire qualcosa di nuovo.”
Affrontero’ ora tre temi piu specifici:
1. C’è posto per i giovani?
Anche qui, ritroviamo un certo equilibrio nelle risposte. Molti pensano che vi sia spazio e incoraggiamento per i giovani, altri vedono le generazioni più anziane ansiose riguardo la competenza e la preparazione dei giovani colleghi, colleghi che noi abbiamo formato nei nostri istituti. Cito: ‘ Penso che che le vecchie generazioni non ci vedano mai abbastanza pronti’. ‘Sembra che per essere considerati analisti rispettabili si debba raggiungere l’età in cui gli altri professionisti vanno in pensione’. Ci sarebbe molto da riflettere sulla natura di questa ansieta’ e molto e’ gia stato detto. (vedi O. Kernberg, 2012). Vorrei solo citare Joseph Sandler, 1983 (ripreso da G Junkers,2013), quando parla di noi analisti costantemente rosi dal dubbio di non fare abbastanza un buon lavoro e di come questo senso di non essere abbastanza analitici sia spesso dormente in attesa di venir proietttao su colleghi vari o, aggiungo, sui candidati.
Un’altro aspetto di questa ansieta’ viene espresso da alcuni candidati, quando ci dicono che le nuove generazioni devono lottare per il riconoscimento del proprio spazio, spazio che noi anziani teniamo bloccato, un blocco che i giovani sentono di dover forzare per trovare spazio per esistere. Sottolineo questo aspetto perché implica una battaglia per la propria identità e per il senso del senso di sè diverso dall’identificazione con i nonni di cui parla Luisa. Infatti nelle risposte ritroviamo tutti due questi aspetti. Cito: ‘ Sembra ci sia una gran considerazione per i problemi degli analisti anziani e meno per quelli dei giovani’. ‘C’e’ resistenza alla partecipazione dei giovani’. ‘ L’integrazione dei giovani e’ difficile, ma i giovani devono lottare per guadagnare il proprio spazio di partecipazione, per esporre le proprie idee e le proprie particolari condizioni di vita’. ‘Troppi sono i capi e solo pochi i pellerossa’. Ci sono anche commenti sul fatto che le Società da una parte sono interessate all’apertura verso le giovani generazioni ma dall’altra non le facilitano abbastanza.
2.Sono gli Istituti consapevoli della realtà sociale dei candidati?
I candidati parlano di ‘distanza dalle loro esperienze di vita’, una distanza dalla realtà sociale, culturale ed economica di oggi. Temi familiari: il costo del training che non e’ sostenibile per giovani laureati, la difficoltà a trovare casi clinici e pazienti a 4/5 sedute. Temi così familiari che corriamo il rischio di non prestarvi piu’ attenzione. Le risposte alla domanda se ci sia abbastanza scambio tra la psicoanalisi e il mondo esterno richiederebbe un lavoro a parte. La maggioranza, ad eccezione dell’ America Latina, considera inadeguata la la diffusione della conoscenza della psicoanalisi come di una disciplina moderna per un mondo moderno. Questo nonostante l’enorme sforzo fatto dalla maggior parte delle società nell’outreach.
3.L’anzianita’ negli analisti di training, docenti e supervisori
Questo è l’aspetto più scottante della questione dell’anzianita’ perché riguarda l’esperienza personale che i candidati fanno della malattia o della morte dei loro analisti o supervisori. Uno degli scenari presentati e’ il perpetuarsi dell’eta’ avanzata degli analisti da training e del fatto che i candidati saranno anziani quando diventeranno analisti da training, se mai lo diventeranno. E’ interessante come molti candidati non conoscano i cambiamenti introdotti in molte società riguardo agli analisti da training. Colpiscono le considerazioni fatte sull’invecchiamento di analisti, insegnanti e supervisori: ritornano i temi del doppio versante dell’invecchiamento, il conflitto tra il valore dell’esperienza e le conseguenze dell’ eta’: la perdita di memoria, la ripetitività, la difficolta’ a tenere in mente il materiale, la sonnolenza. questo specialmente riguardo i supervisori. E’ pratica abbastanza comune per gli analisti a una certa eta’ di ritirarsi dal lavoro coi pazienti e candidati, ma di continuare con le supervisioni a tempo indeterminato. Molte societa’ hanno ora limiti di eta’ per analisti di training ma non per supervisori. Le risposte dei candidati ci fanno riflettere su questo.
Conclusioni
Tornando al tema Deformazione o Trasformazione:
La deformazione e’ l’argomento presentato da Luisa: l’identificazione con l’analista/nonno e la conseguente sottovalutazione dell’età reale del candidato e delle risorse di quest’età (e anche dell’essere figli dei propri genitori), e inoltre gli istituti vissuti come ‘psychic retreats’. Si potrebbe anche parlare del ‘gaze’, lo sguardo dell’istituzione, e come alcuni rimangano paralizzati da questo sguardo e altri perfino lo vivano con piacere. (J.Sklar, EPF 2013 Presentatione del suo libro “Landscapes of the Dark”).
Come possiamo allora mantenere o creare un’atmosfera che generi vitalita’ nei nosti instituti?
I candidati hanno discusso questo aspetto, e parlano della necessita’ di un maggiore aggiornamento sulla conoscenza e pratica della psicoanalisi (come si pratica e cosa si discute in altre societa’ e regioni della IPA) ma sopratutto di programmi di scambi di candidati – sul modello del programma Erasmo delle universita’ – candidati che trascorrano un periodo in tempo in altri instituti e condividano poi l’esperienza coi colleghi. ‘Dulcis in fundo’ hanno anche suggerito tranche di analisi per gli analisti anziani.
Parlando di trasformazione, per poter rendere i candidati consapevoli del loro ‘psychic retreats” rimane a noi, generazioni anziane, il compito di fare quel lavoro psichico, ‘il lavoro sul processo dell’invecchiamento’ (G. Junkers (2013) necessario per confrontare la nostra temporaneita’ e per essere capaci di investire sul futuro delle nuove generazioni.
References
Baricco, A. ‘Palladium Lectures 2013’, La Repubblica online
De Pereira and coll. ‘Impact of Socio-cultural and institutional belonging on Psychoanalytic Training’, IPSO Website 2012
Hooke, MT. ‘How much time left for creative work?’ EPF Brussels 2009
Marino L.& Reichelt E. ‘What the Candidates say’ EPF Brussels 2009
Kernberg, O. ‘Suicide Prevention for Psychoanalytic Istitutes and Societies’ J Am Psychoanal Ass July 2012
Junkers, G. & Klockars L. Who does What, EPF Bulletin 61, 2007
Junkers, G. ‘Later, perhaps. Transience and its significance for psychoanalysis’ in ‘The Empty Couch. The Taboo of Ageing and Retiring in Psychoanalysis’ Routledge, 2013
Sklar, J. Presentation of his book “Landscapes of the Dark” EPF Basel 2013.