Parole chiave: Psicoanalisi, Freud, Nazismo, L. Kahn
Cosa ha fatto il Nazismo alla Psicoanalisi
Intervista a Laurence Kahn
a cura di A. Migliozzi
Il volume, Cosa ha fatto il Nazismo alla Psicoanalisi (2018) di Laurence Kahn, è all’origine di questa intervista. Nel lavoro, Kahn esplora l’impatto che il Nazismo ha avuto sull’evoluzione della psicoanalisi e offre una attenta disamina di come sia penetrato un modo di guardare all’umano impoverito di quegli elementi disturbanti che hanno reso la psicoanalisi epistemologia del perturbante per trasformarsi in una tranquilla psicologia.
Come ricorda Kahn, il primo bersaglio del Nazionalsocialismo è stato il linguaggio tanto da essere stato vittima di, “… un sisma specifico, che ha colpito le nozioni fondamentali della psicoanalisi (prefazione).” Attraverso il percorso nel quale Il Nazismo creò un pervertimento di ciò che Freud intendeva per economia psichica fino ad arrivare all’idolatria della pulsione e il disprezzo della ragione, Kahn scandaglia i meccanismi concreti di distruzione che influenzarono il linguaggio e il pensiero. L’esito è stato l’abbandono di un linguaggio più enigmatico, caro a Freud, e di alcuni concetti cardine, come Pulsione, nel tentativo di prendere le distanze da parte della comunità psicoanalitica di una pervasiva appropriazione culturale del Nazionalsocialismo.
La psicoanalisi contemporanea, secondo Kahn, non ha tenuto sufficientemente conto del disorientamento clinico e teorico inflitto dal movimento nazista e trattando argomenti chiave come il trauma, le questioni transgenerazionali, il silenzio e la segretezza , e la depredazione della cultura ha alimentato, a fianco di parole magniloquenti, quali vittima, perseguitato, atrocità, la speranza di potersi liberare dalla Shoah. Già Freud (1930) affermava che “ciascun individuo è virtualmente nemico della civiltà,” e molti anni più tardi gli farà eco I. Kertesz quando ricordava che il declino del mondo ha un’origine ben più profonda di quello che si può arrivare a comprendere soltanto attraverso la ragione e la scienza. Per questo, Kahn auspica un ritorno all’opera di Freud per arrivare a comprendere le conseguenze psichiche del Nazismo in cui il gruppo si fece massa politica delirante.
DOMANDE
1.Gentile Laurence Kahn, la sua ricerca psicoanalitica, esitata nel recente volume, Cosa Ha fatto il Nazismo alla Psicoanalisi (2023), prende l’avvio da una serie di interrogativi che lei si va ponendo da molto tempo, relativi all’osservazione del fatto che la psicoanalisi si è andata via via impoverendo di quegli elementi che le hanno permesso di venire definita epistemologia del perturbante, per trasformarsi invece in una tranquilla psicologia. Come è iniziata questa trasformazione e cosa resta, oggi, del suo nucleo di verità?
2.Nel lavoro menzionato, lei esplora più specificatamente l’impatto che il Nazismo ha avuto sull’evoluzione della psicoanalisi attuale, in particolare si concentra sul processo che ha condotto ad una ‘purificazione linguistica’, una vera e propria epurazione. Mi spiego, lei sembra suggerire che l’abbandono di un linguaggio più enigmatico, caro a Freud, e di certi concetti, tra cui Pulsione, sia stato l’esito di un tentativo di prendere le distanze da una pervasiva appropriazione culturale portata avanti in maniera sistematica dal Nazionalsocialismo, producendo però un impoverimento degli aspetti più enigmatici.
3.Freud cercava l’origine della barbarie non tanto nelle trasformazioni storiche della società ma all’interno della configurazione di ciascun individuo e affermava che “ciascun individuo è virtualmente nemico della civiltà.” Sembra che la psicoanalisi contemporanea, lei dice, non abbia tenuto conto del disorientamento clinico e teorico, inflitto dallo scoppio del movimento nazista – e abbia in qualche modo alimentato la speranza di potersi liberare dalla Shoah. In particolare, lei sembra condividere la posizione di Kertesz, che affermava che il declino del mondo ha un’origine ben più profonda di quello che si possa comprendere attraverso la ragione e la scienza. Può chiarire cosa intende?
4.Affrontando gli effetti dell’Olocausto sul mondo psicoanalitico, questo libro più che sulla sofferenza dei sopravvissuti, sull’ascolto empatico dei traumi e delle patologie delle vittime della Shoah, si concentra sull’analisi dei meccanismi concreti di distruzione che influenzarono il linguaggio e il pensiero. Pertanto, trattando argomenti chiave quali le questioni transgenerazionali, il silenzio e la segretezza, e la depredazione della cultura, il suo lavoro tenta di comprendere lo strano silenzio che ha colpito la psicoanalisi producendo, a fianco di parole magniloquenti, quali vittima, perseguitato, atrocità, un’interdizione a parlare e a pensare.
5.Lei si auspica , per il futuro, una riflessione psicoanalitica che si soffermi sullo strano connubio tra cultura e genocidio
Ringraziamo Laurence Kahn per aver condiviso con noi le sue riflessioni.
Laurence Kahn è membro titolare e formatore della Association Psychanalytique de France, di cui è stata presidente dal 2008 al 2010. Oltre che di numerosi articoli, è autrice di Hermès passe ou les ambiguïtés de la communication (1978), Cures d’enfance (2004; tr. it. Cure di bambini, 2006), Faire parler le destin (2005; tr. it. Far parlare il destino, 2007), L’écoute de l’analyste (2012) e Le psychanalyste apathique et le patient postmoderne (2014). Ha fatto parte della redazione della Nouvelle Revue de Psychanalyse. Nel 2014 le è stato attribuito il premio “Maurice Bouvet” per l’insieme dei suoi scritti psicoanalitici; nel 2021 l’International Psychoanalytical Association ha premiato Laurence Kahn per il suo “Extraordinarily Meritorious Service to Psychoanalysis.”
Cosa ha fatto il Nazismo alla Psicoanalisi (2018) di Laurence Kahn, tradotto in italiano da R. Guarnieri e R. Galiani, ed. Alpes 2023
Bibliografia
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