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“Il futuro dei primi mille giorni di vita”. A cura di A. Imbasciati e L. Cena. Recensione di M. Antoncecchi

29/04/19

Il futuro dei primi mille giorni di vita

Psicologia Clinica Perinatale: prevenzione e interventi precoci 

a cura di Antonio Imbasciati e Loredana Cena 

Editore: Franco Angeli, Milano 

Anno: 2018   

Recensione di Maria Antoncecchi

 

“Non esiste cervello che possa dirsi normale: il cervello di un essere umano viene ad essere costruito dallo specifico tipo di genitorialità che potrà, in un determinato ambiente, dedicarsi alla sua costruzione” (p.15).

Con queste parole Antonio Imbasciati descrive l’essenza della Psicologia Clinica Perinatale alla quale dedica, in collaborazione con Loredana Cena, il quarto volume: Il futuro dei primi mille giorni di vita. Psicologia clinica perinatale: prevenzione e interventi precoci, a cura di Antonio Imbasciati e Loredana Cena.

Come dice il titolo, i primi mille giorni di vita, a partire dal concepimento, sono  un periodo fondamentale per lo sviluppo mentale della persona. Le esperienze che avvengono in questa fase della vita costituiscono “la matrice decisiva da cui originerà la futura persona adulta” (p.18). In questi ultimi anni, numerosi studi scientifici hanno, infatti, dimostrato come lo sviluppo del cervello umano sia dovuto solo in minima parte al patrimonio genetico come esso, a partire dal quarto/quinto mese di gravidanza, si costruisca progressivamente per apprendimenti che si verificano attraverso le interazioni umane.  L’ambiente inciderà profondamente sulla strutturazione della mente del bambino e sull’apprendimento di funzioni che si fissano, attraverso l’esperienza, nelle reti neurali.

Imbasciati (2015) sottolinea come le neuroscienze e la teoria dell’attaccamento siano concordi nel ritenere che, a partire dal feto, nei primi anni di vita si sviluppano capacità basilari sulle quali si organizzerà tutta l’esperienza successiva, e che l’evoluzione del cervello “è assolutamente individuale nella sua microfisiologia e nella sua funzionalità”,  proprio perché si costruisce attraverso l’unicità e la specificità delle relazioni primarie.

La relazione genitore-bambino è il fulcro dello sviluppo psicoaffettivo e neuromentale,      ma perché avvenga l’apprendimento è necessario che ci sia  un buon contatto emotivo tra il neonato e la figura di accudimento. La comunicazione tra madre e bambino, in questa fase della vita, passa, come sappiamo, attraverso canali prevalentemente preverbali: le espressioni del viso, il tono della voce, il contatto fisico e gli stili di attaccamento, che vengono registrati nella memoria implicita e vanno a formare un primo Sé. Queste primissime comunicazioni emotive preverbali tra la madre e il bambino assumono una particolare importanza in quanto veicolano, attraverso la sintonizzazione e la regolazione delle emozioni e degli affetti da parte del caregiver, modelli operativi interni inaccessibili alla coscienza (Shore, 2003). Il fallimento della funzione di regolazione emotivo-affettiva e l’interiorizzazione di modelli operativi disfunzionali, diventano la base per il disagio psichico e la formazione di future psicopatologie.

Se la qualità dell’ambiente e delle prime cure materne determina lo sviluppo e la qualità del Sé, ne consegue che è importante intercettare il prima possibile i fattori di rischio presenti nel contesto relazionale. All’interno di un quadro teorico che integra la Psicoanalisi, l’Infant Research, la Teoria dell’Attaccamento e le Neuroscienze, la Psicologia Clinica Perinatale intende svolgere una funzione di valutazione e di sostegno per la coppia, il bambino e la famiglia, prendendo in considerazione la prospettiva transgenerazionale come linea di trasmissione della salute mentale a partire dal concepimento. Il punto d’intervento elettivo, sottolinea Antonio Imbasciati, è la  prevenzione nell’area della genitorialità, “se si vuole proteggere i bambini e i futuri adulti da strutture neuromentali deficitarie e patogene per la salute mentale delle nuove generazioni” (p. 29). Si tratta di un intervento con madre/padre/bambino in “consultazione partecipata” (Vallino, 2009) ad impronta psicoanalitica, nel quale il terapeuta deve saper cogliere i messaggi inconsapevoli che regolano la relazione genitori-bambino. La precocità dell’intervento è fondamentale per poter individuare i bambini a rischio, alleviare la sofferenza psichica e prevenire uno sviluppo patologico. A questo riguardo è importante ricordare come la Psicologia Clinica Perinatale si prenda cura di eventi traumatici e dolorosi, legati a diagnosi prenatali infauste, morti endouterine e neonatali.

Il libro dà ampio spazio, pertanto, ad interventi precoci con tecniche e metodi diversi, ma pur sempre centrati sulla relazione primaria, quali la Giocoterapia Focale (GF), che all’interno della consultazione partecipata affronta problematiche relative all’alimentazione e all’evacuazione; la Video Intervention Therapy (VIT), che ha l’obiettivo di  sostenere lo sviluppo infantile stimolando la capacità riflessiva (Fonagy e Target, 2005) dei genitori con l’utilizzo di sequenze registrate di interazioni diadiche; il CARE-Index che valuta la qualità della relazione d’attaccamento nei primi mesi di vita; la Comunicazione Emozionale Intercorporea (ECI), che attraverso il contatto sensoriale-sensitivo-intercorporeo  contribuisce alla strutturazione di un primitivo senso del Sé (Winnicott, 1970) .

I primi sei capitoli del libro sono dedicati alla presentazione della ricerca scientifica nell’area perinatale. Il capitolo settimo ripercorre la storia che ha portato alla formazione della Psicologia Clinica Perinatale, nata come un’area specialistica della Psicologia Clinica presso la cattedra di Psicologia Clinica della Facoltà di Medicina e Chirurgia di Brescia. Segue, nei capitoli successivi, una vasta e approfondita descrizione delle applicazioni e degli interventi a sostegno della salute fisica e mentale della relazione madre-bambino-padre, della coppia e della famiglia.

Nell’ultima parte, il libro dedica una particolare attenzione alla procreazione medicalmente assistita, alla nascita prematura, alla morte endouterina, al lutto perinatale, alla depressione post-natale  e alla formazione degli operatori.

In conclusione, vorrei mettere in evidenza che lo scopo della Psicologia Clinica Perinatale, come affermano gli autori, è diffondere le attuali conoscenze sullo sviluppo della mente, promuovere una cultura della perinatalità e sensibilizzare le politiche sanitarie verso la  tutela preventiva della salute mentale, piuttosto che sulla successiva cura delle patologie, intervenendo precocemente su ogni singolo individuo per garantire una buona genitorialità in una prospettiva transgenerazionale.

 

Antonio Imbasciati, laureato in Medicina, psicologo sperimentale ricercatore, Neuropsichiatra Infantile, è Ordinario di Psicologia Generale e poi di Psicologia Clinica, psicoanalista didatta della Società Psicoanalitica Italiana (IPA), Direttore di un Istituto universitario e ora Professore Emerito, autore di sessantatré volumi e di oltre trecento pubblicazioni.

Loredana Cena, psicoterapeuta e professore associato di Psicologia Clinica  all’Università di Brescia, è autrice di nove volumi e di numerose pubblicazioni, tra cui, con Antonio Imbasciati: Psicologia Clinica Perinatale per le professioni sanitarie e psicosociali. Vol.1 Neonato e radici della salute mentale (2015); Vol. 2 Genitorialità e origine della mente del bambino (2015); Vol. 3 Psicologia Clinica Perinatale. Neuroscienze e psicoanalisi (2017).

 

Bibliografia:

Fonagy P.,Target M. Attaccamento e funzione riflessiva, Cortina, Milano, 2001.

Imbasciati A. Mente / Cervello: nel corpo.
Relazione presentata al Centro Milanese di Psicoanalisi, 26 Nov 2015.

Shore A.N. La regolazione degli affetti e la riparazione del Sé, Roma, Astrolabio, 2008.

Stern D.N. Il mondo interpersonale del bambino, Torino,Bollati Boringhieri, 1987.

Vallino D.  Fare psicoanalisi con genitori e bambini, Roma, Borla, 2009.

Winnicott D.W. Sviluppo affettivo e ambiente, Roma, Armando, 2004.

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