( A cura di Elena Lipari e Angelo Macchia)
L’atto Costitutivo ufficiale del Centro di Psicoanalisi Romano si data 5 luglio 1974, ma per comprendere la ricchezza e le complessità che descrivono il suo percorso è necessario fare un lungo passo indietro.
L’associazione Società Psicoanalitica Italiana (SPI) è stata fondata in Teramo il 7 giugno del 1925 dal professor Marco Levi Bianchini e riconosciuta nel 1936 dall’ Associazione Psicoanalitica Internazionale (IPA) fondata nel 1910 da Sigmund Freud. Il 1 ottobre 1932 la sede della Società Psicoanalitica Italiana è stata trasferita dal professor Edoardo Weiss da Teramo a Roma e l’Associazione è stata riorganizzata. Nel periodo che va dal 1932 al 1938 l’Associazione ha continuato ad essere presieduta dal professor Weiss ed ha operato ai fini della formazione di nuovi psicoanalisti e della diffusione della psicoanalisi mediante la formazione di convegni, congressi, ecc.
Nel 1938 Weiss si trasferisce a Chicago per sfuggire alle persecuzioni razziali; la Società viene “sciolta” dal Governo dell’epoca e la sua attività, mai comunque del tutto interrotta, potrà riprendere solo a guerra finita.
Dagli anni ’50 gli incontri prendono a svolgersi in modo più sistematico, iniziano a strutturarsi diversi Istituti, come quello di Milano, con lo scopo di attivare la formazione di nuovi analisti e diffondere l’insegnamento della psicoanalisi. Nasce così, a Roma, in via Salaria 237b, la nuova sede della Società Psicoanalitica Italiana,
In quegli anni iniziano a coagularsi due distinti gruppi di allievi intorno alle figure di Nicola Perrotti e di Emilio Servadio; quest’ultimo successivamente si sposterà a Lungotevere delle Navi.
Il clima scientifico e la vita del gruppo che fa riferimento a Nicola Perrotti si caratterizza fin dagli esordi per una forte impronta clinica mutuata dalla formazione medica dei suoi componenti e da una profonda attenzione al sociale. Il desiderio di confronto ed apertura si esprime nei numerosi incontri con analisti stranieri invitati a discutere i loro contributi originali. La presenza in via Salaria di personaggi quali Lacan, Lagache, Nascsht, Sterba, La Forgue, Marise Choisy e altri, dà un’idea del fermento e della carica attrattiva che connotava quello che poi sarebbe divenuto il “Centro”.
“Via Salaria” viene così a costituirsi come un vero polo di scambio tra analisti di diversa formazione e provenienza.
Molto intensi si mantengono anche gli scambi con l’Istituto di Milano, come testimoniano anche i frequenti viaggi di Musatti e Perrotti da Milano a Roma e viceversa.
Gli anni ’60 sono molto vivaci, e non solo per l’incremento nella richiesta di formazione. Diversi colleghi stranieri, quali Ignacio Matte Blanco e Luciana Bon De Matte dal Cile e, poco più tardi, Armando Ferrari dal Brasile, si trasferiscono a Roma, divenendo parte integrante e creativa del gruppo. Adda Corti e Pierandrea Lussana, dopo un periodo di formazione a Londra, fanno definitivamente ritorno a Roma. I legami culturali con la scuola francese si arricchiscono quindi di apporti della psicoanalisi anglosassone: dagli anni ‘70 Hanna Segal ed Herbert Rosenfeld , allievi di Melanie Klein, iniziano a frequentare regolarmente la sede di Via Salaria.
Il contributo di Adda Corti e Pierandrea Lussana, insieme a quello di Benedetto Bartoleschi, che si era formato a Parigi con Serge Lebovici, stimola l’attenzione sulla psicoanalisi infantile, utilizzando anche il modello di osservazione di Esther Bick.
I confronti e le discussioni generate dall’avvicinamento alle teorie ed all’approccio kleiniano, non alterano il clima di coesione del gruppo, anche grazie alla personalità di Nicola Perrotti che ha sempre garantito ed incentivato un atteggiamento di apertura e laicità.
Un’ attenzione per la dimensione sociale e l’impegno politico è sempre stata sullo sfondo della storia del nostro Centro: il socialismo di Nicola Perrotti, il passato anti-fascista di Eugenio Gaddini, l’impegno cattolico di Adriano Ossicini.
In quegli anni, tra i molti allievi che fanno la propria analisi con Nicola Perrotti, vi sono diverse personalità che sono poi andati a formare altri Centri di Psicoanalisi in Italia.
La scomparsa di Nicola Perrotti avviene nel 1970, lo stesso anno della morte di Edoardo Weiss. La sua impronta e la sua eredità caratterizzano l’apertura e la disponibilità al dialogo del Centro.
Le teorie di Donald Winnicott ed Heinz Khout, parallelamente a quelle kleiniane, acquisiscono sempre maggiore familiarità, mentre gli apporti delle teorizzazioni di Wilfred Bion si estendono all’interesse per lo studio delle dinamiche di gruppo, da parte soprattutto di Francesco Corrao e Paolo Perrotti.
Negli anni, pur nel rispetto e nella continuità dello spirito del Centro, si rilevano diversi mutamenti interni, prima di tutto per un notevole incremento nel numero dei Soci e anche per l’eterogeneità delle loro formazioni: letterati, filosofi e biologi contribuiscono alla crescita culturale del Centro.
Ulteriori contributi derivano dall’estensione del metodo psicoanalitico al trattamento di patologie gravi con le conseguenti implicazioni teoriche e tecniche. In questa prospettiva è possibile riconoscere, oltre alll’apporto delle teorie kleiniane, la matrice di pensiero di Nicola Perrotti: la specifica attenzione alla clinica, la centralità della dinamica trasferale/controtransferale e la riflessione sulla persona dell’analista. La cura psicoanalitica si esprime quindi nell’incontro e nel contatto con il paziente, in una prospettiva che non può prescindere dalla loro relazione.
A questo fa riferimento Pierandrea Lussana quando parla della necessità dell’ “umanesimo” e della sua dimensione terapeutica espressa dalla psicoanalisi.
Come caratteristica di una ricerca pluralista e non dogmatica del Centro vanno ricordati gli studi di Roberto Tagliacozzo, Giulio Cesare Soavi e Lydia Pallier che estendono le teorie evolutive kleiniane a fasi molto precoci dello sviluppo infantile.
Sul versante dell’apertura della Psicoanalisi alla dimensione sociale, va ricordato Sergio Bordi ed il suo dialogo con la cultura e la società. Da qui la tensione alla comprensione psicodinamica di popolazioni cliniche emergenti (disturbi narcisistici, borderline, disturbi alimentari, etc.), nonché la presenza di psicoanalisti del Centro di Psicoanalisi Romano come supervisori nelle istituzioni psichiatriche: Bordi e Tagliacozzo a metà degli anni ’80 sono stati i pionieri di queste esperienze.
I Comitati Esecutivi che si sono succeduti nel tempo, diversi per provenienza teorica, riflettono la pluralità di pensiero caratteristica del Centro: hanno mantenuto la tradizione di avere come interlocutori numerosi colleghi stranieri, così sostenendo un aggiornato dibattito e sollecitando un continuo confronto con gli sviluppi internazionali della Psicoanalisi.
La ricchezza di tendenze culturali, orientamenti e punti di vista differenti trova espressione nella vitalità dei numerosi gruppi di studio che affiancano e stimolano le attività scientifiche del Centro.
Elena Lipari, Angelo Macchia