A cura di Diego Spiller
Il rilassamento, essendo un fenomeno al contempo corporeo e psichico, ha rivestito un notevole interesse in psicoanalisi fin dai suoi albori. Freud aveva sempre tenuto ben presente la centralità del corpo nello sviluppo psichico fino ad affermare che l’Io è “prima di ogni altra cosa un Io-corpo”. Il concetto di pulsione, basilare nella teoria freudiana, esprime proprio lo stretto legame tra processi somatici e processi psichici: le rappresentazioni psichiche derivate dall’eccitamento di specifiche zone del corpo, chiamate zone erogene, vengono investite di una certa quantità di energia. L’apparato psichico, tuttavia, regolato dal principio di dispiacere-piacere, tende ad evitare l’ingorgo di energie e a mantenere bassa la somma degli eccitamenti essendo la tensione, da essi prodotta, fonte di dispiacere e la distensione (rilassamento), derivante dalla scarica della pulsione, fonte di piacere. Il rapporto tensione-distensione, è stato successivamente approfondito da altri autori che, in modo diverso, lo hanno integrato nelle loro formulazioni teorico-cliniche (vedi Psicoanalisi e Rilassamento).
I metodi di rilassamento
Nel linguaggio corrente il rilassamento viene contrapposto al termine stress, così che essere rilassati significa non essere stressati, tesi, nervosi. Da questo punto di vista il rilassamento si può considerare un fenomeno spontaneo che ognuno ricerca nella vita quotidiana, con proprie modalità e strategie, allo scopo di allentare la tensione e recuperare le energie. Questo vale anche per gli esperti in questo campo i quali, tuttavia, attribuiscono alla parola un significato più specifico, riferendosi ai metodi da essi adottati. Si parla, infatti, di metodi o tecniche di rilassamento definendoli dei procedimenti che mirano a ottenere nell’individuo una diminuita tensione muscolare e psichica con l’aiuto di esercizi appropriati. Questi metodi, prevalentemente concepiti come forme di trattamento terapeutico, permettono di raggiungere un livello di distensione più profondo.
Schultz, all’inizio del secolo scorso si occupò d’ipnotismo e delle sue applicazioni nel campo dei disturbi di origine psichica. Egli notò che durante lo stato ipnotico si manifestavano spontaneamente, cioè senza alcuna induzione particolare del terapeuta, delle sensazioni di pesantezza e calore, alle quali non era stata data alcuna importanza essendo l’ipnosi considerata un processo essenzialmente psichico. Tali manifestazioni sono, a livello fisiologico, la conseguenza di una distensione muscolare e di un’iperemia da distensione vasale. Schultz ritenne queste manifestazioni non dei semplici effetti collaterali, ma gli elementi essenziali, l’espressione stessa della distensione. Queste osservazioni gettarono le basi del suo metodo: il Training Autogeno. Egli elaborò una serie di esercizi da compiersi sistematicamente che inducessero il vissuto della pesantezza e del calore in modo da raggiungere uno stato di distensione psicofisica profonda. La senso-percezione del calore e della pesantezza sono gli esercizi fondamentali del ciclo inferiore del training autogeno. All’incirca nello stesso periodo Jacobson, negli Stati Uniti, partendo da diversi presupposti teorici, mise a punto un metodo, da lui denominato Rilassamento Muscolare Progressivo, con l’obiettivo di raggiungere uno stato di rilassamento psicofisico attraverso esercizi di contrazione/decontrazione muscolare. Schultz e Jacobson quindi, agli inizi del ‘900, hanno ideato ed elaborato dei metodi che, per vie diverse, mirano entrambi al raggiungimento di uno stato di distensione neuromuscolare. Questi due metodi si possono considerare basilari: successivamente altri autori hanno utilizzato le concezioni e i principi teorici di Schultz e Jacobson elaborando dei propri metodi: l’Ipnosi Attiva Graduata di Kretschmer, la Psicoterapia di Rilassamento di Ajuriaguerra, la Regolazione Attiva del Tono Muscolare di Stokvis, il Rilassamento Statico-Dinamico di Jarreau e Klotz, la Desensibilizzazione Sistematica di Wolpe, il Metodo del Decondizionamento fondato sulla Tecnica del Training Autogeno di Rognant, il Rilassamento a Induzioni Variabili di Sapir, il Metodo del Movimento Passivo applicato ai bambini di Wintrebert, il Rilassamento Terapeutico nel bambino di Bergès e Bounes e altri ancora.
Aspetti basilari del rilassamento
Il rilassamento non è semplicemente uno stato, ma un processo, con uno sviluppo temporale. E’ una ricerca che richiede dedizione e costanza e che incontra ostacoli e resistenze oggetto di verbalizzazione e analisi nell’applicazione dei metodi. L’attenzione, in quasi tutti i metodi, è orientata al corpo: il soggetto si distacca sempre più dall’ambiente esterno i cui stimoli diventano più fievoli, mentre il vissuto somatico si fa più ricco. La monotonia degli stimoli contribuisce al progressivo isolamento dall’ambiente circostante. Nei metodi, infatti, si utilizzano dei movimenti ritmici e regolari o delle particolari formule verbali ripetitive per indurre il rilassamento. La concentrazione verso il corpo ha la caratteristica di essere passiva, vale a dire senza intervento della volontà. L’atteggiamento richiesto è cioè quello di “lasciar accadere”, “non imporsi”, in altre parole “non volere qualche cosa”. Potremmo dire che chi “vuol rilassarsi” ottiene l’effetto opposto. L’effetto fisiologico più evidente e percepibile del rilassamento è la riduzione del tono muscolare (ipotonia) dove per tono muscolare s’intende quel leggero stato di contrazione che presentano i muscoli normalmente inseriti e innervati. La decontrazione tuttavia non è solo un fenomeno muscolare ma è l’espressione somatica di uno stato che coinvolge l’individuo nella sua unità psico-fisica, per il quale è più appropriato il termine distensione.
Scopi del rilassamento
Poiché le tecniche di rilassamento mirano al riequilibrio del sistema neuro-vegetativo e a ridurre lo stato di attivazione dell’organismo, sono particolarmente indicate per la riduzione dell’ansia. Attraverso un allenamento costante e prolungato nel tempo si acquisisce la capacità di farsi coinvolgere meno da ciò che tende ad alterare l’equilibrio psico-fisico. L’ansia è anche in stretto rapporto con la prestazione: moderati livelli d’ansia migliorano la prestazione, livelli troppo elevati la peggiorano drasticamente. Le tecniche trovano allora una valida applicazione nel campo sportivo, professionale, scolastico e in generale in tutte le situazioni in cui è richiesta una concentrazione specifica per superare una difficoltà sul piano mentale o fisico. Il rilassamento è anche consigliato per recuperare le energie spese per un’attività psichica o fisica prolungata, per diminuire la sensibilità al dolore, per rafforzare le capacità mnemoniche e per raggiungere, con minor difficoltà, obiettivi prefissati.
L’applicazione delle tecniche di rilassamento può avere anche una finalità terapeutica, soprattutto con pazienti in cui vi è uno squilibrio nel funzionamento del sistema neuro-vegetativo, come nel disturbo d’ansia generalizzata, nell’insonnia e nella cefalea tensiva. Durante il processo guidato di esplorazione del vissuto tonico e somatico che conduce al rilassamento si manifestano spesso delle resistenze che ostacolano la distensione. Il presupposto teorico è che alla base delle tensioni somatiche e dei blocchi tonici vi siano conflitti di cui il paziente non è consapevole a livello cosciente. L’allentamento del tono e il corrispondente abbassamento delle difese psichiche può agevolare la comparsa di ricordi, pensieri ed emozioni che, una volta elaborati con l’aiuto del terapeuta, possono aiutare il paziente a risolvere i suoi conflitti inconsci e a pervenire a un maggior stato di benessere.
Psicoanalisi e Rilassamento
Dopo Freud, Ferenczi aveva osservato una relazione tra la capacità di rilassare la muscolatura e la possibilità del paziente di associare liberamente i propri contenuti di pensiero, che costituisce la “regola fondamentale” in psicoanalisi. Egli, con l’intento di trattare pazienti che non sembravano trarre beneficio dall’approccio psicoanalitico classico, introdusse, modificando il setting tradizionale, delle “tecniche attive” tra cui trovavano posto esercizi di rilassamento per superare le resistenze del paziente alla libera associazione. Poiché le tecniche attive si erano rivelate particolarmente adatte a trattare i disturbi del carattere, un allievo di Ferenczi, Reich, fu spinto ad ampliarle ulteriormente attraverso un approccio da lui stesso chiamato Analisi del carattere. Reich considerava le rigidità muscolari, che vanno a costituire la corazza o armatura caratteriale, non il risultato di disturbi emotivi ma la loro stessa espressione che contiene in sé il loro significato e la loro genesi. Sulla base di questi presupposti egli affiancò all’analisi “dall’alto” tipica della psicoanalisi tradizionale che fa uso dell’interpretazione verbale e delle libere associazioni, un’analisi “dal basso” centrata sul vissuto somatico, per allentare e sciogliere quelle rigidità muscolari che impediscono il libero flusso dell’energia vitale. Quest’ultimo orientamento fu ulteriormente approfondito ed esteso da un allievo di Reich, Lowen, che denominò il suo approccio Analisi e Terapia Bioenergetiche. Per tutti gli autori precedentemente citati il rilassamento, tuttavia, non costituisce l’obiettivo primario, ma l’effetto secondario o l’ausilio dello specifico approccio da essi adottato. E’ solo con Schultz che il rilassamento ha assunto un ruolo focale ed è stata sviluppata, per conseguirlo, una vera e propria tecnica. Agli inizi del ‘900 Schultz partecipò attivamente al movimento psicoanalitico, per poi distaccarsene elaborando una propria metodologia, il training autogeno, il cui ciclo superiore rappresenta una forma di psicoterapia. Negli anni Sessanta Ajuriaguerra, stimolato dagli studi di Wallon sulle variazioni del tono neuromuscolare, osservò che il fondo tonico, ossia l’alternarsi di stati di tensione e di distensione, varia in funzione della natura della relazione, e definì dialogo tonico la prima forma di comunicazione madre-bambino. Ajuriaguerra, sulla base di queste intuizioni, integrando la sua formazione psicoanalitica con gli studi di neuropsicologia, sviluppò una Psicoterapia di Rilassamento in cui le osservazioni e le verbalizzazioni che il paziente compie sul proprio vissuto somatico e tonico sono il principale oggetto nella relazione terapeuta-paziente. In questa forma di terapia il setting è funzionale all’esplorazione delle proprie percezioni corporee in presenza dell’altro: il paziente, disteso, e l’analista, seduto di fronte a lui, si possono osservare reciprocamente. Badoni, psicoanalista italiana contemporanea, pratica da diversi anni la Psicoterapia di Rilassamento dialogando con colleghi della società svizzera, italiana e francese che hanno preferito chiamarla, per distinguerla da altri approcci corporei, Psicoterapia Psicoanalitica Corporea. Badoni, pur non nascondendo le sue perplessità circa la collocazione di questa psicoterapia nell’ambito della teoria e della pratica psicoanalitica, ne riconosce la validità e ne promuove la ricerca in campo psicoanalitico avendone potuto sperimentare l’efficacia con pazienti che esprimono una sofferenza nella propria esperienza corporea. L’autrice propone tale approccio sia a pazienti che non hanno ancora intrapreso o non avrebbero potuto intraprendere un lavoro analitico, sia a pazienti già analizzati qualora sia riscontrabile un eccesso di intellettualizzazioni rispetto ad una scarsa competenza emotiva. Ciò non solo evidenzia l’importanza dell’esperienza corporea e dell’esplorazione del vissuto somatico nella relazione analitica, ma apre uno spazio di riflessione, di ricerca e di approfondimento sull’integrazione di altri modelli teorico-clinici nell’approccio psicoanalitico.
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Dicembre 2015