Dorothea Tanning, 1953
SOGNO
un’ introduzione freudiana a cura di Antonio Alberto Semi
Il sogno è il ricordo allo stato di veglia di un avvenimento psichico accaduto durante lo stato di sonno. Questa definizione è un po’ ingannevole. Essa non sottolinea l’attività del giudizio qualificativo che interviene immediatamente per “etichettare” un contenuto psichico cosciente come “sogno”. Il giudizio – funzione psichica di base per l’esame di realtà (Freud, 1925) – non è limitato alla distinzione “dentro/fuori” o “percezione/rappresentazione” ma implica una costante e non sempre semplice qualificazione: il tale contenuto psichico cosciente è una percezione, l’altro è un ricordo, il terzo una fantasia e così via. Poter riconoscere il sogno come tale è fondamentale, essendo la qualificazione di un contenuto psichico condizione necessaria (ma non sufficiente) per l’accesso al sistema conscio. La definizione rischia poi di porre in secondo piano il rapporto tra sonno e sogno. Freud (1917) concepisce il sonno come necessario tempo quotidiano di regressione ad una condizione narcisistica. Il sogno ricordato in sé stesso segnala il fallimento (almeno parziale) della funzione reintegrativa narcisistica del sonno. L’Io, che non è riuscito a smaltire gli effetti degli stimoli (interni ed esterni) pervenutigli durante lo stato di veglia, non ha potuto riconquistare con i propri mezzi il senso di pienezza, completezza e (re)integrazione caratteristico della sana soddisfazione narcisistica. Questa conclusione, tuttavia, è valida solo se partiamo dal punto di vista della coscienza, alla quale appare un insieme di immagini, idee, parole, affetti prevalentemente incongrui o bizzarri. Il sognatore, da sveglio, si chiede perché mai abbia sognato una cosa del genere. Se partiamo invece dal punto di vista dell’inconscio (ossia dalla stragrande parte dell’apparato psichico, quella che produce il pensiero) le cose cambiano. Per l’inconscio, il sogno è un successo, perché riesce a far giungere sul piano della coscienza contenuti altrimenti inaccettabili, usando materiali disparati. E mira alla coscienza perché il sistema C è quello che ha accesso alla motilità e dunque alla possibilità di scarica sulla realtà esterna. Per fare ciò, l’inconscio non esita: modifica, traveste, raffigura i propri pensieri condensando e spostando le proprie cariche e presentando il tutto al sistema Prec in un modo sufficientemente accettabile (dunque non censurabile) che consenta a quest’ultimo di collegare le rappresentazioni di cosa a rappresentazioni di parola, legando così anche l’energia a singoli contenuti, spesso apparentemente (ossia secondo la logica del sistema C) secondari. Ad esempio in un sogno provo una grande rabbia verso il mio amico Mario. Mi distrae dal compito che sto svolgendo e col quale lui non ha proprio nulla a che fare. Le associazioni tuttavia portano, anche tramite uno spostamento di accento (mario à marìo, marito in veneziano) ad un indirizzo veneziano (‘ma’ avversativo e ‘rio’ cioè canale) al quale abita una certa signora. Nel sogno ricordato, la “grande” rabbia è dunque un modo per scaricare/manifestare tramite un rovesciamento la grandezza dell’attrazione che provo inconsciamente per questa giovane signora che, mi viene da pensare, ha gli stessi occhi di mia madre. E che è sposata con un altro amico. Due piccioni con una fava: esprimere la rabbia per il “marìo” della signora e il “grande” desiderio verso quest’ultima. Che mi riporta a mia madre. Ho voluto molto bene a mio padre e questo sogno mi impone di (ri)chiedermi come mai.
Ai nostri scopi questo sogno è utile perché le associazioni su un dettaglio (il sogno era complicato e stranamente pensavo di ricordarlo tutto) hanno consentito di dipanare un filo di pensiero che esprimeva un forte desiderio il quale, tuttavia, a livello cosciente mi faceva sorridere (“Cosa ti metti in testa alla tua età?”) distraendomi da altri pensieri colà rappresentati. E molto meno allegri. Posso dunque essere un bambino (com’ero quando mia madre aveva l’età della giovane signora) che, benché con tutti i problemi di quell’età, non avrebbe però i problemi che ho ora. Bel colpo, penso per giunta, questo sogno va benissimo per i colleghi che mi hanno chiesto di scrivere la voce “sogno” per SPIpedia (ecco un grattacapo esterno, finora non risolto). Fili di pensiero diversi vengono intrecciati per realizzare il desiderio di risolvere alcuni problemi (come scrivere la ‘voce’?) negandoli e spostando l’attenzione su desideri antichi sì (per la coscienza) ma anche apparentemente attuabili oggi. Certo, Mario non c’entra ma è idoneo allo scopo per via del nome.
Quali desideri, dunque, presenti nell’inconscio e da appagare nella veglia? Almeno quattro: (1) scrivere la voce per spipedia, (2) annullare i grattacapi personali, (3) godere con mia madre, (4) vendicarmi di mio padre. Spero di riuscire a soddisfare almeno il primo. Ma questo desiderio all’apparenza ragionevole non realizza anche simbolicamente il desiderio (3)? Affettivamente sono molto legato alla SPI, anzi sono “dentro” alla SPI.
Intanto, ho illustrato alcuni meccanismi del sogno: esso è frutto di una elaborazione (secondaria) accurata che assembla derivati pulsionali differenti tra loro e molto attivi nell’inconscio. Ci sono diversi pensatori, laggiù. Possono essere raffigurati (condensati) assieme. Ma ognuno ha la propria energia, che può essere spostata o convogliata sullo stesso oggetto. Sono loro i capitalisti di cui parla Freud (OSF,III, 511). Ci mettono il capitale perché l’imprenditore possa cercare di realizzare il suo progetto (ad esempio: scrivere la voce che state leggendo) ma perseguendo un proprio e grosso guadagno. Già: chi ci guadagna di più? In fondo, finendo la ‘voce’ ottengo la scarica della tensione e , nell’ottica freudiana, l’oggetto della pulsione può essere variabile (Freud, 1915). La mamma può essere rappresentata dalla (sua) ‘voce’.
Chi volesse approfondire, può rileggersi i capitoli 5, 6 e 7 della Interpretazione dei sogni (Freud, 1900). E magari anche la prefazione all’edizione del 1908, nella quale Freud dichiara che quest’opera è un brano della sua autobiografia. Perciò non ho camuffato il sogno presentato come un sogno altrui.
Fin qui la prospettiva inaugurale freudiana sul sogno: ma la ricerca continua e, spesso, si avvale di analogie per allargare il tema. La seduta psicoanalitica ha analogie formali con il sonno e il sogno? Si vedano Green (2002) e Donnet (2005). Ma, ancora prima, fu Freud stesso a continuare la ricerca, osservando i sogni traumatici e cercando il loro significato in Al di là del principio di piacere (1920). Ancora una volta, lo studio del sogno – vera via regia all’inconscio, purché si segua il metodo psicoanalitico (Le Guen, 1989; Semi, 2011) – consentiva di mutare la concezione dell’essere umano. È un invito a proseguirlo.
Bibliografia ragionata
Donnet J.-L. (2005) La situation analysante. P.U.F., Paris.
Freud S. (1900) L’interpretazione dei sogni. OSF, III.
Freud S. (1915) Pulsioni e loro destini. OSF, VIII.
Freud S. (1917) Supplemento metapsicologico alla teoria del sogno. OSF, VIII.
Freud S. (1920) Al di là del principio di piacere. OSF, IX.
Freud S. (1925) La negazione. OSF, X.
Green A. (2002) Idee per una psicoanalisi contemporanea. Cortina Editore, Milano, 2004.
Le Guen Cl. (1989) Théorie de la méthode psychanalytique. P.U.F., Paris.
Musella R. Trapanese G. a cura di (2019) L’interpretazione dei Sogni. Dialoghi sulla tecnica psicoanalitica, Franco Angeli, Milano.
Semi A.A. (2011) Il metodo delle libere associazioni. Cortina Editore, Milano.