La Ricerca

Rimozione

5/03/19
Richard Weller, 2016

Richard Weller, 2016

RIMOZIONE

A cura di R. MUSELLA

Per rimozione intendiamo un processo dello psichismo umano, attivo nelle nevrosi così come nel funzionamento normale, che agisce nella direzione inversa alla presa di coscienza. Tra i meccanismi di difesa è il primo ad essere stato riconosciuto e sistematizzato da Freud (Freud S., 1915; Freud A., 1936). Come ogni altro meccanismo di difesa è fisiologico entro certi limiti. L’eventuale effetto patologico è dato quindi da una differenza quantitativa.

Per via della rimozione, l’apparato psichico si protegge da un contenuto che non tollera e, ponendolo nella condizione inconscia, si sforza di mantenerlo tale. Se si rimuove ci dovrà quindi essere un contenitore, evidentemente inconscio, in grado di accogliere la rimozione stessa. Da un punto di vista metapsicologico, tutto ciò ha un rilievo dinamico, topico e economico.

Freud (1915) pose a fondamento della rimozione secondaria, o rimozione propriamente detta, la cosiddetta rimozione originaria, pietra angolare della formazione dell’inconscio e presupposto imprescindibile della rimozione secondaria. Il rimosso propriamente detto perviene, infatti, allo stato inconscio sotto l’egida di due forze che determinano l’effetto di rimozione. La prima forza è il controinvestimento operato dalla coscienza rispetto ad un dato contenuto di cui non si vuole sapere niente; la seconda forza è data dall’attrazione “gravitazionale” che la rimozione originaria esercita sul contenuto da rimuovere. In questo modo, per effetto di queste due forze congiunte, il contenuto rimosso resta saldamente ancorato allo stato inconscio. Il rimosso propriamente detto verrà conservato in uno stato di rimozione (inconscio) e a sua volta costituirà il nucleo di attrazione per successive rappresentazioni da rimuovere. Per essere chiari, se per qualche motivo che non stiamo qui a spiegare, una rappresentazione, mettiamo una scena a contenuto sessuale, viene rimossa in un dato tempo, ne deriverà una tendenza successiva a rimuovere successive scene a contenuto sessuale che subiranno da una parte il controinvestimento dell’Io e dall’altra l’attrazione da parte dei contenuti già rimossi. Se è vero che il rimosso propriamente detto, o rimosso secondario, esercita un’attrazione per affinità nei confronti di successivi contenuti da rimuovere la domanda che si pone è: quale forza di attrazione viene esercitata dalla rimozione originaria sulle prime rappresentazioni da rimuovere? Alcuni autori (Conrotto, 2014; Musella, 2016), pur prendendo le distanze dall’ipotesi freudiana (Freud, 1934-38) della trasmissione ereditaria dei caratteri acquisiti, ipotizzano che il rimosso originario contenga già delle potenzialità protorappresentazionali che coinciderebbero con i cosiddetti fantasmi originari (Laplanche e Pontalis, 1964) che, a loro volta, agirebbero come primi poli di attrazione per le rimozioni secondarie. Tali categorie protorappresentazionali elementari, la castrazione, la seduzione, la scena primaria, sarebbero universali e determinerebbero, tra genetica ed epigenetica, la complessità dell’organizzazione simbolica dello psichismo umano esitando infine, tra i tre e i cinque anni di età, nella formazione del complesso edipico, a sua volta pietra angolare della struttura simbolica dello psichismo rimosso.

Dalla teoria della rimozione derivano sia la teoria delle produzioni sintomatiche dei complessi nevrotici che la cosiddetta psicopatologia della vita quotidiana, sogno compreso. L’imperfezione della dinamica della rimozione produce infatti, con portati qualitativi e quantitativi diversi, Il ritorno del rimosso, lo spostamento, la condensazione, la conversione sul corpo, la crisi d’angoscia. Tutte manifestazioni dinamiche alla base delle produzioni sintomatiche, degli atti mancati, dei lapsus, dei sogni ecc.

Fin quando la rimozione, che è entro certi limiti assolutamente normale, non produrrà dispiacere, il suo effetto non sarà avvertito dall’apparato psichico come patogeno. Invece, un eccesso quantitativo (economico) di rimozione genera dispiacere perché il materiale rimosso premerà sull’apparato psichico che, a sua volta, spenderà molta energia per mantenere lo stato di rimozione. L’energia psichica utilizzata per mantenere lo stato di rimozione non sarà fruibile all’Io, il quale risulterà impoverito nel suo potenziale funzionamento, con un effetto sintomatico che andrà dalla produzione attiva di sintomi, al ritiro psicoaffettivo con esito depressivo.

Per semplicità useremo il complesso edipico per facilitare il compito espositivo. Se un bambino deve rimuovere la rappresentazione incestuosa della madre, o del padre, come oggetto del desiderio sessuale perché minacciato dal fantasma di castrazione, il destino della rappresentazione di desiderio e l’affetto corrispondente potranno prendere diverse strade.

Il desiderio/affetto per la madre può, ad esempio, in condizioni “normali” prendere la via di un sogno. Il sogno, nel rispetto della rimozione della rappresentazione interdetta (nel nostro esempio l’oggetto incestuoso del desiderio), usa soluzioni di compromesso per deviare attraverso lo spostamento e la condensazione, la rappresentazione rimossa su rappresentanti sostitutivi che l’apparto psichico può tollerare. In altre circostanze quotidiane la libido, slegata dalla rappresentazione rimossa, si può legare a sostituti che in un modo, più o meno chiaro, la rappresentano, ad esempio la maestra, la nonna, la zia, ecc. Il transfert in psicoanalisi si spiega proprio come effetto dello spostamento del rappresentante rimosso sulla figura dell’analista che si presta a tale scopo. In questo caso l’investimento libidico o aggressivo prende di mira lo psicoanalista che, consapevole delle dinamiche sottostanti, saprà maneggiare il ritorno del rimosso mettendolo al servizio della cura.

In altri casi l’affetto libero può investire l’Io del soggetto. Si tratta di quella forma di narcisismo secondario benigno che è alla base della tenuta strutturale dell’Io. In casi fortunati l’ammontare di affetto libero può prendere la via della sublimazione. Il capitale affettivo può investire attività psichiche che caratterizzano le più alte produzioni artistiche, culturali e scientifiche che l’uomo conosce. Anche l’investimento del linguaggio, delle parole, può rappresentante una via di scarica normale dell’eccitazione. Il transfert sulla parola (Green, 1984, 2002) viene perseguito in analisi come uno degli obiettivi del trattamento.

In circostanze meno fortunate la rimozione della rappresentazione di desiderio pone, economicamente, l’affetto corrispondente in una condizione penosa (data proprio dall’ammontare libero di pulsione slegata) che costringe lo psichismo a violente scariche che si risolvono sintomaticamente nella produzione di angoscia. È questo il caso della nevrosi d’angoscia, quella che attualmente si usa definire nevrosi con attacchi di panico. La depressione nevrotica può essere a sua volta dovuta alla repressione dell’ammontare pulsionale avvertito come una minaccia dalla psiche. Nelle altre nevrosi, la pulsione libera, slegata dalla rappresentazione di desiderio rimossa, per non essere esperita come angoscia, deve essere vincolata ad una serie di coercizioni che ne impediscono il libero fluire. Il divieto al godimento sessuale, interiorizzato, costringerà il nevrotico ad evitare e controinvestire l’affetto libero, ponendo una serie di interdetti e impedimenti che rendono la vita dell’ammalato molto triste e limitata. Una paziente affetta da una nevrosi ossessiva grave controllava l’impulso sessuale costringendo la sua vita quotidiana ad una serie interminabile di impedimenti delle rappresentazioni sostitutive del desiderio (tipo un professore del liceo di cui sembrava essersi invaghita). Per essere certa che il controllo fosse totale, la notte chiudeva la porta a chiave e spalmava la maniglia di rossetto per evitare che presa dal desiderio, in uno stato sonnambolico potesse, nel cuore della notte, uscire dalla stanza in cerca di amore. La prova sarebbe stata data dalle macchie di rossetto che avrebbe ritrovato il mattino seguente sula porta, sulle mani, sulle lenzuola, sulle pareti della camera da letto.

Altri pazienti, fobici, assumono rappresentati macroscopici, per lo più di facile reperimento, a sostituti del desiderio rimosso e così facendo, collegando inconsciamente a tali rappresentanti la produzione di angoscia, si impediscono lo svolgersi di una vita “normale”. Se i rappresentanti sostitutivi del desiderio interdetto sono oggetti di vita quotidiana, tipo uccelli, gallerie, aria aperta, diventa molto difficile vivere una vita decente. I pazienti agorafobici, ad esempio, vivono una vita fatta di limitazioni intollerabili.

Altri pazienti, ancora, convertono sul corpo il desiderio e il conflitto che lo accompagna, intrattenendo con alcune zone del corpo un rapporto sintomatico che ne limita il normale funzionamento fisiologico. Una paziente non poteva usare le braccia, che risultavano “paralizzate” perché la fantasia che rimuoveva era quella di masturbarsi. Un altro aveva impotenza sessuale e cefalea persistente come effetto della rimozione del desiderio sessuale rimosso nei conforti del padre. La mancata scarica del desiderio sulla rappresentazione corrispondente o su un eventuale rappresentazione sostituiva determinava una pressione alla testa che, in analisi, si risolse finalmente nella capacità di investire l’analista nella relazione di transfert.

La rimozione caratterizza anche la normale evoluzione ontogenetica dell’essere umano. La cosiddetta sessualità in due tempi del bambino prevede che, nella fase di latenza, le rappresentazioni di desiderio della sessualità infantile vengano rimosse. Con il presentarsi della pubertà, in adolescenza, l’affetto libero dai rappresentanti rimosi potrà nuovamente e diversaemente investire oggetti sostituivi del desiderio originario rimosso.

L’ultimo punto riguarda il vantaggio procurato dal percorso inverso, quello che dalla rimozione porta alla presa di coscienza, alla riappropriazione da parte dell’Io della rappresentazione rimossa. Tale processo alla base delle prime formulazioni della tecnica psicoanalitica, consente di legare l’affetto alla rappresentazione corrispondente e in questo modo di abreagire (Freud e Breuer, 1895) il complesso patogeno che nel frattempo aveva prodotto, per effetto della rimozione, un sintomo. Il processo di abreazione non è superato dalle successive teorizzazioni psicoanalitiche ma resta intimamente collegato a concetti quali transfert, ripetizione, elaborazione. Nella stanza di analisi si continua a lavorare, per varie vie, sul rimosso e sul processo di sollevamento e superamento della rimozione, quel lavorio che Anna O. (ibid.) aveva definito chimney sweeping (pulizia del camino). Il presupposto, alla base di questa esigenza della tecnica psicoanalitica è quello sopra descritto, rendere consci contenuti che gravano sull’inconscio e liberare parte dell’energia psichica impegnata a mantenere lo stato di rimozione.

Bibliografia

Breuer J., Freud S. (1895). Studi sull’isteria. OSF. 1

Freud A. (1936). L’Io e i meccanismi di difesa. Firenze, Martinelli, 1967.

Freud S. (1915). La rimozione. OSF. 8

Freud S. (1934-38). L’uomo Mosè e la religione monoteistica. OSF. 11

Green A. (1984). Il linguaggio in psicoanalisi. Roma, Borla, 1991.

Green A. (2002). Idee per una psicoanalisi contemporanea. Milano, Cortina, 2004.

Laplanche J., Pontalis J.B. (1964). Fantasma originario. Fantasmi delle origini. Origini del fantasma. Bologna, Il Mulino, 1988.

Laplanche J., Pontalis J.B. (1967). Enciclopedia della psicoanalisi. Bari, Laterza, 1968.

Conrotto F. (2014). Ripensare l’inconscio. Milano, FrancoAngeli.

Musella R. (2016). Tre piani di interpretazione del sogno in Freud. Rivista di Psicoanalisi, LXII, 1

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