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Revue Francaise de Psychanalyse. A cura di S. Lombardi

5/06/24
Revue Francaise de Psychanalyse. A cura di G. Zontini

Parole chiave: Freud, Breuer, Psicoanalisi, Isteria, Green

Revue Francais de Psychanalyse

ISTERIA E IDENTIFICAZIONE ISTERICA. DALLA CONVERSIONE AL CONTAGIO

B. Chervet (2024). Hysthérie et identification hysthérique. De la conversion à la contagion.

Rev Fr Psychanal 88(1) : 29-41

a cura di Silvana Lombardi

Questo articolo di B. Chervet ha suscitato il mio interesse perché inquadra l’isteria come condizione per l’attivazione della sessualità inconscia, che consente il funzionamento dell’apparato psichico. Questo fondamento era stato posto nella nostra letteratura già da tempo, ma l’interesse si è concentrato largamente sulla psicopatologia: difetto di rappresentazione di parola, fallimento dell’organizzazione primaria del masochismo a livello anale, fissazione orale e fallica[1]… E sulla supposta rarità delle sue manifestazioni: anch’esse liquidate e rubricate nelle capacità mimetiche della sindrome. Considerata da A. Green “malattia ontologica”[2] (1995), viene descritta da F. Scalzone (1999) come una dinamica che s’innesca tra una condizione endopsichica di base, che funziona da determinante psichica, ed il contesto socio-culturale, che funziona da variabile storica.[3] La predisposizione di ciascuno all’isteria è nello stato d’inermità del neonato, necessariamente affidato a cure parentali seduttive ed immesso nella cultura attraverso l’Edipo, proprio e dei suoi genitori.

Il lavoro ha un esordio suggestivo.

L’isteria precede la teoria psicoanalitica. E, nel pensiero di B. Chervet, ne costituisce, di nome e di fatto, la matrice. Si tratterebbe di  una generatività per contagio, la cui enigmaticità egli cerca di decifrare.

Non è immediata la comprensione di questa tesi nella sua interezza. Nella seconda parte del lavoro svolgerà tutto il suo compito metapsicologico.

Già negli Studi sull’isteria (1893-95), nel confronto con Breuer, si vede come Freud abbia instaurato con l’isteria un rapporto profondo. Resta difficile, tuttavia, cogliere il meccanismo della generatività per contagiosità: ovviamente per la via della sessualità e del desiderio.

 Chervet fa un’associazione con il processo innescato da quei sogni che falliscono la realizzazione allucinatoria del desiderio del sognatore: pertanto, essi devono essere trasmessi e raccontati a qualcun altro, generando una catena associativa di nuovi desideri.

Forse, anche l’isteria voleva essere raccontata. Dalla psicoanalisi.

Né si può disconoscere all’isteria quell’attitudine alla mobilità, che è allusiva, fin dall’antichità, dell’esistenza di un genitale vagabondo all’interno del corpo femminile: ambiguo e trasgressivo nell’essere contemporaneamente fonte di godimento e baluardo alla castrazione.

 La teoria sessuale infantile, che corrisponderebbe a questa credenza, interpreta la differenza sessuale con il porre il fallo ed un genitale femminile interno su di un piano di pari esistenza,  respingendo il primato dell’uno e risolvendo, per l’altro, la questione della mancanza. Teoria che evidentemente non riesce a spiegare la clinica delle isteriche femmine, le quali (di fronte all’invisibilità dell’organo?), fanno buon viso a cattivo gioco, orientandosi maggiormente per la potenza generativa e camuffando il godimento, a rischio, altrimenti di svalutazione, denigrazione, persecuzione. Anche la scomparsa (si potrebbe dire, piuttosto, la fuga!) dell’isteria dai manuali ne potrebbe essere un esito.

E, d’altra parte, il contagio procede sempre per vie misteriose.

L’isteria è stata approcciata dalla psicoanalisi nella forma della nevrosi isterica, di cui Freud aveva intuito il meccanismo psichico costitutivo: la conversione di un dolore morale in un dolore somatico. La sua attenzione riguardava, quindi , il ricco materiale di ricordi, pensieri, fantasie delle numerose pazienti isteriche dell’epoca e la misteriosa collocazione (non un passaggio, ma un salto) di un simbolo mnestico nella materialità del loro corpo. Per Freud, era scontato che il corpo fosse “ là, a farsi oggetto di un doppio investimento, fisiologico o adattativo, e libidico: la libidinizzazione della fisiologia è, infatti, specifica del sapiens a causa della prolungata dipendenza dalle cure materne”[4].

Tuttavia, già O. Fenichel (1945) sottolineava che la realizzazione di una conversione necessita del  prerequisito fisico di quella generale erogeneità del corpo che consente di esprimere attraverso ogni organo o funzione  un’eccitazione sessuale.

Conviene, ora,  seguire Chervet nella differenza che fa tra isteria e nevrosi isterica: l’una partecipa attraverso la formazione di un sintomo alla genesi dell’altra.

L’ isteria, tramite la conversione, starebbe a fondamento della sensibilità corporea, dell’erogeneità e degli affetti: prodotti evidentemente troppo complessi per poter scaturire dalla sedimentazione di una sensibilità primaria spontanea. La conversione di elementi inconsci (largamente provenienti dalle figure di accudimento) nel corpo somatico crea gl’investimenti sessuali d’organo, la cui desessualizzazione parziale fonda la sensibilità sensuale del corpo, necessario ancoraggio del pulsionale, destinato, altrimenti, all’estinzione.  Un corpo erogeno viene allora a doppiare il corpo somatico (Chervet 2010). I sintomi corporei della motricità e della sensibilità, presenti nella nevrosi isterica, nonché le incongruità affettive, sarebbero indicativi dell’erotizzazione inadeguata di una parte del corpo e diun conflitto con un godimento allucinatorio diurno, che troverebbe la sua giusta collocazione nel sistema sonno-sogno.

La distinzione starebbe  fra le soddisfazioni allucinatorie dissimulate nella conversione somatica nei casi di nevrosi isterica e, invece, nelle sensazioni che l’isteria genera con la conversione mossa dall’imperativo d’iscrivere l’attività pulsionale nello psichismo. In ambedue i casi, la conversione trova agevolmente, con Chervet, un sinonimo nel termine meccanico di transfert, già utilizzato da Freud.

L’Autore coglie, inoltre, il lampante svolgimento in due tempi sia della dinamica isterica che della sessualità umana.

Soggiacendo a mia volta ad un contagio, riporto qui l’aporia etimologica del termine greco hustèra: questa forma fonetica e grafica è uguale per l’aggettivo femminile dal significato di posteriore, che arriva più tardi e per il sostantivo ventre, utero (H. Mangriotis-Caracosta)[5].  L’ aggettivo corrisponde, dunque, perfettamente al tedesco nachtraglich, che qualifica la concezione freudiana della temporalità e causalità psichica. L’Autrice specifica che Freud deve aver formulato la sua teoria della temporalità per vie ben diverse da quella linguistica, poiché non ne ha mai parlato pur conoscendo molto bene il greco antico.

Come ci ha mostrato, invece, con il caso di Cecilia, il più bello per la capacità di simbolizzazione della pz., la conversione riesce a “far parlare il corpo”, creando un collegamento fra moti pulsionali inconsci ed uso di formule linguistiche, al fine di ottenere un compimento allucinatorio di desiderio.

 E’ proprio questa scorciatoia, riprende Chervet, a sabotare il lavoro necessario ad una piena vita psichica, agevolando piuttosto l’ opposizione ad una rinuncia alle fissazioni edipiche e, quindi, ad una costituzione del Super-io: istanza preziosa perché erede di identificazioni, che consentono la regolazione, e non la soppressione, del desiderio.

E’ l’incapacità di venire a patti con il fantasma di castrazione e di accettare la perdita, il materiale patogeno di contaminazione che, tramite l’identificazione isterica, può scatenare contagio: fenomeno che accomuna le streghe medioevali, le giovinette della Vienna ottocentesca e, perfino, osservabile, secondo Chervet, nel consesso di dottori che assistevano Charcot nelle sue sperimentazioni cliniche, a mala pena trincerandosi dietro l’interesse scientifico. Identificazione isterica e mancanza sono le chiavi di lettura del sogno del “pasto impedito”, reso celebre, a riprova del suo alto potenziale contagioso, da Lacan come il sogno della “bella macellaia”. Com’è noto,  la sognatrice pz. di Freud, moglie del bravo ed onesto macellaio, attraverso l’identificazione isterica con un’amica dall’analogo, irragionevole comportamento di astinenza, preferisce alla soddisfazione coniugale, l’esibizione della mancanza. Nella psicologia collettiva la selezione dei/lle contagiati/e avviene tra chi ha in comune  il problema dell’ambivalenza fondamentale nei confronti del Super-io.

Per concludere, dice Chervet, la mentalizzazione dell’isteria cerca di trasformare la miseria della nevrosi isterica in un dolore legato alla banalità della mancanza.


[1] Roux M.L. (1986). On fait un enfant. Rev Fr  Psychanal  50(3) : 867-868

[2] Green A. (1995), L’avvenire della psicoanalisi e la causalità psichica Laterza Roma-Bari p. 238

[3] 1999 p. 10 in Perché l’isteria? Attualità di una malattia ontologica a cura di Scalzone F. Zontini G. Liguori Napoli

[4] Smadja C. (2024). Le concept de conversion. Rev Fr Psychanal 88(1) : 15-27

[5] Mangriotis-Caracosta H. (1986).  Note étymologique sur l’hystérie.  Rev Fr Psychanal 50(3) : 993-997. Lo studio del significante parte dalla radice indoeuropea ud , riconoscibile nel sanscrito, nel greco e nel latino. L’ipotesi della mobilità dell’utero , formulata già dagli Egizi, costituirebbe il secondo tempo di un primo tempo espresso dall’aggettivo (linguisticamente più antico). L’Autrice si chiede: “E’ solito che un fantasma possa determinare la genesi di un termine, foneticamente e graficamente identico a un altro, preesistente, conferendogli una qualità, proprietà, attribuita al primo? Non saprei rispondere … Organo e processo psichico, in quanto concetti identici. Come se i protagonisti si fossero precipitati nella stessa famiglia fonetico-grafica, anticipando nella lingua ciò che sarebbe avvenuto della teoria dell’isteria per Freud”.

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