Un lavoro che mette a confronto la psicopatologia della depressione e della schizofrenia dal punto di vista della fenomenologia del tempo e della ricerca empirica qualitativa. Lo pubblichiamo convinti che la psicoanalisi debba e possa arricchirsi del confronto con altre discipline, rispettando le specifiche epistemologie.
Commento a cura di Cristiana Pirrongelli.
Un importante studio sulla percezione abnorme del tempo (ATE) nei pazienti depressi (MDD) condotto da Geoge Northoff e una serie di ricercatori italiani che lavorano in diverse e prestigiose Università . del mondo, è stato pubblicato su Psychopathology nell’Ottobre 2016.
Il Disturbo Depressivo Maggiore (MDD) è caratterizzato da sintomi in ambito cognitivo, affettivo, senso-motorio e relazionale. L’approccio biologico attribuisce la maggioranza di tali sintomi ad un alterato pathway neuronale mentre, quello fenomenologico, al contrario vede nell’abnorme e distorta percezione del tempo, la causa che sottende tutta la sintomatologia .
Sebbene esistano eccellenti descrizioni idiografiche dei disordini della percezione del tempo nei pazienti depressi (alcune elencate nel lavoro stesso attraverso descrizioni di psichiatri , filosofi e fenomenologi), mancano ancora studi di queste alterazioni condotti secondo le metodologie richieste dalle scienze empiriche.
Il presente studio è stato condotto retrospettivamente su cartelle cliniche raccolte tra il 1979 e il 1993, nell’ambito di una ricerca denominata Life World Project, condotta su 550 casi , tra schizofrenici e depressi diagnosticati secondo i criteri del DSM III , intervistati da un singolo psichiatra, secondo un criterio fenomenologico, con un’intervista semi strutturata a domande aperte, senza scale di valutazione, prestando attenzione ai disturbi più sottili e marginali abitualmente ignorati dagli usuali protocolli , per ricavare una descrizione quanto più vivida e soggettiva su alcuni argomenti quali : il tempo, il corpo, il Sé e lo spazio. Ogni intervista durava circa 90 minuti. Le domande nascevano nell’ambito di un contesto relazionale poco direttivo e improntato all’ascolto. L’intervistatore considerava allora i dati non pubblicabili in quanto raccolti allo scopo di accumulare dati clinici o precisare diagnosi. Tutti i dati relativi agli ATE sono stati poi rivalutati ,in occasione del presente lavoro, introducendo il CQR (Consensual Qualitative Research), un consolidato metodo per la ricerca qualitativa, particolarmente valido per l’approccio fenomenologico, laddove cioè, non si siano stabiliti a priori items o valori da dare alle risposte. L’obiettivo rispetta il tentativo di una ricerca più attenta a quel che proviene spontaneamente dal singolo individuo. Questo metodo prevede un “consenso tra giudici”, cioè un confronto tra diversi membri di un team di psicologi e psichiatri, interni ed esterni al team di ricerca, per arrivare ad un consenso sui risultati proveniente da diversi punti di vista, senza proporsi a priori la ricerca gerarchica di un sintomo o di una patologia , nel tentativo di obiettivizzare quello che emerge da un’intervista che lascia la più ampia libertà al racconto del paziente. Lo scopo, in questo caso , era diretto a valutare , in modo qualitativo, le categorie di alterazioni nella percezione del tempo presenti nei pazienti studiati.
A livello teorico , quanto emerso rileva la presenza di un primo livello , quello del tempo cosciente, che coincide con il tempo cosiddetto “fenomenico”, ed è quello nel quale si evidenziano in modo evidente le alterazioni e le distorsioni.
Il secondo livello “pre-fenomenico”, costituisce la base della nostra esperienza fenomenica: funziona in modo implicito ed automatico ed abitualmente non lo esperiamo : ma è accessibile ad una riflessione di tipo cognitivo.
E’ costituito da due elementi principali: la sintesi e la volontà .
La prima è qualcosa che ha a che fare con la capacità di mettere insieme in modo adeguato e congruo 1) il presente 2) quanto lo ha appena preceduto 3) un certo grado di anticipazione di quello che sta per avvenire. La volontà invece,( in italiano sarebbe meglio tradotto come “volizione”) è un termine tradotto in modo inadeguato da “conation” , ed è un misto di desiderio e volontà. Ha a che fare con il livello energetico di base e può essere descritto con termini quali, “slancio”, “ rincorsa”, “impeto” ed è vissuto come la consapevolezza di “io posso”.
Il vissuto di “conation” non origina mai da un vissuto individuale e solipsistico, ma è sempre immerso nel contesto sociale relazionale : ci muoviamo verso qualcosa di esterno che sentiamo essere qualcosa di buono e promettente. E’ intuitivo come tale livello possa essere alterato quando cambino i sistemi emozionali di base, come nella depressione o nella mania dove tutto è accelerato o ritardato a seconda di come si percepisce se stessi e il “contesto”.
Le persone affette da depressione non si sentono in sintonia con la velocità richiesta dai cambiamenti che avvengono nel mondo esterno né per gli sviluppi necessari . Hanno una crisi nell’ambito della capacità di volere e potere farcela , il futuro è inaccessibile e il passato pesa e stagna in modo eccessivo.
Il tutto accompagnato da un senso d’irrealtà perché la realtà si basa sulla sincronizzazione e la possibilità di coesistenza tra se stessi e l’ambiente che ci circonda.
Per tornare ai numeri:
In novantuno dei 100 pazienti con MDD intervistati, 37 percepivano una sensazione di “stagnazione dei processi vitali”.
29 “una presenza del passato che domina sia sul presente sia sul futuro” e
25 “una sensazione di rallentamento del passare tempo”. Disordini di tipo cognitivo o d’inibizione rispetto al vivere e al divenire.
I pazienti schizofrenici invece mostravano una “disarticolazione “ percettiva del tempo, nell’ambito soprattutto della cosiddetta “sintesi”.
Un confronto con ATE in pazienti schizofrenici ha mostrato che nel MDD a differenza che negli schizofrenici, non c’è una disarticolazione dell’esperienza temporale (disturbo di sintesi temporale) ma piuttosto un disturbo d’inibizione del divenire.
CONCLUSIONI
I risultati del lavoro confermano la rilevanza di qualità singolari di ATE nei pazienti con depressione maggiore e supportano l’ipotesi di un’intrinseca struttura temporale disordinata nei sintomi depressivi. Tali dati possono certamente avere una rilevanza nella pratica clinica, un peso nell’ambito diagnostico differenziale tra depressioni maggiori, minori, o qualitativamente diverse, e stimolare ricerche nell’ambito neurobiologico. L’approccio fenomenologico si ripropone come particolarmente utile per rivedere , o meglio, vedere, quanto un eccessivo approccio psichiatrico o neurobiologico troppo strutturato possa occultare o generalizzare.
Marzo 2017
Vedi anche:
Iannitelli A. (2016). La neurogenesi delle petites madeleines di Proust.
Mattana G. (2016a). Jaak Panksepp. Neuroscienze affettive e psicoanalisi