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“L’oscuro oggetto del bisogno” di A. Spadoni. Recensione di C. Carnevali

7/10/24
L’oscuro oggetto del bisogno di A. Spadoni. Recensione di C. Carnevali

Vladimir Kush, 1965


Parole chiave: Psicoanalisi, Ferenczi, Winnicott, Inconscio, Sessualità

L’oscuro oggetto del bisogno

di Alberto Spadoni

Recensione di C. Carnevali

Abstract Senza la consistente capacità di tenuta dell’analista, la capacità di un solido holding e di un ampio flessibile contenimento, sia per l’analista che per l’analizzando non sarebbe possibile l’avvio e lo svolgimento dell’analisi e dei veri cambiamenti psichici.
Mi piace pensare che Spadoni abbia avuto un insight sul fatto che  pazienti narcisisti soffrano di gravi disturbi della capacità e del diritto a esistere, minacciati da contrapposte ansie fusionali e di dipendenza e da ansie di separazione-persecuzione e che possa essere possibile raggiungere questo diritto a esistere  a condizione di passare per una fase dell’analisi in cui il paziente possa muovere i primi passi “in un ambiente costituito da oggetti con caratteristiche preumane” per soddisfare la “primaria necessità di recuperare un minimo di sovranità narcisistica”.
Un aspetto dell’holding indica la capacità della madre di sopravvivere psichicamente come “madre oggetto” durante le primissime fasi della vita del bambino.
Il paziente, scrive Spadoni, ha bisogno di trovare e usare un oggetto che rimanga “vivo ma senza occhi né gambe, né mani, solo capace di contenere senza stringere, di riscaldare senza eccitare, di proteggere senza intrudere”. Così dopo un buon lavoro analitico il paziente può “passare attraverso la paura e il dolore senza perdere il piacere di esistere e di giocare e di stare insieme”
Disturbi narcisistici, relazioni oggettuali, contenimento, analista-ambiente oggetto oscuro del bisogno, controtransfert, cambiamenti psichici dal dolore alla capacità di esistere, di giocare e di stare insieme.


Alberto Spadoni Psicoanalista Membro Ordinario con Funzioni di Training del Centro Bolognese di Psicoanalisi SPI-IPA, di origini romagnole, è uomo di scienza e raffinata cultura. La sua capacità di pensiero forte e chiara è caratterizzata da un’alta tensione etica e coraggio civile. Tutto questo armonizzato da autenticità e gentilezza; un’incantevole leggerezza che distilla i concetti più complessi e/o i contenuti più aspri nella comunicazione orale così come nella pagina scritta. Dal punto di vista psicoanalitico il suo pensiero, aderente alle linee teoriche della “corrente ungherese” è originale e di quello stile materno enunciato da Sandor Ferenczi che gli psicoanalisti bolognesi divulgano dai primi anni settanta. La sua voce che usa diversi registri, può essere calda, affettuosa, ironica, briosa, è sempre riconoscibile e ci permette di sentire l’autenticità della sua persona e la sua sostanza umana.

Suggerisco la rilettura dell’articolo, L’oscuro oggetto del bisogno (1987), per l’importanza e l’efficacia della sua ricerca e del suo pensiero riguardo la natura della relazione terapeutica della psicoanalisi che deriva dalla capacità dell’analista di tenere e contenere le comunicazioni inconsce dell’analizzando prima che le interpretazioni transferali possano essere significative e comunicabili.
Senza la consistente capacità di tenuta dell’analista, la capacità di un solido holding e di un ampio flessibile contenimento, sia per l’analista che per l’analizzando non sarebbe possibile l’avvio e lo svolgimento dell’analisi e dei veri cambiamenti psichici. Sappiamo che abbiamo bisogno di tornare a leggere e rileggere le nostre letture analitiche da Freud sino ai nostri maestri, come relazione di ascolto e apertura all’altro collega, agli altri, alle idee diverse per un ampliamento della nostra mente, e per rivolgere l’ascolto all’interno di noi, riconoscendo l’importanza dell’inconscio individuale come sostenuto da Laplanche (2016).
Sempre di più ci cimentiamo con “pazienti eterogenei” (Quinodoz, 2004) sempre più gravi e con disturbi narcisistici, con pazienti particolarmente difficili, borderline e psicotici. I pazienti con gravi disturbi narcisistici-identitari minacciati da contrapposte ansie fusionali e di dipendenza e da angosce di separazione, hanno bisogno di recuperare un minimo di autostima e hanno bisogno che l’analista funzioni come sostituto “di una funzione che la struttura psichica è incapace di svolgere” (Kohut 1976). Per questo penso che sia molto utile prendere in considerazione “il corpo e l’oggetto del bisogno e il fantasma sessuale”[1] (Carnevali 2020) e alcuni punti importanti che si presentano nella relazione analitica con questi pazienti che riguardano: la relazione corpo-mente, la relazione oggetto del bisogno/sessualità, la persona dell’analista e il controtransfert corporeo nello scambio soggetto-Altro. Soprattutto con i pazienti gravi, penso, in accordo con Spadoni, sia necessaria una precisa scelta tecnica basata sulla convinzione che in alcune situazioni cliniche sia assai più importante rimanere in uno assetto di accoglimento, contenimento, condivisione anche corporea e rêverie, come pre-condizione perché nel tempo il paziente possa divenire più in grado di tollerare interpretazioni di transfert. L’analista viene coinvolto, nella dinamica transfert-controtransfert, nelle sue caratteristiche reali di persona/psicoanalista.
In questi casi si ha a che fare soprattutto con i sentimenti di impotenza, di intensa disperazione e rabbia dei pazienti, che si ritorcono contro il soggetto stesso in modo da ripetere una forza autodistruttiva, a causa di violenze subite nell’infanzia.
La frequenza con cui in analisi si riscontrano queste esperienze di violenza psicologica, fisica, e sessuale, può far molto riflettere sui diversi contributi teorici in questo campo, per cercare un modo di avvalersene coerente e integrato.
La comunicazione inconscia rappresenta un’importante via di accesso agli affetti dei pazienti con patologia narcisistica, i quali si difendono in particolar modo con l’inibizione o mostrando resistenze alle libere associazioni. Le loro capacità rappresentazionali ancora immature fanno sì che essi comunichino maggiormente attraverso quello che “fanno” e “fanno sentire” piuttosto che attraverso le parole. Questo rende di importanza cruciale la capacità e la disponibilità dell’analista ad utilizzare il proprio inconscio per risuonare con quello del paziente, un ruolo essenziale svolto nel processo analitico dalla personalità dell’analista con le sue specifiche caratteristiche.
Infatti Spadoni scrive che è molto aumentata l’attenzione a questi pazienti e a questa patologia riferendosi : “anche all’attrazione che può suscitare in relazione più o meno consapevole col narcisismo stesso dell’analista. Questa particolare risonanza spiega come riescano a catturare l’analista persone il cui trattamento determina ben presto risposte controtransferali spiacevoli, di noia, di inutilità, di esclusione.”
Sono pazienti che non tollerano interpretazioni che si riferiscono alla relazione con l’analista. Non è facile per l’analista spogliarsi delle proprie teorie e degli aspetti organizzati del proprio Io senza sentirsi impotenti. Non è facile apprendere ad ascoltare passivamente, anche se ricettivamente,  senza sentirsi amputati della propria identità e delle proprie capacità.
Quando nella relazione analitica l’atteggiamento del paziente determina risposte controtransferali spiacevoli di insofferenza e sofferenza  la prima reazione dell’analista può essere quella di desiderare di abbandonare o di allontanare il fastidio, e di temere di perdere la capacità di comprendere empaticamente il paziente, di identificarsi con lui, a volte di “incarnare l’affetto doloroso” (Racalbuto 2004) che il paziente  inocula dentro il corpo-mente dell’analista, quindi dentro di noi analisti.
Occorre consolidare una buona capacità di contenere per poi poter restituire qualche pensiero che possa essere di qualche utilità e che aiuti il processo di mentalizzazione.
Alberto Spadoni ci propone una modalità nuova, creativa che consente di ascoltare senza  deprimersi, senza annoiarsi e preparare il terreno per una possibilità di sblocco e di “ decollo” dell’analisi.
Mi piace pensare che Spadoni abbia avuto un insight, un’idea nuova sul fatto che questi pazienti soffrano di gravi disturbi della capacità e del diritto a esistere, minacciati da contrapposte anse fusionali e di dipendenza e da ansie di separazione-persecuzione e che possa essere possibile raggiungere questo diritto a esistere a condizione di passare per una fase dell’analisi in cui il paziente possa muovere i primi passi “in un ambiente costituito da oggetti con caratteristiche preumane” per soddisfare la “primaria necessità di recuperare un minimo di sovranità narcisistica”. Questo è in linea con il contributo offerto da Winnicott (1963) all’evoluzione della specificità della teoria delle relazioni oggettuali che si riferisce all’ambiente-individuo, ai fenomeni transizionali e all’uso dell’oggetto madre ambiente e all’uso dell’oggetto.
Un aspetto dell’holding indica la capacità della madre di sopravvivere psichicamente come “madre oggetto” durante le primissime fasi della vita del bambino.
Il paziente, scrive Spadoni, ha bisogno di trovare e usare un oggetto che rimanga “vivo ma senza occhi né gambe, né mani, solo capace di contenere senza stringere, di riscaldare senza eccitare, di proteggere senza intrudere”.
In questo ci vedo un’evoluzione del concetto di holding di Winnicott che si riferisce alla ricettività psichica della “madre ambiente” e al contenimento psicofisico componente cruciale dell’holding e all’oggetto che nell’holding deve anche sopravvivere psichicamente.
Credo che la sopravvivenza psichica dell’oggetto possa essere l’evento psichico fondamentale per la salute del bambino fin dall’inizio della vita.
Scrive Abram (2023), “…l’oggetto soggettivo intrapsichico in evoluzione che sopravvive si rafforzerà potenzialmente nel contesto della situazione in analisi in cui l’analista è in grado di sostenere la sopravvivenza psichica dell’oggetto”
Ci trovo anche una continuità con Freud riguardo alla capacità di preoccuparsi della madre per l’evoluzione del piccolo bambino, anche se il ruolo del padre e la sua importanza ha cominciato da decenni a essere riconosciuto per la costruzione della mente del bambino che ha bisogno di interiorizzare i codici affettivi materni e paterni.
La ricerca di un oggetto che contiene (Bick, 1984) è espressione di un bisogno di disponibilità generosa della madre allo stretto contatto corporeo col neonato.
E’ qualcosa di primitivo che ha a che fare con l’amore primario, una comunicazione soprattutto col corpo, prima che con sguardi, sorrisi e lallazioni. Questa pulsione non è destinata a scomparire, è la stessa che compare poi nel corso di tutta la vita, in forme certamente molto diverse, come bisogno di tenerezza fisica oltre che mentale e come bisogno di contatto corporeo del bambino che, in seguito a tale felice esperienza, saprà sviluppare la componente costitutiva della relazione sessuale. Al contrario, il non riconoscimento, l’inibizione e la repressione di questo bisogno primario di contatto corporeo e di tenerezza è fonte di sofferenza e di chiusura in sé stessi. Ricordiamoci che il problema è stato posto per la prima volta nello splendido lavoro di Freud nei tre saggi sulla teoria sessuale e nello scritto sulla tenerezza nella sessualità (1905, 1912). Oggi si riconosce l’importanza della relazione passionale del lattante con il seno materno.
In analisi, sulla base di tale contesto primario, l’uso dell’analista come oggetto oscuro del bisogno può rimettere in moto la pulsione libidica sino a quel momento frustrata e mortificata. Si attiva in queste analisi il bisogno di in “oggetto Sé-arcaico dal quale il paziente si aspetta la comunicazione della giusta dose di calore emotivo e fisico” come riportato da Spadoni (2007), una elementare esperienza di co-esistenza ad una adeguata distanza.
Come già a suo tempo osservò Ferenczi il paziente gravemente ferito “ha una straordinaria capacità di intuire le richieste dell’ambiente e di decifrarne le forme non verbali di comunicazione” (Ferenczi, 1923, p. 87). Questo fa sì che l’odore e il tono della voce dell’analista risultino spesso più importanti dei contenuti dei suoi interventi e che le più piccole vibrazioni d’insofferenza o irritazione rischino di annullare qualunque manifestazione di comprensione e sostegno o di togliere valore a ogni ipotesi interpretativa. Una situazione che mette a dura prova l’analista in quanto, riattualizzandosi il nucleo traumatico, la ferita del paziente tende a “ferire” l’analista, a perturbare il suo assetto mentale, obbligandolo a un’intensa elaborazione controtransferale (Giaconia, Racalbuto, 1997). Può avvenire allora che nelle sedute vi siano momenti, molto difficili da condividere, in cui predominano il terrore, l’intrusività, l’avidità, l’invidia, o difese maniacali come il controllo onnipotente, il disprezzo, il trionfo sull’oggetto, oppure un oscuro sentimento di colpa che l’analista, investito dall’identificazioni proiettiva, può sentire tanto forte quanto estraneo. Il che non impedisce che a volte queste emozioni possano aggredire profondamente la pelle e il corpo dell’analista, soprattutto quando riattivino ferite precedenti dell’analista stesso.
Soprattutto in questi momenti esperienziali in cui per diversi anni dell’analisi il paziente passa attraverso un’ instancabile competizione con il mondo interno e con l’analista che viene disarmato e zittito, è necessario saper accogliere la totalità del transfert condividendone le componenti affettive dolorose, accettando di mettere in scena, come in un teatro (Spadoni, 2007; Petrella, 2011), qualunque ruolo gli venga assegnato e possa riconoscere l’uso inconscio che il paziente ha bisogno di fare dell’analista e dell’analisi (Battistini, 2017). Situazione difficile, in quanto non è affatto scontato che l’analista riesca a offrire una buona relazione fusionale. Può trovarsi, infatti, a dover fronteggiare una scarica pulsionale particolarmente distruttiva, un’estrema difficoltà nell’elaborazione del lutto o modalità relazionali intensamente conflittuali, come quando il paziente riporta vissuti di violenza, sopraffazione e impotenza che attivano fantasie di lotta vendicativo-distruttiva, o quando presenta laceranti sentimenti di gelosia, invidia, rabbia ed esclusione, espressione di una costellazione edipico/fantasmatica precoce e intensa.
Infine vorrei aggiungere che in contrasto con la teoria kleiniana sul potere del sadismo, dell’odio e dell’invidia innati, la scuola bolognese : Egon Molinari (1957) , Glauco Carloni (1984) Silvia Molinari Negrini (1985) Alberto Spadoni (1987),  ha sostenuto che lo psiche-soma della madre è molto più potente delle tendenze erditarie. Come per Winnicott la psiche nascente del bambino è radicata nello psiche- soma della madre. Dopo la nascita la psiche si evolve gradualmente grazie all’holding psichico della madre, al maneggiare e alla presentazione dell’oggetto che facilita la crescita emotiva, psichica e fisiologica. Così dopo un buon lavoro analitico il paziente può “passare attraverso la paura e il dolore senza perdere il piacere di esistere e di giocare e di stare insieme”
Vi lascio alla curiosità della buona lettura.

L’articolo originale di Alberto Spadoni è stato pubblicato con la presentazione di C. Carnevali sulla Revista Catalana di Psicoanàlisi de Barcellona Vol. XL/2, 2023 pag. 91-107.

Bibliografia

Abram J La specificità delle relazioni oggettuali di Winnicott Letto al CTP 2023

Battistini A. “L’umiltà nell’analista Humus dell’esperienza psichica trasformativa” in Atteggiamenti mentali inconsci e clinica psicoanalitica. Mimesis Edizioni Milano 2017

Bick E. 1984a Bick, E. (1984a), tr.it. “Note sull’osservazione del lattante nell’addestramento psicoanalitico”, in S. Isaacs, A. Freud, D.W. Winnicott, E. Bick, M. Boston e W.E. Freud, L’osservazione diretta del bambino, Boringhieri, Torino, pp. 70-89, 1989.

Carloni, G. (1984) “Tatto contatto e tattica”, Riv. di Psicoanalisi , 30, pp.191-200.

Carnevali C. Inconscio e trasformazioni in analisi: corpo oggetto del bisogno e fantasma sessuale, presentato al Congresso Nazionale SPI “Inconscio, inconsci”, Sessione : Corpo  Sessualità e Inconscio. 2020

Ferenczi, S. (1923) Ferenczi S. (1923) “Note e Frammenti” in Opere. vol. 3, tr.it. Raffaello Cortina. Milano, 1992 pp. 87.

Freud  S. (1905) “Tre saggi sulla teoria sessuale” O.S.F. vol. 4.

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1905, 1912

Giaconia, Racalbuto, 1997 Il circolo vizioso trauma-fantasma-trauma Rivista di Psicoanalisi, 43 (4): 541-558

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Laplanche J. Intervista sull’Inconscio a cura di Alberto Luchetti Spiweb 2016

Molinari Egon Il silenzio in analisi Rivista di Psicoanalisi 1, 1957 19-34

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Petrella F. La mente come teatro. Psicoanalisi, mito e rappresentazione Centro scientifico Editore 2011

Spadoni A. (1987), “L’oscuro oggetto del bisogno” in E l’analisi va… Scritti psicoanalitici e memorie” Guaraldi Rimini 2007

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Winnicott D. W.(1963) Esplorazioni psicoanalitiche, tr.it.  Cortina, Milano 1995.


[1] Inconscio e trasformazioni in analisi: corpo oggetto del bisogno e fantasma sessuale, presentato al Congresso Nazionale SPI “Inconscio, inconsci”. Sessione: Corpo  Sessualità e Inconscio. 2020

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