Leuzinger-Bohleber M. (2015). Development of a plurality during the one hundred year old history of research of psychoanalysis. pp. 18-32 in Open Door Review of Clinical, Conceptual, Process and Outcome Studies in Psychoanalysis.
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Il capitolo, qui riassunto da Valentina Nuzzaci, si trova nella prima parte dell’ODR-III (from past to present), insieme a Conceptual research in psychoanalysis di D.Scarfone e Psychoanalytic research in Latin America di R.Bernardi (cfr. Indice dell’Open Door Review a p. XI)
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Marianne Leuzinger-Bohleber “Sviluppo di una pluralità durante la centenaria storia della ricerca psicoanalitica” pp. 18-32
L’autrice introduce il suo lavoro con due domande: “Che tipo di scienza è attualmente la psicoanalisi? Cosa intendeva Freud quando definì la psicoanalisi come una speciale “scienza dell’inconscio”?”
L’articolo prosegue con la storia della psicoanalisi come disciplina scientifica. Inizialmente Freud aveva considerato la psicoanalisi integrabile nell’organizzazione medica. Per fortuna, nel capodanno 1910, aveva invece optato per fondare la sua organizzazione indipendente, l’IPA. Freud (1926) affermava “in quanto ‘psicologia del profondo’, o dottrina dell’inconscio psichico, può diventare indispensabile per tutte le scienze che studiano la storia delle origini della civiltà umana e delle sue grandi istituzioni, come l’arte, la religione e l’organizzazione sociale” (p. 248).
Nel corso dei cento anni della sua storia, la specificità della scienza psicoanalitica è diventata sempre più definita. La psicoanalisi ha sviluppato un differenziato, indipendente metodo per l’esame del suo oggetto di ricerca, i conflitti inconsci e le fantasie.
Gli psicoanalisti hanno illustrato le loro intuizioni in innumerevoli articoli, sviluppandole attraverso studi inerenti trattamenti completi di diversi gruppi di pazienti, e applicando loro “metodi di ricerca psicoanalitici specifici” per lo studio di fantasie inconsce e dei conflitti a partire dall’osservazione delle libere associazioni, sogni, reazioni transferali e controtransferali, così come dei processi di trasformazione della relazione psicoanalitica, ecc.
Inoltre, come nel caso di tutte le altre discipline contemporanee, la psicoanalisi ha stabilito i propri criteri di qualità e verità, come ad esempio la ricerca meticolosa della risposta conscia ed inconscia dell’analizzando alle interpretazioni e la loro influenza sui suoi processi di cambiamento. Diversi discorsi sono stati dedicati alla questione di come documentare e comunicare al meglio il processo psicoanalitico e le osservazioni delle variazioni coglibili nel trattamento – per renderli comprensibili e meno suscettibili alle critiche esterne.
L’articolo sostiene la necessità per la psicoanalisi di: una riflessione critica in un dialogo fruttuoso con le altre discipline scientifiche contemporanee, mantenere la sua specificità ed essere a conoscenza della ricchezza della ricerca psicoanalitica contemporanea.
L’autrice si focalizza sulla situazione in Germania, riferendosi, per la maggior parte del lavoro, ad un esempio concreto di ricerca, LAC Depression Study, che si tiene presso il Sigmund Freud Institute di Francoforte (v. ODR-III, p.138) .
Nell’analisi della centenaria storia della psicoanalisi, l’autrice riporta come la speranza di Freud è stata che, a seguito dello sviluppo delle moderne scienze naturali, sarebbe arrivato il momento in cui le intuizioni della psicoanalisi – acquisite dai professionisti attraverso l’applicazione di metodi clinici puramente psicologici di osservazione nella situazione psicoanalitica – sarebbero state anche “oggettivamente” esaminate attraverso i metodi “forti” delle scienze naturali.
Si ha a volte l’impressione che per la psicoanalisi esista solo una forma di ricerca, vale a dire, il tipo di ricerca psicoanalitica empirico-quantitativo che è conforme alle scienze naturali classiche. A ben vedere, si tratta del ricorrere ad un concetto obsoleto e problematico di “scienza unificata” (Einheitswissenschaft), una semplificazione della complessità della ricerca nelle società della conoscenza.
Le scienze invece si sono diversificate. È impossibile che vi sia un concetto teorico unificato per tutte le scienze. Siamo di fronte ad uno stato di ‘pluralità nelle scienze’. Come sintetizzato da un esperto di filosofia della scienza, Michael Hampe (2002):
‘In primo luogo, la pluralità nelle scienze significa non solo pluralità di soggetti, ma, in secondo luogo, anche forme scientifiche della teoria. In terzo luogo, queste diverse forme di teoria producono un pluralismo di esperienza scientifica. La pluralità dell’esperienza scientifica è possibile, cercando di disciplinare la nostra esperienza di tutti i giorni. La qualità dell’esperienza, la sua importanza per quanto riguarda la precisione, completezza, ecc sono valori riconosciuti. Nelle singole scienze il pluralismo di questi diversi valori epistemici (‘Erkenntniswerte’) è realizzato in modi diversi, e in ciascuna scienza lo specifico metodo è stato sviluppato in modo da garantire che la precisione, completezza, livello di contrasto ecc, potrebbe essere sviluppato passo dopo passo. Pertanto, prima di tutto, la pluralità nelle scienze intende una pluralità di teorie, una pluralità di esperienza, ed una pluralità di valori epistemici (‘Erkenntniswerte’) e, infine, una pluralità di metodi “(p. 33).
In linea con tali considerazioni epistemiche, sembrerebbe opportuno descrivere la caratteristica distintiva della psicoanalisi come una “specifica disciplina scientifica dell’inconscio” (Spezifische Wissenschaft des Unbewussten) – una disciplina che, nel corso degli precedenti cento anni della sua storia, ha sviluppato una gamma di metodi di ricerca altamente avanzati per indagare lo specifico oggetto della sua ricerca. Quindi, come è il caso di molte altre discipline scientifiche, la psicoanalisi contemporanea comprende una pluralità di teorie, metodi di trattamenti clinici, nonché una pluralità di ricerca.
L’autrice rappresenta in un diagramma (p.21) le tipologie di ricerca presenti in psicoanalisi: la ricerca clinica ed extra-clinica. Per ricerca clinica si intende la ‘genuina’ ricerca psicoanalitica nella stessa situazione psicoanalitica. Ulrich Moser (2009 ) descrive questa ricerca come on-line, mentre, la ricerca extra-clinica (la ricerca off-line) si verifica dopo le sedute psicanalitiche e abbraccia una varietà di strategie.
La ricerca clinica si svolge nell’intimità della situazione psicoanalitica. Essa può essere descritta come un processo circolare di scoperta, per cui osservazioni idiosincratiche delle fantasie e conflitti inconsci vengono successivamente visualizzati, simbolizzati e, infine, messi in parole a diversi livelli di astrazione; ciò rappresenta una comprensione graduale, che plasma i nostri processi di percezione in situazioni cliniche successive, anche se entriamo in ogni nuova seduta “senza memoria”. I processi circolari di scoperta si verificano inizialmente soprattutto inconsciamente e nell’ambito delle teorie private implicite. Qui, solo una piccola parte è accessibile alla riflessione consapevole da parte dello psicoanalista.
Le conoscenze acquisite nella ricerca clinica sono presentate, per la discussione critica, nella comunità psicoanalitica e non solo. Molti analisti concordano sul fatto che la ricerca clinica continua a rappresentare il nucleo centrale della ricerca psicoanalitica in generale, basata sull’esperienza psicoanalitica, legata ai valori epistemici (Erkenntniswerte).
Lo psicoanalista adotta un atteggiamento di attenzione liberamente fluttuante (Gleichschwebenden Aufmerksamkeit) nel proprio controtransfert dell’osservazione scenica degli “enactments incarnati” del paziente, atto mancato, sogni, ecc per la successiva comprensione della psicodinamica reale dell’inconscio dell’analizzando. Il tipico processo psicoanalitico della ricerca di “verità inconsce” può essere eseguita solo con l’analizzando, ed è considerato come uno dei caratteri distintivi della psicoanalisi. A causa di questa posizione fondamentale, cioè, che gli psicoanalisti possono solo “provare la verità” della loro comprensione dei processi psicodinamici insieme al paziente, Jonathan Lear (1995) ha descritto la psicoanalisi come la più democratica delle procedure terapeutiche attuali.
L’autrice concorda con Peter Fonagy quando sottolinea che non tutti i clinici sono automaticamente dei ricercatori. Abbiamo un urgente bisogno di una buona ricerca clinica, non solo al fine di mantenere la nostra posizione nel mondo della psicoterapia, ma per continuare a sviluppare le nostre competenze nei nostri trattamenti. Questo è uno degli obiettivi del progetto Comitato IPA per l’Osservazione clinica (Chair: Marina Altmann), ma anche per la Ricerca Clinica (Chair: David Taylor) in modo da garantire e migliorare la qualità della ricerca clinica nell’IPA.
L’iniziale approccio di ricerca clinica e concettuale può diventare successivamente oggetto di ulteriori studi clinici, empirici, sperimentali ed extradisciplinari.
Purtroppo è poco noto, soprattutto, ai clinici dell’IPA, quanti siano i gruppi di ricerca psicoanalitica coinvolti in studi extra-clinici.
Per quanto riguarda gli studi sperimentali, è evidente l’impossibilità di testare i processi psicoanalitici direttamente in un disegno sperimentale, ad esempio studiare il cervello degli psicoanalisti e dei loro pazienti durante le sedute. Tuttavia, negli ultimi decenni diversi gruppi di ricerca hanno intrapreso con successo esami sperimentali su singoli concetti psicoanalitici, dal preconscio all’elaborazione inconscia delle informazioni nella memoria e nei sogni. Alcuni esempi: il concetto di memoria incarnata, studiato da Pfeifer e il suo gruppo di ricerca a Zurigo (Leuzinger-Bohleber & Pfeifer, 2002; Leuzinger-Bohleber, in stampa), nonché altri studi sull’interazione facciale effettuati con l’ausilio dei FAC da Rainer a Saarbrücken (ad esempio Krause, 1997).