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La teoria psicoanalitica delle relazioni oggettuali, nuovi sviluppi in neurobiologia, O. Kernberg, Commento di C. Pirrongelli

10/01/23
Nuovi sviluppi in neurobiologia e alcune implicazioni sulla teoria psicoanalitica delle relazioni oggettuali di O. Kernberg. Commento C. Pirrongelli

P. MONDRIAN 1910

Parole chiave: Psicoanalisi; Inconscio; Coscienza; Relazioni Oggettuali

Nuovi sviluppi in neurobiologia e alcune implicazioni sulla teoria psicoanalitica delle relazioni oggettuali

Otto F. Kernberg*                                                                              

Commento di Cristiana Pirrongelli

Art.Or. “Some implications of new developments in neurobiology for psychoanalytic object relations theory”  Neuropsychoanalysis, 2022 Vol.24, No.1,13-16

Nel primo numero della rivista Neuropsychoanalysis del 2022, Otto F. Kernberg propone una revisione di alcuni aspetti della teoria delle relazioni oggettuali, alla luce dei nuovi sviluppi in neurobiologia.

Cerca di dare fondamento e chiarimenti ad alcune formulazioni metapsicologiche come la teoria delle pulsioni e al concetto di inconscio dinamico.

Riguardo alle osservazioni nell’ambito della teoria pulsionale ci sembra di poter affermare che Kernberg si basi su riferimenti neuroscientifici presi essenzialmente dal vasto corpus delle Neuroscienze Affettive (Panksepp1998, Panksepp e Biven 2012). Tale ramo delle Neuroscienze, dato per conoscenza acquisita nell’articolo, non è patrimonio comune tra gli psicoanalisti, per cui riteniamo utile qualche cenno partendo dal modello di MacLean di cervello tripartito, da cui il tutto si origina (Mac Lean1973). In questo modello MacLean individua nel cervello umano tre formazioni anatomiche principali che sono anche funzionali e che si sarebbero sovrapposte, integrandosi, nel corso dell’evoluzione. A partire dal cervello più primitivo: quello rettiliano, programmato geneticamente per la sopravvivenza di ogni specie e che è sede degli istinti legati a nutrizione, territorialità, lotta per la dominanza e le gerarchie sociali, caccia, fuga e riproduzione. Ha sede nel tronco encefalico (bulbo, ponte e mesencefalo).

Il secondo livello, è quello del sistema limbico, (bulbi olfattivi, il setto, il fornice, l’ippocampo, parte dell’amigdala, il giro del cingolo, e i corpi mammillari). Responsabile per le emozioni superiori, per la motivazione, apprendimento e memoria oltre che per l’olfatto ed è uno «sviluppo evolutivo» che permette adattamento, previsioni su quanto accade integrando i messaggi interni a quelli provenienti dal mondo esterno, in rapporto ai due principi vitali fondamentali, quello dell’autoconservazione e quello della conservazione della specie. L’emotività è diffusamente legata a tale livello.

Il terzo livello, la corteccia, è presente solo nei mammiferi. Rappresenta l’acquisizione più recente filogeneticamente e riceve le sue informazioni prevalentemente dall’ambiente esterno, attraverso gli organi di senso. Nasce per lo più tabula rasa per poi divenire la sede del linguaggio, dell’autocoscienza, delle concezioni dello spazio, del tempo, della causalità, del libero arbitrio e, in generale, è la sede di tutti quei comportamenti che richiedono una intelligenza più elaborata per essere prodotti.
Per quanto Mac Lean abbia il merito di aver studiato il cervello in chiave evolutiva e di aver correttamente collocato la nascita e la generazione delle emozioni nelle aree più profonde del cervello, tale teoria va considerata, secondo Panksepp, come una eccessiva semplificazione rigida e gerarchica. I tre cervelli in realtà non sono affatto separati né in un rapporto gerarchico bensì, come ha dimostrato Panksepp, la causalità appare circolare e l’influenza è reciproca. Pertanto, il mondo della razionalità e quello emozionale non sono separati nè ordinati gerarchicamente, ma sono strettamente dipendenti e mutualmente influenti come dimostra il disegno che segue.

Nel livello più in basso troviamo i sistemi emozionali affettivi selezionatisi per la sopravvivenza in primis quelli omeostatici come fame, sete, freddo, caldo etc. e quelli sensoriali innescati dall’esterno come disgusto, dolce, amaro etc. Abbiamo poi gli affetti emotivi veri e propri, che hanno una componente emotiva, un correlato comportamentale e uno neurovegetativo: tra le emozioni negative abbiamo l’ANSIA, la RABBIA, la TRISTEZZA per la SEPARAZIONE. Il desiderio di prendersi CURA, di ACCOPPIARSI, di GIOCARE e socializzare sono invece emozioni positive. Una settima emozione che coincide con la curiosità, il desiderio di esplorare e trovare qualcosa di buono nel mondo esterno, emozione vitale per eccellenza, è quella che in inglese chiamiamo SEEKING e in italiano, generalmente sistema emozionale della RICERCA, ampiamente sovrapponibile alla descrizione freudiana del concetto di Libido o Pulsione di vita, Intimamente legata all’entusiasmo e alla curiosità, all’autoconservazione, alla sopravvivenza anche in termini di accoppiamento. Noi conosciamo tutte le reti cerebrali coinvolte nell’attivazione e controllo di questi sistemi affettivi (Panksepp, 1998, 2012) e vorremmo nuovamente sottolineare che si sono, da milioni d’anni, selezionate per la sopravvivenza. Un esempio: il bisogno di sopravvivere fa si che il neonato, (o anche l’uccellino solo nel nido) pianga (con tanto di correlati neurobiologici, emozionali, comportamentali e neurovegetativi) se ha freddo, fame, paura di restare solo etc. e nel corpo della madre o del padre si attivano dei sistemi emozionali predisposti che li spingono alla cura (anch’essi con un corredo neurobiologico, neurovegetativo, motorio ed emozionale). Lo stesso accade per tutti i mammiferi e anche tra gli uccelli. Questo è il primo e più semplice esempio di come si inneschino le prime relazioni nell’ambito degli affetti (omeostatici, sensoriali, affetti emozionali e motivazionali). Questa complessa rete nell’uomo, nasce dal tronco cerebrale (primo livello, cervello rettiliano, livello fisico istintivo), include quindi salendo nella scala evolutiva e nel corso della crescita, le zone limbiche e sovralimbiche del cervello (secondo livello, cervello mammifero, emozionale affettivo), fino a giungere nelle aree corticali del cervello dove abbiamo la contestualizzazione cognitiva e il controllo dei relativi affetti compreso il libero arbitrio (terzo livello, neocorteccia, psichico), (Panksepp & Biven, 2012; Roth, 2001; Roth & Struber, 2014) con mutue interazioni  dall’alto verso il basso e dal basso verso l’alto.

Pulsioni e affetti

Secondo Kernberg è l’insieme dell’esperienza emozionali positive che convergerà in quello che Freud chiamava pulsione di vita (Freud 1920), come un livello secondario e sovraordinato. Altrettanto, per quanto riguarda le esperienze negative che convergeranno in modo sovraordinato e secondario in una pulsione globale che per Freud corrispondeva alla pulsione di morte (Freud 1920) e che Kernberg colloca completamente sotto l’ombrello dell’aggressività, Concorda peraltro con tutte le osservazioni freudiane riguardo all’esistenza di un’aggressività autodiretta includendo fenomeni come la coazione a ripetere, il sadismo/masochismo, la reazione terapeutica negativa, il suicidio, le tendenze distruttive e auto distruttive nei processi di gruppo. Include le riflessioni di Andrè Green sul concetto di “narcisimo negativo”(Kernberg, 2004, 2006; Green, 1993, 2007).

A suo parere le emozioni positive e negative, sono solo parzialmente predisposte geneticamente mentre vengono per lo più rinforzate ed espresse geneticamente per via delle esperienze relazionali precoci. Ritiene, comunque, che sia lo sviluppo di tratti o patologie borderline che di comportamenti autolesivi in senso lato, prevedano un’esperienza massiccia precoce di affettivi negativi.

Via via che il neonato supera i primissimi mesi di vita, iniziano ad attivarsi i livelli superiori delle strutture limbiche, (mesencefalo e diencefalo) dove domina l’attivazione di bisogni affettivi in relazione ad altri esseri umani, le prime memorie e i primi apprendimenti. Questa funzione dei sistemi affettivi di mettere in relazione l’individuo con il proprio ambiente psicosociale, dice Kernberg, “può essere considerata lo sviluppo più notevole della psiche umana”. Il serpente vive bene da solo. Noi non solo abbiamo bisogno degli altri per sopravvivere, ma ne ricaviamo addirittura piaceri e vantaggi di ogni natura dai più semplici a quelli più sofisticati e sublimati (n.d.r.).

  “A poco a poco l’esperienza degli altri viene percepita come comportamento intenzionale, con crescente capacità empatica da parte del Sé e, alla fine, una consapevolezza realistica della mente degli altri così come investimenti emotivi altamente individualizzati in altri significativi (Forstl, 2012)”. Questo processo che ha una sua base neurobiologica tra unità esperienziali di rappresentazione di Sé legate affettivamente ad una rappresentazione oggettuale, crea le basi per lo sviluppo delle strutture diadiche. Northoff (2011) chiama queste, i “mattoni della mente”. Reiterata in migliaia e migliaia di scambi dal momento in cui veniamo al mondo in poi, la memoria affettiva diventa la funzione centrale dell’ippocampo.  Il mondo interno del soggetto si costituirà a partire da qui con il contributo delle cortecce associative, valutando di ogni esperienza il potenziale positivo o negativo e permettendo in questo modo l’emergere di livelli superiori di coscienza riflessiva e di un’autocoscienza esistenziale. Per dirla in termini più semplici si avvia un processo che porterà ad una visione integrata di sé, collocata nel tempo e nello spazio, un sé capace di muoversi e ricordare, consapevole dei propri bisogni e degli altri per lui significativi che corrisponde alla realtà ma anche al mondo interno del soggetto fatto di storia e memorie, di relazioni oggettuali consce e inconsce, positive o negative. Secondo Kernberg, tali unità esperienziali sono originariamente dissociate le une dalle altre e convivono parallelamente, secondo la diade oggetto buono-oggetto cattivo. Kernberg nell’articolo fa riferimento a specifiche strutture anatomo–funzionali in grado di contenere e/o integrare le relazioni oggettuali intollerabili, estremamente desiderate o temute e che vanno a costituire parte dell’inconscio dinamico. Più o meno dissociate, più o meno integrabili, in presenza di diverse variabili genetiche e relazionali, non ultima l’interpretazione di transfert ove possono essere rilevate e interpretate in quanto unità diadiche dominanti (in una visione triangolare, legata al terzo analitico). Kernberg riconosce quindi, in queste conflittuali e intollerabili relazioni Sé oggetto incorporate, una base neurobiologica per la teoria kleiniana e per i processi identificatori proiettivi e introiettivi che avvengono nella relazione transferale. Clinicamente, il conflitto inconscio è principalmente, per Kernberg, ancora tra amore e aggressività.

Coscienza, inconscio, inconscio dinamico

Per molto tempo i contemporanei di Freud, furono convinti che la coscienza fosse legata alle percezioni che provenivano dal mondo esterno. Freud stesso aderì a questa idea anche se fu il primo, a intuire ( Freud 1915a ) la contemporanea esistenza di una coscienza affettiva o emotiva, che proveniva dall’interno della persona. Kernberg condivide con diversi neuroscienziati (Panksepp 2012, Solms 2015), l’idea che la coscienza “affettiva o emotiva sia molto più importante della coscienza percettiva, e che le nostre sensazioni interne, siano esse omeostatiche, sensoriali o motivazioni ed emozioni vere e proprie, (paura, rabbia, desiderio di cure, curiosità e ricerca etc.) costituiscano il cuore della nostra coscienza primaria (grigio periacqueduttale, formazione reticolare ascendente, locus coeruleus, rafe). Anche senza capacità autoriflessiva(corteccia). Motivazione, coscienza affetto e sensazione , parti della stessa cosa, sia negative che positive, ci risvegliano verso il mondo esterno dove sappiamo essere quel che ci può servire per la sopravvivenza e il benessere. Usciamo dall’incoscienza perché queste sensazioni ci guidano a cercare nel mondo esterno qualcosa che per noi abbia valore (cibo, caldo, rassicurazione, gioco, amore, spinta verso l’acquisire qualcosa che ci interessa, ci eleva, etc.). Da dentro verso fuori, con una direzione. Tale inconscio primario potrà divenire parte dell’inconscio dinamico solo con lo sviluppo della memoria a lungo termine nel secondo o terzo anno di vita. Con lo sviluppo dell’ippocampo e delle cortecce associative. Il suo contenuto, originariamente considerato “inconscio” afferma Kernberg, era originariamente conscio. Questa considerazione si basa sulla vasta messe di studi su animali e uomini compiuta da Jaak Panksepp(1998,2005) il padre delle neuroscienze affettive, etologo e psicologo che ha da sempre cercato un dialogo con la psicoanalisi ufficiale da lui considerata la teoria e lo strumento più sofisticato per un approccio alla mente umana. Tale riesame sul conscio-inconscio è avvalorato, tra l’altro, dall’osservazione dei bambini anencefali(nati senza corteccia) nei quali è evidente la capacità di percepire ed esprimere in modo del tutto normale tutte le diverse emozioni sia interne che derivanti dell’interazione con il mondo esterno. Con un corredo comportamentale che dimostra quanto siano pienamente consapevoli di quello che provano e in grado di agire e interagire in conseguenza. Pur non avendo la corteccia e nessuna capacità autoriflessiva.

Kernberg, ripensa quindi sulla definizione di quanto definiamo conscio e quanto invece inconscio. I dati delle neuroscienze affettive ci hanno insegnato che la coscienza viene dall’interno, non dall’esterno come si credeva (identificando la coscienza con la percezione degli stimoli provenienti dal mondo esterno)

e proviene dalla parte del cervello profondo, antico, in cui si trovano le pulsioni, i “trieb” che Freud riteneva, nei suoi primi scritti, inconsci. E’ la coscienza affettiva primaria, secondo le neuroscienze affettive, il punto di inizio. Solo secondariamente  la coscienza si lega agli oggetti, quando ci  si rivolge al mondo esterno e prendono forma le percezioni, le interazioni, le prime relazioni riguardo all’esterno.

Per inconscio secondario, Kernberg intende invece le primitive esperienze del bambino fino a circa 2/3 anni di età, quando ancora l’ippocampo, sede dei ricordi rievocabili e della memoria affettiva, non è maturo Vogliamo qui ricordare il grande lavoro svolto da Mauro Mancia (2006) sull’inconscio non rimosso dei primi 2/3 anni di vita. La predominanza di circostanze estremamente traumatiche in questa fase non lascerebbe rappresentazioni inconsce del Sé e relazioni oggettuali, ma solo disposizioni estreme all’affetto negativo con potenziale frammentazione dell’esperienza affettiva per sfuggire al sistema di PAURA e PANICO da SEPARAZIONE. Contiene anche gli apprendimenti che diventano automatici (esempio portare il cucchiaino alla bocca,) ma anche le modalità ripetitive di mettere in relazione se stessi con l’ambiente (base anche della coazione a ripetere). I conflitti tra amore e aggressività (care-givers) sono originariamente coscienti ma le loro tracce rimangono solo nel comportamento: sintonico e adeguato se tutto si è svolto sufficientemente bene, ma se prevalgono circostanze traumatiche osserveremo pattern e affetti frammentati, apparentemente incongrui. I vissuti conflittuali saranno oggetto di meccanismi di scissione, e esiteranno in vari gradi di organizzazione di personalità dello spettro borderline e psicotico. Qui domineranno le relazioni oggettuali idealizzate e persecutorie, confuse, che possono portare a ritiro e grave sfiducia. In analisi si potrà lavorare sul “qui ed ora”, perché si lavora col “conosciuto non pensato” ( Bollas1989). Il soggetto è fuso e confuso e Kernberg cita Ogden e la sua posizione “contiguo–autistica”(Ogden 1997),

Tutto lascia significative traccie emozionali e comportamentali, reazioni nel corpo ma nessuna memoria rievocabile.

L’inconscio dinamico vero e proprio, invece, può costituirsi a partire dal secondo/terzo anno di vita,

seconda fase dell’inconscio dinamico per Kernberg. Abbiamo la possibilità di usufruire della maturazione dell’ippocampo, sede della memoria affettiva, ove va a depositarsi la cosiddetta memoria esplicita-dichiarativa ed episodica, rievocabile, che possiamo, se si attivano dei  meccanismi di difesa a seguito di frustrazioni e traumi, rimuovere confinandola nell’inconscio dinamico vero e proprio o dissociare le relazioni oggettuali interiorizzate, idealizzate e persecutorie, come nella posizione schizoparanoide (Klein, 1946) La traumatizzazione grave e la patologia dell’aggressività ,favoriscono un’organizzazione borderline di personalità nella seconda fase di sviluppo, che Kernberg individua tra i due e i 5 anni di età. L’interiorizzazione di relazione oggettuali persecutorie permetterebbe ancora il mantenimento di relazioni idealizzate scisse. La differenza può farla, secondo l’autore, una vulnerabilità genetica maggiore o minore su base neurotrasmettitoriale o di sensibilità alla paura (amigdala). In caso di sviluppo normale invece si evolve verso la possibilità di raggiungere la posizione depressiva (Klein 1946) come sviluppo di un concetto integrato del Sé, che ha sviluppato un Super Io maturo e un Ideale dell’Io, sessualità e aggressività integrate e che contiene anche un Sé ideale e degli oggetti ideali.

E’ particolarmente interessante l’idea che all’inizio gli esseri umani siano coscienti   di aspetti istintuali, cioè emozioni affettive, emozioni sensoriali ed omeostatiche (Panksepp, Solms 2015, Kernberg). Rifacendoci a quanto sappiamo sulle mappe anatomiche e funzionali che contribuiscono a creare la storia di un essere umano, sembrerebbe che l’“inconscio” contenga ben più di quanto Freud ipotizzasse, compreso quanto appena descritto e che può essere poi rimosso o dissociato nel corso dello sviluppo. L’inconscio dinamico sarebbe ancora più ampio ed importante nel determinare l’esperienza e il comportamento umano.

A tale proposito vogliamo però ricordare che Freud stesso, ha sempre affermato che “il rimosso non esaurisce tutta la sfera dell’inconscio” (Freud 1915. Pp133) e che questo costituirà oggetto delle sue riflessioni sino alla morte. Un ultimo importante richiamo Kernberg lo fa ai neurobiologi neuropsicoanalisti i quali, a suo parere, si sono occupati più della strutturazione del Sé che della parallela integrazione al Sè degli altri significativi, delle “unità diadiche”, a suo dire base dell’esperienza intrapsichica insoggettiva riflessa nella fantasia inconscia, la natura del mondo interiorizzato delle relazioni oggettuali. Sono queste strutture intrapsichiche quelle più importanti nell’influenzare tutta la sopportabilità e il benessere della vita futura.

*Otto Kernberg è considerato uno dei grandi psicoanalisti contemporanei; ha integrato in un’unica teoria tre modelli psicoanalitici distinti: la teoria pulsionale di Freud, la teoria di Melanie Klein e di William R. D. Fairbairn e la psicologia dell’Io di Margaret Mahler e di Edith Jacobson. Kernberg ha definito il suo approccio teorico “Psicologia dell’Io e delle Relazioni oggettuali”.

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