Prospettive cliniche e empiriche su una terapia psicoanalitica di Merton Gill (ricerca in corso)
The Merton Gill Single Case Study: Assessing psychoanalytic process with the Analytic Process Scales (APS) and the Dynamic Interaction Scales (DIS)
Paper presented at the Annual Conference of the American Psycho-analytical Association, New York.
Coordinatori del progetto: Francesco Gazzillo (Sapienza Università di Roma), Sherwood Waldron (Psychoanalytic Research Consortium, New York)
Supervisori scientifici: Vittorio Lingiardi (Sapienza Università di Roma), Nino Dazzi (Sapienza Università di Roma)
Coordinatori dei sottogruppi di valutazione: Antonello Colli (Collaborative Interaction Scale – CIS), Francesco De Bei (Patient-Therapist Attachment Q-sort – PTA-Q), Maria Grazia Di Giuseppe e Vittorio Lingiardi (Defense Mechanism Rating Scale – DMRS), Francesco Gazzillo (Analytic Process Scales – APS; Dynamic Interaction Scale – DIS) Francesca Ortu (Core Conflictual Relationship Theme; CCRT), Annalisa Tanzilli (Psychotherapy Process Q-set – PPQ); Sherwood Waldron (Shedler-Westen Assessment Procedure – SWAP-200; Personality Health Index – PHI)
Raters: Nadia Aioub, Carlotta Bandieri, Antonella Cirasola, Alberto Codazzi, Valeria Condino, Daniele Giovannetti, Federica Genova, Daniela Gentile, Annarita Marseglia, Denise Miccoli, Maria Paola Nazzaro, Anna Stolfa, Alessandro Talia
Introduzione
Allievo di David Rapaport e importante esponente della psicologia dell’Io americana prima e del pensiero relazionale poi, Merton Gill (1954, 1982, 1994) ha dato contributi teorici e tecnici rilevanti alla psicoanalisi del Novecento. Sostenitore dell’importanza della ricerca empirica sul processo e l’esito delle psicoanalisi e della centralità delle interpretazioni di transfert come fattore mutativo delle terapie analitiche, Gill ci ha lasciato in eredità le audioregistrazioni di alcuni suoi trattamenti, adesso proprietà dello Psychoanalytic Research Consortium di New York diretto da Sherwood Waldron.
Questa ricerca, che analizzerà da un punto di vista clinico e empirico uno dei suoi trattamenti, è il primo passo di un progetto più ampio, appena avviato, sull’analisi di processo e outcome di trenta terapie psicoanalitiche condotte negli ultimi vent’anni, compleamente audioregistrate e trascritte, ed è frutto della collaborazione tra lo Psychoanalytic Research Consortium e il gruppo di ricerca sull’efficacia della psicoterapia e della psicoanalisi fondato da Vittorio Lingiardi e coordinato da Francesco Gazzillo con la superivisione di Nino Dazzi (Facoltà di Medicina e Psicologia e Scuola di Specializzazione in Psicologia Clinica, Sapienza Università di Roma).
Obiettivi
Questa ricerca si inserisce nel contesto della quarta generazione degli studi empirici su processo e esito delle psicoanalisi (Wallerstein, 2001) e si basa sull’analisi clinica e empirica di sedute audioregistrate e trascritte (vedi Lingiardi, 2006; Lingiardi, Shedler, Gazzillo, 2006, Lingiardi, Gazzillo, Waldron, 2010). Obiettivi principali di questa ricerca sono due:
- 1)verificare empiricamente se gli interventi di chiarificazione e di interpretazione del transfert sono il fattore mutativo principale del trattamento analitico, come teorizzato da Gill;
- 2)verificare se, in linea con i dati della letteratura (per una rassegna vedi Dazzi, Lingiardi, Colli, 2006), un trattamento psicoanalitico di successo: (a) favorisce un cambiamento nello stile di personalità dei pazienti, determinando una riduzione dei tratti disfunzionali e un rafforzamento delle capacità di buon funzionamento (Lingiardi, Shedler, Gazzillo, 2006); (b) favorisce un aumento della maturità dello stile difensivo prevalente dei pazienti (Lingiardi, 2006); (c) è caratterizzato da un “circolo virtuoso” in cui buoni interventi del terapeuta favoriscono un aumento della produttività delle comunicazioni dei paziente, che a sua volta favorisce buoni interventi del terapeuta (Gazzillo, Lingiardi, 2007); (d) è caratterizzato dal ricorso a chiarificazioni e interpretazioni di difese e conflitti, che accrescono la produttività delle comunicazioni dei pazienti, e da un ricorso minore a interventi di sostegno (Waldron et al., 2004a/b); (e) è caratterizzato dalla riparazione sistematica dei momenti di rottura dell’alleanza terapeutica (Safran, Muran, 2000); (f) è caratterizzato da interventi che colgono i temi relazionali conflittuali dei pazienti riducendo la loro pervasività (Luborsky, Crits-Cristoph, 1990a) e (g), favorisce un rafforzamento della sicurezza dell’attaccamento paziente-terapeuta (Diamond et al., 2003a/b).
Campione
Il resoconto clinico del caso è stato elaborato da uno psicoanalista esperto (Sherwood Waldron) sulla base della lettura e dell’ascolto di 48 sedute (circa un sesto del trattamento, della durata complessiva di due anni e mezzo), così distribuite:
1) le prime 8 sedute della terapia,
2) 8 sedute consecutive relative al secondo mese di trattamento,
3) 8 sedute consecutive del dodicesimo mese di trattamento,
4) 8 sedute consecutive del ventiquattresimo mese di trattamento,
5) 8 sedute consecutive relative alla sesta settimana prima della conclusione della terapia e
6) le ultime 8 sedute di analisi.
La valutazione di queste sedute con i vari strumenti empirici utilizzati nello studio è stata così progettata:
- 1)Le prime 8 sedute di terapia sono state valutate da due raters in cieco con la Shedler-Westen Assessment Procedure-200 (SWAP-200; Westen, Shedler, 1999a/b; Westen, Shedler, Lingiardi, 2003; Gazzillo, 2009) e il Personality Health Index with RADIO categories (PHI with RADIO; Waldron et al., 2011). Questi strumenti permettono di elaborare il profilo di personalità della paziente; il paragone tra la valutazione iniziale e finale con la SWAP e il PHI ci permette quindi di stabilire se la terapia ha avuto successo o meno e quali sono le caratteristiche della paziente che sono cambiate.
- 2)Le seconde 4 sedute di ognuno dei sei periodi presi in considerazione (inizio, sei settimane, un anno, due anni, sei settimane dalla fine, fine) sono state valuatate da 22 raters (3 o 4 per strumento) in cieco con sette diversi strumenti: 1) le Analytic Process Scales (APS; Waldron et al., 20004a/b; Colli, Gazzillo, 2006) sia nella loro versione “whole session” sia nella loro versione “segmental rating”; 2) le Dynamic Interaction Scales (DIS; Waldron et al., in progress); 3) lo Psychotherapy Process Q-set (PQS; Jones, 2000; Lingiardi et al., in press); 4) la Defense Mechanism Rating Scale (DMRS; Perry, 1990; Lingiardi, Madeddu, 2002); 5) la Collaborative Interaction Scale (CIS; Colli, Lingiardi, 2009); 6) il Patient-Therapist Attachment Q-sort (PTA-Q; De Bei, Lingiardi, Miccoli, 2007); 7) il Core Conflict Relationship Theme (CCRT; Luborsky, Crits-Cristoph, 1999a; Ortu, 2006).
Questi strumenti permettono di elaborare una rappresentazione sufficientemente articolata di alcune dimensioni centrali del processo analitico: i contributi di paziente e terapeuta allo scambio clinico (APS, DIS, PQS), i mutamenti nello stile difensivo del paziente (DMRS), l’andamento dei processi di rottura e riparazione dell’alleanza terapeutica (CIS), l’andamento della relazione di attaccamento paziente-terapeuta (PTA-Q) e dei temi relazioni conflittuali nucleari della paziente in rapporto ai contenuti delle comunicazioni dell’analista (CCRT).
Strumenti e metodi
La Shedler-Westen Assessment Procedure-200. La SWAP-200 è un Q-sort (Stephenson, 1953; Block, 1961, 1978) di 200 item scritti in un linguaggio privo di gergalità e a un livello intermedio di astrazione che descrivono caratteristiche sane e disfunzionali della personalità. Un clinico o un rater che hanno una conoscenza adeguata del paziente da valutare, cioè che hanno condotto con lui o ascoltato almeno 4-5 colloqui, deve collocare i 200 item della SWAP in 9 categorie seguendo una distribuzione fissa: dalla categoria 0, cui vanno attributi i 100 item che non sono descrittivi del paziente valutato, a quella 7, in cui vanno collocati gli 8 item più descrittivi del paziente.
Un programma informatizzato permette quindi di calcolare il grado di sovrapposizione tra la descrizione del paziente fornita dal clinico e due tassonomie diagnostiche: 1) i fattori PD, ovvero descrizioni prototipiche di pazienti ideali con ognuno dei 10 disturbi di personalità del Manuale Diagnostico e Statistico dei Disturbi Mentali, IV edizione revised (DSM-IV-TR; APA; 2000) più un fattore sano, di alto funzionamento; 2) i fattori Q, una tassonomia da 11 stili/disturbi di personalità derivati empiricamente con la SWAP sulla base di un campione di circa 500 pazienti reali con disturbi della personalità. Il livello di correlazione tra descrizione del paziente valutato e fattori PD e Q, standardizzato in punti T (media 50 e deviazione standard 10), permette quindi di elaborare diagnosi dimensionali e categoriali della personalità.
La SWAP permette infine di costruire una formulazione del caso “patient tailored” cucendo i 30 item più descrittivi del paziente, cioè quelli a cui è stato attribuito un punteggio di 5, 6 e 7.
La SWAP-200 ha dimostrato ottime qualità di validity e reliability (per una rassegna, vedi Shedler, Westen, 2006) ed è stata già utilizzata in ricerche su processo ed esito delle psicoanalisi (Cogan, Porcerelli, 2005, Lingiardi, Shedler, Gazzillo, 2006; Porcerelli et al., 2009).
Personality Health Index (PHI) with RADIO categories. Permette di paragonare la capacità di buon funzionamento della personalità valutate con la SWAP con quelle di un campione normativo di 70 pazienti in trattamento psicoanalitico. Oltre alla valutazione del livello complessivo di “salute psicologica”, le categorie RADIO mettono in evidenza i punti di forza e i deficit del paziente valutato rispetto a 5 domini funzionali: esame di realtà, regolazione degli affetti, meccanismi di difesa, integrazione dell’identità, relazioni oggettuali. Il PHI with RADIO ha dimostrato ottimi livelli di interrater reliability e validity (Waldron et al., 2011)
La paziente di Gill è stata valutata con SWAP e PHI with RADIO da Sherwood Waldron (New York) e Annalisa Tanzilli (Roma).
Il livello di interrater reliability delle valutazioni SWAP di questo progetto è r = .86.
Analytic Process Scales (APS) e le Dynamic Interaction Scales (DIS). Le APS sono 32 scale likert, da valutare su una scala a 5 punti (da 0 a 4), che permettono di valutare 14 caratteristiche delle comunicazioni analitiche dei pazienti e 18 caratteristiche degli interventi del terapeuta in base alla loro presenza, complessità e numero di dettagli seguendo le regole di un manuale di scoring di circa 100 pagine.
In questo progetto abbiamo usato tutte e 32 le scale nella loro versione “whole session”, che permette di valutare in che misura, nella seduta valutata: a) il paziente riesce a comunicare in modo chiaro i conflitti che vive dentro e fuori la stanza di analisi, è capace di auto-osservarsi, parla di tematiche relative alla sua vita sentimentale, alla sua aggressività/assertività, alla sua autostima e alla sua infanzia, è consapevole dei propri problemi e partecipa in modo continuo e produttivo alla terapia; b) il terapeuta incoraggia l’elaborazione, chiarifica, interpreta, fa interventi confrontativi o di sostegno su conflitti e difese, nel transfert e/o rispetto alla vita sentimentale, all’aggressività/assertività, all’autostima e all’infanzia del paziente; in che misura è affettivamente coinvolto nella terapia e quanto i suoi interventi sembrano ben focalizzati, continui e adeguati per tipo, contenuto, forma e timing.
Abbiamo poi utilizzato 16 di queste 32 scale nella loro versione “segmental rating”, cioè applicandole alle singole comunicazioni di paziente e terapeuta.
Le APS hanno dimostrato buone qualità di reliability e validity (Waldron et al., 2004a).
Le DIS sono 12 scale che valutano caratteristiche emotive/relazionali del terapeuta (quanto è diretto, quanto è caldo, quanto segue in modo contingente i mutamenti momento per momento degli affetti del paziente e quanto riesce a lavorare sui pattern problematici tipici di sentimento, pensiero e azione del paziente), del paziente (quanto lavora sui propri pattern tipici disfunzionali di sentimento, pensiero e azione, quanto riesce a oscillare tra esperienza e riflessione e quanto riesce a integrare la comprensione analitica del senso dei propri sogni con la propria vita di veglia) e della diade terapeutica (in che misura il paziente vive l’analista come empatico, in che misura paziente e terapeuta sono più consapevoli delle problematiche nucleari del paziente, riescono a ricollegare le tematiche che emergono nel transfert con la vita extra-analitica del paziente e sono coinvolti nella terapia). Non possediamo ancora dati su validity e reliability delle DIS perché questa è la prima ricerca in cui sono state applicate.
APS e DIS sono state applicate alle sedute del caso di Merton Gill da Francesco Gazzillo, Federica Genova e Carlotta Bandieri. I livelli di interrater relibility delle valutazioni APS e DIS di questo studio sono molto elevati (mediamente attorno a r = .70 e .80)
Defence Mechanism Rating Scale.La DMRS è uno strumento che valuta lo stile difensivo a partire dalle definizioni di un manuale di circa 70 pagine. Essa va applicata ai trascritti di materiale clinico e comprende una lista di 27 meccanismi di difesa raccolti in 7 cluster disposti gerarchicamente secondo un criterio di gravità (dalle difese di acting a quelle mature, passando per quelle borderline, di dinego, narcisistiche, nevrotiche e ossessive); essa permette di valutare sia la presenza di ognuno dei meccanismi di difesa presi in considerazione nel manuale, sia la pervasività dei diversi cluster difensivi, e consente inoltre di determinare il livello di maturità difensiva globale del soggetto (Overall Defensive Score; ODF).
Sia la reliability sia la validity dello strumento sono soddisfacenti (Lingiard et al., 1999; Di Giuseppe et al., 2010). Le sedute di Gill sono state valutate con la DMRS da Maria Grazia Di Giuseppe, Alberto Codazzi, Anna Stolfa e Annarita Marseglia. Il livello medio di interrater reliability delle valutazioni di questa ricerca è di r = .73.
Psychotherapy Process Q-set (PQS). Il PQS un Q-sort di 100 item che fornisce un linguaggio e una procedura di valutazione standard per la descrizione dell’interazione paziente-terapeuta (Jones, 2000). Si applica ai trascritti di sedute di psicoterapie audio- o video-registrate e trascritte. I raters devono ordinare i 100 item in 9 pile lungo un continuum che va dalla categoria “estremamente non caratteristico” (pila 1) alla categoria “estremamente caratteristico” (pila 9) seguendo una distribuzione fissa. La reliability dello strumento è buona (Jones, Pulos, 1993). In un primo studio Ablon e Jones (1998) hanno descritto con il PQS i prototipi “ideali” di una psicoterapia analitica e di una psicoterapia cognitiva allo scopo di valutare l’aderenza delle prassi di diversi terapeuti a questi prototipi ideali e hanno correlato il livello di sovrapposizione tra le terapie condotte e i diversi prototipi con gli outcome dei trattamenti. I dati hanno evidenziato che l’aderenza al prototipo psicodinamico, a differenza di quello delle terapie cognitivo-comportamentali, predice con successo l’outcome di entrambi i tipi di terapie (Jones, Pulos, 1993).
In questo progetto, il PQS è stato applicato alle sedute di Gill da Annalisa Tanzilli, Nadia Aioub e Daniele Giovannetti. Il livello medio di interrater reliability delle loro valutazioni è di r =.83.
Collaborative Interaction Rating Scale (CIS). La CIS è una rating scale che si applica ai trascritti di sedute di psicoterapia e privilegia una valutazione microanalitica del processo terapeutico. Essa permette di descrivere e comprendere l’andamento dei livelli di collaborazione della diade terapeuta/paziente sia intra-seduta sia inter-sedute. La CIS considera i contributi “positivi” e “negativi” di paziente e terapeuta alla relazione terapeutica in base a un principio di interazione vicino a quello della co-costruzione intersoggettiva e bidirezionale. Si compone di due principali sotto-scale: una dedicata all’analisi dei processi di rottura (Diretti e Indiretti) e di quelli di collaborazione del paziente (CIS-P); l’altra dedicata all’analisi dei contributi “positivi” e “negativi” del terapeuta alla relazione terapeutica.
Le ricerche fin ora condotte testimoniano una buona validity e reliability della CIS (Colli, Lingiardi, 2009) e sembrano evidenziare che i trattamenti con outcome positivo sono caratterizzati da un andamento a U della relazione terapeutica in cui i processi di rottura dell’alleanza aumentano a metà terapia, mentre sia l’inizio sia la fine del trattamento sarebbero caratterizzate da più alti livelli di collaborazione paziente-terapeuta. Le sedute di Gill sono state siglate con la CIS da Antonello Colli, Daniela Gentile e Valeria Condino.
Patient-Therapist Attachment Q-sort. Il PTA-Q è uno Q-sort che permette di valutare la relazione di attaccamento paziente-terapeuta. E’ composto da 62 item che indagano (a) atteggiamenti, comportamenti o esperienze del paziente riguardanti relazioni intime (genitori, coniuge, compagno, amici, terapeuta ecc.); (b) il tipo di interazione tra paziente e terapeuta, e (c) la qualità narrativa del discorso terapeutico. La descrizione che ne risulta viene successivamente confrontata con la descrizione prototipica di relazioni terapeutiche Sicure, Distanzianti e Preoccupate elaborate da clinici esperti nella valutazione dell’attaccamento con la Adult Attachment Interview (Main, Hesse, Goldwyn, 2008). Le correlazioni tra la descrizione del paziente e i diversi prototipi di attaccamento viene quindi standardizzata in punti T (media 50 e deviazione standard 10).
Le ricerche finora condotte sull’attaccamento in psicoterapia sembrano suggerire che il legame che si stabilisce tra paziente e terapeuta nel corso del trattamento influenzi sia il processo sia sull’outcome di una terapia: il modello di attaccamento sicuro al terapeuta faciliterebbe infatti l’instaurarsi di un senso di sicurezza che favorirebbe un’esplorazione più aperta del mondo interno del paziente e un outcome favorevole della terapia. Inoltre, i dati sembrerebbero suggerire che un trattamento intensivo favorisca una ristrutturazione nel mondo rappresentazionale dei pazienti (Diamond et al., 2003a/b).
In questa ricerca, il PTA-Q è stato applicato alle sedute di Gill da Francesco De Bei, Denise Miccoli e Alessandro Talia (“Sapienza” Università di Roma). Il livello medio di interrater reliability delle loro valutazioni in questa ricerca è r = .80.
Core Conflict Relationship Theme (CCRT). Il CCRT è uno strumento che permette di valutare il tema conflittuale relazionale centrale del paziente a partire dall’analisi delle unità narrative di sedute di psicoterapia audioregistrate e trascritte. Da queste unità vengono estratte le descrizioni di episodi relazionali nei quali sono generalmente espressi bisogni, intenzioni e desideri (W), le risposte attese o sperimentate da parte degli altri (RO) e le reazioni del soggetto (RS). Le ricerche condotte con il CCRT hanno permesso di verificare la sua attendibilità e le modifiche cui vanno incontro, nelle terapie dinamiche di successo, la percezione delle risposte degli altri, le reazioni del paziente e la pervasività dei temi relazionali conflittuali (Ortu, 2006). La modificazione del funzionamento psicologico del paziente nel corso del trattamento è indicata da un aumento di risposte positive del Sé e di risposte positive dell’Oggetto e da una parallela diminuzione di risposte negative del Sé e dell’Oggetto in presenza di interventi interpretativi del terapeuta capaci di cogliere e interpretare il CCRT del paziente (Wilczek et al. 2004).
In questa ricerca, il CCRT è stato applicato alle sedute di Gill da Francesca Ortu, Maria Paola Nazzaro e Antonella Cirasola con valutazioni di consensus.
I dati ottenuti dalla somministrazione di questi strumenti sono stati analizzati con tecniche correlazionali (rho di Spearmann), di analisi della regressione lineare e di analisi della varianza e confronto tra indicatori di tendenza centrale di tipo non parametrico (ANOVA di Friedman e test di Wilcoxon).
Risultati
La paziente all’inizio della terapia
La paziente, che chiameremo Paola, ha poco più di trent’anni e inizia la sua analisi con Gill a causa di una sintomatologia ricondicibile a un’agorafobia e a sintomi di conversione a carico del sistema digerente (nausea, vomito e diarrea) che spesso le impediscono di uscire di casa e di godere di una vita sociale soddisfacente.
Sposata con due figli in età scolare, all’inizio della terapia la paziente non ha un lavoro e ha pochi rapporti intimi, fatta eccezione di quello con genitori e fratelli, comunque molto conflittuali, e con il marito, che pure presenta motivi di insoddisfazione: non si sente ascoltata e valorizzata, e tende ad attribuire a se stessa la colpa di questo stato di cose. La paziente teme inoltre di non essere una buona madre, e nonostante sembra consapevole dei numerosi “errori” commessi dai genitori nell’educarla, si sente molto in colpa per le critiche che gli rivolge. Paola è convinta di non essere in grado di far nulla di buono, ma soffre per questa sua scarsa fiducia in se stessa e per i suoi sensi di colpa.
La prima valutazione della personalità di Paola (SWAP, PHI e RADIO) mette in evidenza la presenza di un disturbo dipendente (T = 61) di personalità in comorbilità con un disturbo depressivo della personalità (T = 60,8); le sue capacità di buon funzionamento sono più basse di quelle del 64% dei pazienti in analisi.
L’ambito in cui Paola sembra avere più difficoltà è quello della regolazione degli affetti (da questo punto di vista, il suo funzionamento rientra nel 9% dei pazienti in analisi che funzionano peggio), mentre le sue maggiori risorse riguardano le capacità relazionali (Paola sa mantenere una relazione di amore stabile, tende a suscitare simpatia nelle altre persone ed è capace di prendersi cura degli altri, tanto che, da questa prospettiva, rientra nel 20% dei pazienti in analisi meglio funzionanti).
Dal punto di vista dello stile divensivo (DMRS), all’inizio della terapia con Gill, Paola presente un ODF = 4, cioè di livello narcisistico (nel suo caso, i meccanismi di difesa di questo livello prevalenti nella paziente sono quelli della svalutazione di sé e dell’idealizzazione degli altri), mentre le difese che maggiormente utilizza, in genere, sono quelle nevrotiche (rimozione e dissociazione) e di diniego (razionalizzazione).
Dal punto di vista dell’attaccamento paziente-terapeuta (PTA-Q), all’inizio dell’analisi Paola presenta uno modello prevalentemente preoccupato con elementi di sicurezza: mostra una personalità poco definita e sembra poco presente nella relazione. Il discorso tra paziente e terapeuta è dominato dai temi dell’autonomia, della dipendenza e dell’indipendenza. Paola si lamenta in maniera inconcludente di quello che le è successo e di come sia impossibile uscirne e sembra ambivalente nei confronti di Gill.
I dati preliminari relativi ai tema relazionali conflittuali centrali (CCRT) mettono infine in evidenza che, a inizio terapia, Paola è dominata dal desiderio di essere indipendente e dalla paura che l’altro la rifiuti, cosa a cui lei risponde deprimendosi e sentendosi impotente.
Caratteristiche e andamento del processo terapeutico
L’analisi di Paola può essere suddivisa in due periodi: nel corso del primo anno di trattamento, Gill la vede per quattro sedute a settimana sul lettino. Alla fine del primo anno, però, Paola gli chiede di poter ridurre la frequenza delle sedute a due a settimana e di proseguire il trattamento vis-a-vis. Gill, per disconfermare la sua convinzione di non essere in grado di prendere decisioni autonome e di doversi sottomettere al volere altrui, accetta.
Paola prosegue quindi la terapia per un altro anno e mezzo con questa frequenza ridotta e senza utilizzare il lettino, e dopo circa due anni e mezzo, a ridosso di una pausa estiva, decide di interromperlo. Ancora una volta, e per la stessa ragione, Gill accetta la proposta della paziente, che nel frattempo non presenta più la sintomatologia agorafobica e di conversione per cui aveva iniziato la terapia, si mostra molto più autonoma e assertiva e ha trovato un lavoro.
Il modo in cui Gill conduce le sedute, da una prospettiva clinica, resta molto coerente per tutto il corso del trattamento e può essere descritto così: ascolta la paziente, e per la prima metà della seduta cerca, per mezzo di domande, incoraggiamenti all’elaborazione e chiarificazioni, di costruire il quadro complessivo di ciò che la paziente voleva raccontargli quel giorno. Quando questo quadro sembra sufficientemente complesso e articolato, Gill inizia a fare delle chiarificazioni e delle interpretazioni di transfert “di prova”; in linea con quanto teorizza nei suoi scritti, cerca cioè di mettere in luce il modo in cui Paola fa esperienza di lui dal punto di vista preconscio e inconscio. E prosegue su una linea interpretativa solo quando la paziente gli fornisce una conferma implicita o esplicita della correttezza delle sue ipotesi.
Il suo tono di voce è caldo, il suo modo di esprimersi è diretto ma gli interventi di sostegno sono pochi. Il lavoro che fa è più o meno interamente centrato sul transfert e sul qui-e-ora della seduta, su come Paola vive le cose che lui dice o fa in seduta.
Sia le APS sia il PQS mettono in evidenza che, dall’inizio alla fine del trattamento, il modo di lavorare di Gill è quasi del tutto sovrapponibile al prototipo ideale di terapia psicoanalitica messo in evidenza dalle ricerche con il PQS: Gill resta perlopiù neutrale, fa chiarificazioni e interpretazioni tese a mettere in evidenza i conflitti e i sentimenti di cui la paziente non è consapevole, a mettere in relazione il suo modo di vivere il presente con le esperienze del suo passato e quello che vive nel transfert con quello che vive nelle sue relazioni extra-terapeutiche.
La metà degli interventi di Gill sono esplicite chiarificazioni o interpretazioni di transfert e il 62% delle sue comunicazioni si focalizzano in modo esplicito sui conflitti della paziente, mentre solo il 13% delle sue comunicazioni hanno una valenza supportiva. Otto interventi su 10 sono considerati adeguati per tipo, contenuto, forma e timing. La paziente, da parte sua, comunica quasi sempre in modo chiaro ed evocativo (in più dell’80% dei casi) quello che prova e i conflitti che vive e sembra partecipare alla terapia in modo produttivo.
L’analisi delle sedute con le APS e le DIS permettono inoltre di evidenziare che tutti i tipi di intervento utilizzati di Gill (chiarificazioni, interpretazioni, centratura sul transfert e sulle difese ecc.) favoriscono un incremento nella produttività delle successive comunicazioni della paziente, ma le due dimensioni più efficaci di questa terapia sono la bontà degli interventi del terapeuta (cioè l’adeguatezza del tipo, del contenuto, della forma espressiva e del timing in quel momento della seduta) e la loro centratura sui conflitti, che correlano in modo positivo e significativo con la produttività delle successive comunicazioni della paziente (rispettivamente, r = .28 e r = .29).
Da questo punto di vista, quindi, le ipotesi tecniche di Gill non sono confermate: le interpretazioni di transfert non sono il fattore mutativo principale dell’analisi, e Paola sembra aiutata principalmente da interventi che, sulla base dei sentimenti che comunica, la aiutano a capire i conflitti che prova.
Le DIS mettono poi in evidenza l’importanza della capacità del terapeuta di seguire i mutamenti, momento per momento, negli affetti della paziente, del coinvolgimento reciproco nella terapia e della maggiore consapevolezza che Gill e Paola progressivamente sviluppano delle problematiche della paziente.
Sia il PQS sia le APS e le DIS mettono poi in evidenza un andamento a campana della partecipazione di paziente e terapeuta all’analisi: nel contesto di un trend costantemente in crescita, i periodi 4 e 5 (a due anni e a sei settimane dalla fine) sono caratterizzati da comunicazioni sui conflitti e sul transfert più complesse e dettagliate e complessivamente migliori da parte del terapeuta, maggiori capacità di riflettere su di sé e di comunicare e da un maggior coinvolgimento della paziente in terapia. Tutte dimensioni che subiscono un lieve decremento nella fase finale della terapia ma restano comunque superiori rispetto ai loro livelli iniziali.
Diverso è invece il quadro che emerge dalle valutazioni con la CIS, che mette in evidenza come, con il progredire della terapia, Paola collabori sempre meno al mantenimento dell’alleanza terapeutica, mentre Gill ripara in modo sistematico e costante le rotture dell’alleanza della paziente. In tutte le sedute, la paziente tende in un qualche misura sia a rompere l’alleanza terapeutica in modo indiretto (non risponde in modo chiaro alle domande, cambia discorso, razionalizza ecc.) sia a collaborare con Gill, che a sua volta ripara sistematicamente queste rotture (per mezzo di chiarificazioni, interpretazioni, interventi sul qui e ora ecc.), mentre nel 20% delle sedute la paziente rompe l’alleanza anche in modo più diretto e anche il terapeuta fa interventi negativi per l’alleanza terapeutica.
Infine, i dati raccolti con la PTA-Q mettono in evidenza un andamento a campana dell’attaccamento sicuro simile a quello rilevato con APS, DIS e PQS, con l’attaccamento sicuro che cresce e supera quello disorganizzato in fase 4, ma alla fine della terapia il livello dell’attaccamento disorganizzato è pari a quello rilevato all’inizio, mentre quello sicuro è più basso che a inizio terapia. Cosa in parte, ma non del tutto, spiegabile in base al fatto che la relazione terapeutica stava terminando.
Le analisi dei dati relativi al CCRT devono essere ancora completate.
La paziente alla fine della terapia
Al termine del trattamento, Paola presenta un lieve recrudescenza dei suoi sintomi di conversione, che però si presentano in un’unica occasione nel corso dell’ultimo mese di analisi, e non presenta più alcun sintomo agorafobico.
La SWAP e il PHI mostrano che Paola non presenta più nemmeno disturbi della personalità, e che le sue capacità di funzionamento sano sono superiori a quelli del 99% dei pazienti in analisi.
Le capacità di regolazione emotiva, che all’inizio erano l’ambito più compromesso di Paola (che funzionava peggio del 91% dei pazienti in analisi), adesso sono superiori a quelle del 61% dei pazienti in terapia analitica, mentre sia la sua identità sia le sue relazioni oggettuali sono più sane di quelle rilevabili con la SWAP nei pazienti in analisi.
Paola riesce a comprendersi in modo molto più sofisticato rispetto all’inizio della terapia, sa raccontarsi, sa usare l’umorismo nelle situazioni stressanti, è coscienziosa e responsabile e trae soddisfazione dal prendersi cura delle altre persone, anche se tende ancora a sentirsi in ansia, in colpa e inadeguata, sia pure molto meno che a inizio terapia.
Paola presenta ancora modello di attaccamento preoccupato con il terapeuta, e il suo stile di difesa complessivo è ancora narcisistico, ma si è avvicinato a quello nevrotico (ODF = 4, 4).
Conclusioni
Sulla base delle valutazioni condotte a inizio e fine analisi con la SWAP e il PHI, l’analisi di Paola può essere considerata una terapia di successo: la paziente non presenta più né disturbi clinici né disturbi di personalità, le sue capacità di buon funzionamento sono aumentate, le capacità psichiche più compromesse a inizio terapia lo sono molto meno alla fine, e il suo stile difensivo è leggermente maturato. Possiamo dunque procedere con le nostre ipotesi di partenza.
In linea con quanto ipotizzato in base alle ricerche condotte in passato con le APS, l’ipotesi che la bontà delle comunicazioni del terapeuta accresca e sia accresciuta dalla produttività delle comunicazioni del paziente risulta confermata, mentre non lo è l’ipotesi di Gill secondo cui le interpretazioni di transfert sono lo strumento principe di un’analisi di successo; nel caso di Paola, è il lavoro sui conflitti a favorire una maggiore produttività della paziente, che anzi a volte lamenta il fatto che Gill lavori sempre sulla relazione tra loro. Di fatto, in misura più o meno maggiore, tutti gli interventi analitici che Gill utilizza aiutano la paziente, se usati nel modo e al momento giusto, così come Paola sembra aiutata dalla capacità dell’analista di risponderle in modo contingente, dal loro reciproco coinvolgimento in terapia e dalla loro maggiore consapevolezza dei suoi problemi. La terapia analitica, dunque, come impresa congiunta, cognitiva ed emotiva, i cui esiti sono favoriti da una sintonizzazione contingente del terapeuta.
Non risulta neppure confermata l’ipotesi che a fine terapia la relazione clinico-paziente sia più sicura che all’inizio: di fatto, Paola inizia la terapia con uno stato della mente preoccupato rispetto all’attaccamento con Gill, e così la finisce, anche se a metà del suo percorso l’attaccamento sicuro aveva superato quello invischiato.
E neppure risulta confermata l’ipotesi relativa a un andamento a U dell’alleanza, che di fatto, almeno nel caso di Paola, si riduce progressivamente e in modo statisticamente significativo, anche se Gill è sempre molto attento a riparare le rotture dell’alleanza messe in atto dalla paziente.
In assenza di ricerche condotte con la stessa metodologia su casi di pazienti in analisi con una diagnosi iniziale simile a quella di Paola, ma le cui terapie hanno avuto esito negativo, e di altre analisi di pazienti simili a Paola e con esito positivo, non possiamo generalizzare i nostri risultati e generare ipotesi empiricamente fondate.
Crediamo però che ricerche come la nostra possano essere un’utile complemento ai classici resoconti dei casi clinici di pazienti in analisi, coniugando il rigore della ricerca empirica con la complessità della pratica clinica. Da pochi mesi abbiamo avviato una ricerca su 30 analisi audioregistrate e trascritte che forse ci aiuterà a chiarire che cosa funziona in un’analisi dall’esito positiv e che cosa non funziona in un’analisi che non porta beneficio al paziente.
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