Relazione presentata nella Giornata Nazionale di Ricerca “They are people”. Il contributo della Psicoanalisi alla psicopatologia e alla diagnosi nell’infanzia, nell’adolescenza e nella vita adulta. Roma, 28 genn 2017.
Prologo: In riconoscimento di Darwin
Il biografo di Freud Ernest Jones definì lo stesso Freud “Il Darwin della mente”. Di fatto, fu lo stesso Darwin ad essere il Darwin della mente e Freud ne fu il divulgatore. Freud è il padre della psicoanalisi e Darwin ne è di solito riconosciuto come il nonno. Newton si descrisse modestamente come un nano seduto sulle spalle dei giganti che l’avevano preceduto. Freud è certamente un genio, ma era seduto sulle spalle del più grande genio della psicologia. Darwin aveva completamente rivoluzionato il campo con la stupefacente idea che gli istinti e le emozioni umane si sono evolute dai nostri antenati animali, proprio come si era verificato per le nostre forme corporee. Noi siamo animali, una parte del grande libro della creazione, ma non il suo stesso scopo. La natura umana si è evoluta proprio nello stesso modo delle nostre strutture anatomiche, per selezione naturale e attraverso la selezione sessuale delle varianti casuali dal maggior successo riproduttivo, non certo per un disegno prestabilito o inspirato dall’intervento divino. Il modo migliore per comprendere noi stessi è studiare i gradini della nostra evoluzione, come lo stesso Darwin ebbe a dire, possiamo apprendere di più sulla psicologia umana osservando i babbuini che leggendo i grandi filosofi.
Darwin stabilì che la mente e la sua coscienza sono prodotti del funzionamento cerebrale in modo non dissimile da come la digestione è una funzione dello stomaco. Egli comprese che le forze inconsce giocano un ruolo ampio nell’influenzare i nostri comportamenti e molta della nostra vita mentale è a carattere automatico e si svolge al di fuori del controllo della ragione o della volontà. Per Darwin, gli istinti non sono del tutto prefissati, ma interagiscono con l’esperienza al fine di generare le nostre sensazioni, pensieri e comportamenti, senza che noi siamo totalmente consapevoli della loro influenza. E’ degno di nota che egli fu un pioniere dell’introspezione soggettiva, compresa l’auto-analisi dei suoi stessi sogni.
Per Darwin, il bambino è il padre dell’uomo, nel vero senso della parola. C’è molto da imparare sulla psicologia dell’individuo e sull’evoluzione delle specie studiando attentamente la maturazione dei comportamenti nel bambino piccolo e in quello più grande. Attraverso il suo “Abbozzo biografico di un bambino”, le sue minuziose osservazioni naturalistiche dello sviluppo emotivo, intellettuale, interpersonale e morale quotidiano del proprio figlio maggiore, hanno di fatto istituito il campo della psicologia dello sviluppo.
Darwin ha dimostrato che la psicologia può essere studiata utilizzando gli strumenti osservazionali e sperimentali abituali per la scienza ed è stato il pioniere di nuovi metodi di ricerca psicologica che da allora sono divenuti gli standard in questo campo. Egli impiegò il metodo, di recente scoperta, della fotografia per lo studio dell’universalità delle espressioni facciali delle emozioni. Condusse le prime raccolte di dati psicologici, creando uno strumento scritto per la raccolta di informazioni da parte di scienziati e missionari per mostrare come le emozioni umane siano le stesse nelle diverse parti del mondo. Darwin dimostrò che tutte le persone, nonostante le differenze nei loro costumi ed abitudini, siano sorelle e fratelli all’interno della specie umana, condividendo le stesse emozioni di base e dotazione intellettuale.
E’ incredibile che Darwin fece la maggior parte delle sue scoperte psicologiche prima del suo trentesimo compleanno ed ancor prima si rese conto che la selezione naturale è il meccanismo dell’evoluzione. Mantenne tali scoperte sepolte in un cassetto per 35 anni prima di pubblicarle, in parte perché prima di presentare una teoria raccoglieva meticolosamente i fatti; in parte perché si rendeva conto che il mondo non era pronto per la sua visione dell’uomo interamente materialista; e in parte perché non amava confrontarsi con le critiche.
Freud aveva solo 26 anni quando Darwin morì e I due non si incontrarono mai, ma quasi tutti I suoi maestri furono darwinisti entusiasti. Ai tempi di Freud, tutti gli psicologi e i neuroscienziati parlavano “darwinese” anche se non sempre se ne rendevano conto, così come noi tutti, oggi, parliamo inconsciamente un po’ di dialetto “freudese”. Freud diede corpo in modo brillante ed esaustivo allo scheletro delle teorie psicologiche di Darwin con ricchi e persuasivi esempi tratti dalla sua interpretazione dei sintomi psichiatrici, dei sogni, dalla psicopatologia della vita quotidiana, dai miti, dalla letteratura e dalle scoperte antropologiche.
Molti filosofi, scienziati e scrittori hanno esplorato il reame dell’inconscio prima e dopo Darwin. Ma Darwin fu di gran lunga il più importante perché, connettendo la mente dell’uomo con il nostro passato di primati, egli fu in grado di riempire così tanti vuoti e di spiegare perché noi facciamo ciò che facciamo e sentiamo ciò che sentiamo.
Il fato di Freud
Freud è stato probabilmente sopravvalutato ai suoi tempi e, in modo compensatorio, sottovalutato successivamente. Egli divise i contributi della psicoanalisi in tre parti: la psicoanalisi come teoria della natura umana; la psicoanalisi come strumento di ricerca; la psicoanalisi come terapia. Questi tre ruoli hanno avuto una sorte diversa nel crocevia della storia e presumibilmente andranno incontro a un futuro molto diverso tra loro.
La teoria psicoanalitica ha avuto un nucleo centrale molto robusto, ma si è rivelata erronea in alcuni casi e alle volte ingenua per alcuni aspetti. Le sue osservazioni descrittive circa il potere del pensiero inconscio e del conflitto sono state ampiamente confermate dagli strumenti delle moderne neuroscienze, delle scienze cognitive e dell’economia comportamentale, senza che le sia stato riconosciuto il credito che merita. In modo non sorprendente, tuttavia, Freud ebbe assai meno successo nel suo tentativo di fornire dei meccanismi causali che connettono il cervello al comportamento. La sua teoria della libido e la metapsicologia erano tentativi creativi e plausibili di spiegazione a lui disponibili al tempo, ma appaiono oggi datati. Non c’è nulla di cui vergognarsi per ciò. Tutte le teorie scientifiche sono nella migliore delle ipotesi incomplete e prima o poi vengono tutte superate. Non dovremmo aspettarci che i modelli fondati sul meglio delle neuroscienze del XIX secolo possano reggere alla potenza tecnologica del XXI Secolo.
Il problema in sé non riguarda tanto Freud, il quale inquadrò gli aspetti fondamentali e non dovrebbe certo essere incolpato per non essere stato in grado di cogliere quelli più specifici della questione (1) ma è increscioso, forse anche imperdonabile, che successivamente i fondamentalisti psicoanalitici abbiano religiosamente e letteralmente venerato gli scritti di Freud e che non siano riusciti a fare ciò che lo stesso Freud, un neuroscienziato esperto avrebbe certamente fatto, come ad esempio, incorporare nella teoria psicoanalitica le recenti acquisizioni delle neuroscienze e della scienza cognitiva. Il compito continuativo della futura teorizzazione psicoanalitica dovrebbe essere quello di aggiornarsi sempre in base ai nuovi fatti e di abbandonare le fantasticherie del passato.
Come strumento di ricerca la psicoanalisi un tempo aveva la sua utilità, ma portando sempre con sé la distorsione del solipsismo dell’osservatore e dall’effetto Hawthorne (2). L’epistemologia non era certo la veste migliore di Freud. Egli spesso sviluppava prima le proprie teorie psicoanalitiche per poi cercarne selettivamente conferma nella sua pratica clinica. Le memorie dei propri trattamenti scritte da alcuni dei suoi pazienti mostrano un Freud che era tutto tranne che uno schermo bianco neutrale. Sembrava spesso difficile per i pazienti interloquire mentre Freud era tutto intento ad annodare i loro pensieri per confermare le sue particolari teorie. I pazienti suggestionabili sarebbero stati fin troppo desiderosi di compiacere e mostrarsi d’accordo con lui.
L’esperienza ha mostrato che è molto facile sviluppare una miriade di teorie contrapposte sulla base dello stesso materiale grezzo psicoanalitico e, attraverso di esso, è quasi impossibile confermare o invalidare ciascuna di esse. Le guerre settarie spietatamente condotte fra le diverse scuole psicoanalitiche non fanno altro che riflettere la soggettività dei loro fondatori, reificata in universali dai loro seguaci eccessivamente leali. Qualche che sia stato il valore che la psicoanalisi aveva come strumento di ricerca è svanito molto tempo fa. Si tratta a tal riguardo di un vicolo cieco.
Salvare I trattamenti psicodinamici
Tutto ciò ci conduce all’aspetto della psicoanalisi che interessava meno Freud, il suo valore terapeutico. Nella prima parte della sua carriera Freud fu un devoto neuroscienziato, un pioniere nella comprensione dei neuroni e delle interconnessioni fra le sinapsi. Freud sarebbe stato contento della sua vita in laboratorio se non fossero finiti i suoi fondi di ricercatore, costringendolo a campare nel mondo assai meno intellettualmente valorizzato della clinica. Il suo atteggiamento nei confronti del lavoro psicoanalitico era più simile a quello di un ricercatore scientifico che a quello di un terapeuta entusiasta ed innovatore.
Ferenczi, molto più di Freud, era un clinico completo e va considerato il padre della psicoanalisi come arte della guarigione e psicoterapia. Egli gettò le basi per la comprensione del ruolo della relazione interpersonale, dell’empatia, del ruolo attivo del terapeuta, dell’alleanza terapeutica, dell’esperienza emozionale correttiva e del controtransfert. Lui e Rank svilupparono insieme la psicoterapia dinamica breve come adattamento efficace ai limiti del mondo reale che spesso rendevano assai poco praticabili le richieste delle cinque sedute a settimana ai fini della regressione psicoanalitica.
Alla psicoanalisi, da ultimo, può essere attribuita la paternità di molte delle psicoterapie contemporanee, ma essa ha rinunciato a tale paternità ed ha enormemente sofferto dalla mancanza di ringiovanimento che avrebbe potuto offrirle la sua prole. Gli Istituti analitici e le loro associazioni hanno commesso l’errore catastrofico di scommettere la propria casa sulla psicoanalisi nella sua forma originaria. Ciò li ha limitati ad avere solo quei pochi pazienti e quei pochi clinici disposti a sottoporsi a tali rigori. Di conseguenza, gli istituti psicoanalitici in tutto il mondo sviluppato sono in una spirale mortale di irrilevanza e declino. Essi trovano sempre più difficile reclutare candidati e di trovare pazienti per loro, non sorprendentemente visto che essi insegnano una forma ossificata e datata di terapia che pochissimi desiderano imparare o sperimentare. Con la progressiva diminuzione di sostituzioni a ogni nuova generazione, l’età media degli analisti si approssima a quella geriatrica. Ciò che un tempo fu un’eccitante nuova impresa è oggi un culto morente, mantenuto precariamente in vita dai suoi pochi, veramente credenti, accoliti.
Sarebbe stato molto più sensato far evolvere la psicoanalisi in un ampia tenda in grado di includere le varie forme di terapia psicodinamiche a lungo e breve termine, le terapia familiari e di gruppo e, specialmente, le terapie, in sempre più rapida espansione, cognitivo-comportamentali (sviluppate da uno psicoanalista con una disaffezione per la rigida inclusività delle istituzioni e la teorizzazione psicoanalitica). La psicoanalisi avrebbe potuto mantenere la sua vitalità e rilevanza se si fosse vista come progenitore, protettore e docente di tutte le forme di psicoterapia, non solo come una fortezza da difendere nelle sue più estreme ed esotiche varianti.
E la psicoterapia ha un bisogno folle di essere difesa e unificata. E’ la lotta di Davide contro il Golia dell’industria farmaceutica a favore dei cuori, delle menti e dei portafogli dei potenziali pazienti. Una crescente letteratura conferma che la psicoterapia breve è almeno tanto efficace e più duratura dei farmaci per la maggior parte delle persone che presentino sintomi psichiatrici lievi o moderatamente gravi. Ma i pazienti più idonei alla psicoterapia finiscono per ricevere farmaci e non la terapia, perché Big Pharma mostra i propri muscoli attraverso il grande marketing, mentre la psicoterapia è un negozio a conduzione familiare che non ha risorse né abilità nel farsi pubblicità.
Guerre civili e settarismi inutili e auto-distruttivi all’interno del mondo della psicoterapia indeboliscono ulteriormente la sua credibilità e la sua abilità di presentarsi come fronte unitario. Il settarismo risulta anche in una sopravvalutazione di tecniche specifiche e in una sottovalutazione della relazione terapeutica che la letteratura indica come il principale motore di cambiamento indipendentemente dalle diverse tecniche. Non è troppo tardi per gli Istituti psicoanalitici per rimodellarsi come istituti di psicoterapia, insegnando e facendo ricerca sui vari orientamenti e metodi e sostenendo ciascuno di essi. Quanto meno, gli istituti dovrebbero abbracciare tutte le forme di psicoterapia dinamica, come fu originariamente suggerito da Ferenczi e anche proposto da molti altri innovatori nel secolo intercorso.
In gran parte del mondo, la formazione psichiatrica assomiglia sempre più alla formazione in medicina interna, con un focus quasi esclusivo sulle indicazioni farmacologiche e sugli effetti collaterali. Gli psichiatri in formazione anelano ad avere opportunità di apprendere la psicoterapia, ma ormai ci sono poche persone nei centri accademici in grado di insegnarle. Dal mio punto di vista, il futuro degli istituti psicoanalitici come centri di formazione dipende dall’espansione del proprio campo, buttare giù alcuni muri, ridurre una serie di onerosi requisiti e rispondere in modo flessibile alle opportunità. Sulla base delle loro precedenti prestazioni, gli istituti analitici si sono mostrati fra le meno adattabili e le più retrograde invenzioni burocratiche dell’uomo. Ma alle volte la necessità è la madre dell’invenzione. La psicoanalisi ha iniziato la propria esistenza come forza creativa, eccitante e flessibile. Per sopravvivere, deve deossificarsi e trovare una rinnovata fonte di giovinezza. Sarebbe un vero peccato lasciare morire questa importante parte dell’eredità di Freud sulla vigna. La psicoanalisi è troppo importante per essere lasciata agli psicoanalisti.
Note
(1) Qui l’autore nella versione inglese ottiene un effetto umoristico invertendo l’espressione idiomatica to loose the forest for the trees: “he got the forest right and shouldn’t be blamed if he couldn’t always place the trees just where they belonged”.
(2) L’effetto Hawthorne fa riferimento al miglioramento della produttività di un gruppo di lavoro legato non tanto al miglioramento dei parametri oggettivi della produzione, ma alla condizione psicologica di essere oggetto di attenzione e interesse di un gruppo di ricercatori esterni
Ringraziamenti
La maggior parte di questo materiale è stato presentato per la prima volta nel 2013, come ( sponsored by The Freud Museum and King’s College, London ); è stato inoltre pubblicato nel numero speciale che ha celebrato il cinquantennale della rivista Psicoterapie e Scienze Umane 2016, 50 (3), pp. 458-461.
v. anche Incontro con Allen Frances “Psichiatria tra diagnosi e diagnosticismo. Il dibattito critico sulla preparazione del DSM-5“. Bologna, 2011.