Report del 20 esimo Congresso Internazionale di Neuropsicoanalisi, a cura di Cristiana Pirrongelli
“SATISFACTION AT LAST, NEUROPSYCHOANALYSIS ON SEX, DRIVE AND ENJOYMENT” Université Libre de Bruxelles(ULB) Brussels 18-20 Luglio 2019
Quest’anno, a Bruxelles, ricorrevano i 20 anni da quando fu coniato, da Mark Solms e Jaak Panksepp, il termine Neuropsicoanalisi. ambito di ricerca tra Psicoanalisi e Neuroscienze che intende muoversi nella direzione di una nuova disciplina unificante che possa integrarsi all’ambito clinico. Circa 260 gli iscritti da tutto il mondo, dei quali 6 italiani.
Il tema di quest’anno dedicato alla sessualità e alle emozioni positive, avrebbe dovuto ricercare una sistematizzazione degli studi, da anni ormai frammentari, in tema di bisogni, libido, istinti, pulsioni, desiderio, piacere, nonché istinto di morte, nell’ambito della tradizione freudiana in collegamento con le ricerche neuroscientifiche. In realtà, grandi temi protagonisti sono stati anche il concetto di “libera energia” e il concetto di omeostasi.
Per quanto attiene alla Psicoanalisi invece, gli organizzatori del Congresso, di formazione strettamente lacaniana, hanno a mio parere deviato l’orientamento psicoanalitico tradizionalmente freudiano verso molti temi lacaniani come la “joussance”(godimento in senso lacaniano) e conseguenti affermazioni come il fatto che “ Il n’y a pas de rapport sexuel» un dogma del lacanismo secondo il quale non può esistere un vero rapporto sessuale tra uomo e donna .A mantenere una certa continuità ed una maggior aderenza a quanto avvenuto nei precedenti congressi, i relatori e protagonisti di sempre come Mark Solms, Cristina Alberini, Margaret Zellner, Oliver Turnbull, Yoram Yovell, Aikaterini Fotoupoulou Daniela Flores Mosli e altre colonne ormai storiche della Neuropsicoanalisi,
La mattinata pre-Congressuale si è tradizionalmente aperta con l’Educational Day, svolto per lo più dagli organizzatori, teso a preparare i partecipanti ad una comprensione sia psicoanalitica che neuroscientifica degli argomenti che sarebbero poi stati trattati nel corso delle giornate congressuali.
Arianne Bazan ,principale organizzatrice, ha aperto la mattinata con una relazione sul concetto di zone erogene: un corpo doppio, muscolo-scheletrico e corpo sensoriale , vera zona erogena quest’ultimo, interfaccia tra sé e l’altro, la cui sensibilizzazione comporta l’attivazione del corpo muscolo-scheletrico che si traduce in movimento e/o azione con la conseguenza che l’oggetto di soddisfazione non deve più necessariamente essere incorporato bensì esiste la possibilità di un’azione motoria reciproca che ne cambia il carattere epistemologico : oggetti di soddisfazione biochimici(aria,fluidi,cibo),universali(orali,anali,fallici),diventano atti motori come il baciare, il succhiare’,l’ accarezzare, il solleticare, il mordere.
Oliver Turnbull, ha presentato un’interessante relazione su cosa sottenda, in senso biochimico e fisiologico, i diversi tipi di piacere che si attraversano durante le fasi dell’approccio sessuale, distinguendo le varie fasi del piacere: wanting, likinge learninge di come, attaccamento e sessualità, due sistemi considerati indipendenti, abbiano ampie zone di convergenza. Ha inoltre proposto un excursus su quanto attualmente sappiamo riguardo alla formazione delle preferenze sessuali e dell’identità di genere, individuando come principali responsabili, in ambito neuroanatomico, alcune aree cerebrali. Salvo lasciare aperto il campo a tutti gli studi in corso su quanto già a livello biochimico può accadere in utero, nel periodo perinatale, nelle esperienze personali e per il peso delle norme sociali.
Lisa Ouss, ha presentato una relazione che ha ripercorso le convergenze e le divergenze tra attaccamento e sessualità infantile dagli esordi della psicoanalisi ad oggi, in particolare valutando quanto le scoperte neuroscientifiche abbiano confermato molte delle intuizioni psicoanalitiche ma anche quanto apporto positivo le neuroscienze possano portare all’operare clinico.
Quarta oratrice, Gertrude Van de Vijer, che ha parlato di cosa Lacan intenda con “non può esserci relazione sessuale tra uomo e donna”. Dell’importanza di accettare l’incommensurabile differenza tra i due sessi (l’uno ricerca, rispetto all’altro, qualcosa di completamente diverso) che si rifà a differenti modelli di funzionamento e a logiche diverse che ricalcano la stessa differenza che esiste tra processo primario e secondario.
Nel pomeriggio del giovedì la vera apertura del Congresso, con Mark Solms e Cristina Alberini al suo fianco, da lui presentata come colei che ha preso il posto del compianto Jaak Panksepp, cioè co-chair nel Comitato Esecutivo della International Neuropsychoanalysis Association e che grazie ai suoi studi, soprattutto sulla memoria, si è velocemente affermata come una delle scienziate più brillanti degli ultimi anni.
Il primo simposio plenario “Ovunque sia Narciso, Eco è già stata : prospettive interdisciplinari su narcisismo e sessualità” è stata affidato, nella conduzione e nella relazione di apertura a Katerina Fotopoulou ,altra scienziata di fama mondiale per i suoi studi sulla percezione e sul “tocco affettivo” (esiste un’associazione che lo studia, IASAT) tocco mediato da fibre sensoriali specifiche, a conduzione lenta, non mielinizzate, in grado di preparare un terreno dal valore edonico, che terminano in una zona specifica del cervello (l’insula) . Ha riproposto con forza l’idea che, visti da una prospettiva interdisciplinare, attaccamento e sessualità siano due cose separate che si sovrappongono. Ha presentato studi empirici sulla sessualità adulta, sulle differenze tra la sessualità femminile e quella maschile e proposto delle considerazioni su materiale analitico, nonché dati di tipo neuropsicologico e di neuroimaging. Manos Tsakiris e Susan Mizen, neuroscienziati che spesso collaborano con Fotopoulou, hanno brillantemente integrato il tema confermando le evidenze scientifiche sul fatto che il Se’ sia ab origine relazionale e che le future relazioni, sessuali e non, siano informate da questo primitivo nascere “insieme “attraverso meccanismi, come il tocco affettivo, osservabile in molti primati, che predispone e rinforza il legame sociale e quello sessuale.
Tra gli interventi del venerdì mattina, una ben documentata relazione di Valerie Voon,sul comportamento sessuale compulsivo, analizzato attraverso studi meta-analitici e alcuni studi sperimentali di neuroimaging. Voon sostiene sia spesso molto sottile il confine tra compulsività e non, in molti comportamenti legati al piacere, compreso lo sport. In ambito sessuale, quando si verifica lo shift, e si entra nella compulsività, si osserva presto virare la componente edonica dalLIKING(piacere) verso quella del WANTING (volere, mirare a), perché il piacere diminuisce a causa dei fenomeni di tolleranza e abituazione (in questo caso osservabili nel cingolo dorsale) ma il WANTING fa sì che si continui a perseguire l’oggetto o il comportamento originariamente legato al piacere. C’è una preferenza per le sensazioni che fanno parte del quadro compulsivo che si stava esperimentando a causa di alcune strade neuronali ormai attivate. Si crea inoltre un’aumentata sensibilità alla ricompensa e l’attivazione del WANTING si dirige verso il ritrovare quanto perduto ed evitare sensazioni ed emozioni negative. I correlati anatomici e fisiologici mostrano un aumento della reattività e del volume dell’amigdala ed una diminuzione del controllo top down da parte della corteccia prefrontale sull’amigdala.
Sono iniziati quindi i simposi paralleli, dei quali ho seguito quelli che ritenevo di maggior interesse e che verranno qui riportati.
Il primo simposio, “Post traumatic sexuality as free energy” è stato interamente imperniato sul concetto di energia libera, sessualità e trauma, in relazione ai concetti freudiani di isteria, Eros e Thanathos, abuso sessuale infantile come realtà o come fantasia.
L’energia libera è quel concetto sviluppato da Karl Friston sulmeccanismo cerebrale di previsione dell’errore, che si basa sulla teoria bayesiana del funzionamento del cervello, ovvero su un principio di probabilità in base al quale il cervello compie costantemente previsioni sul mondo circostante, che poi aggiorna in base a ciò che percepisce e sente, per evitare sorprese (una mancata corrispondenza tra predizione e percezione) che è ciò che produce energia libera nel sistema corpo-cervello. Ciò che ci mantiene in vita riducendo al minimo gli errori e la dispersione di energia libera (il trauma è una forma di grave “sorpresa” che produce energia libera) è il collegamento e l’integrazione dell’energia libera a comportamenti, investimenti, oggetti, mete che ci riportino ad uno stato di omeostasi. A parte l’azione e la percezione, la riduzione al minimo dell’energia ha anche implicazioni per l’apprendimento, lo sviluppo neurologico e l’evoluzione.
La relazione di Kobi Tiberg ha riproposto il dibattito freudiano tra trauma come fantasia o verità oggettiva. Tiberg vede nella teoria del codice di predizione di Friston, del cervello come’ “Inference machine”, lo sfondo teorico migliore per dare un senso all’ intera attività del cervello. Il concetto di “binding”(collegamento, integrazione) è stato usato da Freud a vari livelli, sia biologici che psichici, per descrivere l’operazione che tende a ridurre le fluttuazioni dell’eccitamento (la libera energia) collegando un’idea ad un’altra e costruendo forme relativamente stabili e coerenti. La teoria dei modelli di attaccamento di Bowlby, in particolare di quello “disorganizzato”, legato a traumi precoci dovuti a comportamenti incoerenti e inaspettati del care-giver, descrive bene i danni che l’energia libera può creare quando non collegata stabilmente al comportamento di un oggetto relazionale. Il legame verso un care-giver conflittivo e intermittente, impedisce la coesione del Sé, la formazione di un’identità stabile e induce dissociazione a diversi livelli. L’indecisione di Freud tra fantasia e trauma reale viene concettualizzata quindi come un’impossibilità a collegare eventi traumatici sovrastanti e schiaccianti in una interpretazione coerente, cosa che spiegherebbe anche le fluttuazioni tra la percezione (e la posizione) di vittima e quella di aggressore.
Altra relazione, in questo caso originale oltreché interessante, quella di Iftah Birah, nella quale l’idea di “’utero in movimento” è stata utilizzata come metafora per interpretare un caso clinico di una paziente isterica con vissuti somatici di spostamento degli organi interni, alla luce del concetto di energia libera (in questo caso, in movimento e alla ricerca di un collegamento stabile, un’integrazione).
Hadas Mor Ofek ha invece illustrato le conseguenze traumatiche dell’abuso sessuale, descrivendo la teoria polivagale di Porges e le modificazioni nella normale produzione di vasopressina e ossitocina (ormoni implicati nella relazione sessuale) del complesso dorso vagale nei traumi d’abuso. Per quanto riguarda la teoria del codice di predizione legata al concetto di energia libera di Friston, l’abuso sessuale viene vissuto come un imponente errore di predizione che farà sì che si liberi una grande quantità di energia e l’abuso, evento imprevisto e impensabile, verrà integrato come una predizione primaria.
Del secondo simposio parallelo, più strettamente di indirizzo biologico e neuroanatomico, ci è sembrata densa di informazioni rilevanti importante e aggiornata, la relazione di Yoram Yovell, stretto collaboratore del compianto Jaak Panksepp, padre delle Neuroscienze Affettive, che ha proposto una revisione delle basi molecolari del piacere e del dispiacere fino al dolore mentale che può indurre al suicidio.
. Freud ne Il Disagio della Civiltà scritto nel 1.930, riteneva improbabile la continuità di uno stato di felicità, in quanto tale stato è più facile che risulti dal contrasto tra un precedente stato di disagio fisico ed emotivo che da uno stato continuativo di felicità. Freud non attribuiva né al corpo né alle ingiustizie sociali subite, la peggior causa del dolore, bensì alle relazioni tra esseri umani. Yovell ha indicato nel 32% la percentuale di influenza genetica, quindi temperamentale relativa alla possibilità di essere naturalmente felici. Secondo Jaak Panksepp, padre delle Neuroscienze Affettive, le esperienze emozionali soggettive di piacere-dispiacere, sono già sorte nei nostri primi antenati vertebrati, probabilmente pesci, e si sono mantenute relativamente inalterate dentro di noi, localizzandosi nella zona più antica del cervello: il tronco cerebrale. Costituiscono una coscienza di tipo primitivo, che accompagna tutte le nostre esperienze. Il sistema del piacere-dispiacere è strettamente connesso all’azione delle endorfine o oppioidi endogeni, sostanze che decodificano e trasmettono il segnale di piacere e benessere, diminuiscono il dolore fisico e la sensazione soggettiva di dolore sia fisico che emotivo. Le endorfine sono basilari per almeno due delle sette emozioni di base individuate da Panksepp: il piacere sessuale(LUST) e il dolore per la perdita(PANIC/GRIEF). I recettori per gli oppioidi sono più di uno ma in questo caso l’attenzione è focalizzata sui cosiddetti recettori Mu degli oppiacei. Quando stimolati fungono da mediatori della capacità soggettiva di recepire l’effetto degli steroidi sessuali, un aspetto del LUST. Mentre nel sistema della perdita (GRIEF, PANIC) hanno un ruolo più cruciale. La perdita di una figura di attaccamento o la perdita del suo amore, o di qualcosa che amiamo profondamente, provocano una brusca caduta nell’efficacia endorfinergica con conseguenti vissuti di pena, angoscia, dolore mentale. Da anni si studia come agire su questo sistema (che condivide largamente le stesse vie neuronali del più antico dolore fisico) per alleviare i sintomi del dolore psichico, compreso il dolore che induce al suicidio. Da più di cinquemila anni il genere umano ha individuato sostanze agoniste dei recettori mu degli oppiacei, come ad esempio l’oppio, ma conosciamo i rischi della tolleranza, della dipendenza e quello, ad alte dosi, di una overdose, cioè di una depressione respiratoria mortale. Già sappiamo dell’effetto sul dolore psichico (e fisico) di molte sostanze come gli antidepressivi, i cannabinoidi, alcune benzodiazepine, dei comuni antidolorifici da banco, e, non ultima, la buprenorfina, approfonditamente studiata da Yovell, un oppiaceo di sintesi che non pone gli stessi rischi dei comuni oppiacei ed è un veloce e valido antisuicidario. Yovell, nel suo laboratorio, sta facendo progressi sull’uso di piccole molecole dette PAM’s in grado di legarsi a particolari siti di questi recettori mu (detti siti allosterici) che, legandosi, aumentano la funzionalità delle nostre endorfine portando sollievo da sole o in associazione, in caso di depressione, dolore fisico e psichico e, in ultimo, sui rischio di suicidio. A proposito del suicidio, partendo dagli studi pionieristici di Edwin Shneideman, si è a lungo soffermato sulla specificità del dolore psichico “psycache” che porta a suicidio: in particolare sull’ importanza di capire quanto, nei suicidi, questo possa avere una qualità insopportabile: non ha rilievo, dice Yovell, la diagnosi né gli eventi di vita, le variabili demografiche o altro, e tale dolore può manifestarsi al di fuori di un episodio depressivo. Il fatto è capire la singolarità, la specificità e l’ “Insopportabilità “, di quel dolore mentale. E’ quella la variabile che può predire un imminente suicidio. Non sempre i comuni interventi psicofarmacologici e/o psicoterapeutici possono modificare la portata o la qualità di tale vissuto. Da qui la necessità di studiare nuove molecole che agiscano sul sistema del dolore psichico.
Nel pomeriggio di nuovo una sessione plenaria, nella quale Katerina Fotopoulou ha proposto una sofisticata ipotesi sull’eziologia dei disturbi della condotta alimentare (l’anoressia in particolare) come mentalizzazione precoce legata alla percezione di un’omeostasi alterata del milieu interno, (fame, sete, temperatura, dolore, tocco affettivo o sensuale etc.) nelle primissime fasi della vita del bambino, legata forse a deficit o alterazioni relazionali precoci con il care-giver. Queste cognizioni disturbate incorporate, ancorerebbero fortemente il sé al corpo. Il Sé minimale (Proto Sé, Sé nucleare) che si forma inizialmente processando i segnali sensoriali e motori che provengono dal corpo, come percepirà e integrerà i segnali ambigui e variabili che arrivano e si formano nel suo corpo a causa magari di un disattento care-giver? Noi manterremo un modello del nostro Sé nel suo ambiente come la miglior spiegazione per certe sensazioni che abbiamo, alla ricerca di un modello predittivo di adattamento che riporta in gioco il concetto di omeostasi per la necessità di mantenere la minor variabilità agli stati dell’organismo vivente. Ma noi sappiamo che il mondo è imprevedibile e pieno di sorprese e il concetto di energia libera di Friston fa sì che ci si adatti a quello che si prevede stia per avvenire. Rispetto a Freud, anche Fotopoulou, come Solms, ritiene che noi non tenderemmo verso la diminuzione del piacere ma verso quella dell’incertezza, delle sorprese.
Sabato venti, in mattinata, Mark Solms ha proposto una revisione della teoria freudiana degli istinti. Dopo un excursus sul significato dei diversi termini pulsione, istinto, drive, motivazione, affetto etc. ha riproposto l’importanza della teoria della libera energia e la definizione di processo primario e processo secondario, in relazione a questa. Ha parlato del principio di costanza di Claude Bernard che riguarda il milieu interno nei suoi bisogni chimici, eben integrabile all’interno del suo modo di intendere il funzionamento del principio di piacere. Walter Cannon ha poi, da questo, sviluppato il concetto di omeostasi in quanto fase, all’interno di un sistema,in cui si riscontra una tendenza alla conservazione dell’informazione ed al mantenimento della stabilità delle strutture. Questa fase si contrappone funzionalmente a quella caratterizzata dalla produzione di nuove informazioni, in cui all’omeostasi si contrappone il dinamismo (energia libera). Ha mostrato una nuova concettualizzazione del principio del Nirvana, termine sanscrito proprio del buddhismo tradizionale, utilizzato da Freud inordine all’economia dell’apparato psichico per indicare la tendenza dell’apparato stesso a ridurre, e al limite ad azzerare la quantità di eccitazione proveniente dall’esterno o dall’interno, un principio di inerzia che porta all’estinzione delle passioni e la fine della sofferenza inseparabile dalla volontà di vita. Questo concetto proposto da Freud che a sua volta lo riprese da Schopenauer indica la negazione della volontà di vivere a causa “della conoscenza della natura dolorosa e tragica della vita” ed è per Freud uno dei motivi più forti che ci inducono a credere nell’esistenza delle pulsioni di morte (“Al di là del Principio del Piacere”, 1.920)… e pochi anni più tardi dichiarerà che nell’organismo vivente “il principio del Nirvana” esprime la tendenza della pulsione di morte, il principio del piacere rappresenta le pretese della libido, e la modificazione del principio del piacere, ossia il principio di realtà, rappresenta l’influenza del mondo esterno» Solms diversamente, riprende gli studi di Damasio e Panksepp, che rivedono il principio del Nirvana in un’ottica evoluzionistica e di sopravvivenza, come un principio soggetto esclusivamente a quello del piacere cui sempre tenderemmo. Tutto ciò nell’ottica di raggiungere l’omeostasi che non sarebbe più né un compromesso né qualcosa che tende verso la morte, come Freud riteneva, bensì la nostra garanzia di sopravvivenza. Gli organismi viventi, in quanto sistemi che si auto-organizzano, contrariamente a quanto sostenuto da Freud, resistono all’entropia e il concetto di “energia libera” introdotto da Friston, rappresenterebbe una misura dell’entropia. Con questo Solms non nega l’esistenza di comportamenti autodistruttivi, ma li intende come aberrazioni, come corto-circuiti rispetto a quello che sarebbe il normale funzionamento, cioè tendere verso il Nirvana come stato di benessere e minimo dispendio di energia. Nell’ambito della sua revisione Solms propone la ormai nota distinzione tra affetti, partendo da quelli più basilari che servono a mantenere l’omeostasi corporea (sete, fame,), quelli sensoriali che dipendono dalle sensazioni esterne spiacevoli o disgustose, legate agli esterocettori e infine le “emozioni di base”, in comune con tutti i mammiferi e molti altri animali, che meritano un posto speciale, secondo Solms, in quanto responsabili del raggiungimento o meno di obiettivi adeguati cui legare l’energia libera, ma soggette a false previsioni, ad aspettative deluse e al fenomeno della coazione a ripetere che porta alla mancata soluzione delle reali e corrette aspettative originarie che permetterebbero di raggiungere, attraverso il principio di piacere, il Nirvana, il luogo del minimo dispendio energetico. Il lavoro da fare in analisi è sulle false previsioni e non sugli eventi traumatici rimossi. Noi, di quest’ultimi, conosceremo solo gli affetti ad essi legate e potremo mostrare le errate strategie ma nulla di più. Il rimosso non torna, ma solo gli affetti ad esso legati.
Si è parlato anche molto di dipendenze e, in tal senso, l’intervento più interessante è a noi sembrato quello di Daniela Flores Mosli sull’attivazione di cascate neurobiologiche e soggettive nell’addiction, l’analisi delle illusioni fallite (la neurobiologia e le emozioni) e la morte del concetto di istinto. La relazione, che dispiace non poter proporre per intero, dimostrerà alla fine questo paradosso: il tentativo di sopravvivere (la droga come automedicazione) che uccide. Tutti i passaggi di questo paradosso sono stati minuziosamente e dettagliatamente esaminati e descritti sia sul piano psicodinamico che neurobiologico.
Il consueto “Dibattito stile Oxford “nel quale si scontrano due fazioni di psicoanalisti e neuroscienziati a favore o contro una mozione di carattere neuropsicoanalitico, ha visto vincere la fazione che ritiene che il concetto di pulsione in psicoanalisi sia coerente con le attuali scoperte neuroscientifiche.
Il Congresso si è quindi concluso nel pomeriggio del sabato con un appuntamento, per il ventennale dal Primo Congresso di Neuropsicoanalisi, a Portorico, nel 2020.