La Ricerca

Abbiamo bisogno di nuove ipotesi per allargare la nostra conoscenza. A cura di F. De Masi, 04/2022

11/04/22
Abbiamo bisogno di nuove ipotesi per allargare la nostra conoscenza,  A cura di F. De Masi, 04/2022

L.FEININGER, 1923

Volentieri pubblichiamo la riflessione che F. De Masi porta al lavoro, ‘Teorie Psicoanalitiche a confronto. Un’indagine assiomatica’ a cura di F. Riolo, pubblicato sul numero IV/2021 della Rivista di Psicoanalisi. Il lavoro, “..è il risultato della ricerca condotta dal 2014 al 2021 dal Gruppo di studio della SPI, ‘Psicoanalisi e metodo scientifico’ con l’obiettivo di identificare e confrontare gli assunti di base delle principali teorie che si contendono lo scenario attuale della psicoanalisi (789:2021).” A seguire una risposta dello stesso Riolo.   


Il numero 4  del 2021 della Rivista di Psicoanalisi ha pubblicato un importante lavoro a firma del Gruppo di Ricerca Psicoanalisi e Metodo Scientifico, condotto dal 2014 al 2021 e coordinato da Fernando Riolo.

L’obiettivo di questo lavoro, unico per  quel che mi consta nella letteratura analitica mondiale, ha come scopo di identificare e  confrontare gli assunti di base delle principali teorie presenti in psicoanalisi, in altre parole, di avviare un’indagine sistematica sul carattere  scientifico della teoria analitica.

Cercherò di offrire  una sintesi di questo lavoro, che merita  una attenta e approfondita lettura, al fine di  stimolare una possibile  discussione   tra i colleghi analisti. 

Come afferma Riolo, la presenza di diverse teorie  nel corpus analitico non corrisponde a un vero pluralismo scientifico  ma si presta a essere, piuttosto, una forma di ‘commensalismo’. La  valutazione della scientificità di una disciplina, infatti,    deve  partire dal concetto di teoria, che si avvale di un sistema di enunciati logicamente coerenti  che realizzano un metodo assiomatico-deduttivo. Ogni disciplina scientifica  parte da postulati assunti a priori che rimangono validi se a posteriori risultano utili per spiegare determinati fatti empirici. Nel metodo assiomatico-deduttivo le ipotesi di livello inferiore, sempre meno astratte e generali,  si rendono progressivamente  corrispondenti  alle osservazioni empiriche.

Difficile sintetizzare in poche righe la complessa e necessaria cornice concettuale che ha guidato la ricerca e reso possibile  il  confronto tra le varie teorie analitiche. Confronto che si è reso indispensabile perché,  secondo gli Autori, “se da un lato continuiamo a trasmettere la teoria generale di Freud, dall’altro ogni scuola, sottogruppo o singolo autore, si ingegna a sviluppare teorie particolari sulla base di esperienze cliniche particolari senza tener conto dei vincoli posti dalla teoria generale, con il risultato di dar luogo a insiemi concettuali privi di coerenza interna e inconfrontabili.” (pag.795).

Gli Autori presi in esame per le loro teorie sono quelli cui fanno capo le maggiori correnti dell’IPA: oltre a Sigmund Freud, Melanie Klein, Heinz Hartman (Psicologia dell’Io), Donald Winnicott, Wilfred Bion, Heinz Kohut (Psicologia del Sé).

Il metodo di ricerca adottato, assai rigoroso dal punto di vista concettuale, è stato quello di estrarre dai testi  degli Autori gli assiomi dai quali derivano le  loro teorie. Dei singoli Autori e rispettive teorie vengono presi in considerazione: a) la teoria dell’apparato psichico;  b) la teoria delle pulsioni e dell’energia psichica; c) La teoria delle qualità psichiche; d) la teoria dello sviluppo psichico e) la teoria delle nevrosi e delle psicosi; f) la teoria del trattamento.  

Il metodo adottato dal Gruppo di ricerca segue  il criterio formulato da Rapaport che distingue gli enunciati non mutuamente esclusivi e enunciati alternativi mutuamente esclusivi; i primirappresentano assunti suscettibili di integrazione nella teoria generale, mentre i secondi non  possono coesistere  con la teoria essendo reciprocamente contraddittori.

Non potendo entrare nel dettaglio delle conclusioni del lavoro  mi limito a  citare   una delle dichiarazioni finali   “Tutti gli Autori presentano le loro teorie come sviluppi della teoria di Freud, volti a integrarla o a espanderla in una direzione già in essa presente; le peculiarità di tali sviluppi rendono tuttavia problematico il rapporto tra gli assunti originari e le nuove teorie poiché tra gli uni e le altre decadono gli originari rapporti di discendenza, derivandone gradi variabili di incoerenza del sistema complessivo e la perdita della relazione di derivazione tra gli assiomi originari e le nuove descrizioni. Anche se nessuna di esse mette dunque apparentemente in questione il paradigma freudiano, cionondimeno vi immette dei cambiamenti le cui conseguenze sono tali da assumere portata paradigmatica.” (Riolo et alii, 2021, pag. 963)..

Il lavoro fatto dal gruppo condotto da Riolo è davvero significativo e a mio parere dovrebbe essere sottoposto all’attenzione e allo studio delle nuove generazioni di analisti.

Di fronte alla grande messe di dati e di osservazioni concettuali non intendo proporre osservazioni  sulla struttura del lavoro stesso che mi pare ineccepibile. Intendo invece sollevare una questione che riguarda lo statuto  epistemologico della psicoanalisi.

Dobbiamo noi considerare la psicoanalisi  al pari di altre discipline scientifiche o dobbiamo riservarle uno statuto epistemologico specifico?  

La riflessione fatta con altri colleghi in un gruppo di studio di alcuni anni fa (Quaderno di Psicoanalisi n. 7, 2003) mi ha convinto che è improprio parlare di teorie in psicoanalisi, ma è più utile parlare di modelli o di paradigmi.

Penso che la mente umana sia un oggetto misterioso simile all’universo  esplorato dagli astrofisici. Anche essi propongono teorie che in realtà sono paradigmi che vengono sostituiti o integrati quando una nuova scoperta non può essere collocata nel precedente modello.

I modelli sono ipotesi    che sono in relazione a quanto è conosciuto in quel dato momento.  Mano a mano che la conoscenza si allarga il modello è destinato a essere superato.

Vorrei citare Max Plank, il fondatore della meccanica quantistica: “Una nuova verità scientifica  non trionfa perché i suoi oppositori si convincono e vedono la luce, quanto piuttosto perché alla fine muoiono e al loro posto si forma una nuova generazione a cui i nuovi concetti diventano familiari”.

Mi pare che anche per la psicoanalisi il cambiamento avvenga per certi versi  in questo modo.

Diversamente di quanto avviene nella fisica, in psicoanalisi  i modelli non vengono superati e sostituiti completamente ma possono coesistere  a patto che  non si  pretenda che uno di loro assurga al ruolo di teoria omnicomprensiva.   

In passato il conflitto tra teorie (come è avvenuto per  la teoria freudiana-Anna Freud e teoria della relazione d’oggetto-Melanie Klein) ha contribuito a incrementare lo spessore scientifico   della psicoanalisi, ma ha   comportato anche il rischio di confinare la psicoanalisi  in spazi  delimitati  dalla singola teoria.  Appare evidente che  il complesso funzionamento mentale non può essere circoscritto da  un’unica teoria, che rischia di lasciare fuori ciò che è  ancora da conoscere    

La mente, infatti, è un oggetto misterioso, al limite inconoscibile.

Dal mio punto di vista i vari modelli (Pulsionale-freudiano, Kleiniano, Winnicottiano, Bioniano etc)  hanno messo a fuoco alcune funzioni significative tutte presenti nella mente.

Volendo sarebbe  possibile anche rintracciare l’ambito clinico  da cui gli Autori hanno tratto ispirazione per il proprio modello.

Ad esempio il modello Freud-iano fa riferimento alla problematica dell’isteria dove la rimozione delle pulsioni e degli affetti gioca un ruolo importante. Il modello Klein-iano  nasce, invece, dalla psicodinamica della melanconia con la severità del Super-io primitivo, il rapporto aggressivo con l’oggetto, la colpa e la riparazione.  Il modello che si ispira a Winnicott  parla dei pazienti che presentano difetti di identità e patologie del sé, cresciuti in ambienti non idonei allo sviluppo. In ultimo il modello Bion-iano ha come riferimento il disturbo del pensiero tipico della psicosi.  

Il modello formula ipotesi che colgono alcuni aspetti  del funzionamento psichico, mentre le teorie  sono costruzioni  che aspirano a dare un quadro complessivo e conseguente dell’ intero funzionamento mentale. Non è fuori luogo, quindi adottare nella clinica modelli diversi per differenti stati psicopatologi.

Il modello rappresenta un’ipotesi di spiegazione di una serie di fatti psichici e risulta applicabile a un territorio circoscritto.  

Voglio portare come esempio il passaggio dal modello pulsionale a quello  relazionale che riguarda l’elaborazione del lutto. Freud, per spiegare la risoluzione del lutto (Freud, 1915), afferma che, trascorso un determinato periodo, la pulsione amorosa abbandona l’oggetto d’amore perduto e ne trova un altro. Abraham (1924) suggerisce, invece, che il lutto viene elaborato quando il paziente   ricostruisce dentro di sé l’oggetto perduto.  Nel lutto i sogni che rappresentano la persona morta come viva   stanno a dimostrare il lavoro psichico fatto per tenere dentro di sé l’immagine e il ricordo dell’oggetto amato. Il passaggio indicato da Abraham per la risoluzione del lutto si pone al di là del modello pulsionale  e parla   di mondo interno, di  processi riparativi  e di relazioni oggettuali. Apre, in altre la strada al modello degli oggetti interni introdotto da Melanie Klein.

I modelli, diversamente dalle teorie, non si escludono vicendevolmente; è possibile pertanto concepire l’oggetto psicoanalitico come un prisma che deve essere osservato da molteplici punti di vista.    

Se consideriamo, ad esempio, la perversione sessuale è possibile vedere come modelli successivi  hanno gradualmente messo in luce gli elementi specifici di questo stato mentale. Il modello psicosessuale di Freud l’ha connotata come appartenente alla dinamica primitiva della libido propria del bambino polimorfo perverso. Un secondo paradigma, sviluppato  secondo il pensiero di Winnicott (Masud Khan, 1963),  ha messo in luce che il nucleo perverso origina da un area di fallimento dello sviluppo  e dell’integrazione del Sé, a causa dalle distorsioni nella relazioni primaria madre-bambino. Il modello kleiniano   (Meltzer, 1973) ha apparentato le perversioni alle tossicomanie e le considera come un’organizzazione psicopatologica centrata sulla attività masturbatoria, uno  spazio-rifugio tossicomanico.

Nel mio libro sul sadomasochismo (De Masi, 1999) ho considerato questi tre modelli alla stregua di lenti progressive capaci di  arrivare gradualmente a una comprensione sempre più esaustiva di questo stato mentale. In altre parole i differenti modelli in questo caso permettono di avvicinarsi progressivamente alla verità clinica.  Rivisitando i differenti modelli  si può vedere come  la psicoanalisi abbia ampliato la sua visione passando dalla primitiva prospettiva pulsionale sino a un’indagine   che arriva a formulare, con Bion, una teoria del pensiero. 

I diversi modelli accrescono, infatti, la conoscenza del multiforme e complesso funzionamento della mente umana

Io credo, in conclusione, che per il corpus psicoanalitico non sia indicato prospettare un assetto teorico simile a quello presente in altre scienze. Sembra ormai acquisito che una delle acquisizioni  dell’epistemologia moderna,  nel considerare le diverse discipline scientifiche, riguarda la necessaria visualizzazione di “epistemologie specifiche”, rispettose dell’oggetto di studio dei singoli rami del sapere ( Borutti, 1991).

Da questo punto di vista la psicoanalisi richiede un’epistemologia specifica che la differenzia dalle altre discipline scientifiche  perché ha come oggetto la dimensione soggettiva dell’esperienza umana, che può essere colta in un setting specifico da un’altra soggettività quella di un osservatore emotivamente coinvolto, l’analista.

 Noi non conosciamo ancora bene la realtà psichica nella sua estensione e complessità  e  abbiamo bisogno di nuove ipotesi per allargare la nostra conoscenza e non rimanere ancorati al già conosciuto.

In questo senso le teorie tendono a chiudere piuttosto che aprire, mentre il  modello si presta di più a un confronto possibile con l’oggetto  da investigare e può essere messo da parte quando si   rivela non idoneo a contenere le nuove acquisizioni. 

Bibliografia

Abraham , K. ( 1924) Tentativo di una storia evolutiva della libido sulla base della psicoanalisi dei disturbi psichici, In Opere vol. 1 Boringhieri, Torino 1975.

Autori vari (2003) Epistemologia e psicoanalisi: attualità di un confronto. Quaderno del Centro Milanese di Psicoanalisi n. 7.

Borutti S. (1991) Teoria e interpretazione. Per un’epistemologia delle scienze umane. Guerini, Milano.

De Masi, F (1999) La perversione sadomasochista. L’oggetto e le teorie. Bollati Boringhieri, Torino.

Freud, S. (1915) Lutto e melanconia. OSF in Opere, Boringhieri , Torino 1976.

Khan, M. (1963) Lo spazio privato del Sé. Bollati Boringhieri, Torino, 1979. 

Meltzer, D. (1973) Stati sessuali della mente. Armando. Roma. 1975.

Allegati
Rivista di Psicoanalisi Volume LXVII–4– OTTOBRE-DICEMBRE 2021

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