La Ricerca

2-4 Marzo 2012, Francoforte – 13th J.Sandler Psychoanalytic Research Conference. Resoconto di L.Solano

13/02/12

Annemarie Sandler così illustra la tradizione di queste Conferences:

 “The Joseph Sandler Research Conference has taken place in London for a number of years, but has since 2008, thanks to the support of the Sigmund Freud Institute …most successfully been organised in Frankfurt. When, in the 80ties, Joseph Sandler became Professor of Psychoanalysis at University College London he wanted to counteract what he felt was a tendency amongst psychoanalysts to be inward looking. He had observed that psychoanalysts who dedicated most of their working time to clinical work and had thus amassed a great deal of clinical knowledge felt naturally tempted to share and discuss their clinical and conceptual ideas with other colleagues of their own societies. This certainly was the source of a great deal of rich development of ideas within psychoanalysis but tended to ignore the work of certain psychoanalytic colleagues who were doing research in institutions, experimental psychologists and neurobiologists who researched and questioned certain facets of psychoanalytic theory. In an attempt to correct this tendency, Joseph Sandler organised regular international meetings on various central psychoanalytic topics, inviting psychoanalytic practitioners and clinicians as well as more academic researchers to share and discuss some of their new ideas. He tried to have research papers discussed by psychoanalysts and psychoanalytic presentations, both conceptual and clinical, discussed by researchers. This new approach was not always easy to organise but was met with enthusiasm, opening the door to psychoanalysis to a wider audience. A year after his untimely death, Peter Fonagy, with the support of the International Psychoanalytic Association, founded the Joseph Sandler Research Conference, which has been taking place every year on the first weekend in March….”

 


Resoconto della 13a Joseph Sandler Psychoanalytic Research Conference
Francoforte, 2-4 Marzo 2012

L.Solano

La Conferenza viene organizzata (insieme ad altre istituzioni) dall’IPA e dall’Istituto Psicoanalitico di Francoforte. La tradizione di organizzare incontri su temi di ricerca, cui potessero partecipare non solo psicoanalisti, ma anche altri studiosi i cui interessi potessero incontrarsi in maniera feconda con quelli della psicoanalisi, fu inaugurata negli anni ’80 da Joseph Sandler, per contrastare appunto la tendenza degli psicoanalisti a condividere e discutere le proprie idee ed esperienze soltanto nel proprio specifico ambito scientifico. Dopo la sua scomparsa, questa tradizione venne ripresa a nome dell’IPA da Peter Fonagy, che fondò questa Conferenza. Da diversi anni si svolge a Francoforte, dato il fondamentale apporto alla ricerca empirica di matrice psicoanalitica da parte dell’Istituto locale, che oltre a svolgere le abituali funzioni di attività scientifica e di training, ha sviluppato ampi spazi dedicati alla clinica istituzionale e alla ricerca, in collaborazione con l’Università e le istituzioni cittadine.
Il tema di quest’anno è stato la Ricerca sulle fasi precoci della genitorialità e la prevenzione del disagio. Cercherò di offrirvi una sintesi delle relazioni che ho potuto ascoltare (c’erano anche sessioni parallele) e che mi sono apparse più interessanti, senza alcuna pretesa di imparzialità. Chi è interessato ad approfondire può chiedere direttamente la relazione (o materiale attinente) all’autore, di cui indico l’indirizzo e-mail (da cui è spesso possibile dedurre anche la collocazione geografica e istituzionale dell’autore, altrimenti la indicherò a parte).
La Conferenza si è aperta come ormai è tradizione con un saluto del sindaco di Francoforte e dell’assessore alla scienza e all’arte della regione, a testimonianza di come l’istituzione psicoanalitica sia radicata all’interno della società locale.
La relazione introduttiva è stata di Robert Emde (Bob.Emde@ucdenver.edu ) che ha delineato alcuni principi generali della ricerca sulla prevenzione. Tra i concetti che ho trovato più rilevanti mi preme ricordare:
– l’importanza di affiancare ai classici studi randomizzati degli studi a livello ecologico, di comunità, che oltre a mostrare l’applicabilità di una metodica al mondo reale, permettono di valutare quale quota di popolazione si riesca a raggiungere con un determinato approccio;
– il concetto di Salute come diverso dall’assenza di Malattia;
– il concetto di prevenzione come promozione dello sviluppo;
– l’importanza dell’esperienza precoce, e quindi la necessità di una prevenzione che incida quanto prima possibile nello sviluppo.
Ha quindi sottolineato come la psicoanalisi abbia detto moltissimo su ciascuno di questi aspetti, con autori come A. Freud, Erikson, Spitz, Mahler, Winnicott, Fraiberg, Bowlby.
Ha proposto un nuovo approccio alla medicina, una medicina personalizzata, che prenda in considerazione da una parte le differenze genetiche, dall’altra le preferenze delle persone: “decisioni condivise” anziché “consenso informato”.
Ha auspicato una maggiore integrazione della psicoanalisi nell’assistenza sanitaria, anche come antidoto alla frammentazione: si è rilevato che un maggior numero di specialisti in un territorio è associato a costi maggiori e qualità peggiore dell’assistenza.
Marcus Hasselhorn (hasselhorn@idea-frankfurt.eu ) presidente del centro IDeA (Individual Development and Adaptive education of children at risk) di Francoforte, ha presentato una serie di progetti in collaborazione con il sistema educativo e sanitario per la prevenzione dell’ADHD e di difficoltà di apprendimento ed emozionali. Le linee guida degli interventi sono lo sviluppo di capacità di autonomia, relazionalità, autostima. Ampi spazi sono dedicati anche alla formazione degli insegnanti.
Kai von Klitzing (Kai.Klitzing@medizin.uni-leipzig.de ) ha presentato il concetto di prospettiva triadica, intesa come capacità di ciascun genitore di includere anche l’altro nel rapporto con il figlio. Se questa capacità è carente, il bambino sentirà come un tradimento non solo l’interesse verso l’altro genitore, ma qualunque altro interesse nella sua vita. L’altro genitore (in genere il padre) può colludere autoescludendosi (cercando ad esempio nuovi lavori e nuovi hobby alla nascita del figlio). Nelle sue ricerche l’autore ha mostrato come un difetto di capacità triadica nella coppia genitoriale sia il migliore predittore di problemi di condotta, problematiche emozionali, carenza di comportamento prosociale, anche a rispetto a variabili importanti quali psicopatologia materna, qualità del rapporto coniugale, livello di istruzione. Ha anche illustrato tecniche atte a promuovere la capacità triadica, quali il Gioco Triadico della Fivaz.
Henri Parens, di Filadelfia (hparens@verizon.net ) ha presentato un lavoro di prevenzione svolto con gruppi di madri e loro neonati, provenienti da situazioni a rischio. Il lavoro si è svolto per 5 anni, due volte la settimana, negli anni ’70. Dei follow-up a 19, 32 e 37 anni di distanza hanno mostrato nei figli, rispetto a controlli, un minore uso di alcol e droga, un miglior successo scolastico, migliori capacità genitoriali.
Ruth Feldman (feldman.ruth@gmail.com ), dell’Università di Tel Aviv, ha sottolineato l’importanza della sincronia nel rapporto intersoggettivo, con conseguenze anche biologiche. Ad esempio i profili di interazione madre/figlio e padre/figlio sono diversi, come a preparare il bambino a compiti adattivi diversi.
Il lavoro ha esaminato i correlati neurobiologici dell’interazione, con particolare riferimento all’ossitocina. Questo ormone presenta una altissima variabilità tra individui, mentre è molto stabile all’interno di ciascun individuo in condizioni costanti. Presenta però notevoli aumenti nei periodi in cui si formano legami affettivi, innamoramento, nascita di figli. Contrariamente alle aspettative questi aumenti sono di entità simile in uomini e donne.
L’ossitocina aumenta in misura minore in caso di depressione post partum, tanto da poter essere utilizzata come indicatore diagnostico molto efficace. I geni che hanno a che fare con la produzione di ossitocina mostrano alterazioni nei casi di autismo e di depressione. La somministrazione di ossitocina sembra avere notevoli effetti sul comportamento, è stata già sperimentata in terapia con pazeinti schizofrenici e madri depresse, anche in aggiunta a psicoterapia.
Antoine Guedeney, di Parigi (antoine.guedeney@bch.aphp.fr ) ha riferito un intervento su 440 famiglie con situazioni a rischio al loro primo figlio, mirato a ridurre l’incidenza di attaccamento disorganizzato. L’intervento è iniziato intorno alla 27a settimana di gravidanza, ed ha cercato di incrementare la capacità di insight delle madri. A 18 mesi di vita del bambino è stata rilevata una minor incidenza di attaccamento disorganizzato rispetto ad un gruppo di controllo ed una minore incidenza di comportamenti “disorganizzanti” nelle madri. Gli operatori fruivano di una supervisione ogni due settimane, la cui importanza viene sottolineata.
Daniel Schecter (Daniel.Schechter@hcuge.ch ) ha esaminato il rapporto tra presenza di Post Traumatic Stress Disorder (PTSD) nelle madri e modo di relazionarsi a bambini intorno all’anno di vita. E’ apparso evidente come una situazione di disagio nel figlio evocata da situazioni disturbanti (separazione, incontro con estraneo) attivi nelle madri con PTSD una reazione emotiva violenta, che impedisce loro di occuparsi del bambino e di regolarne la risposta emotiva, con conseguente escalation di angoscia in entrambi.
Luigi Solano (luigi.solano@uniroma1.it ) (Sapienza di Roma e Centro di Psicoanalisi Romano) ha presentato un’esperienza di partecipazione di psicologi nell’assistenza primaria realizzata mediante la loro presenza nello studio del Medico di Medicina Generale nel corso delle visite, per un giorno la settimana. Questo dispositivo permette un accesso diretto alla consulenza psicologica senza alcun filtro nonché una esplorazione del significato di qualunque problematica portata dai pazienti, nella sfera sia psicosociale che somatica, nel contesto di vita passato e presente dell’individuo. Viene effettuata una supervisione quindicinale di ispirazione psicoanalitica, sul modello di quella adottata da Balint (1957). L’esperienza ha coinvolto finora 11 studi medici per un periodo di 3 anni ciascuno con risultati qualitativi molto incoraggianti; inoltre, in due casi in cui è stato possibile ottenere i dati, si è registrata un diminuzione sostanziale (intorno al 15%) della spesa farmaceutica.
Angelika Wolff (a.wolff@sigmund-freud-institut.de ) ha presentato una panoramica degli interventi di prevenzione nelle scuole materne di Francoforte. I progetti partono dalla constatazione di come il disagio che si manifesta in forma conclamata in adolescenza trovi i suoi antecedenti in una serie di disturbi evolutivi e del comportamento presenti già in età prescolare (con una prevalenza che raggiunge il 15%). Come nel lavoro precedente, anche qui l’intervento inizia con la possibilità per gli operatori di essere presenti per 4 ore consecutive ogni settimana all’interno delle attività quotidiane della scuola materna, in modo da identificare direttamente i bambini cui proporre un intervento. Si riesce in questo modo a raggiungere bambini che non sarebbero mai stati portati a consultazione dai loro genitori e magari nemmeno segnalati dagli insegnanti. Anche in questo caso, gli operatori fruiscono di una supervisione intensiva.
Il lavoro di Massimo Ammaniti (maammani@tin.it ) (Sapienza di Roma e Centro di Psicoanalisi Romano) si occupa delle trasformazione materne in gravidanza e nei primi anni di vita del bambino, dal punto di vista psichico e fisiologico. Tali trasformazioni portano a raggiungere sia una identità materna che la capacità di tenere a mente il bambino, anche prima della nascita. Anche il partner è coinvolto in queste trasformazioni, come evidenziato in studi sulle interazioni genitoriali durante la gravidanza: viene riferito in particolare un lavoro che ha esaminato le interazioni dei genitori di fronte all’ecografia del bambino. In queste osservazioni i genitori si definiscono “mamma” o “papà”, chiamano il bambino per nome, trovano le “somiglianze”. Sono presenti anche fenomeni di imitazione. Dopo la nascita i fenomeni di rispecchiamento sono più evidenti e marcati ed evidenziabili anche nel bambino.
A livello neurale nella genitorialità risultano attivate le zone con più alte concentrazioni di ossitocina, mentre risultano deattivate le zone aventi a che fare con emozioni negative. Per quanto riguarda i fenomeni di imitazione e di empatia risultano essenziali i neuroni specchio. In un esperimento in cui venivano mostrate a delle madri foto esprimenti diverse emozioni del proprio bambino e di un altro, era evidente un pattern di attivazione molto maggiore per il bambino proprio. Le madri con più alta funzione riflessiva mostravano altresì una maggiore attivazione a livello dei neuroni specchio e del sistema limbico. Le foto con espressione ambigua erano associate ad una attivazione dell’emisfero sinistro, a testimonianza dell’impegno cognitivo nel tentativo di decodifica.
L’intervento di Linda Mayes (Linda.Mayes@yale.edu ) ha a che fare con le modificazioni psichiche e soprattutto cerebrali che si verificano nel diventare genitori. I suoi lavori hanno come antecedenti diverse osservazioni psicoanalitiche, come quella di Winnicott sulla Preoccupazione Materna primaria.
Nei primi mesi dopo la nascita del primo figlio le madri mostrano un enorme incremento di connessioni cerebrali. I genitori che hanno il secondo figlio presentano già alla nascita del bambino una condizione cerebrale simile a quella che si raggiunge 3 mesi dopo la nascita del primo figlio. Le madri già esperte nel relazionarsi con il bambino mostrano un’attivazione dell’ippocampo, che corrisponde ad una rievocazione di ricordi, che non c’è nelle madri alla prima esperienza.
Genitori e non genitori alla vista di un bambino piccolo mostrano quadri di attivazione cerebrale diversi.
Sono riscontrabili differenze a seconda dello stile di attaccamento. Le madri sicure rispetto alle insicure mostrano nell’interazione con il bambino una maggiore attivazione delle aree cerebrali indicanti un rinforzo positivo. Questo accade anche quando l’interazione viene attivata dal pianto del bambino, come se già anticipassero la soddisfazione di poter andare incontro alle esigenze del figlio, cosa che non accade affatto nelle insicure.

Ta gli interventi nei panel paralleli segnalo in particolare quello di Maya Nadig dell’Istituto di Antropologia dell’Università di Brema (mnadig@uni-bremen.de ), il cui interesse nel contesto della Conferenza è di mostrare, sulla scia degli studi di Erikson, come l’organizzazione sociale possa condizionare lo sviluppo degli individui. L’autrice ha trascorso 2 mesi presso la popolazione dei Mosuo nello Yunnan, Cina sudoccidentale, 800 km dalla città più vicina, ai confini con il Tibet, in una zona montuosa. Ci sono stati tentativi di “normalizzazione” da parte della Rivoluzione Culturale, accettati superficialmente e poi rapidamente cancellati con la scomparsa di Mao. Questa popolazione, che si configura come matrilineare, non conosce l’istituto del matrimonio. Gli individui appartengono al clan della madre. Alla maturità sessuale le ragazze hanno diritto ad una stanza singola, dove ricevono i ragazzi che desiderano, con rigida esclusione di quelli del proprio clan. Similmente i ragazzi maturi vengono incoraggiati a recarsi presso altri clan a cercare una partner. Tendenzialmente i maschi non dispongono di una propria camera, ma dormono presso la partner, per poi ritornare di giorno al clan di origine a svolgere attività lavorative, essenzialmente agricole. Nessun rapporto economico o formale lega tra loro i partner sessuali, anche se il rapporto può essere molto duraturo e prolungato nel tempo. La proprietà è collettiva all’interno del clan, che è governato da un capo clan, in genere una donna, che però discute le sue decisioni con tutti i membri adulti.
Le madri rimangono con i loro figli per qualche mese, li allattano, poi ritornano al lavoro. I bambini vengono accuditi affettuosamente dall’intero clan, in particolare da quelli che per l’età o altri motivi non sono adeguati al lavoro esterno.
Rivalità e competizione sono molto scarse. Così anche la gelosia sessuale, mancando l’idea di possesso dell’altro. Chi viene abbandonato dal partner è addolorato, ma non furioso.
Il paradiso in terra, quindi? Dipende dai punti di vista. Nelle sue osservazioni, effettuate a tutto campo nonostante l’evidente simpatia per l’organizzazione, l’autrice si è resa conto di come i rapporti tra adulti (madre compresa) e bambini evitino al massimo il contatto oculare, in modo da non stabilire un rapporto esclusivo, specifico, personale con il bambino. L’angoscia di separazione è pressocché inesistente, perché c’è sempre un adulto di riferimento presente, e nessuno è molto più importante di un altro. Su questa base si andranno a costruire relazioni sentimentali e sessuali non possessive ed esclusive. E’ possibile ipotizzare che anche l’innamoramento come noi lo intendiamo non esista in questa comunità.

Peter Fonagy ha concluso la Conferenza sottolineando tre temi fondamentali nella ricerca su genitori e bambini:
– le riposte differenziate dei neonati evidenziate in epoche sempre più precoci confermano le intuizioni psicoanalitiche sulla presenza di una attività mentale dalla nascita o anche prima;
– la genitorialità come fenomeno intersoggettivo che implica una interazione circolare tra il senso di sé come persona e il senso dell’altro come persona (capacità triadica);
– la possibilità di definire la rilevanza di un intervento in base a dei dati, e non alla concordanza con l’ortodossia di una qualche istituzione. 

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