Lee Krasner
PSICOTERAPIA E PSICHEDELICI ALLA LUCE DEL MODELLO BAYESIANO DELLA MENTECERVELLO: commenti ad un recente lavoro di review.
Villiger D. (2022). How Psychedelic-Assisted Treatment Works in the Bayesian Brain.
Front. Psychiatry 13:812180. doi: 10.3389/fpsyt.2022.812180).
di Francesco Castellet y Ballarà
Ho scelto di presentare, e commentare, questa stimolante review delle ricerche più recenti sugli psichedelici associati a psicoterapia, perché può aiutarci a comprendere meglio la portata esplicativa, e rivoluzionaria, del modello predittivo o Bayesiano della nostra mentecervello.
Un modello che sta orientando tanta parte della ricerca in neuroscienze. Tale modello ha ricevuto, e ha dato, un grande impulso al cosiddetto “Rinascimento” della ricerca sulle sostanze psichedeliche. Queste ricerche forse possono, al momento, essere considerate fra le più promettenti nel campo del trattamento della depressione farmaco-resistente.
Tale terapia non è affatto solo psicofarmacologica ma, include indispensabilmente un fondamentale apporto psicoterapeutico. Villiger, propone di considerare “gli psichedelici stessi …come.. un intervento psicoterapeutico e non psichiatrico”, vedremo come nasce questa ipotesi.
Al di là dei limiti di un pensiero dicotomico, quando si parla della fondamentale unità mente corpo, e mente cervello, sembra quasi che se ne faccia un esercizio filosofico; una migliore comprensione del funzionamento della mente dovrebbe permettere l’accesso a qualunque contributo serio e documentato, anche se proveniente da lingue ed epistemologie diverse.
La stessa storia degli psichedelici e della loro originaria funzione in ambito sciamanico e religioso ne è uno splendido esempio da conoscere ed approfondire, poiché mostra come intuizioni antiche sulla prassi “psico-farmaco-terapeutica”, e sul funzionamento della mentecervello, siano ora validate dalle nostre conoscenze attuali.
L’Autore struttura il suo lavoro come segue: In primo luogo, in una visione farmacologica del trattamento assistito da psichedelici introduce l’ipotesi REBUS (Carhart-Harris &Friston, 2019). Successivamente, in una visione psicologica del trattamento assistito da psichedelici analizza il ruolo dei cosiddetti fattori comuni a tutte le psicoterapie, e descrive come gli psichedelici vi interagiscano.
Infine, una visione integrativa del trattamento assistito da psichedelici collega le due sezioni precedenti, ed esamina come i meccanismi descritti nell’ipotesi REBUS interagiscano con i fattori comuni a tutte le psicoterapie.
L’ipotesi delle credenze indebolite sotto psichedelici (REBUS: Relaxed Believes Under Psychedelics) si basa sul principio della libera energia formulato da Karl Friston( Friston, 2010), principio strettamente legato all’elaborazione gerarchica delle previsioni: una teoria dell’organizzazione e del funzionamento del cervello.
Al contrario, la teoria dei fattori comuni della psicoterapia è stata utilizzata per spiegare gli aspetti psicologici del trattamento assistito con psichedelici.
Questo lavoro fornisce il primo resoconto completo del trattamento assistito da psichedelici, considerando sia gli effetti farmacologici, che quelli psicologici e la loro interazione.
Da un punto di vista farmacologico, gli psichedelici come l’LSD, la psilocibina e la DMT hanno in comune il fatto di esercitare i loro effetti principalmente attraverso l’agonismo dei recettori della serotonina 2A (5- HT2AR). Di conseguenza, l’assunzione di un antagonista 5-HT2AR prima di assumere uno psichedelico ne attenua sostanzialmente gli effetti fenomenologici tipici.
Per comprendere il ruolo neurologico dei 5-HT2AR, dobbiamo guardare a come è organizzato il cervello e quindi discutere la prima teoria su cui si basa l’ipotesi REBUS: il principio della Free Energy. Il principio dell’energia libera deriva dalla seconda legge della termodinamica e fornisce una risposta matematica alla spinta intrinseca degli organismi verso l’auto-organizzazione. L’idea di base è che, per sopravvivere, tutti gli organismi viventi devono resistere all’entropia, cioè all’autodissoluzione. Questa resistenza si ottiene riducendo al minimo la cosiddetta energia libera. L’energia libera è una quantità teorica dell’informazione e può essere considerata come la differenza tra gli stati che un organismo “ritiene” necessari per il suo adattamento, la sua sopravvivenza e il suo successo riproduttivo e gli stati effettivi dell’organismo. Pertanto, un organismo che riesce a minimizzare l’energia libera resiste all’entropia evitando stati inaspettati o incerti, il che a sua volta gli consente di mantenere l’omeostasi.
Secondo l’ipotesi REBUS, gli psichedelici agiscono preferenzialmente stimolando i 5-HT2AR sulle cellule piramidali profonde. Così facendo, disinibiscono o sensibilizzano queste cellule, alleggerendo la precisione delle previsioni. A sua volta, la precisione relativa degli errori di previsione ascendenti aumenta, determinando una maggiore influenza degli input sensoriali dal basso verso l’alto.
L’espressione più densa dei 5-HT2AR si trova nella corteccia e, in particolare, nella corteccia visiva e nelle regioni di associazione di alto livello, come quelle che fanno parte della cosiddetta rete di default-mode (DMN). Di conseguenza, queste sono le aree in cui gli psichedelici dovrebbero influenzare maggiormente la ponderazione di precisione delle previsioni top-down.
L’ipotesi REBUS presuppone che il cervello sia una macchina di predizione organizzata gerarchicamente che cerca di assecondare gli input sensoriali dal basso verso l’alto, riducendo al minimo l’errore di predizione. Mentre ai livelli più bassi della gerarchia le previsioni sono precise dal punto di vista spaziale e temporale, quelle più alte diventano sempre più astratte. Ai livelli più alti, ci sono previsioni che costituiscono la base del nostro modello generativo; per esempio, che abbiamo un ego (queste previsioni altamente astratte sono talvolta chiamate iperpriori). Si ipotizza che gli psichedelici indeboliscano la precisione di queste previsioni altamente astratte, determinando una maggiore influenza degli input sensoriali dal basso verso l’alto. In definitiva, questo dovrebbe portare a esperienze psichedeliche ben note, come le allucinazioni ottiche o la dissoluzione dell’ego.
La seconda è la cosiddetta ipotesi del cervello entropico. Essa sostiene che “entro limiti superiori e inferiori, oltre i quali la coscienza può essere persa, l’entropia dell’attività cerebrale spontanea indicizza la ricchezza informativa degli stati coscienti”. All’interno di questo intervallo entropico, esiste un punto di criticità che segna il passaggio dall’ordine al disordine. Nella normale coscienza di veglia degli esseri umani adulti e sani, lo stato entropico del cervello è appena un po’ al di sotto della criticità, il che significa che la cognizione è ordinata ma ancora in qualche modo flessibile.
L’ipotesi REBUS ci dice che gli psichedelici inducono le condizioni ideali per la revisione delle previsioni di alto livello, mettendo il cervello in uno stato anarchico. Ma, naturalmente, il fatto che queste revisioni portino alla fine a previsioni di alto livello più funzionali dipende dalla segnalazione dal basso verso l’alto e quindi dall'”ambiente” che la genera. Potremmo dire dalla qualità della relazione paziente-terapeuta in un “ambiente” di cura.
Nel caso dei trattamenti assistiti da psichedelici, le esperienze psichedeliche sono tipicamente inserite in una qualche forma di psicoterapia. Di conseguenza, esiste un’inevitabile interazione tra gli effetti farmacologici e psicologici del trattamento psichedelico assistito.
IL PUNTO DI VISTA PSICOTERAPEUTICO DEL TRATTAMENTO ASSISTITO CON PSICHEDELICI
Il setting psicoterapeutico offre un ambiente altamente controllabile e di supporto che molto probabilmente si differenzia dagli altri ambienti passati e presenti del paziente. Con il passare del tempo, il paziente esposto regolarmente a questo ambiente terapeutico vi si adatta gradualmente. Così facendo, aggiorna lentamente le sue previsioni di alto livello che si sono formate in ambienti meno controllabili e che quindi indicano una grande incertezza. Poiché l’ambiente terapeutico contraddice fortemente la rigida previsione di incontrollabilità e incertezza, l’errore di previsione sensoriale diventa sempre più grande. A un certo punto, gli input sensoriali che segnalano sicurezza e sostegno non possono più essere spiegati, dando inizio a un processo di aggiornamento.
Gli psichedelici sembrano amplificare l’effetto riparatore della relazione reale. Da un punto di vista psicologico, abbiamo già detto che gli psichedelici tendono ad aumentare i sentimenti di connessione con il terapeuta. Tipico l’effetto socializzante della MDMA.
Gli psichedelici (in una certa misura) ci danno ciò che ci aspettiamo di ottenere da essi, come un placebo. Questa non è un’idea nuova. Weil (1972) ha descritto gli psichedelici come una sorta di placebo attivo: anche se certamente fanno qualcosa, la maggior parte di ciò che è può provenire dai consumatori stessi.
Grof (2008) sostiene che “gli psichedelici funzionano più o meno come catalizzatori e amplificatori non specifici della psiche”. Infine, Matthew Johnson, citato da Pollan (2018) dice a proposito del trattamento psichedelico: “Qualunque cosa stiamo approfondendo qui, è nello stesso regno del placebo. Ma un placebo su un razzo”.
Anche la psicoterapia è stata descritta come un placebo (in aperto). Di conseguenza, possiamo dire che una seduta psichedelica potenzia gli effetti placebogenici della psicoterapia, rendendo il trattamento assistito da psichedelici una sorta di super placebo.
La psicoterapia (co)definisce il set e il setting di un paziente, cioè il suo ambiente interno ed esterno: induce aspettative di riparazione e fornisce un ambiente sicuro. Quando il cervello entra in uno stato anarchico a causa dei presunti effetti degli psichedelici, i segnali bottom-up inviati da questi ambienti interni ed esterni diventano più influenti. In questo modo, il paziente dovrebbe essere in grado di trasferire la sicurezza e la controllabilità dell’ambiente terapeutico al proprio modello generativo, potenziando il percorso della relazione reale. Allo stesso modo, gli psichedelici sembrano potenziare anche il percorso delle aspettative.
Da un lato, si ipotizza che l’impatto delle aspettative riparative sia meno limitato dalle previsioni di livello superiore. Qualsiasi sentimento e atteggiamento di base positivo che un paziente può avere nei confronti di un’esperienza psichedelica tende a essere amplificato con gli psichedelici.
D’altra parte, quando integra l’esperienza psichedelica nella sua vita, il paziente ha sufficiente spazio per l’interpretazione. Quindi, se inizia una seduta psichedelica con aspettative correttive, è probabile che trovi spunti correttivi nell’interpretazione successiva.
Nel complesso, possiamo ritenere che gli effetti farmacologici degli psichedelici rafforzino e accelerino gli effetti psicologici della psicoterapia.
In conclusione, gli straordinari risultati ottenuti colle sperimentazioni in corso potrebbero essere in parte almeno attribuiti alle grandi aspettative degli operatori come dei pazienti, ma allo stesso tempo, visto l’utilizzo millenario di queste sostanze in ambiti culturali e rituali tra i più diversi, è indubitabile il loro effetto facilitante il cambiamento psichico se accompagnati da un adeguato, e direi individualizzato set (tipo, dose, etc di psichedelico), e setting (ambiente sociale ovvero terapeuti esperti, adeguatamente strutturato per favorire l’esperienza psichedelica).
Bibliografia
Carhart-Harris RL, Friston KJ (2019). REBUS and the anarchic brain: toward a unified model of the brain action of psychedelics. Pharmacol Rev. (2019) 71:316–44. doi: 10.1124/pr.118.017160
Grof S. (2008).LSD Psychotherapy. 4th ed. San Jose, CA: Multidisciplinary Association for Psychedelic Studies (2008).
Friston K. (2010). The free-energy principle: a unified brain theory? Nat Rev Neurosci. (2010) 11:127–38. doi: 10.1038/nrn2787
Johnson M. in Pollan M. (2018).How to Change Your Mind. New York: Penguin Random House (2018).
Weil A. (1972) The Natural Mind. Boston: Houghton Mifflin (1972).
Infine, come ulteriore riferimento bibliografico, consiglio un recentissimo lavoro di follow up
Natalie Gukasyan, Alan K Davis , […], and Roland R Griffin (2022) Efficacy and safety of psilocybin-assisted treatment for major depressive disorder: Prospective 12-month follow-up.
Journal of Psychopharmacology Volume 36, Issue 2.