Vincent van Gogh
A cura di Gabriella Giustino
Sarebbe impossibile approfondire in questa sede i numerosi approcci ed autori psicoanalitici che si sono interessati di psicoanalisi delle psicosi. L’argomento è stato peraltro oggetto di un ampio dibattito e vi sono numerosi approfondimenti sul tema pubblicati su questo sito.
Mi limiterò pertanto a menzionare brevemente tre principali teorizzazioni psicoanalitiche sull’origine del processo psicotico:
– quella che individua la psicosi principalmente come conflitto tra l’Io e la realtà esterna (Freud 1923, 1924, Federn 1952).
– quella che pone l’accento sugli attacchi distruttivi e frammentanti rivolti contro la personalità (Klein 1935, 1946).
– quella che afferma che il funzionamento psicotico nasce dalla contrapposizione tra parte sana e parte psicotica della personalità (Bion 1957).
Come noto Freud considerava la psicosi non adatta al trattamento psicoanalitico.
Questo scetticismo terapeutico è ancora oggetto di dibattito nella nostra disciplina.
Mi pare tuttavia importante sottolineare alcuni criteri generali che possono essere utili nel trattamento psicoanalitico delle psicosi pur necessitando di ulteriori integrazioni.
Penso che l’assetto analitico da prediligere con i pazienti psicotici preveda:
– la necessità di lavorare in collaborazione con altri professionisti (anche per somministrare una terapia farmacologica).
– l’opportunità d’intervenire il più precocemente possibile.
– la necessità di avere in mente il carattere progressivo del processo psicotico.
Il tentativo dell’analista dovrebbe essere quello di stabilire innanzitutto una relazione di fiducia (alleanza terapeutica) col paziente in modo da rendere possibile, col tempo, di accedere ai contenuti mentali deliranti (che sono spesso dissociati o tenuti segreti), favorendo la comunicazione del funzionamento mentale psicotico e dei suoi sintomi (deliri, allucinazioni…).
Ciò consente di condividere col paziente le sue false credenze su di sé e sul mondo, ed è il primo passo per poi aiutarlo a sottrarsi al potere del nucleo delirante.
Se tutto ciò avviene con tatto e sensibilità,di solito emerge che il paziente era in una certa misura cosciente di questi processi mentali (cosciente ma non consapevole).
Insieme al procedere della fiducia nella relazione analitica aumenta la possibilità di comprendere i meccanismi psicopatologici che sottendono il processo psicotico aiutando il paziente ad individuare la parte psicotica e differenziarla dalla parte sana (stimolando la percezione del pericolo che il paziente corre quando la sua mente è sotto l’influsso della parte psicotica).
L’analista comincia dunque a funzionare come Io ausiliario del paziente.
I pazienti psicotici appaiono carenti di un inconscio (inteso in senso bioniano) che gli permetta di comprendere le emozioni proprie e degli altri: essi non sono in grado di usare le emozioni per costruire e comprendere la realtà psichica e sono carenti di un apparato psichico idoneo a simbolizzare (pensiero concreto).
L’approccio dialogico e interattivo dell’analista è quindi una condizione di base indispensabile per sostenere in modo costante le deboli risorse dell’Io dell’analizzando psicotico e per aiutare la sua mente a “pensare”.
BIBLIOGRAFIA
BION, W.R. (1957). Criteri differenziali tra personalità psicotica e non psicotica. In
BION, W.R. (1967).
FEDERN, P. (1952),Psicosi e Psicologia dell’Io. Boringhieri, Torino 1976.
FREUD, S. (1923). Nevrosi e psicosi. OSF, 9
FREUD, S. (1924). La perdita della realtà nelle nevrosi e nelle psicosi. OSF, 10.
KLEIN, M. (1935). Contributo alla psicogenesi degli stati maniaco-depressivi. In KLEIN, M. (1948-1958).Scritti 1921-1958. Boringhieri, Torino, 1978.
KLEIN, M. (1946). Note su alcuni meccanismi schizoidi. In KLEIN, M. (1948-1958). Scritti 1921-1958. Boringhieri, Torino, 1978.
KLEIN, M. (1946). Note su alcuni meccanismi schizoidi. In KLEIN, M. (1948-1958). Scritti 1921-1958. Boringhieri, Torino, 1978.
APPROFONDIMENTI
– Dibattito sulla Psicoanalisi delle psicosi a cura di F. Carnaroli e G. Giustino