Jaak Panksepp, ( 1943) di origine estone come E.Kraepelin, è uno psicologo, psicobiologo, neuroscienziato, che lavora presso la Washington State University ed è Professore Emerito del Dipartimento di Psicologia presso la Bowling Green State University. E’ colui che ha coniato Il termine di “Neuroscienze affettive” che delinea un nuovo campo di studi sulle emozioni e i loro meccanismi neurali.
Nel suo ultimo libro The Archeology of Mind (2012), appena tradotto in italiano (vai alla scheda del libro, Cortina Ed.), Panksepp espone l’evoluzione dei sette neuro-circuiti emozionali che regolano la nostra vita evidenziando come le loro alterazioni e inibizioni possano essere all’origine dei diversi disturbi e sofferenze psichiche.
Il 15 Ott 2014 Jaak Panksepp, nell’Aula Magna del Dipartimento di Psicologia dell’Università di Bologna ha esposto le sue scoperte relative alla localizzazione, alla funzione e alle conseguenze relative all’esistenza di sette emozioni di base localizzate nelle zone più profonde e filogeneticamente più antiche del cervello e che condividiamo, a suo parere, con tutti i mammiferi e con parte delle altre specie animali.
Secondo Panksepp si sono selezionate nel corso di milioni d’anni per permettere all’uomo e agli animali di sopravvivere. Possono essere divise grossolanamente in due gruppi: emozioni negative, che ci permettono di stare all’erta e difenderci dai pericoli, ed emozioni positive che promuovono la socializzazione, l’accoppiamento e la procreazione. Il tutto per la salvaguardia e la prosecuzione della specie. L’analogia può essere compresa solo da una prospettiva evoluzionistica già anticipata da Charles Darwin il quale però si era occupato esclusivamente dei comportamenti derivanti dalle emozioni. Panksepp invece si interessa sia dell’espressione delle emozioni in sé che dell’aspetto soggettivo di queste.
Questa “mente” affettiva o emozionale è stata studiata sull’uomo attraverso esperimenti su animali e sulle loro emozioni. L’aspetto più rivoluzionario di questo studio delle emozioni di base è che in questa parte più antica e primitiva del cervello alberghino non solo le emozioni di base ma anche i “feelings”,ggg i sentimenti emozionali, cioè le emozioni soggettive. Lui considera un mistero come l’esperienza soggettiva possa nascere in un mondo neurochimico, ma si risponde che anche nella fisica contemporanea la descrizione del comportamento della materia è duale: la materia si può comportare come particella o come onda, così come nella psicologia le emozioni hanno parallelamente un correlato comportamentale e uno di vissuto soggettivo.
Per comprendere la natura fondamentale della emozioni umane noi dobbiamo prima essenzialmente comprendere la natura della mente umana. Per molti anni il paradigma neuro-cognitivo e neuro-comportamentista ha impedito che si parlasse di emozioni negli animali. I primi studi sulle emozioni degli animali che partono dall’osservazione delle reazioni di evitamento o di ripetizione (punizione o ricompensa rispetto a un’elettrostimolazione in una certa zona del cervello) risalgono agli anni ’30 ma ancora oggi c’è chi, come Le Doux, sostiene che non sarà mai possibile conoscere le emozioni di base degli animali nonostante per Panksepp questa sia una dichiarazione antiscientifica vista la grande messe di studi in merito (che dimostrano come la stimolazione di un certo circuito emozionale comporti sempre e poi sempre le stesse reazioni legate a vissuti di punizione o di ricompensa).
Queste emozioni (si tratta di piccoli circuiti neuronali) sono sostanzialmente sette e vengono generalmente indicate con caratteri romani maiuscoli per sottolineare il fatto che per ognuna di loro è stata identificata la precisa localizzazione:
SEEKING = sistema della ricerca –dell’entusiasmo- della curiosità verso il mondo esterno.
RAGE = sistema della rabbia
FEAR = sistema della paura
LUST = sistema del desiderio di accoppiamento
CARE = sistema dell’accudimento
PANIC =s istema del panico
PLAY = sistema del gioco
La stimolazione di ciascuna di queste aree dà luogo al manifestarsi delle stesse emozioni in tutti i mammiferi.
A questa scoperta se ne associa un’altra estremamente importante: si è visto che l’asportazione della neocorteccia, cioè della parte più recente del cervello, se effettuata nei primi momenti della vita dei topi o in casi di bimbi nati anencefali (senza neocorteccia) non preclude l’emergere di stati embrionali di coscienza che permettono l’espressione di emozioni di socializzazione, di gioco, di paura etc. identiche a quelle di soggetti non decorticati, mentre, al contrario, non può esserci evoluzione se rimuoviamo ab initio queste parti inferiori basali del cervello. Ciò in disaccordo con la concezione cartesiana del “cogito ergo sum” e del concetto freudiano di inconscio perché lì sembra esistere una coscienza di sé di tipo embrionale (Panksepp situa l’inconscio dinamico meno profondamente, più verso il sistema limbico e sovralimbico). Freud stesso ne “ Al di là del Principio del Piacere” (1920) afferma: “nessuna conoscenza psicologica è stata più importante del concetto di istinto… ma non c’è altra zona della psicologia che brancoli di più nel buio”. A questo proposito Panksepp ha riportato due enunciati di Kant:
“I concetti senza fatti sono vuoti”, (l’assenza di una base scientifica nella psicoanalisi)
“I fatti senza concetti sono ciechi”. (vedi il behaviourismo)
Questi enunciati possono aiutarci a riflettere e magari a concepire il concetto di coscienza non più come qualcosa che origini da funzioni di tipo superiore (il “cogito ergo sum”) bensì a localizzarlo, nella sua nascita embrionale, in quelle regioni primitive laddove albergano le sensazioni emozionali di base, selezionatesi per la sopravvivenza. Questi sentimenti emozionali, secondo Panksepp, sono il primo tipo di esperienza che abbia caratterizzato la comparsa della vita sulla terra.
Un altro modo per fissarci nella mente le sette emozioni di base è quello di associare a ciascuna di esse il tipo di attitudine verso cui può essere portato l’individuo nel quale tale tipo di emozione sia prevalente.
SEEKING: L’esploratore
RAGE: Il dittatore
FEAR: La sentinella,il controllore
LUST: Il passionale
CARE: Il costruttore del nido
PANIC: Il poeta triste
PLAY: il Jolly, il giocherellone
Secondo Paanksepp il SEEKING(mediato principalmente dalla dopamina) è il sistema emozionale di base più importante fra tutti i sette elencati (individuato già nel 1954 nei ratti). È un sistema legato all’entusiasmo, alla curiosità, all’aspettativa di trovare qualcosa di buono “là fuori”. Per questa ragione la stimolazione elettrica profonda di questa area risulta essere antidepressiva anche in pazienti refrattari agli antidepressivi. Il sistema del PANIC è un altro sistema di fondamentale importanza. È legato al dolore psichico, allo stress separativo, alla perdita del supporto sociale. Bowlby ha fornito un modello di studio fondamentale per l’osservazione dei danni da stress separativo e dei tipi di attaccamento conseguenti. Il SEEKING system si deprime quando viene attivato il PANIC system in modo inversamente proporzionale. L’attivazione del PANIC system è una delle cause principali della depressione. È mediato dagli oppiacei endogeni che calano quando il piccolo subisce uno stress separativo ed infatti la buprenorfina (oppioide di sintesi) a basse dosi, ha mostrato una significativa riduzione nella frequenza di suicidio in una popolazioni di pazienti depressi (Yoram Yovell 2012). Il sistema del PLAYING ha ugualmente una grande rilevanza aanche per gli spunti che ha fornito sul tema della depressione e delle cure ad essa legate.Nonchè,ha permesso a Panksepp di formulare una teoria semplice ma apparentemente molto sensata riguardo all’insorgenza del Disturbo da Deficit dell’Attenzione con Iperattività (A.D.H.D.), e decise critiche all’uso delle amfetamine usate soprattutto negli Stati Uniti per “curarlo”(Panksepp 2007-2010). Il PLAYNG è il sistema del gioco e media l’esperienza della gioia e anche del ridere. La facilità al riso (ad esempio attraverso il solletico ai topi) è un indice comportamentale dello stato emotivo dell’animale. Panksepp sta conducendo degli studi per prevenire la depressione promuovendo il sistema del PLAYNG. Si ricorda che i topi senza neocorteccia a tre giorni di vita erano perfettamente in grado di giocare, avere interazioni sociali e non era compromesso lo sviluppo successivo. Come se la corteccia fosse ancora vuota; mentre la decorticazione fatta a 18 giorni di vita cambia drasticamente la capacità adattativa naturale di base.
Dal libro di prossima uscita in Italiano ”The Archaeology of mind” – Neuroevolutionary Origins of Human Emotions.Jaak Panksepp e Lucy Biven: “As we will see in the next chapter, playfulness, which is the source of one of the most positive social-affective feelings our brain can generate, is not yet systematically or well used in psychotherapeutic contexts. There are surely ways to make this robust positive affect a more common aspect of therapeutic intereaction. We may be wise to remember Norman Cousin’sfamous idea: Laughter may be one of our best medicines.”
“Come vedremo nel prossimo capitolo, la giocosità, che è la sorgente di uno dei più positivi sentimenti sociali-affettivi che la nostra mente possa generare, non è ancora sistematicamente o adeguatamente impiegata nei contesti psicoterapeutici. Ci sono sicuramente dei modi per rendere questo robusto affetto positivo un aspetto comune delle interazioni psicoterapeutiche. Dovremmo ricordarci la famosa idea di Norman Cousin’s (1983): che la risata potrebbe essere una delle nostre migliori medicine.”
A questo punto possiamo riportare la schematizzazione della mente secondo Panksepp. sostanzialmente tripartita in verticale, con connessioni che dall’alto controllano ciò che avviene in basso (top down) e viceversa (bottom up).
Panksepp ritiene che le neuroscienze non siano ancora pronte per avere una comprensione scientifica della mente. Ciononostante propone un suo tentativo di descrizione del funzionamento mentale, per quanto riduttivo della sua infinita complessità e ci tiene a precisare che il suo obiettivo non è quello di Catullo “Odi et amo. Quare id faciam…nescio” “Odio e amo. Perché lo faccia… non lo so…”, cioè di comprendere il perché ma almeno di descrivere il come.
La sua, diciamo, “topica” viene da lui denominata “LE GERARCHIE ANNIDIATE DEL CERVELLO E DELLA MENTE” perché ciascun livello gerarchico superiore contiene al suo interno quello /i precedenti .
Nel quadrato rosso in basso viene rappresentata la parte profonda del cervello umano dove si trovano i sette sistemi emozionali di base. Ad un livello intermedio vediamo un quadrato rosso circondato da un ovale verde che rappresenta il livello intermedio del cervello, perlopiù limbico e sopralimbico , dove avvengono i processi cosiddetti secondari, di memoria e apprendimento. Al livello più alto, dove vediamo un quadrato rosso dentro un ovale verde dentro un quadrato blu, vediamo rappresentato il cosiddetto livello terziario, perlopiù neocorticale, dove avvengono i processi cognitivi.Tutto sale inizialmente dal basso, come un fuoco che accende le vie superiori, dalla zona delle emozioni di base nate per la sopravvivenza, per poi salire ed essere “processato” via via verso l’alto, attraverso i sistemi di apprendimento (soprattutto punizione e ricompensa, che formano il super–ego primario) di memoria (procedurale, implicita, a breve termine) laddove potrebbe risiedere quello che Freud chiamava l’inconscio dinamico perché lì è la sede dei ricordi, dell’esperienze traumatiche, nell’amigdala e nell’ippocampo e, giunte al terzo livello, ulteriormente processate e trasformate da quei procedimenti complessi tipicamente umani, dove nascono i pensieri e lo sviluppo cognitivo, appresi nel corso delle esperienze sociali e culturali, semantici, di capacità di ragionamento e pianificazione, di astrazione, di giudizio (il Super Io dell’adulto), di aspirazioni e ambizioni ( L’ideale dell’Io e l’Io ideale), di sublimazione, e così via.Le frecce indicano il controllo dall’alto verso il basso (top down) o dal basso verso l’alto (bottom up) che i diversi livelli possono esercitare su quelli che si trovano più in alto o più in basso. La tendenza verso la spiritualità sembra costituire un discorso a parte e non è facile né la definizione né comprenderne il senso in un’ ottica evoluzionistica né immaginarne un’eventuale localizzazione anatomica a qualche livello. Non sono stati fatti cenni, nel corso di questa lectio magistralis, sui meccanismi alla base di alcune difese ma studi di altri neuro psicoanalisti ( vedi M.Zellner o report ultimo Congresso NPSA a New York) hanno fatto grandi passi avanti sulle difese di tipo dissociativo.
Secondo Panksepp l’insorgenza del PANIC (dolore psichico) è un antecedente di depressione e questo può avere implicazioni terapeutiche. Quando noi percepiamo un supporto sociale, si eleva il livello degli oppiacei (1972) mentre calano quando ci si sente esclusi. In occasione di alcuni esperimenti effettuati nel 1972 cambiò drasticamente l’idea che si aveva dei recettori degli oppiacei come i mediatori del piacere. Si capì invece che erano fondamentali nel creare il legame tra madre e bambino. Quando si perde qualcuno si soffre anche perché cala il livello degli oppiacei. Un buon psicoterapeuta non può prescindere dalla conoscenza di questo perché ogni relazione terapeutica è innanzitutto una relazione affettiva con una componente cognitiva. Abbiamo già visto che la buprenorfina, oppioide sintetico, a basse dosi aiuta il dolore psichico da separazione, da perdita, da isolamento e riduce il rischio di suicidio. Anche l’ossitocina e la prolattina se iniettati a livello centrale, riducono la risposta di distress nel piccolo separato dalla madre inducendo un senso di comfort. L’intersoggettività e i legami sono mediati da queste sostanze che inducono la sensazione di una base sicura e possono anch’essi essere considerati dei potenziali antidepressivi. Riguardo alla terapia antidepressiva, attraverso il sistema del PLAYNG, gli studi attuali si stanno rivolgendo verso la genetica e soprattutto l’espressione “genica” di una proteina (NR2B) che potrebbe rappresentare una protezione per l’esperienza di depressione. Si sta lavorando su molecole che attivino, attraverso l’espressione genica, l’attivazione emozionale del sistema del PLAYNG.
Panksepp, a proposito del ruolo dello psicoanalista e dello psicoterapeuta in generale, suggerisce di rivolgersi meno verso il livello più alto (della mente cognitiva, astratta, quello che lui chiama livello terziario) , bensì di cercare, “giocando con l’empatia”, di mettersi in contatto con il livello primario: quello delle emozioni di base, mettendosi in gioco per favorire un cambiamento, un’attivazione, uno shift. Mette in guardia però sul fatto che, livelli di sofferenza troppo elevati e di pericolosità, possono essere espressione di uno sbilanciamento di uno dei sistemi emozionali di base che, per loro caratteristica sono meno plastici rispetto alle parti superiori del cervello e che potrebbe non essere facilmente raggiunto ,o quantomeno non in tempi auspicabili,dal solo intervento psicoanalitico. Suggerisce quindi di individuare strategie terapeutiche per ogni singolo paziente in modo da ottimizzare i risultati tenendo conto delle sue specifiche risorse, del suo specifico substrato emozionale e della sua modificabilità .
Ringrazia gli psicoanalisti che sono stati i primi ad interessarsi alle sue ricerche quando il resto della comunità scientifica in cui lui si muoveva non era interessata né allo studio della coscienza né a quello delle emozioni (anni 60) e lui dovette rivolgersi alle neuroscienze, raccogliendo presto l’interesse della comunità psicoanalitica freudiana.