YOKO ONO, 1960
A cura di C. Spadazzi
Parole chiave: Dipendenza, addiction, neuroscienze affettive, sostanze, neurotrasmettitori
Il tema delle dipendenze si pone oggi con particolare rilievo rispetto all’evidenza che, all’alcool, al fumo e alle vecchie e nuove sostanze psicoattive, si sono affiancate le cosiddette dipendenze “sine substantia”, in cui sono i comportamenti ad assumere una valenza compulsiva. Tali comportamenti (abuso di Internet, pornografia, gioco) utilizzano identiche modalità di funzionamento neuropsichico rispetto all’abuso di sostanze. Per i molteplici tipi di dipendenze, nel loro complesso, le neuroscienze offrono una chiave di lettura utile per la comprensione teorica e clinica, includendo anche una prospettiva di integrazione rispetto all’approccio terapeutico con questi pazienti.
In questa breve review, propongo alcuni lavori inerenti al confronto/dibattito in corso nella comunità scientifica internazionale. Nora Volkow è dal 2003 alla Direzione del NIDA, il National Institute for Drug Abuse, il maggior centro mondiale di ricerca sulle dipendenze. In questo articolo (settembre 2019), Volkow descrive gli effetti delle sostanze sul cervello, secondo la prospettiva delle neuroscienze affettive, vale a dire dal punto di vista dei sistemi emozionali primari, secondo Panksepp. Il sistema della “ricerca”, SEEKING SYSTEM, è fondamentalmente dopaminergico, e l’autosomministrazione della sostanza crea un effetto di ricompensa mediato dalla dopamina. Le alterazioni (abbassamento dei recettori D2 e degli oppioidi) prevalgono a livello del nucleo striato e delle aree limbiche (amigdala e ippocampo). Irritabilità e instabilità dell’umore, sostenuti da alterazioni a livello dell’amigdala, creano un disagio che il paziente tenta di alleviare con l’assunzione di sostanze, generando un circolo vizioso che porta, da un lato ad un’ingravescente disregolazione emozionale e dall’altro alla ricerca compulsiva della sostanza. La posizione della Volkow (e del NIDA) è che l’abuso di sostanze sia determinato da una condizione di patologia del cervello (Brain Disease Model of Addiction o BDMA), e come tale debba sia essere intesa sul piano teorico e clinico, che trattata terapeuticamente. Su questo modello (BDMA) è in corso un ampio dibattito, che mette in discussione la medicalizzazione dell’uso/abuso di sostanze, anche da un punto di vista etico.
Altro neuroscienziato, noto per le sue ricerche sulle dipendenze, e in particolare per aver teorizzato il concetto di “salienza incentiva”, Kent Berridge, nel secondo articolo segnalato (dicembre 2021), propone l’approfondimento del concetto di “liking” distinto dal “wanting”, sempre sul filone delle neuroscienze affettive. I “circuiti corticali edonici” costituiscono un’area dopamino-dipendente che interessa piaceri semplici, legati ai sensi, ma anche attività corticali sofisticate, legate all’arte o ad altre attività intellettuali. Il passaggio al “wanting”, al bisogno incontrollato e compulsivo, come avviene nell’abuso di sostanze (ma anche nelle dipendenze “sine substantia”), è legato ad una disgiunzione, a livello dei circuiti neuronali, tra questo bisogno e il piacere che deriva dal consumo della sostanza stessa. Il bisogno, o “wanting” persiste quindi anche quando il piacere decresce, per esempio con lo stabilirsi della tolleranza.
Infine, l’ultimo articolo segnalato (marzo 2021) è di José Zusman, attuale Chair della Commissione sulle dipendenze dell’IPA. Zusman propone un’interessante prospettiva, un doppio asse dependency/addiction (purtroppo intraducibile in italiano, in cui per la “dipendenza” in senso affettivo/evolutivo si utilizza lo stesso termine della “dipendenza” da sostanze). Zusman è stato allievo di Edward Khantzian, che per primo ha evidenziato il ricorso alle sostanze come un tentativo di autocura, stabilendo anche una correlazione tra mondo interno del paziente e tipo di dipendenza sviluppata. Su questa linea, Zusman propone come la dipendenza da sostanze sia inversamente proporzionale alla capacità dell’individuo di tollerare la propria “dipendenza” affettiva dall’Altro, stabilendo un legame profondo. Con un taglio più strettamente psicoanalitico, ma anche attento agli apporti neuroscientifici, in questo articolo Zusman suggerisce che la terapia debba sviluppare la capacità del paziente di accettare la propria “dipendenza” affettiva interpersonale.
Bibliografia
Volkow N.D., Michaelides M., Baler R. (2019): The Neuroscience of Drug Reward and Addiction, Physiol Rev 99: 2115–2140
https://journals.physiology.org/doi/pdf/10.1152/physrev.00014.2018
Berridge K.C., Dayan P.,(2021) “Liking”, Curr Biol. 2021 Dec 20;31(24):R1555-R1557.
https://doi.org/10.1016/j.cub.2021.09.069
Zusman J.A. (2021): Between dependency and addiction, The Psych. Study of the Child, vol. 74, Issue 1, pp.280-293