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La Rimozione: una prospettiva Neuropsicoanalitica I. Sarno e R. Spagnolo

24/10/22
La Rimozione: una prospettiva Neuropsicoanalitica I. Sarno e R. Spagnolo

P. MANZONI, 1957

La Rimozione: una prospettiva Neuropsicoanalitica

Irene Sarno & Rosa Spagnolo

Commento a R. Smith & M. Solms

Robert Smith & Mark Solms (2018)

Examination of the hypothesis that repression is premature automatization: A psychoanalytic case report and discussion.

Neuropsychoanalysis, 20:1, 47-61

DOI: 10.1080/15294145.2018.1473045

Parole chiave: rimozione, interpretazione di transfert, coazione a ripetere.

Le riflessioni di Smith e Solms, nell’articolo qui presentato, sono il frutto del loro dialogo clinico avvenuto nel 2016 presso l’Arnold Pfeffer Center for Neuropsychoanalysis of the New York Psychoanalytic Society and Institute. Il focus dei seminari era centrato su alcuni grandi temi psicoanalitici rivisitati nella prospettiva clinica neuropsicoanalitica. 

Tramite questo breve commento metteremo in evidenza alcuni punti chiave del lavoro, riguardanti  le funzioni  dell’Io e dell’Es, il  meccanismo della rimozione, l’automazione delle difese e l’analisi di transfert.

Nell’articolo vengono illustrate alcune ipotesi neuropsicoanalitiche sviluppate inizialmente da Solms & Panksepp (2012), e successivamente portate avanti da Solms (2013, 2018).  La rimozione come automatizzazione prematura, l’interpretazione di transfert come riconsolidamento della memoria, la natura inconscia dell’Io  e quella conscia dell’Es e quindi l’inconscio cognitivo e l’inconscio rimosso sono i temi affrontati.  Lo scopo dell’articolo, come degli incontri al Pfeffer Center, è di far dialogare la clinica psicoanalitica con le ipotesi neuropsicoanalitiche. 

L’articolo si apre, quindi, con una sintesi della teoria di Solms (2012, 2013), cui segue la presentazione di un caso clinico da parte del dott. Smith, con la successiva presentazione di alcuni interrogativi rivolti a M. Solms, per concludere con un commento/risposta da parte di quest’ultimo. Per la descrizione dettagliata del caso clinico rimandiamo alla lettura dell’intero lavoro.

Il primo punto illustrato è la descrizione dell’Es come appartenente al sistema della coscienza affettiva, ipotesi già avanzata da Solms & Panksepp nel 2012 e da Solms ripresa nel 2013 in un articolo in cui la sua revisione di quanto sostenuto da Freud, negli scritti del 1920 e del 1922 a proposito della natura inconscia dell’Es, si fa più complessa.  Il punto di forza dell’ipotesi di  Solms  è nelle riflessioni intorno alle ricerche neuroscientifiche che indicano come la parte del cervello che svolge le funzioni che Freud attribuiva all’Es  – cioè la parte del cervello che genera pulsioni e istinti e funziona secondo il principio del piacere –  non sia inconscia, ma fa parte del sistema della coscienza. Tale parte, come sostenuto meglio nel suo ultimo libro (2021) è la fonte di tutta la coscienza e la base stessa del nostro essere senziente. Egli evidenzia come la materia fondamentale della coscienza non è la percezione, ma l’arousal/attivazione dei sistemi sottocorticali. La percezione, al contrario, è un meccanismo inconscio, così come lo è gran parte  della cognizione legata alla corteccia a cui  l’Io afferisce. In tal senso, Solms sostiene, le funzioni dell’Io sono inconsce ed operano tramite automatismi inconsci. Mentre gli stati di attivazione/arousal vengono sempre percepiti, sentiti, come affetti o come sentimenti, quindi cadono nel campo della coscienza. È importante notare che questi affetti/sentimenti sono generati da bisogni interni/esterni che attraverso questa percezione cosciente ci rendono consapevoli della loro esistenza e della necessità di soddisfarli.

Pertanto, le funzioni dell’Es – cioè, seguendo l’autore, le pulsioni e gli istinti del tronco encefalico superiore e del sistema limbico – sono innate,  rappresentano i molteplici bisogni biologici primari dell’organismo umano i quali sono identici a quelli di tutti gli altri mammiferi (Panksepp, 1998).

L’Io, invece, apprende dall’esperienza. Impara formando rappresentazioni, immagini, mappate sulla corteccia dalle superfici dei recettori sensoriali, attraverso specifici nuclei talamici di collegamento. Tuttavia, il compito dell’Io non è quello di registrare in modo permanente tutto ciò che sperimenta. Il compito dell’Io è piuttosto quello di imparare a soddisfare le richieste dell’Es (bisogni, istinti, pulsioni percepiti nella coscienza affettiva come affetti, emozioni e sentimenti) nel mondo esterno; cioè imparare a soddisfare i suoi bisogni vitali e riproduttivi.  Pertanto, il compito fondamentale dell’Io sarebbe quello di fare previsioni che funzionino e aggiornare le previsioni ogni qualvolta ci sia un errore, cioè quando queste previsioni (inconsce ed automatiche) non riescono a regolare i bisogni/sentimenti del soggetto.

Nella misura in cui le previsioni dell’Io si realizzano effettivamente, vengono mantenute in memoria, e sono “consolidate” nei sistemi di memoria a lungo termine; mentre le previsioni che non funzionano (errori) vengono aggiornate nella “memoria di lavoro” (richiamate; quindi, rese coscienti) per poi essere eventualmente riconsolidate. Visto che è nella memoria di lavoro che l’Io ripensa alle sue previsioni, potremmo dire con Freud che: “la coscienza nasce al posto di una traccia di memoria” (Freud, 1920).  In tal modo Solms ci mostra come la maggior parte delle funzioni dell’Io siano automatizzate e avviate all’apprendimento il cui scopo ultimo è quello di risolvere definitivamente i conflitti col mondo esterno, imparando a soddisfare completamente i nostri bisogni. Nella misura in cui questo obiettivo viene raggiunto, ottimizzazione delle previsioni, il meccanismo diventa profondamente automatizzato.  Il consolidamento delle previsioni automatizzate comporta il loro trasferimento dai sistemi di memoria corticali, dove erano nel dominio rappresentazionale dell’Io, a quelli sottocorticali, situati principalmente nei gangli della base e nel cervelletto, che fanno parte del sistema di memoria procedurale, o nel sistema limbico, che fa parte del sistema emozionale. L’aspetto cruciale  di entrambi questi sistemi è che si tratta di memorie “non dichiarative”, cioè non riportabili alla memoria tramite il ricordo. Questi due sistemi di memoria non dichiarativi hanno in comune il fatto di bypassare il pensiero riflessivo. Non poter “dichiarare”, “rievocare”, le previsioni automatizzate sottocorticali, non significa non sentirne gli effetti, questi vengono percepiti appunto nella coscienza affettiva  e permeano inoltre, in maniera patologica la “coazione a ripetere”.

L’articolo entra anche nel merito della descrizione dell’”inconscio cognitivo”, e dell’’”inconscio dinamico.

La differenza tra inconscio cognitivo e inconscio dinamico, per come sostenuto da Solms e Panksepp, può essere così sintetizzata: l’inconscio cognitivo consiste in previsioni che sono legittimamente automatizzate perché sono efficaci e adatte a rispondere ai bisogni posti dal mondo interno ed esterno. Il rimosso, attraverso una serie di automatizzazioni illegittime, andrà a costituire l’inconscio dinamico. L’automatizzazione prematura (o illegittima), attraverso cui si forma quindi l’inconscio rimosso, si verifica quando l’Io è sopraffatto dalle richieste dell’Es nel mondo reale e non riesce, o non può, soddisfare queste richieste rimanendo inevasa la quota di bisogno, sentita come affetto non soddisfatto.  In tal modo si formano le difese (automatismi prematuri). Gli affetti, come anche i bisogni insoddisfatti, non possono essere rimossi, sono sempre coscienti. Questo non poter essere rimossi, porta a una ripetizione infinita e insensata, la “coazione a ripetere”. Il paziente quindi non può pensare direttamente al rimosso, poichè prematuramente automatizzato dall’Io, ma può percepirne gli effetti nel ritorno del rimosso della coazione a ripetere. Ciò a cui il paziente può pensare – può riproblematizzare, se viene portato alla sua attenzione attaverso la terapia – sono i derivati ripetitivi del rimosso, cioè quella parte relativa alle rappresentazioni corticali attuali (esperienze attuali), che possono quindi entrare nella memoria di lavoro (attuale) e quindi nel pensiero dichiarativo (e riflessivo, coscienza). Questo lavoro permette di riconnettere queste rappresentazioni attualizzate nel transfert con gli affetti a cui appartengono. Ciò consente all’Io di elaborare previsioni migliori, con piani d’azione più realistici, e di avviare il conflitto su soluzioni legittimamente automatizzabili.

Questa riformulazione del conflitto e delle difese, rende conto anche del fatto che, dopo l’ “interpretazione” del transfert (attualizzazione), arriva il duro lavoro di “elaborazione” (nuovi automatismi); la creazione di nuove memorie procedurali (stabilizzazione di automatismi e nuove previsioni) è un processo lento, lungo e ripetitivo.

L’articolo si conclude su alcune domande poste dalla clinica e sul compito dell’analista,  in sintesi:  L’analista è chiamato a comprendere gli affetti/emozioni/sentimenti portati dal paziente e di analizzare le previsioni erronee che causano la sofferenza, ovvero di portare alla luce le predizioni inconsce e rimosse che il paziente sta utilizzando in modo inefficace per soddisfare i suoi bisogni. In questo senso, l’analisi è un trattamento causale, non sintomatico (Solms, 2018) poiché cerca di affrontare i processi sottostanti che generano gli affetti di cui i pazienti soffrono.

Il compito analitico, quindi, è quello di riportare alla coscienza le previsioni rimosse – ovvero di riproblematizzarle nella memoria di lavoro attraverso il lavoro nel transfert. Sulla base di questa comprensione, sostengono gli autori, tutto ciò che possiamo sperare di ottenere è una nuova e migliore previsione, che deve essere consolidata accanto (o “sopra”) a quelle vecchie. Se le nuove previsioni risponderanno meglio alle esigenze di fondo del paziente, quest’ultimo le utilizzerà prontamente e queste si consolideranno sempre più profondamente, anche dopo la fine del trattamento (Solms, 2018).

In conclusione, l’articolo presenta un’ulteriore integrazione clinica di quanto già ampiamente espresso nel corpus teorico della neuropsicoanalisi fin dai primi sviluppi delle neuroscienze affettive (Panksepp, 1998).   La verifica clinica proposta non è rispetto ai postulati freudiani classici, che Solms ampiamente analizza nei suoi scritti, quanto rispetto al nuovo modello della mente computazionale e quindi della sua capacità di fare previsioni e di organizzarsi in funzione di queste. Particolarmente spinosa, per il lettore di psicoanalisi, risulta la riflessione intorno alla natura conscia o inconscia dell’Io e dell’Es. Per comprenderla appieno bisogna avere l’accortezza di situare tale teorizzazione nel contesto che le compete: la coscienza affettiva. Senza aver ben presente cosa sia la coscienza, ed in particolare la coscienza affettiva, rimane veramente difficile posizionare  L’Es e l’Io fra il mondo degli affetti/sentimenti ed il mondo rappresentazionale.

Freud, S. (1920). Al di là del principio del piacere. In Opere di Sigmund Freud (OSF) Vol 9. L’Io e l’Es e altri scritti 1917-1923, Torino, Bollati Boringhieri.

Freud, S. (1922). L’Ioe l’Es. In Opere di Sigmund Freud (OSF) Vol 9. L’Io e l’Es e altri scritti 1917-1923, Torino, Bollati Boringhieri.

Panksepp, J. (1998). Affective neuroscience: The foundations of animal and human emotions. New York, NY: Oxford University Press.

Solms, M. Panksepp, J. (2012). The “Id” Knows More than the “Ego” Admits: Neuropsychoanalytic and Primal Consciousness Perspectives on the Interface Between Affective and Cognitive Neuroscience. Brain Sci. 2012 Jun; 2(2): 147–175. doi: 10.3390/brainsci2020147

Solms, M. (2013). The conscious Id. Neuropsychoanalysis, 15, 5 – 19.

Solms, M. (2018). The scientific stranding of psychoanalysis. British Journal of Psychiatry International, 15, 5 – 8.

Solms, M. (2020). New project for a scientific psychology: General scheme. Neuropsychoanalysis, Volume 22, 2020 – Issue 1-2

Solms, M. (2021). The hidden Spring. A Journey to the Source of Consciousness. Profile Books.

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