La Ricerca

“La Mente Affettiva” di A. Alcaro. Review  di T. Giacolini

2/05/24
"La Mente Affettiva" di A. Alcaro. Review  di T. Giacolini

Anwar Jalal Shemza 1963

Antonio Alcaro

La Mente Affettiva.

Neuroetologia dell’emozione, dell’immaginazione e della coscienza.

Astrolabio Ubaldini 2023

Review Teodosio Giacolini


Con molto interesse e affetto ho letto il libro di Antonio Alcaro. La nostra conoscenza  avvenne tramite il compianto  Jaak Panksepp, di cui all’epoca stavo validando per Italia il suo test ANPS-Affective Neuroscience Personality Scales (Davis&Panksepp 2011; Giacolini et al 2017), che mi fece conoscere Antonio, che aveva da non molto terminato un periodo di ricerca sul sistema dopaminergico presso i suoi laboratori negli U.S.A.

Il sistema dopaminergico e il sistema emozionale primario della RICERCA, di cui il primo ne è il cuore pulsante, sono divenuti il fulcro  delle successive ricerche e degli innumerevoli  scritti di Alcaro,  di cui il libro La mente affettiva ne costituisce, per così dire, una sorta di summa e di significativa ed interessante evoluzione. E soprattutto su questa evoluzione del suo pensiero mi soffermerò, in particolare per le sue connessioni e implicazioni con aspetti centrali della teoresi psicoanalitica, i concetti dell’associazione libera e dell’attenzione fluttuante.

Il sistema emozionale primario della RICERCA è, come noto, uno dei sette sistemi istintuali o emozionali primari, SESSUALITA’, PAURA, RABBIA, RICERCA, SEPARAZIONE/TRISTEZZA, CURA, GIOCO, su cui si sono incentrate le ricerche di J.Panksepp (Panksepp 1998). Può essere utile ricordare con l’Autore  che per Panksepp le emozioni primarie sono innanzitutto comportamenti istintivi, di origine innata comuni a tutte le specie e collocabili all’interno di una storia filogenetica.  I sistemi emozionali primari sono individuabili in aree cerebrali omologhe in tutte le specie, ed in particolare nelle aree sottocorticali del tronco encefalico, dell’ipotalamo e del proencefalo basale.   Con la distinzione che i sistemi connessi alla CURA, GIOCO e SEPARAZIONE/TRISTEZZA si sono evoluti  soltanto nei mammiferi ed in alcune specie di uccelli, mentre gli altri sistemi sono presenti indistintamente in tutti i vertebrati.      L’evoluzione di questi sistemi sono ripercorse  da Alcaro e contestualizzate all’interno dello sviluppo della disciplina della neuro-etologia, di cui P.McLean prima e J,Panksepp  poi ne sono stati i più eminenti rappresentanti.

Il volume si sofferma, dunque, sulla  dimensione evoluzionistica e filogenetica dello sviluppo del cervello o meglio del brainmind, per poi concentrare l’attenzione sull’evoluzione di una specifica funzione  di quest’ultimo, funzione  ideo-affettiva, che ha avuto nella specie umana un particolare sviluppo. Questa funzione, che venne individuata da S.Freud con il sognare “via regia all’inconscio”, da M. Klein con la teorizzazione delle “fantasie inconsce” e W.Bion con la funzione della “Reverie” viene da Alcaro  definita come un vero e proprio istinto dell’immaginazione,  attività sognante   che costituisce la prima forma di attività riflessiva, dove gli istinti/pulsioni/sistemi motivazionali ed emozionali primari insieme agli  affetti e alle intenzioni ad essi connessi, acquisiscono una primordiale forma di rappresentazione cosciente anche se non autocosciente. Alcaro descrive il correlato neuro-etologico di questa funzione, ripercorrendone gli aspetti dei sistemi neuro-funzionali implicati insieme alla loro evoluzione nella filogenesi delle specie.

I sistemi istintuali/emozionali primari sono espressione di strutture della parte mediale sottocorticale SCMS  (subcortical midline structures) del cervello. Questa area è a sua volta strettamente interconnessa con le strutture della parte mediale della corteccia CMS (cortical  midline brain structures), sede del Default Mode Network-DMN, su cui si sofferma l’attenzione di Alcaro.  Le aree corticali del DMN sono caratterizzate, come noto,  da un’elevata attività intrinseca durante gli stati di riposo, in particolare  ad occhi chiusi,  attività che diminuisce quando i soggetti si impegnano in compiti finalizzati. Il DMN è dunque connesso ai processi mentali orientati internamente, mentre, quando l’attenzione è rivolta al mondo esterno, entrerebbe in funzione il Dorsal Attention Network (DAN). L’attività del DMN è connessa alla elaborazione di stimoli che riguardano la propria persona, evidenziando una interessante  sovrapposizione tra attività che riguardano il proprio sé e lo stato del cervello durante gli stati di riposo, compresi quelli durante il sonno REM e  l’attività onirica.  L’esplorazione del DMN ha profondamente cambiato la visione delle neuroscenze  sul funzionamento  del cervello fino a quel momento  (fine degli anni 90^), incentrata soprattutto sulla  capacità cerebrale di gestire reazioni a stimoli enterocettivi e/o esterocettivi.   E proprio l’esplorazione e la descrizione del funzionamento cerebrale o meglio del brainmind da un punto di vista neuro-etologico, sulla base di una sostanziosa bibliografia di riferimento, costituisce un aspetto preziosa del volume scritto da Alcaro.  L’Autore evidenzia che l’attività autoreferenziale del DMN ed  il grado di relazione con il sé dipende dal funzionamento della porzione ventrale centrale del DMN, da cui emergerebbe l’attività  immaginativa caratterizzata da specifica tonalità  affettiva. L’Autore, seguendo la lezione di J.Panksepp, evidenzia come questa funzione del DMN è  espressione dell’area del nucleo ventrale del CMS (cortical midline structures), la quale è densamente embricata con le regioni sottocorticali mediali SCMS (subcortical midline structures) (formate dal tronco encefalico, grigio periacqueduttale, mesencefalo e proencefalo basale, nonché da l’amigdala, gangli della base (striato e nucleo accumbens), coinvolte nella regolazione viscerale-omeostatica di base ed in cui radicano i sistemi istintuali/emozionali primari.   E’ l’embrigazione tra le strutture corticali del DMN e quelle sottocorticali, da cui generano i sistemi istintuali/emozionali primari, a determinarne il contenuto autoreferenziale endogeno. I sistemi emozionali primari sarebbero, dunque, i “bacini di attrazione” dell’attività autoreferenziale del DMN. L’attività di quest’ultimo si esprime a livello inconscio ed influenzerebbe la disposizione  emozionale del soggetto verso il mondo circostante e può coincidere con precedenti concettualizzazioni quali “inconscio implicito non rimosso” (Fonagy et al., 2002)  o “modelli operativi interni” (Bowlby, 1969/1982; Stern, 1985) o, come già ricordato, le fantasie inconsce e la funzione di reverie.  Questa attività  autoreferenziale inconscia  del  cervello è accessibile alla consapevolezza soggettiva attraverso un processo di immaginazione attiva, solitamente con caratteristiche visuo-spaziali,  di cui il sognare ne è l’esempio più evidente. Questo flusso fluttuante di immagini e pensieri coscienti è  definito, commenta Alcaro, come mind wondering/mente vagante (Mason et al., 2007; Fox et al., 2013; Christoff et al., 2016), che l’Autore ritiene essere un vero e proprio istinto riflessivo. La funzione del mind wondering sarebbe quella di esplorare, sotto la spinta del sistema emozionale primario della RICERCA,   scenari connessi all’esperienza del passato, all’anticipazione di esperienze future e a scenari ipotetici, vincolati alla attivazione dei sistemi istintuali/emozionali primari.  Questa caratteristica funzione del DMN sarebbe connessa all’attività del lobo medio-temporale (MTL), un insieme di aree cerebrali centrate sull‘ippocampo e sul complesso paraippocampale che costituiscono la componente   antica del DMN e i cui antecedenti sono stati ritrovati nella corteccia mediale dei rettili (Reiter et al., 2017).  Questa area del cervello sarebbe connessa all’esplorazione spazio/temporale del mondo sia fisico che ideativo o  “virtuale”. Alcaro propone di considerare questa attività  esplorativa endogena del DMN mediata dal MTL  funzionale a spingere  gli organismi ad esplorare e cercare tutte le varietà di stimoli di supporto alla vita, inducendo uno stato appetitivo e stati di aspettativa e anticipazioni di potenziali ricompense o punizioni.   Queste configurazioni immaginative così descritte sarebbero alla base sia della mind wonering chedell’attività del sonno REM e dunque del sognare. A questo proposito viene sottolineato come anche i rettili mostrino correlati neurofisiologici e comportamentali della fase REM durante il sonno (Shein-Idelson et al., 2010). Questo indicherebbe che il sognare è una caratteristica dell’evoluzione del cervello dei vertebrati.  Durante il sonno REM negli animali endotermici (a sangue caldo), come la specie umana, viene meno la termoregolazione quindi una diminuzione del controllo metabolico sul corpo mentre il cervello diviene metabolicamente iperattivo, in particolare certe zone del MTL (Cerri et al., 2017). La regressione ad un  funzionamento simile a quello degli animali ectodermici (a sangue freddo) indicherebbe che il sognare è uno stato di funzionamento del brainmind molto arcaico ed una forma di proto-coscienza (Panksepp 1998; Hobson 2009). L’Autore fa notare che i nuclei sottocorticali del troncoencefalico che controllano il sonno REM sono centri evoluzionisticamente più antichi di quelli che controllano il sonno non-REM  e la veglia attiva  (Panksepp, 1998).  Inoltre negli embrioni umani il sonno REM compare prima del sonno non-REM e dello stato di veglia, e il sonno REM è prioritario nell’ultimo trimestre  della gestazione, per poi diminuire dopo la nascita (Birnholz, 1981). Da annotare che una delle funzioni del sognare sembra essere quella di consolidare le memorie  (Diekelmann and Born, 2010). Allo stesso tempo il sognare sembra avere la funzione di integrare le esperienze diurne con quanto già presente in memoria ((Stickgold, 1998;  Stickgold et al., 2000;  Gais et al., 2000; Maquet, 2001; Mednick et al., 2003).  Cosi il sognare non è semplicemente un consolidamento di memorie ma un lavoro di integrazione dell’attuale con il passato, insieme alla elaborazione di aspettative future (Ribeiro, S., and Nicolelis, M. A. L. 2004), sia per anticipare ed evitare pericoli sia per gestire il desiderio verso situazioni appetibili (Valli and Revonsuo, 2009; Perogamvros and Schwartz, 2012). 

Se la descrizione neuro-etologica  dell’attività immaginativo/onirica è fruibile da parte del lettore, più complesso è seguire Alcaro nella ricostruzione della filogenesi di tale funzione nei vertebrati, per dare risposta al perché si sia evoluta tale funzione ideo-affettiva. L’Autore propone una ricostruzione  in cui il primo momento significativo sarebbe stata l’evoluzione, nei vertebrati terrestri, i rettili e quindi  nei mammiferi e uccelli, dei circuiti rientranti talamo-corticali, come proposto dalla teoria di Edelman (Edelman 2005). Questa evoluzione delle strutture e funzioni cerebrali determinarono l’apparire  della capacità di attenzione e discriminazione attraverso cui rappresentare e categorizzare la realtà. Questa evoluzione delle funzioni cerebrali avrebbero determinato l’apparire di quella che Edelman definisce coscienza primaria (Eedelman et al 2005), che compare nella specie umana al terzo mese di vita. L’evoluzione della coscienza primaria, avrebbe creato e creerebbe una minaccia al mantenimento di un’identità psicobiologica integrata e coerente dell’individuo, definibile come se-nucleare (core-self). L’attenzione categoriale al mondo esterno sarebbe stata così compensata dalla possibilità di ritornare ad una eccitazione istintuale non vincolata, quella che Freud definì processo primario e  che può essere rintracciata nella attività onirica, nel sonno REM  o nello stato del mind wondering   (Alcaro.Carta 2019; Jouvet 1975). In tal modo, l’impatto della realtà esterna sull’organismo è compensato da un movimento inverso, attraverso il quale l’organismo riorganizza la sua esperienza utilizzando un codice istintuale che lo connette direttamente al mondo dei valori biologici e affettivi, integrandoli in processi che li rendono individuabili e distinguibili negli  elementi dell’interazione con il mondo, in particolare quello relazionale (Edelman 1989)

Per concludere il volume di Alcaro può essere un utile strumento per affrontare, in una dimensione neuroscientifica e neuro-etologica, lo studio e la conoscenza  dell’attività del sognare di notte e quella del sognare di giorno,  attività inferenziali volte a predire scenari possibili per la gestione della realtà, in particolare quella relazionale, epresenti nella stanza di analisi con le funzioni dell’associazione libera e dell’attenzione fluttuante, scoperte S.Freud per esplorare i nostri processi inconsci .

Teodosio Giacolini

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