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Sogno. Sviluppi in Masud Khan

21/10/19
Ettore Spalletti, 2016

Ettore Spalletti, 2016

Il sogno

Sviluppi in Masud Khan

A cura di Lucio Russo

Le ipotesi teoriche di Khan hanno portato alla luce l’altro sogno che gli enunciati positivi di Freud (1899;1925) avevano lasciato nell’ombra e nell’indeterminatezza. L’ombra del sogno di Freud, che la nuova teoria di Khan pone al centro dell’intero sistema-sogno, è l’esperienza del sognatore di sognare. E’ l’esperienza onirica «fuori testo», alla quale è preclusa la rappresentazione e il senso, che vive all’ombra del sogno narrato, ma che lo ispira. E’ la creatività umbratile del sogno.

Nel suo primo articolo sul sogno (1962), Khan mette in relazione la capacità di fare un «buon sogno» con stati di soddisfazione acquisiti e depositati nella memoria corporea e inconscia del sognatore. Il «buon sogno» è possibile solo se le immagini mnestiche di una soddisfazione anteriore dei bisogni sono pronte ad essere investite da energia libidica e riattivate nell’offuscamento allucinatorio del desiderio. Secondo lo psicoanalista pakistano, Freud spinto dall’autoanalisi dei propri sogni e dall’immedesimazione con le esperienze cliniche dei suoi pazienti, avrebbe ricreato «intuitivamente nello scenario analitico, un ambiente fisico e psichico» che corrisponde «in misura rilevante a quello intrapsichico che nel sognatore favorisce un “buon sogno”.

Già nel 1962 Khan introduce l’importanza degli spazi intrapsichico e fisico nella formazione del sogno e della situazione analitica.

In «Uso e abuso del sogno nell’esperienza psichica» (1972) egli propone l’idea della «capacità di sognare», che è facilitata dal sostegno delle cure dell’ambiente. Lo spazio del sogno è l’equivalente intrapsichico dello spazio transazionale, nel quale l’individuo può vivere alcuni tipi di esperienze.

Lo spazio del sogno contiene e elabora sensazioni e affetti, che altrimenti sarebbero messi in atto ed evacuati nello spazio sociale.

Khan differenzia il sogno inteso come processo mentale simbolico e le esperienze attualizzate nello spazio del sogno.

Egli scrive che nella realtà psichica interna di ogni paziente dovremmo distinguere il processo del sogno dallo spazio in cui il sogno si effettua. Sappiamo dalla monumentale opera di Freud che una delle funzioni monumentali del sogno è l’appagamento del desiderio; sappiamo inoltre che sognare è una capacità. E questa capacità dipende vuoi dal clima psichico interno in un determinato momento, vuoi dalla disponibilità di certe funzioni dell’Io che consentono di usare quel discorso simbolico che è l’essenza della formazione onirica.

Khan intende sottolineare che in molti pazienti per molto tempo il processo del sognare, che articola impulsi e conflitti inconsci, avviene senza che si sia costruito uno spazio onirico, dove il sogno può attualizzare l’esperienza del sogno. Egli consiglia, in questi casi, di «ridurre al minimo l’interpretazione del contenuto del sogno», in quanto un’eccessiva elaborazione del processo del sogno potrebbe nascondere l’incapacità del paziente di instaurare lo spazio onirico.
In questo secondo articolo sul sogno si comincia, dunque, a delineare lo statuto dell’esperienza del sognare, che è diversa dal testo del sogno.
Nel suo terzo articolo sul sogno, infine, «Al di là dell’esperienza onirica» (1976), Khan relativizza la centralità dell’interpretazione del testo-sogno e mette al centro dell’attenzione l’insieme del sogno come esperienza
Bisogna distinguere tra l’esperienza onirica e il significato del testo onirico che viene ricordato, il sognare è un’esperienza psichica del tutto diversa da quella fornita dal testo onirico rievocabile.

Khan giunge a definire la differenza tra l’interpretazione del significato del sogno e l’esperienza che il paziente fa del sogno come cosa in sé. Sottolineo i due termini «esperienza» e «cosa in sé», che Khan mette tra loro in relazione, per definire il fatto di sognare. Per lo psicoanalista pakistano l’esperienza del sognare si avvicina a quella «realtà fondamentale» e inconoscibile che Bion rappresenta con il simbolo «O». Nel pensiero di Khan l’esperienza del sognare, che il filosofo Maritain definisce «il mondo incomunicabile della “soggettività creativa”» dà forma ai primi confini dell’Io.

Il sognare «l’intero sogno» sarebbe, dunque, l’espressione di un fatto creativo, è una funzione della struttura inarticolata della mente inconscia e pre-logica, che non «diventa mai accessibile alla normale articolazione mentale», che «può adempiere a compiti di integrazione che superano di molto la capacità dell’attività mentale conscia di superficie».

Il sognatore utilizza l’esperienza onirica per avere un contatto diretto con la totalità del Sé e con il proprio senso di essere.

Khan identifica l’esperienza del sognare con la costruzione dello «spazio onirico», che definisce «la strutturazione nel soggetto di un ambiente interno, idoneo a usare “i meccanismi del sogno e il sogno stesso”, che è il risultato di provvigioni ambientali adeguate. Allorché mancano soccorsi ambientali adeguati, non si creano lo spazio onirico, la capacità di sognare e l’uso soggettivo e personale dei sogni.

In numerosi pazienti traumatizzati il processo del sognare e la formazione del testo onirico avvengono senza che si sia strutturato lo spazio onirico. Alcuni pazienti sfruttano lo spazio narrativo per drammatizzare e mettere teatralmente in atto i loro sogni privi dello spazio onirico.

Nel lavoro del 1976, Khan conclude la propria ricerca sul sogno identificando l’esperienza onirica con una forma paradossale di autoesperienza soggettiva, che amplia e completa l’esperienza del sé tramite il funzionamento del processo primario.

Khan amplia la teoria freudiana del sogno introducendo alcuni nuovi concetti. Il primo è quello di «spazio onirico», che ricalca lo «spazio potenziale», e che Khan definisce la strutturazione nel soggetto di un ambiente idoneo a usare i meccanismi del sogno e il sogno stesso. Egli fa l’esempio di pazienti che sognano e raccontano i loro sogni senza trarre da essi alcuna soddisfazione; sogni che non si realizzano nello spazio privato del Sé e che non conducono alla personalizzazione dell’esperienza del sogno.

Il secondo si riferisce al Sé, che non è l’Io, ma è l’esperienza soggettiva e personale del bambino, sostenuto dall’ambiente, di diventare capace di riconoscere se stesso nella dipendenza e di sostenere la separazione del non-me da me.

In «Scoperta e divenire del Sé» Khan definisce il Sé l’autoesperienza soggettiva che non comunica, creata dai suoi simboli, così come da essi è rappresentata ed espressa.

Rimane enigmatica «l’esperienza del sognare», che Khan ha introdotto nel sogno. L’esperienza non è un fatto oggettivo e non viene comunicata e trasmessa attraverso il modello dell’informazione oggettiva.

Ronald Laing, l’antipsichiatra inglese analizzato da Winnicott e supervisionato per breve tempo da Bion, ha visto nella musica un modello di comunicazione e di trasmissione dell’esperienza.

Dice Laing che la melodia non consisterebbe nelle note singole, separate, ma nella forma generata dalla sequenza dei rapporti delle altezze delle note. Questi rapporti non sono note e di per sé non produrrebbero suono. Se la musica arriva a noi, si verifica un’istantanea vibrazione empatica attraverso la quale entriamo in risonanza e in comunione con essa. Non è attraverso questa comunione risonante che i fatti oggettivi vengono comunicati.

L’esperienza è uno stato d’animo, un’atmosfera, sfumature di pathos, che né il pensiero logico, né il discorso possono trasmettere e nessun metodo scientifico può oggettivare. Eppure l’esperienza arricchisce la vita degli individui e la sua mancanza la impoverisce. In definitiva provo a definire l’enigmatica «esperienza del sognare», articolando i due termini «esperienza» e «sognare». La capacità di sognare è una funzione psichica, che presuppone la funzione materna primaria di cura e di holding dell’infante. Nel tempo del sognare il sognatore entra regressivamente nello stato di dipendenza assoluta dell’infante nelle braccia della madre.

L’attività del sognare può essere metaforicamente descritta, usando una felice espressione di Ferenczi: l’esperienza de «l’infante dormiente nell’inconscio dell’adulto».

Sostenuto dallo spazio onirico, metafora del corpo materno, il sognatore fa esperienza dell’inizio del Sé. Esperienza soggettiva, privata, che non può essere né ricordata, né rappresentata, né narrata.

BIBLIOGRAFIA

Freud S. (1899), «L’interpretazione dei sogni», in O.S.F., vol. III, Boringhieri, Torino, 1966

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Freud S. (1925), «Alcune aggiunte d’insieme alla “Interpretazione dei sogni», in O.S.F., vol. X, Boringhieri, Torino, 1978

Khan M.M.R. (1974), «La psicologia del sogno e l’evoluzione della situazione analitica», in Lo spazio privato del sé, Boringhieri, Torino, 1979

Khan M.M.R. (1974), «Uso e abuso del sogno nell’esperienza psichica», in Lo spazio privato del Sé.

Khan M.M.R. (1974), «Scoperta e divenire del Sè», in Lo spazio privato del Sè, op.cit. p. 283.

Khan M.M.R. (1983),«Al di là dell’esperienza onirica», in I Sé nascosti, Bollati Boringhieri, Torino, 1990

Laing R. (1967), Nascita dell’esperienza, Mondadori, Milano, 1982.

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Milner M. (1969), «Le mani del Dio vivente», Armando, Roma, 1974.

Winnicott D.W. (1989),«Le basi del Sé nel corpo», in Esplorazioni Psicoanalitiche, Cortina, Milano, 1995, pp. 294-295;

Winnicott D.W. (1989),«L’importanza del setting nelle situazioni regressive in psicoanalisi», in Esplorazioni Psicoanalitiche, op.cit., p. 121.

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