La Ricerca

Sogno in W.R. Bion

15/12/21
Il sogno in W.R. BION di Michele Bezoari

Rene Magritte, 1966

A cura di Michele Bezoari

Per evidenziare il contributo innovativo di Bion alla teoria psicoanalitica del sogno è utile partire dal concetto di lavoro onirico, introdotto da Freud nel sesto capitolo della Interpretazione dei sogni (1899).

Il lavoro psichico da cui scaturisce il sogno consiste, per Freud, di due fasi successive: la produzione dei pensieri inconsci e la loro trasformazione nel contenuto manifesto del sogno. Solo questa seconda operazione, in quanto specifica dei sogni, è stata da lui considerata come il vero e proprio lavoro onirico e descritta mettendone in luce le modalità impiegate per eludere la censura (condensazione, spostamento, raffigurazione simbolica, elaborazione secondaria).

La ricerca di Bion si è, invece, focalizzata sulla prima fase, cioè sulla formazione dei pensieri inconsci mediante un processo dal quale derivano, come lo stesso Freud aveva ipotizzato, anche i pensieri coscienti. Per indicare la novità del suo apporto Bion ha usato inizialmente il termine lavoro-del-sogno-alfa, ridefinito in seguito funzione alfa (1962, 1992).

Questa funzione opera trasformando le impressioni emotivo-sensoriali (elementi beta) in immagini (gli elementi alfa) idonee alla costruzione dei pensieri sia consci che inconsci. Si tratta di un lavoro onirico basilare e necessario per la vita psichica: lavoro che, a differenza di quello che porta alla formazione del sogno, si svolge di continuo, non solo quando dormiamo ma anche quando siamo svegli. È un processo paragonabile, secondo Bion, alla digestione.

Nell’ottica bioniana il contenuto manifesto del sogno è un’aggregazione di elementi alfa articolati in forma narrativa durante il sonno e successivamente rielaborati durante la veglia. Il nucleo del sogno come evento vissuto dal soggetto dormiente è un’esperienza emotiva, che la funzione alfa elabora nel tentativo di renderla pensabile, analogamente a quanto accade per le esperienze emotive vissute nello stato di veglia.

Parlando di “sogno necessario” e affermando che ogni uomo deve poter “sognare” un’esperienza emotiva mentre gli capita, sia che gli capiti nel sonno sia che gli capiti da sveglio, Bion (1962) si riferisce dunque al primo livello di pensiero onirico. Per evitare di essere frainteso dal lettore, egli usa – almeno inizialmente – le virgolette quando con i termini “sogno” e “sognare” intende il prodotto e l’attività della funzione alfa, non il sogno e il sognare propriamente detti (che devono la loro specificità allo stato di coscienza peculiare del sonno), né le fantasticherie della veglia talvolta chiamate, nel linguaggio comune e anche da Freud, “sogni a occhi aperti”.

La nuova teoria è compatibile, come dichiara lo stesso Bion, con i concetti classici di rimozione, censura e resistenza impiegati da Freud a proposito del sogno. Ma questi meccanismi vengono ora considerati al servizio della funzione alfa, che crea e differenzia i pensieri inconsci e quelli consci per mezzo di una membrana virtuale in continuo sviluppo denominata barriera di contatto. Più che prodotti dall’inconscio, essi sarebbero dunque meccanismi produttori dell’inconscio.

Con Bion viene pienamente riconosciuta al sogno quella capacità di generare nuovi significati della vita emotiva che Freud aveva solo in parte e tardivamente ammesso, legato com’era al suo assunto teorico di considerare il sogno come una deformazione di significati già presenti nell’inconscio (Riolo 1983).

Ma non tutti i sogni sognati, ricordati ed eventualmente raccontati hanno lo stesso valore per la pensabilità dell’esperienza emotiva. Adottare la prospettiva bioniana non significa considerare il contenuto manifesto del sogno come se raccontasse “la verità, tutta la verità e nient’altro che la verità” (Meltzer 1984).

Per Bion il lavoro simbolopoietico della funzione alfa, nelle sue varie fasi, è soggetto a influenze contrastanti che tendono ad evitare invece che a favorire la consapevolezza di emozioni troppo dolorose. Il materiale onirico può essere inconsciamente usato come bugia – invece che per accostarsi alla verità – e la stessa funzione alfa può invertire il suo corso, come accade nei disturbi psicotici, trasformando anche i simboli già prodotti in elementi quasi concreti (simili agli elementi beta originari), non più utilizzabili per il pensiero ma destinati all’evacuazione nel corpo, nel comportamento o nel mondo esterno con modalità allucinatorie.

Alla luce degli sviluppi bioniani anche il posto del sogno in analisi viene in parte riconfigurato.

Mentre il sogno della notte è un tentativo di rendere pensabile l’esperienza emotiva del sognatore addormentato, nella seduta analitica il sogno raccontato dal paziente si inserisce nel contesto di un dialogo che ha come nucleo emotivo ciò che egli sta vivendo nella relazione con l’analista. È compito dell’analista cercare di sintonizzarsi con questa esperienza emotiva in atto per favorirne la simbolizzazione condivisa, mettendo la propria funzione alfa al servizio di quella del paziente grazie a una disposizione mentale definita da Bion reverie [], che integra il concetto freudiano di attenzione fluttuante.

L’analista, afferma Bion (1992), deve poter “sognare” l’analisi mentre questa avviene, ma naturalmente – precisa con un pizzico di umorismo – non deve addormentarsi. Obiettivo dell’analista è realizzare insieme al paziente una “trasformazione in sogno” (Ferro 2009) dei fatti della seduta. Tra questi fatti il racconto di un sogno ha un carattere speciale in quanto è espressione (più o meno riuscita) del lavoro onirico notturno del paziente e, soprattutto, in quanto può offrire al pensiero associativo della coppia analitica spunti inediti per esplorare nuove prospettive di senso (Bezoari e Ferro 1994).

Interpretare il sogno equivale per Freud a disfare i travisamenti del lavoro onirico notturno per risalire ai pensieri già presenti nell’inconscio del sognatore. Per Bion si tratta piuttosto di portare avanti il lavoro del sogno nella veglia, mettendo a frutto anche le potenzialità creative delle trasformazioni oniriche descritte da Freud (condensazione, spostamento, raffigurazione) per produrre nuovi pensieri, idonei a rappresentare l’esperienza emotiva in divenire. Come dice Ogden (2005) ispirandosi a Bion, scopo dell’analisi è migliorare nell’analizzando la capacità di “sognare i suoi sogni non sognati o interrotti”.

Bibliografia

Bezoari M., Ferro A. (1994). Il posto del sogno all’interno di una teoria del campo analitico. Riv.Psicoanal., 40, 251-272.

Bion W.R. (1962). Apprendere dall’esperienza. Roma, Armando, 1972.

Bion W.R. (1992). Cogitations. Pensieri. Roma, Armando, 1996.

Ferro A. (2009). Trasformazioni in sogno e personaggi del campo psicoanalitico. Riv.Psicoanal., 55, 395-420. 

Freud S. (1899). L’interpretazione dei sogni. O.S.F., 3.

Meltzer D. (1984). La vita onirica. Roma, Borla, 1989.

Ogden T. (2005). L’arte della psicoanalisi. Milano, Cortina, 2008.

Reverie, Spipedia enciclopedia SPIWEB https://www.spiweb.it/la-ricerca/ricerca/spipedia/

Riolo F. (1983). Sogno e teoria della conoscenza in psicoanalisi. Riv.Psicoanal., 29, 279-295.

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