La Ricerca

Identificazione Patologica

25/05/18
N.Samori, 2015

N.Samori, 2015

IDENTIFICAZIONE PATOLOGICA

(nella Struttura Narcisistica del Carattere)

A cura di Anna Oliva De Cesarei

I processi di Identificazione, nei differenti livelli di sviluppo, sono basilari per la strutturazione dello psichismo, costituiscono le basi dell’ identità e del senso di Sé, partecipano alla formazione del carattere, portano mattoni alla costruzione dell’Io, Super-Io, Ideale dell’Io e organizzano le funzioni della mente attraverso le primitive relazioni d’oggetto.

Delle diverse modalità della Identificazione, tenendo conto delle caratteristiche teoriche e cliniche (identificazione isterica, identificazione melanconica, identificazioni nella psicosi…), mi soffermerò su qualche nota introduttiva alla problematica specifica nelle identificazioni patologiche nella struttura narcisistica del carattere.

Identificazione primaria e secondaria

L’identificazione primaria costituisce per Freud (1921) la forma più originaria di legame emotivo con un oggetto,qualcosa di diretto, di immediato, di più antico di qualsivoglia investimento oggettuale (1922), e presuppone un livello psichico di indifferenziazione che fonda l’esperienza di “essere” nel bambino. L’attenzione della psicoanalisi contemporanea è centrata sulla interazione dello psichismo dei caregivers nell’holding; il lattante è a contatto fin dall’inizio con il modo di essere della madre sia nell’accudimento ma anche col suo alito vitale, lo psichismo della madre influenza le cure nell’holding. La possibilità di costituirsi di un ambiente interno è in stretta correlazione con un incontro sufficientemente buono con lo spazio psichico materno (l’impianto che la madre può dare al bisogno e al desiderio del bambino, come maneggia l’ansietà, il grado di costanza, come infonde la vita…); il bambino “pesca” nell’inconscio materno attraverso voce, contatto, movimenti corporei, sguardo, cercando la luce-vita. Il lattante recepisce il senso dato dalla madre (messaggi metabolizzati) ma anche come “è” la madre.

La struttura psichica si costituisce attraverso l’interiorizzazione dell’holding in uno spazio interno le cui caratteristiche sono molto legate a quanto spazio e risonanza hanno trovato bisogni, affetti, attività del bambino.

Se l’oggetto è sufficientemente buono e libero, accoglie i bisogni primari, favorisce lo sviluppo del desiderio e permette differenziazione e separazione, promuove lo sviluppo del pensiero con la possibilità di costruire rappresentazioni, aiuta il passaggio dalla relazione arcaica indifferenziata ad un uso mobile della identificazione secondaria, fondata sulla capacità di riconoscere e accettare l’alterità nella relazione; si avvia così una sufficiente libertà di essere, la possibilità di fruire di una fonte creativa, e la capacità di avviare nuovi e versatili investimenti oggettuali.

Vi è un continuum di sviluppo tra identificazione primaria e secondaria, in rapporto alla formazione o difetti di formazione dello spazio psichico interno, inteso come indice di che ricezione, ascolto e investimento abbia o meno avuto il bambino per il nascente Sé.

Ogni analisi esplora le complesse interazioni del senso di esistere con il desiderio e fantasmi dei genitori; come dice Kaës, siamo costituiti dal desiderio di un altro prima di noi e questo desiderio alimenta, a mio parere, la vitalità profonda dell’essere, la linfa che anima il respiro di base.

 

Identificazione patologica.

Freud (1914) aveva sottolineato come l’amore parentale non è altro che il narcisismo dei genitori tornato a nuova vita. Si instaura una coazione ad attribuire al bambino ogni sorta di perfezioni; egli deve appagare i sogni e i desideri irrealizzati dei suoi genitori.

Nelle fasi precoci dello sviluppo, quando non vi è differenziazione soggetto-oggetto, il bambino deve confrontarsi con un mondo strutturato di significati e di attese per lui incomprensibile. Quale incontro avrà “sua maestà il bambino” con le attese dei genitori?

Molti Autori Ferenczi, Aulagnier, Bonaminio e AA si sono soffermati successivamente sulla asimmetria dell’incontro primario, punto cardine di innesto della patologia narcisistica nell’incontro tra la competenza aperta del neonato e l’influenza delle proiezioni narcisistiche o impingement o mancate proiezioni dei suoi genitori: l’equilibrio o meno dell’incontro condizionerà in modo determinante il processo di differenziazione tra Sé e non-Sé, la possibilità di apertura alla percezione dell’ “altro” nell’oggetto della relazione narcisistica.

La stabilizzazione di una fiducia di base fonda un pavimento psichico, uno sfondo su cui possono poi appoggiarsi nuovi stimoli, immagini, sensazioni, ricordi ecc. ; abbiamo la struttura “spaziale” per l’iscrizione di una scena psichica in un registro rappresentativo. La metafora del notes magico, con una superficie-sfondo su cui vengono registrate le tracce, rende bene la mobilità necessaria al sistema per poter essere aperto a successive ricezioni e acquisizioni.

Se vi è un grave intoppo o mancanze nella funzione di schermo, sotto la pressione dell’urto, “impingement”, la caduta è rovinosa, vi è blocco della temporalità e immobilizzazione, un’invasione di angoscia o di diffidenza opera un arresto totale, mentre la coazione a ripetere testimonia un impatto violento che frattura la ritmicità, “in un’area sospesa tra la vita e la morte” (Freud 1919). Si creano buchi nella trama della rimozione primaria; una irruzione precoce di qualcosa che sia “non-Sé” causa una lacerazione insostenibile, sanabile solo attraverso dissociazioni e stati di deafferentazione sensoriale (sordità e cecità psichica ).

Nel blackout, nello squarcio sullo sfondo, vi è uno sradicamento di ricordi con una memoria bianca su delle pagine importanti, come dice A. Green (1992), non esiste lo schermo per quel trauma specifico e non ci sono quindi le premesse per istituire una scena psichica.

La frattura del pavimento psichico, con irruzione dell’altro e frattura precoce Sé non-Sé, porta a constatare, come dice A.Green (2004), l’assenza di formazioni intermedie, ossia di formazioni dell’inconscio propriamente detto, domina l’Es.

Di fatto, si apre la porta agli automatismi, a “memorie” nel soma, agli agiti, al sonno come valvola che chiude tutto.

Gli effetti di un disturbo di questo primo incontro appaiono rilevanti nelle identificazioni narcisistiche, che inibiscono o bloccano del tutto la capacità di sviluppo necessaria per losviluppo di una identità personale. H. Faimberg (1995) ha descritto le identificazioni inconsce alienanti, non c’è spazio psichico affinché il bambino possa sviluppare la propria identità, libero dal potere alienante del narcisismo dei suoi genitori.

Per J. Badaracco, in fasi molto precoci dello sviluppo, con poca differenziazione soggetto-oggetto, si stabiliscono identificazioni patologiche invadenti o totalmente intrusive nei confronti di un Io fragile e immaturo, il quale – non potendo difendersi – deve mimetizzarsi, trasformarsi nell’altro perdendo completamente le proprie caratteristiche personali. Una tale identificazione diventa alienante perché l’Io, perdendo completamente le proprie possibilità, viene sostituito da un oggetto estraneo invadente che se ne impadronisce, come in una possessione demoniaca.

Sviluppi. Una prospettiva.

In un mio scritto (Oliva De Cesarei A., 2010), ho pensato di suddividere i pazienti con una struttura narcisistica del carattere che ho avuto in analisi, in due gruppi; il problema centrale è quale grado di estraneità, di alter, è sopportabile per il bambino, in relazione al budget di esperienza di rapporto di cui dispone, nel momento e nel modo in cui incontra nella sua storia l’oggetto traumatico.

Un primo gruppo comprende nella struttura identificazioni bidimensionali, è caratterizzato da identificazioni fuse del Sé e dell’oggetto, “vittima” e “aggressore” sono un tuttuno; l’analista è catturato in una amalgama indifferenziata con le identificazioni del paziente, è l’oggetto arcaico gelato, instabile, che espelle…

Nel secondo gruppo, l’oggetto rifiutante o maltrattante…con cui il paziente è identificato, è interiorizzato; vi sono parecchie differenze nelle caratteristiche dei pazienti, gradi e sfumature diverse nella patologia; nel corso della terapia, l’analista funziona da schermo di proiezione per le identificazioni del paziente.

La divisione in due gruppi è un punto di riferimento per descriverne caratteristiche specifiche, vi è un continuum di situazioni intermedie, là dove vi sono tratti indifferenziati conservati in ‘nicchie’ o in tratti del carattere non totalizzanti o nel soma…, accanto ad aree che possono evolvere in identificazioni patologiche del secondo gruppo.

Nei due gruppi, nella traslazione viene denegata l’esistenza dell’analista come individuo separato e differenziato.

La differenza fondamentale è nella presenza, o nella assenza o  schiacciamento, dello spazio interno; disporre di uno spazio interno, significa essere almeno in parte a contatto con la sofferenza vissuta nell’infanzia. I pazienti del secondo gruppo, spesso non vogliono figli, oppure pensano all’adozione, poiché con  un figlio loro, “dentro”, temono di ripetere nel ruolo capovolto le sofferenze subite, di avere un figlio che sia la loro copia, mentre un figlio “fuori”, che viene da lontano,  introduce uno iato, un aiuto per differenziare, per stabilire una separazione anziché duplicare il genitore patologico. Nei pazienti del primo gruppo, proprio perché sono fusi e confusi con il genitore rifiutante o maltrattante…, immersi in una nebbia di indifferenziazione, è frequente la ripetizione inconscia di un uguale destino con i figli.

Identificazioni bidimensionali.

Ci si riferisce a situazioni cliniche che hanno come elemento comune una frattura, nei primissimi mesi di vita, di una situazione di unità della coppia madre-bambino, con l’esperienza di un apparire improvviso e prematuro di un non-Sé che, per vari motivi, fa precocemente cadere e lascia da soli a gestire dosi di angoscia intollerabile. Il punto di rottura avviene in quella delicata fase in cui sono dominanti le esperienze sensoriali in una primitiva organizzazione presimbolica e preoggettuale.

Nel descrivere la Bipolarità narcisismo-autismo, Autori di riferimento per me fondamentali sono S. Klein (1980) e F. Tustin (1990) che hanno scritto, rispettivamente, su “Fenomeni autistici” e “Barriere autistiche” in pazienti nevrotici; nella descrizione dei pazienti a cui fanno riferimento, è molto marcata la struttura narcisistica insieme a un muro autistico, che taglia fuori questi pazienti dal resto della loro personalità e dall’analista.

In questi pazienti, memorie arcaiche sensoriali sono depositate immobili, immutabili, e totalizzanti negli aspetti formali del carattere, negli automatismi rigidi, a senso unico, delle loro relazioni e nella ripetizione, con effetti spesso drammatici, del loro buco di esperienza nel rapporto con i figli. I segnali sensoriali sono assimilati e assorbiti nella pelle-corazza, nel tono di voce, nel tipo di sguardo, nella mimica fissata in una maschera statuaria… memorie che raccolgono la sensazione, assolutizzandola (la parte per il tutto), della qualità traumatica delle cure materne. Il paziente è, nel suo modo di essere, un Replicante senza memoria di sensazioni e percezioni antiche che costituiscono l’essenza della memoria implicita. Questi aspetti del carattere così rigidi e fissati impediscono la possibilità di “apprendere dall’esperienza” successiva, essendo il sistema impegnato a mantenere una identità e immutabilità di stato.

Identificazioni narcisistiche con un oggetto interiorizzato.

Mi riferisco a una vasta gamma di identificazioni rigide e serrate con un oggetto patologico, maltrattante, intermittente e contraddittorio, espulsivo verso il bisogno del bambino; c’è nella storia una esperienza di investimento, con rilevanti aspetti narcisistici del genitore nelle proiezioni sul figlio, tale da poter costituire uno spazio interno, una anche parziale dimensione interna, e da lasciare un residuo più o meno celato dell’esperienza positiva (pur non essendoci la struttura per uno spazio transizionale). L’esperienza di esserci, esistere, ha trovato uno spazio concreto nel genitore, spesso con una personalità narcisistica, seppure al prezzo di deformazioni per non rischiare di perdere tale spazio.

Sui bisogni denegati nell’oscurità dei visceri, sulla disperazione e sull’annichilimento del mancato incontro con i bisogni del bambino, si è costruita la potenza del bastone fecale, che, nel suo luccichio, deve raccogliere i bagliori di una età dell’oro violentemente crollata, disillusa, espulsa (spesso anche dalle intermittenze di corrente alternata del genitore). L’affettività tenuta a bada è qualcosa di esplosivo, bruciante, non c’è un freno al dilagare della affettività (una ipereccitazione esposta a sguardi che non solo non contengono, ma sono sprezzanti e umilianti). Lo sfintere è un baluardo di una situazione o aperta e totalmente esposta, di inconsistenza e dispersione o completamente chiusa e blindata.

E’ un’area segreta dove viene protetto e conservato qualcosa di prezioso per il bambino.

Per descriverne alcune caratteristiche strutturali, A. Green (2005) introduce il termine di analità primaria per descrivere una fissazione segnata in modo prevalente dal narcisismo, descritto come un narcisismo contuso, a pezzi…sembra intrattabile, poiché ogni approccio troppo diretto provoca un acuto dolore psichico; sono scorticati vivi…con una ossatura rigida fatta di ostinazione e testardaggine sopra un derma esposto a tutte le aggressioni.

Secondo Green, la proiezione del paziente attribuisce all’analista una potenza e una onnipotenza che non lascia altra possibilità all’analizzando che quella di lottare contro il transfert… mentre il potere è sempre limitato, fallibile, contestabile… in questa ottica, la potenza conferisce a colui che la possiede una forza assoluta agli occhi dell’altro, è sempre più o meno divina (o diabolica).

Aspetti simili di personalità sono descritti da H. Rosenfeld per le strutture di carattere narcisistico-onnipotente: nella struttura onnipotente è nascosto un Super-Io molto primitivo, che sminuisce e attacca le capacità del paziente, e soprattutto il suo tentativo di accettare il bisogno di oggetti reali…spesso questo Super-Io distruttivo è dissimulato sotto forma di figure benevole, un buon amico o guru che usa potenti suggestioni per preservare lo status quo.

Bibliografia

Aulagnier, P. (1994). La violenza dell’interpretazione. Borla.

Badaracco, J. (2000). Difficoltà nei processi di disidentificazione dalle identificazioni patogene. In: E. Levis (a cura di), Forme di vita, forme di conoscenza. Bollati Boringhieri.

Bonaminio, V. Carratelli, T. Giannotti, A. (1991). Equilibrio e rottura dell’equilibrio nella relazione tra fantasie inconsce dei genitori e sviluppo normale e patologico nel bambino. In: Società di neuropsichiatria infantile (a cura di), Fantasie dei genitori e psicopatologia dei figli. Borla.

Faimberg, H. (1995). All’ascolto del télescopage delle generazioni. In: R. Kaës, H. Faimberg, M. Enriquez, J. Baranes: Trasmissione della vita psichica tra generazioni. Borla.

Ferenczi, S. (1932) Diario clinico. Cortina.

Freud, S. (1914) Introduzione al narcisismo O.S.F. 7

Freud, S. (1919) Il perturbante O.S.F. 9

Freud, S. (1921) Psicologia delle masse e analisi dell’Io 9

Freud, S. (1922) L’Io e l’Es O.S.F. 9

Green, A. (1985). Narcisismo di vita narcisismo di morte. Borla.

Green, A. (1992) La psicosi bianca. Borla.

Green, A. (2004) Idee per una psicanalisi contemporanea. Cortina Editore.

Green, A. (2005). L’analità primaria nella relazione anale. In: E. Mangini (a cura di), Nevrosi Ossessiva. Borla.

Kaës, R (1995). Introduzione al concetto di trasmissione psichica nel pensiero di Freud. In: R. Kaës, H. Faimberg, M. Enriquez, J. Baranes: Trasmissione della vita psichica tra generazioni. Borla.

Klein, S. (1980). Autistic phenomena in neurotic patients. Int. J. Psycho- Anal., 61: 395-401.

Oliva De Cesarei A. (2010). Alla ricerca del filo con la vita. Identificazioni primitive e struttura narcisistica del carattere.  Franco Angeli Ed.

Rosenfeld, H. (1987). Comunicazione e interpretazione. Boringhieri.

Tustin, F. (1990). Barriere autistiche nei pazienti nevrotici. Borla.

 

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