La Ricerca

“The body keeps the score” di Laricchiuta et al., recensione di E. Bellagamba

3/02/23
Gli effetti del trauma in adolescenza - Recensione di Elisabetta Bellagamba

BRIDGET RILEY

Gli effetti del trauma in adolescenza

Recensione di Elisabetta Bellagamba

Laricchiuta, D., Panuccio, A., Picerni, E., Biondo, D., Genovesi, B., & Petrosini, L. (2023). The body keeps the score: the neurobiological profile of traumatized adolescents. Neuroscience & Biobehavioral Reviews, 105033.

https://doi.org/10.1016/j.neubiorev.2023.105033

PW: trauma, adolescenza, trattamento psicoanalitico

L’articolo presentato è una rassegna della letteratura sugli effetti del trauma che porta la sua firma a più livelli: neuronale, endocrino, immunitario, epigenetico, biochimico. Gli autori pongono particolare attenzione al tempo in cui si verifica il trauma, o i traumi cumulativi, sottolineando che l’esposizione a situazioni avverse, durante l’età evolutiva, lascia delle tracce nel corpo a lungo termine che possono essere osservate, soprattutto, in adolescenza. Infatti, nell’adolescenza si verificano numerose trasformazioni che possono fornire, come sostengono gli autori, un substrato maggiormente reattivo agli stimoli traumatici e portare a una maggior vulnerabilità per lo sviluppo di problemi internalizzanti (ansia, depressione, ritiro) o esternalizzanti (aggressività, disturbi della condotta, delinquenza). L’articolo esamina proprio la relazione tra gli effetti del trauma e lo sviluppo di tali comportamenti, partendo dal presupposto che la crescita adolescenziale è in stretta relazione alle esperienze precedenti ed è la sua diretta conseguenza. Come evidenziano gli autori, la personalità in via di sviluppo che porta sulle proprie spalle precoci esperienze soverchianti (ELT traumi precoci), conseguentemente, dovrà affrontare i compiti della vita adulta gravata da difficoltà nella propria fiducia di base, nel proprio senso di agency, nella propria cognizione, nella memoria, nell’identità e nella propria capacità di stabilire un contatto intimo con l’altro.

Gli autori fanno riferimento al modello dimensionale del trauma che enuclea due principali caratteristiche: la minaccia e la deprivazione con i loro specifici correlati per lo sviluppo di traiettorie psicopatologiche. Ma cosa si intende per trauma? Il termine trauma deriva dal verbo greco titrosko che significa forare-trafiggere e rimanda sia alla ferita, al segno e alla lacerazione della pelle causata dall’azione di un evento esterno di natura violenta (Garland, 2001), sia alle conseguenze che tale evento ha sul funzionamento dell’organismo (Perron, 2002).  Gli eventi traumatici sono eventi spaventosi, pericolosi o violenti che rappresentano una minaccia per la  propria vita o la propria integrità fisica, così come anche assistere a un evento che comporta tali minacce rivolte ad una persona a cui si è affettivamente legati. Gli autori riportano, anche, nel dettaglio la natura degli eventi traumatici che bambini e adolescenti possono vivere.

I cambiamenti cerebrali che si verificano in adolescenza rappresentano un terreno prolifico per “riparare” precedenti esperienze, in quanto la neuroplasticità tipica di questo periodo evolutivo permette alle esperienze più recenti, che hanno una tonalità positiva, di rimediare agli effetti di precedenti esperienze di natura avversa. Ma, in virtù di questo, le esperienze laceranti possono esacerbare gli effetti, comportando una riorganizzazione del sistema neuronale con conseguente alterazione della struttura, della funzione e della connettività dell’amigdala, della corteccia prefrontale mediale, dello striato e dell’ippocampo con relativo aumento della reattività alla paura, una maggior attenzione verso gli stimoli che possono far presagire delle avversità, e una maggior difficoltà di autoregolazione, con conseguente rischio di comportamenti internalizzanti o esternalizzanti. In particolare, adolescenti traumatizzati hanno una crescita ridotta dell’amigdala e un’alterazione dello spessore corticale frontale superiore e parietale laterale con elevata reattività dell’amigdala in risposta a espressioni facciali che denotano emozioni. Tale iperattività risulta essere associata a comportamenti internalizzanti. Inoltre, è stato visto come la ridotta connettività tra l’amigdala e la corteccia prefrontale mediale e tra l’amigdala e l’ippocampo, in soggetti traumatizzati, può condurre, anche, a una riduzione dell’attività striatale che, solitamente, espone a una vulnerabilità per ansia, depressione e isolamento.

Gli autori mostrano che la risposta biologica al trauma sembra essere legata a fattori non solo genetici, ma anche epigenetici. A questo proposito riportano degli studi che evidenziano come i programmi intensivi di gruppo per adolescenti che hanno vissuto esperienze laceranti, riducono i sintomi correlati al trauma, risaltando, ancora una volta, che l’interazione gene e ambiente apre a numerosi esiti emotivi, comportamentali e neurobiologici. Questo dato sembra un ulteriore conferma di quanto detto da Kandel (2007) che la psicoanalisi implica una modalità controllata di apprendimento nel contesto della relazione terapeutica che contribuisce come ogni altro stimolo esterno e interno al rimodellamento delle connessioni sinaptiche attraverso le memorie implicite,  sollecitando una maggiore integrazione tra le aree e le funzioni cerebrali, mediante il ripristino delle potenzialità sinaptiche alterate dalle esperienze, anche, traumatiche. Da ciò si evince che rivivere in un ambiente sicuro, quale il setting terapeutico, le esperienze traumatiche porta ad una ritrascrizione dell’esperienza con effetti a cascata sul piano bio-psico-sociale.

Le situazioni avversive creano nel soggetto che le vive un’attivazione ripetuta del sistema fisiologico di risposta allo stress, che incide nella riorganizzazione del sistema sia endocrino che immunitario. Come sostiene la teoria polivagale di Porges, il sentirsi minacciati sposta lo stato fisiologico verso il sistema di difesa (attacco/fuga, immobilizzazione). Il processo che valuta il rischio nell’ambiente (neurocezione) è un processo che è distinto dalla percezione poiché avviene al di sotto della consapevolezza e innesca dei cambiamenti nello stato autonomico al fine di far fronte in modo adattivo agli indizi ambientali. La neurocezione dà avvio ad una risposta fisiologica che influenza anche i significati soggettivi delle esperienze vissute. Le reazioni corporee cambiano, pertanto, non solo lo stato fisiologico ma polarizzano anche la percezione del mondo.

I soggetti con una storia alle spalle di esperienze traumatiche, come evidenziano le ricerche citate nella rassegna, hanno una maturazione accelerata in specifiche aree cerebrali che fanno rassomigliare il “cervello dell’adolescente” al “cervello dell’adulto”. Questo sviluppo precoce, seppur funzionale all’adattamento ad un ambiente avversivo, ha un risvolto negativo poiché delinea una prematura chiusura del periodo sensibile di sviluppo, suggerendo che il trauma porta con sé un accelerazione nello sviluppo dei circuiti che supportano l’elaborazione e la regolazione socio-emotiva, avendo, anche, delle ripercussioni nella strutturazione della personalità.

In estrema sintesi, gli autori attraverso questo loro lavoro così dettagliato, sembrano confermare quanto segue:

  1. il trauma coinvolge e si inscrive nell’intero organismo umano: corpo, mente e cervello;
  2. il ruolo dell’ambiente nella modulazione degli effetti del trauma, e anche il ruolo dell’ambiente nello sviluppo, nella struttura, nella funzione e nella connettività dei sistemi cerebrali;
  3.  l’adolescenza come fase dello sviluppo con potenzialità riparative nel caso ci sia un ambiente supportivo e un approccio terapeutico integrato.
  4.  la concettualizzazione che il trauma può dispiegarsi in due tempi, verificarsi nell’infanzia e produrre i suoi effetti successivamente in adolescenza. Come afferma Kestemberg (1980)  tutto si prepara nell’infanzia, ma tutto si gioca in adolescenza.
  5. La concettualizzazione dell’adolescenza non solo come di una specifica fase dello sviluppo ma, anche come processo organizzativo e riorganizzativo.

BIBLIOGRAFIA

C. Garland, (2001). Comprendere il trauma. Un approccio psicoanalitico. Milano: Mondadori

E. Kestemberg (1980). Notule sur la crise de l’adolescence. De la déception à la conquête, Revue Française de Psychanalyse, 44 : 523-530.

R. Perron, (2002). Psicoanalisi, perché?. Bari: Dedalo

S. W. Porges, J.A. Doussard – Roosevelt, A. K. Maiti (1994), “Vagal tone and the physiological regulation of emotion”, in N.A. Fox (a cura di), The Development of Emotion Regulation: Biological and Behavioral Considerations, Monographs of the Society for Research in Child Development, 59 (240), pp. 167-186. 9

E. R. Kandel,  (2007). Alla ricerca della memoria. Codice Edizioni

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