Eugenio Gaddini
Maestri della psicoanalisi
A cura di Darwin Mervoglino
Gaddini Eugenio (Cerignola, 1916 – Roma, 1985)
Presentazione
Eugenio Gaddini è stato uno psicoanalista della Società Psicoanalitica Italiana e della International Psychoanalytical Association. Ha dato un contributo fondamentale alla formazione di molti analisti italiani e all’ingresso della psicoanalisi italiana nella comunità psicoanalitica internazionale.
Gli interrogativi fondamentali cui Gaddini ha tentato di rispondere riguardano la nascita psicologica del soggetto e l’azione terapeutica della psicoanalisi. La sua ricerca si è incentrata sui modi in cui si organizza l’attività mentale nei primissimi tempi della vita, sul rapporto fra mente e corpo, sui processi evolutivi grazie ai quali si forma psicologicamente un individuo e sullo sviluppo della sua capacità di mettersi in rapporto con la realtà e con l’altro. Si è inoltre molto occupato del metodo psicoanalitico nel continuo collegamento fra teoria e clinica, fornendo un importante contributo sia all’approccio psicoanalitico alle patologie non-nevrotiche che all’individuazione delle aree non-nevrotiche nei pazienti nevrotici.
Eugenio Gaddini was a psychoanalist of the Italian Psychoanalytic Society and of the International Psychoanalytic Association. He gave a very important contribution to the training of many Italian analists and to the admission of Italian psychoanalysis in the International psychoanalytic community.
The fundamental questions Gaddini tried to answer concern the psychological birth of the subject and how psychoanalysis operates. His research focused on the ways in which mental activity organizes itself in the earliest times of life, on the relationship between mind and body, on the developmental processes thanks to which an individual psychologically forms himself and on the development of his ability to take in the relation with the reality and the other. He was very concerned as well to psychoanalytic method in its continuous connection between theory and clinic, giving an important contribution both for the psychoanalytic approach to non-neurotic pathologies and for the attention to non-neurotic areas in any patients.
La vita
Eugenio Gaddini nasce il 18 gennaio del 1916 a Cerignola, in provincia di Foggia. La sua famiglia d’origine si costituisce fin dall’inizio in una situazione conflittuale, che ne caratterizzerà gli sviluppi. Il padre, Guglielmo Gaddini, proveniva da una famiglia riminese di intellettuali antifascisti e aveva tentato, senza fortuna, un’attività imprenditoriale nei pressi di Cerignola. La madre, Palmira Strafile, molto più giovane di lui, proveniva da una famiglia pugliese di origini modeste e legata alla terra, le cui attività imprenditoriali durante il primo conflitto mondiale avevano però avuto molta fortuna. I due, pur di sposarsi, avevano inizialmente organizzato una “fuga”, usanza del tempo per quelle coppie che volevano sposarsi senza il consenso dei genitori. Il conflitto tra il nonno materno e il padre di Eugenio caratterizzerà le dinamiche della famiglia esitando nella rottura definitiva tra i due.
Gaddini, sesto di nove figli, ultimo maschio, fu molto presto allontanato dalla famiglia insieme con la sorella Ester e affidato ad alcuni amici di Foggia. Contribuì a questo allontanamento, oltre alla situazione familiare conflittuale, la malattia della sorella Rosaria, più grande di lui di soli tredici mesi, che la condurrà alla morte a soli 14 anni. Egli rievoca la drammaticità della vicenda nel racconto Ragazzi (1936).
In seguito alla chiusura dell’attività paterna, il nonno decide il trasferimento della famiglia a Napoli. Gaddini rimane a Napoli fino all’età di 17 anni, in una situazione familiare in cui al padre era impedito di vivere con la famiglia. La madre di Eugenio era presente, ma emotivamente distante, mentre il legame con la nonna materna fu, fin dall’inizio, di profonda vicinanza.
Nel 1933 Gaddini si trasferisce a Roma per volere del nonno. Qui termina gli studi classici e partecipa alla vita intellettuale dell’epoca, fondando insieme a due intellettuali d’avanguardia, Ventruoli e Stradone, una rivista letteraria: Accademia.
Nel 1936 si iscrive alla Facoltà di Medicina e si laurea il 15 Luglio 1942, discutendo una tesi su un trattamento specifico delle leucemie. Sono gli anni del Secondo Conflitto Mondiale e Gaddini viene destinato all’Ospedale militare di Mirano Veneto come Allievo Ufficiale di Marina. Dopo l’Armistizio, nel Settembre del 1943, lascia la Marina e fa ritorno a Roma.
Il 1945 è un anno caratterizzato dalla conquista di stabilità. Anzitutto si sposa con Renata De Benedetti, con cui avrà due figli, Silvia e Andrea. Con Renata condividerà per il resto della vita, oltre agli interessi personali, anche quelli scientifici e professionali. Nello stesso anno diviene Primario dell’Ospedale della Croce Rossa di Forte Aurelio, a Roma, mantenendo l’incarico fino al 1956.
Fin da subito Gaddini si era interessato agli aspetti psicologici dei suoi pazienti ed alle malattie che egli considerava di origine psicofisica. Nel 1946 inizia un’analisi personale con Emilio Servadio e successivamente la formazione psicoanalitica. Nel 1953 diventa Socio della Società Psicoanalitica Italiana e negli anni successivi contribuisce in modo fondamentale a riorganizzare la SPI, tentando nel contempo di fornirle un respiro internazionale. Dal 1967 al 1969 è Vice presidente della SPI; nel 1970 diviene didatta; è Presidente dal 1978 al 1982. Collabora attivamente con l’International Psychoanalytical Association dal 1963, come membro di molti comitati di programma dei congressi dell’IPA e di commissioni per lo sviluppo delle società psicoanalitiche di altri Paesi. Nel 1983 è Chairman della Conferenza sull’analisi di training di Madrid; nel 1985 è Co-Chairman alla Conferenza sull’analisi di training di Amburgo.
Eugenio Gaddini avrebbe dovuto far parte del comitato scientifico del Congresso Internazionale di Montreal del 1987. Purtroppo non gli fu possibile a causa di una embolia polmonare che ne causò la prematura scomparsa, il 27 Settembre del 1985.
Il contributo alla psicoanalisi
Il contributo di Gaddini alla psicoanalisi è vasto ed articolato. Qui si tenterà di fornire alcune linee guida del pensiero dell’autore, rimandando il lettore interessato all’ampia bibliografia disponibile. Per avere un’idea del contesto teorico in cui si colloca il suo pensiero è importante tenere presente che Gaddini fu particolarmente vicino alla psicoanalisi anglofona. Due punti di riferimento del suo pensiero psicoanalitico sono stati Donald W. Winnicott e Phyllis Greenacre, con i quali ebbe occasione di intrattenere anche rapporti personali.
La questione mente-corpo e i processi imitativi
Secondo Gaddini la psicoanalisi considera il corpo e la mente sotto l’aspetto di un continuum funzionale in cui l’elemento fondamentale è un processo di differenziazione del funzionamento mentale dal funzionamento fisiologico. Esso avviene attraverso l’apprendimento mentale del funzionamento fisiologico, che si realizza attraverso manovre protettive (precursori delle difese) fondate sulle percezioni imitative (1969a). Il primo modello, secondo Gaddini, è quello dell’imitare per percepire, il cui significato risiede nel fatto che l’infante inizialmente non percepisce lo stimolo reale ma la modificazione avvenuta nel proprio corpo. In questo senso l’identità di percezione acquista un significato nuovo: percepire costituisce inizialmente la garanzia della propria esistenza, dell’esistenza di sé. E’ questo il modello dell’imitare per essere, che si instaura gradualmente con lo scopo di ristabilire la fusione. L’imitazione ha dunque una funzione omeostatica perché, se essere l’oggetto vuol dire “essere tout court”, questo comporta contemporaneamente la strenua difesa dalla minaccia dell’alterità dell’oggetto.
Questa concezione induce Gaddini a distinguere un’area psico-sensoriale, legata a fenomeni primari di tipo imitativo, da un’ area psico-orale, connessa cioè alla possibilità dell’investimento d’oggetto. Vi è dunque, in questo modello, l’ipotesi di fondo di un’attività mentale che si differenzia dal somatico attraverso un processo di elaborazione del funzionamento fisico. Ne consegue che, nei primissimi tempi di vita dell’infante, il funzionamento psichico sia embricato con quello fisiologico e dipenda in gran parte da esso.
E’ in questo contesto teorico che Gaddini sviluppa le sue concezioni sulle sindromi psicofisiche (termine che egli preferiva a quello di “psicosomatiche”) ed in particolare sulle sindromi datate (1980c): le sindromi psicofisiche dei primi diciotto mesi di vita, la cui caratteristica fondamentale è che non si presenterebbero prima di un determinato tempo dalla nascita. E’ in questo senso che Gaddini le definisce datate. Esse sono il mericismo (o ruminazione), che comparirebbe a partire dal terzo mese; la dermatite atopica, a partire dal sesto mese; l’asma, che non comparirebbe prima della fine del primo anno. Tali sindromi si riferiscono ad una patologia della mente relativa al distacco e alla separatezza e si sviluppano, come soluzioni difensive, in un momento dello sviluppo psichico in cui il problema della separatezza emerge pressante.
L’aspetto fondamentale di questa concezione sta nel fatto che non vi sarebbe un ritorno al somatico per inaccessibilità del mentale, ma una trasformazione da parte del mentale del funzionamento somatico. La patologia psicofisica sarebbe il risultato di un’attività creativa della psiche e, pertanto, la fantasia non sarebbe assente in essa, ma espressa attraverso il corpo. A tale riguardo Gaddini parla di protofantasie nel corpo, distinguendole dalle più evolute fantasie sul corpo(1981a).
La costruzione del senso di sé
Nel modello teorico proposto da Gaddini, sulla linea di Winnicott, il soggetto si costituisce attraverso un processo di costruzione di un senso di continuità di sé. A partire da una condizione iniziale di non distinzione fra sé e non-sé prende le mosse, come abbiamo visto, un graduale processo di differenziazione che, sulla base dei processi imitativi dell’area psicosensoriale, conduce ad una Organizzazione Mentale di Base (OMB). La OMB (1980c) è dunque una prima forma di organizzazione psichica. Essa ha carattere autarchico e magico, e il suo scopo è di ristabilire in modo onnipotente la fusione del Sé con l’oggetto. In tal senso tale organizzazione è qualcosa di diverso dalla struttura psichica descritta da Freud. La OMB rappresenta dunque il primo nucleo psichico operativo formatosi allo scopo di fronteggiare la graduale esperienza della separatezza.
Proprio l’esperienza graduale di separatezza determina, secondo Gaddini, lo sviluppo di meccanismi introiettivi. I processi dell’introiezione sono successivi ai primissimi tempi della vita e cominciano ad instaurarsi nel momento in cui si istituisce una differenza tra dentro e fuori. Il modello psicofisico sulla base del quale si sviluppa l’introiezione è quello dell’incorporazione, cioè il meccanismo del “mettere dentro”. L’integrazione di processi imitativi e processi introiettivi, infine, dà luogo alle identificazioni.
Con i processi dell’identificazione siamo nell’area di una soggettività che può rapportarsi all’oggetto percepito come esterno. E’ molto importante rimarcare come, per Gaddini, tutti questi processi appartengano ad aree di funzionamento psichico, seppure primitive, e non ad aree di funzionamento puramente fisiologico.
Si può dunque sostenere che il modello gaddiniano si occupa prevalentemente del protomentale e della sua evoluzione in ciò che diverrà la struttura psichica descritta da Freud. Una struttura, quest’ultima, che tende allo sviluppo dell’autonomia attraverso il riconoscimento della realtà e il rapporto con un oggetto distinto da sé. La questione della relazione oggettuale, strettamente connessa a tutto questo, incrocia quindi in modo pressante il rapporto del modello di Gaddini con la teoria strutturale e la teoria pulsionale freudiane.
La relazione oggettuale
La relazione oggettuale – intesa come la possibilità del soggetto di entrare in rapporto con un oggetto distinto da sé – è in stretta connessione con la possibilità dell’investimento oggettuale e, quindi, con la dimensione pulsionale.
Come abbiamo detto sopra, nel modello gaddiniano la OMB rappresenta la prima organizzazione psichica risultante dall’esperienza della separatezza, che attua delle manovre difensive di tipo imitativo volte a negare l’alterità dell’oggetto. La natura paradossale di un tale processo risiede nel fatto che la prima esperienza di un Sé separato è un’esperienza di angoscia, che Gaddini definisce come angoscia di integrazione (o angoscia di perdita di sé). L’evento più straordinario che si verifica nel Sé sopravvissuto alla separazione è l’emergenza delle pulsioni istintuali (1984c). L’autore sostiene infatti una ipotesi di emergenza delle pulsioni nel momento di costituzione del Sé.
Le pulsioni istintuali esisterebbero fin dalla nascita, in ossequio alla teoria freudiana, ma sarebbero inattive. Emergerebbero, cioè entrerebbero in funzione, nel momento in cui si forma un sé separato che può entrare in rapporto con un oggetto percepito come altro da sé. (Va rimarcato che Gaddini, pur sottolineando la differenza fra pulsioni e istinti, usa spesso, confusivamente, i due termini come sinonimi). Nel modello gaddiniano sembra prevalere l’idea che non sia possibile parlare di primato della pulsione. Il primato riguarda la costituzione dell’unità di sé, cioè del soggetto, e la pulsione ne rappresenta una funzione in direzione dell’oggetto. E’ inoltre possibile osservare come egli consideri in primo piano il ruolo dell’aggressività in questo processo. Gaddini sostiene infatti che, all’inizio, le cariche aggressive sarebbero rivolte all’esterno, mentre le cariche libidiche all’interno. Solo gradualmente la libido verrebbe portata all’esterno (poi verso l’oggetto) proprio attraverso le cariche aggressive.
Un altro elemento fondamentale che istituisce la possibilità della relazione oggettuale è il processo di scena primaria e formazione del padre (1974a). All’interno della relazione fusionale con la madre, in cui l’infante va gradualmente differenziandosi, si sviluppa un ulteriore processo di trasformazione della madre in una figura che è percepita prima come estranea, aliena. Solo in un secondo momento, gradualmente, ella è percepita come esterna. In questo processo il padre è percepito inizialmente dall’infante come la madre estranea che attacca la fusione imitativa. Solo gradualmente il padre sarà prima percepito in quanto aspetto dicotomico della madre estranea e successivamente, gradualmente, come oggetto differenziato e separato dalla madre.
Si comprende come il processo della scena primaria e l’emersione del padre dalla madre rappresentino l’elemento fondamentale di uscita del bambino dall’illusione magica dell’identità imitativa fusionale. Inoltre, questa concezione di processo della scena primaria può fornire una lettura alternativa al concetto di fantasma originario di scena primaria, di derivazione filogenetica. In questo senso, infatti, essendo il processo di separazione ed il vissuto di separatezza delle esperienze universali, la scena primaria può essere considerata come derivato di una esperienza esclusivamente ontogenetica.
Rappresentazione e simbolizzazione
Il modello teorico di Gaddini, come abbiamo visto, è fondato sullo studio dei processi attraverso i quali si costituisce un senso della continuità di sé, a partire dalle primissime esperienze di vita dell’infante. Si tratta, utilizzando una terminologia diversa da quella strettamente gaddiniana, del processo di costruzione del soggetto (o soggettivazione).
Se il concetto di apprendimento mentale del funzionamento fisiologico nel continuum corpo-mente può far pensare ad una visione lineare-genetica dello sviluppo psichico, ad uno sguardo più approfondito si coglie chiaramente l’impegno di Gaddini nel mostrare la creatività dell’attività psichica, già a partire dai primi modelli di funzionamento mentale. Di fatto, egli sottolinea la drammaticità del processo di costruzione di sé. Un processo che richiede la capacità di sostenere un’angoscia profonda, l’angoscia di perdita di sé (integrazione) e che consente l’invenzione dello spazio e del tempo (1978), inizialmente non presenti. Tutto questo è alla base dello sviluppo dei processi rappresentazionali che, come l’angoscia, sono strettamente connessi all’emersione pulsionale e all’investimento oggettuale.
Il processo di costruzione del soggetto è, dunque, un processo attraverso il quale l’attività psichica, agli albori embricata con il corpo, si emancipa dai funzionamenti fisiologici assumendo un senso suo proprio che non ha più a che fare col funzionamento fisico. La costruzione della soggettività diviene la costruzione della rappresentazione di sé, di un soggetto che continuamente crea se stesso.
In questo senso l’attività presimbolica della mente infantile (1984c), teorizzata da Gaddini, rappresenta anche il motore continuo di quei processi elaborativi che determinano l’attività psichica di simbolizzazione.
Aspetti della clinica
Nel continuo rimando dalla teoria alla clinica e dalla clinica alla teoria, che caratterizza la psicoanalisi, il contributo del pensiero di Gaddini risiede nella continua attenzione che egli poneva nel cercare di distinguere, in analisi, quei funzionamenti che appartengono all’area psico-sensoriale da quelli che appartengono all’area psico-orale. In altri termini, il suo impegno è sul come comprendere quando, con il paziente, ci si trovi nell’area del conflitto pulsionale e della relazione oggettuale e quando, invece, ci si trovi nell’ambito della relazione basata sul funzionamento primario imitativo.
Risulta necessaria, a questo proposito, una precisazione. E’ chiaro che una tale distinzione di funzionamenti ha un ottimo valore in termini esplicativi, ma va declinata in maniera non radicale nella clinica. In tal senso Gaddini è attento a mostrare modalità di funzionamento prevalenti, a volte in dati i momenti, in tutti i soggetti, e non ad incasellare certi funzionamenti in determinate patologie.
L’attenzione ai processi imitativi che possono attivarsi in ogni analisi si condensa nel concetto di transfert imitativo. Il transfert imitativo è una difesa dal riconoscimento dell’alterità dell’analista e, quindi, della propria separatezza. Esso può attivarsi ad un livello diverso rispetto al transfert oggettuale, come una sorta di “spinta a fare uno”, difendendosi dall’angoscia. Per comprendere meglio la portata di questo concetto occorre sottolineare che se è vero che in ogni transfert vi è una tendenza all’evitamento della separatezza, è altrettanto vero che qualcosa dell’analizzando viene trasferito sull’analista in quanto altro. Nel transfert imitativo, invece, non vi sarebbe trasferimento bensì imitazione. E’, questa, la dimensione del bisogno prevalente su quella del desiderio, e diventa fondamentale che l’analista sia in grado di riconoscerla.
E’ importante rimarcare che, essendo stato Gaddini anche un formatore di analisti, la sua attenzione al problema delle analisi imitative (1985d) era anche molto legata al problema delle analisi di training dei candidati.
Bibliografia
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1984c L’attività presimbolica della mente infantile In: Scritti 1953-1989 Cortina, Milano, 1989, p.618
1984d Psicologia in Orwell. In: Scritti 1953-1985 Cortina, Milano, 1989, p.633
1984e Se e come sono cambiati i nostri pazienti fino ai nostri giorni. In: Scritti 1953-1985 Cortina, Milano, 1989, p.644
1984f L’ultimo Bion. In: Scritti 1953-1985 Cortina, Milano, 1989, p.663
1984g Il processo analitico (seminari). Inedito. Seminari tenuti presso il C.P.R. dal 5 novembre 1983 al 2 giugno 1984.
1984h La discontinuità come unica dimensione possibile della continuità nella crescita individuale. In: Scritti 1953-1985 Cortina, Milano, 1989, Appendice III, p.836
1985a Genesi della creazione in arte. Dipinti di Ennio Calabria. In: Scritti 1953-1985 Cortina, Milano, 1989, p.669
1985b La nascita, la crescita. In: Scritti 1953-1985 Cortina, Milano, 1989, p.702
1985c La maschera e il cerchio. In: Scritti 1953-1985 Cortina, Milano, 1989 , p.731
1985d Il Candidato-paziente e l’istituzione. Inedito. Nota: Relazione presentata alla Riunione scientifica dl Comitato Generale del training della S.P.I. “Presenza del paziente e del candidato nei reciproci rapporti con l’analista e con l’istituzione psicoanalitica”. Firenze, 26-27 gennaio 1985.
1986b Creatività tra fantasia a immaginazione. Atti Convegno sull’immaginario. Venezia, 23.24 marzo, 1985
Bibliografia su Gaddini
Volumi
Genovese C. (a cura di) Corpo-mente e relazione, Dunod, Milano 1998.
Lambertucci-Mann S. Eugenio Gaddini, Psychanalystes d’aujourd’hui, Presses Universitaires de France (PUF), Parigi, 1999.
Mascagni M.L. (a cura di) Studi sul pensiero di Eugenio Gaddini, Soteria, Editore Metis, Chieti, 1994.
Articoli
Carratelli T.I., Eugenio Gaddini, Ricercatore di frontiera in psicoanalisi. Psicoanalisi, 1,2,1997,
Ferretti Levi Montalcini A., Sulla imitazione di Eugenio Gaddini: elementi per una discussione. Psicoanalisi, 1,2,1997.
Manfredi Turillazzi S., Ricordo di Eugenio Gaddini, maestro di psicoanalisi. Rivista di Psicoanalisi, 32, 1986.
Genovese C., Aggressività: istinto o pulsione?. Psicoterapia Psicoanalitica, 12, 2, 2005.
Genovese C., Organizzazione mentale di base: Eugenio Gaddini e il percorso circolare Freud-Winnicott-Freud. Rivista di Psicoanalisi, 55, 2009.
Riferimenti in rete