A cura di Manuela Moriggia
La fobia scolare è un disturbo caratterizzato dalla paura, irrazionale e non controllabile, di andare e/o restare a scuola. I bambini e gli adolescenti che ne soffrono presentano un livello d’ansia tale da compromettere significativamente la regolare frequenza scolastica. Tale disturbo non ha una sua categoria nosologica specifica all’interno del DSM. La sua insorgenza sembra spesso immotivata in quanto si tratta, nella maggior parte dei casi, di ragazzi intelligenti e studiosi con buona resa scolastica. Il manifestarsi di tale fobia rappresenta solitamente un segnale d’allarme particolarmente rilevante, che non va mai sottovalutato, perché può essere il sintomo di una sottostante struttura psicopatologica in procinto di scompensarsi.
Molti ragazzi che non riescono a frequentare la scuola mostrano delle difficoltà anche nell’affrontare altre situazioni della propria vita; in particolare soffrono di un disturbo di tipo narcisistico, presentando un’idealizzazione del Sé e desiderando in generale alti rendimenti, a livello scolastico in primis ma anche in altre attività (ad es. sport e hobby). Ambiscono ad essere speciali, ad essere sempre “i primi”; hanno un atteggiamento competitivo verso gli altri e pensano che a scuola si debba rendere al meglio, vivendo con ansia ogni prova. Non riescono a vivere la scuola come un luogo in cui condividere delle esperienze con i compagni e dove si possa usufruire della solidarietà degli altri per affrontare situazioni difficili.
In tutti è presente un forte senso di vergogna, legato al timore di non essere percepiti come persone “ideali”, che non deludono mai; pensano infatti che se non saranno sempre “ideali”, “perfetti”, non avranno alcun valore. Proprio a causa di tali caratteristiche la vita scolastica è per loro molto faticosa; in ogni fase di apprendimento ritengono di dover imparare tutto il possibile immediatamente, non riuscendo ad accettare la gradualità nell’apprendimento stesso.
Il meccanismo scolastico, basato su regole, verifiche e confronti, sottopone questi ragazzi ad una costante frustrazione delle proprie aspettative, cioè ad una ferita narcisistica; quando ciò accade, sono pervasi da un’angoscia catastrofica, che impedisce loro di pensare e di agire; non solo non riescono ad andare a scuola ma, molto spesso, non riescono ad uscire da casa ed arrivano a patire anche un isolamento sociale, in quanto, temendone il giudizio, non vogliono più frequentare amici e conoscenti. La casa diventa quindi simbolo di protezione, luogo privilegiato in cui rifugiarsi, proprio perché la realtà esterna è diventata inaffrontabile e spaventosa.
Nella mente di tali ragazzi, quando non riescono più a frequentare la scuola ed a mantenere un contatto con il mondo reale, prende il sopravvento una realtà virtuale, falsificata (quella dei film e dei videogiochi), all’interno della quale essi si sentono gratificati e competenti. La realtà alternativa, utilizzata come rifugio contro l’angoscia, era certamente già presente anche prima che si manifestasse la fobia scolare, ma è solo quando i ragazzi non riescono più ad andare a scuola che tale mondo ritirato rischia di trasformarsi nell’unico mondo possibile; la fobia scolare infatti può evolvere, anche se raramente, in una psicosi con dissociazioni e deliri persecutori.
A livello di struttura familiare si tratta normalmente di famiglie in cui si crea un’innaturale riduzione della distanza intergenerazionale, genitori che perdono il loro ruolo presso i figli e figli che tendono a non riconoscere l’autorevolezza dei genitori. Madre e padre tendono a proiettare le proprie esigenze narcisistiche sui figli, diventando critici e, a volte, apertamente aggressivi, quando i figli non raggiungono più i risultati auspicati nelle varie attività intraprese, scuola compresa. L’atteggiamento ambivalente verso i figli, a volte adorati come bambini ideali ed a volte denigrati, non favorisce lo sviluppo di un’autonomia emotiva e di pensiero. Nella maggior parte dei casi i genitori inizialmente “esaltano” il proprio figlio, proprio perché, fin da piccolo, è sempre stato bravo, coscienzioso, educato e intelligente, prestandosi quindi ad essere considerato il “figlio ideale”; successivamente, con la comparsa della fobia scolastica, di bugie per nascondere le difficoltà e di accessi di rabbia, i genitori cadono in uno stato di panico e di confusione che altera completamente gli equilibri familiari.
Per quel che riguarda l’evoluzione del concetto di fobia scolare, notiamo che, mentre la teoria cognitivo-comportamentale ha cercato di approfondirlo e ha messo a punto alcune modalità per un assessment che permetta d’individuarne i fattori scatenanti, il pensiero psicoanalitico si è occupato solo marginalmente di tale disturbo.
Anna Freud è una delle autrici che ha trattato questo argomento (“L’Io e i meccanismi di difesa”, 1936 e “Scritti”, vol. II, 1957). L’autrice ritiene che le fobie siano generate dalla difficoltà a superare l’ambivalenza edipica (amore-odio verso il genitore dello stesso sesso) durante la fase genitale. Uno dei casi che possiamo prendere ad esempio di fobia scolare è quello del “bambino con il berretto” (1936), così definito perché non poteva separarsi da un berretto che gli ricordava il cappello del padre, verso il quale nutriva una grande gelosia: il piccolo paziente, durante una seduta, decide di smettere di colorare un album da disegno proprio quando il confronto con le capacità dell’analista, nell’eseguire il medesimo compito, gli fanno pensare di non avere eseguito una coloritura perfetta; il bambino resta frustrato dal confronto e decide di non competere più con l’analista in modo da evitare il ripetersi della spiacevole sensazione di fallimento. Ugualmente, quando comincia ad andare a scuola egli si rifiuta di partecipare a lezioni nelle quali non si sente sicuro di sé e si ritira dalle attività che possono procurargli quel tipo di dolore. A. Freud ritiene che il bambino soffra di un conflitto edipico irrisolto: ogni qualvolta una persona ha un successo maggiore del proprio, significa che tale persona ha degli organi genitali più grandi dei propri e che quindi gli fa sperimentare nuovamente la cocente gelosia edipica verso il padre. Il meccanismo di difesa della fobia scolare consisterebbe perciò nell’allontanamento del conflitto edipico dalla famiglia e dal suo “spostamento” sulla scuola, un sostituto più accettabile. Il continuo rifiuto delle attività in cui c’è un confronto che può procurare angoscia, limita sempre di più le funzioni dell’Io e ne compromette ampiamente lo sviluppo. L’autrice ritiene che quando l’Io diventa rigido, e utilizza in modo ossessivo la fuga come meccanismo di difesa, si generi un vero e proprio deficit di sviluppo dell’Io.
Più recentemente sono René Diatkine ed Eric Valentin (“Trattato di psichiatria dell’infanzia e dell’adolescenza”, 1985) ad approfondire tale concetto. Essi affermano che le fobie scolari della fine del periodo di latenza e dell’adolescenza pongono problemi di natura totalmente differente rispetto alle fobie infantili in genere; distinguono i ragazzi che ne soffrono da quelli perfettamente scolarizzati, che non sono intenzionati a studiare non avendo alcun interesse per le materie di studio e che per tale motivo disertano la scuola.
Nel caso dei ragazzi con fobia scolare il quadro è molto più complesso e gli autori ne descrivono quattro possibili evoluzioni focalizzando l’attenzione sul fatto che non si tratta mai di un sintomo “fugace o benigno”.
Il primo tipo di evoluzione, quella più grave ma fortunatamente numericamente poco consistente, evolve verso la schizofrenia, manifestando dissociazione e delirio paranoide.
Il secondo tipo di evoluzione analizza degli adolescenti che sembrano essere incapaci di qualsiasi compromesso con i propri desideri: tali ragazzi vengono considerati come psicotici (“caso limite”, “borderline”), ma non presentano dissociazioni o deliri. Gli autori mettono in evidenza una relazione familiare estremamente problematica, preesistente alla comparsa della fobia scolare e da questa esacerbata, caratterizzata da ambivalenza e da messaggi contraddittori sia da parte dei genitori che dei figli; viene evidenziato il fatto che l’adolescente non più capace di andare a scuola, in precedenza aveva solo apparentemente uno sviluppo armonico, ma che ad un esame più attento l’adattamento alla realtà era solo apparente ed erano già presenti angosce importanti. Concludendo il secondo tipo di evoluzione gli autori rimarcano che il ragazzo resta a casa, trovando una nuova organizzazione che non gli crea alcuna inquietudine, ma che diventa un nuovo modo di vivere in funzione del principio di piacere.
Il terzo tipo di evoluzione, quella più diffusa, ha un esordio simile a quella dei precedenti gruppi ma è caratterizzata da adolescenti che vivono un’atmosfera depressiva, esacerbata dal fatto che mal sopportano la propria incapacità di affrontare una vita normale, oltre ad un isolamento sociale parzialmente presente. Secondo Diatkine molti di loro non hanno sperimentato nell’infanzia il piacere del funzionamento mentale legato all’investimento del processo secondario.
Il quarto tipo di evoluzione riguarda un piccolo gruppo di ragazzi, nei quali si constatano fobie scolari organizzate come delle vere e proprie isterie di angoscia.
Bibliografia
Freud A.
1936 Das ich und die abwehrmechanismen, Internationaler Psychoanalytischer Verlag, Vienna (trad. it.: L’io e i meccanismi di difesa, Psycho di G. Martinelli & C., Firenze 1997)
1957 “Child observation and prediction of development: a memorial lecture in honor of Ernst Kris”, in The psychoanalytic study of the child, vol. 13 (trad. it. “Osservazione del bambino e previsione dello sviluppo: conferenza commemorativa in onore di Ernst Kris” in Opere 1945-1964, vol. II, Boringhieri, Torino 1991)
1965 Normality and pathology in childhood: assessments of development, International Universities Press, New York (trad. it. Normalità e patologia del bambino, Feltrinelli, Milano 1996)
Diatkine R., Valentin E.
1985 “Le phobies de l’enfant et quelques autres formes d’anxiété infantile”, in Lebovici S. Diatkine R. Soulé M.(a cura di) Traité de psychiatrie de l’enfant e de l’adolescent, vol. II, Presses Universitaires de France, Paris (trad. it. “Le fobie del bambino e altre forme di ansia infantile”, in Trattato di psichiatria dell’infanzia e dell’adolescenza, Borla, Roma 1990)
Novembre 2014