De Martis Dario
Dario DE MARTIS
(Milano, 14 dicembre 1926 – Pavia, 18 dicembre 1996)
A cura di Pierluigi Politi
La vita
Figlio unico di un ingegnere di origine sarda e di una professoressa di radici venete, Dario De Martis nasce e cresce nella Milano inquieta ed effervescente del ventennio fascista. La professione del padre, ingegnere del genio civile, lo conduce spesso ad esplorare gli scenari lavorativi del genitore: l’arco alpino, dove in quegli anni nascevano le prime infrastrutture (dighe, canalizzazioni, centrali) idroelettriche. La professione della madre, insegnante di matematica e scienze naturali, facilita parallelamente la sua, altrettanto appassionata, vocazione al sapere. L’intreccio fra queste due componenti – amore per la natura, in particolare per la montagna, e interesse per la scienza – ne fanno presto uno studente brillante, ponendo le basi per un sapere vasto, curioso e critico. Le sue doti naturali, coniugate alla non facile situazione economica originata dalla perdita precoce del padre, lo stimolano inoltre a concludere rapidamente gli studi liceali ed universitari (Petrella 1997). La sua formazione avviene, in buona parte, negli anni della guerra, durante i quali trova il modo di aggregarsi alle formazioni partigiane della bassa Valsesia (Gattinara, Lozzolo, Sostegno, Serravalle Sesia sono i luoghi che lo vedono impegnato). Nel corso di questa esperienza egli matura una vocazione politica genuina ed intensa, che ne fa un medico schietto, dalla notevole attitudine al contatto clinico genuino, solidale, pur nella consapevolezza delle sue origini borghesi.
De Martis si laurea giovanissimo in medicina, si specializza in Clinica delle Malattie Nervose e Mentali, trascorrendo un anno accademico (1950/51) a Parigi e inizia a lavorare come neurologo a Crema e come psichiatra a Milano. In quegli anni (Galli 2004), la sola alternativa psichiatrica milanese al manicomio ottocentesco di Mombello e a quello, nuovissimo, di Affori, era rappresentata da due case di cura private: Ville Turro, a nord-est del centro, e Villa Fiorita, a Brugherio. A Turro, con il Prof. Carlo Brambilla, lavoravano molti giovani psicoanalisti in formazione: Franco Ciprandi, Elvio Fachinelli, Franco Fornari, Gaddo Treves. Più eterogeneo lo staff di Villafiorita, diretto dal Prof. Virginio Porta, che aveva con sé Edoardo Balduzzi, Evardo Codelupi, Berta Neumann e Mara Selvini Palazzoli; oltre a Dario De Martis, naturalmente, che lì incontrerà Anna Bogani, sua futura moglie, intelligente e supportiva collega e compagna di una vita. Dal privato, De Martis passa quindi al pubblico, succedendo al grande Alfredo Grossoni e divenendo responsabile di quel “Neurodeliri” di Niguarda, passato alla storia per “La forza dell’amore” di Enzo Jannacci.
Gli anni del boom economico hanno, nel frattempo, il loro impatto anche sulla psichiatria. Nel 1958, per iniziativa di Giuseppe Carlo Riquier, Direttore della Clinica delle Malattie Nervose e Mentali dell’Università, grazie al supporto economico dell’Amministrazione Provinciale, Milano istituisce la prima Cattedra italiana di Psichiatria. Fino ad allora, infatti, il corso di laurea in medicina vedeva gli attuali insegnamenti di Neurologia e Psichiatria unificati nel corso di Clinica delle Malattie Nervose e Mentali, con la Psichiatria da sempre in posizione subordinata. Carlo Lorenzo Cazzullo, vincitore di un concorso a Cattedra per Malattie Nervose e Mentali viene così chiamato l’anno successivo dalla Facoltà meneghina come primo Professore di Ruolo di Psichiatria. In realtà bisognerà attendere ancora diversi anni (1976) perché l’insegnamento di Psichiatria entri a pieno titolo, e con pari grado rispetto alla Neurologia, nella formazione del giovane medico. Nel frattempo (novembre 1963), però, Cazzullo ottiene che il Policlinico di Milano apra un Padiglione di Psichiatria d’Urgenza (la cosiddetta Guardia II), sul modello di quanto istituito a Niguarda dodici anni prima ed offre a De Martis la posizione di aiuto ospedaliero. Nel giro di pochi anni, grazie alla robusta esperienza neurologica e psichiatrica maturata sul campo, ad una profonda cultura, ad una speciale dedizione lavorativa e alle sue grandi doti umane, De Martis è in grado di vincere un concorso nazionale a cattedra (1965). L’Università di Cagliari gli offre il posto di Professore di Psichiatria nel 1968. Egli si imbarca per la Sardegna, non ancora 42enne, insieme con Fausto Petrella, della cui tesi di laurea era stato alcuni anni prima tutor. Petrella diviene suo aiuto, sia nella direzione pro tempore dell’Ospedale Psichiatrico di Cagliari, sia per l’attività didattica e quella clinica, che “comprendeva persone di ogni estrazione sociale” (Petrella 1987)
La Rivoluzione Pavese
Dopo soli tre anni (1971), è l’Università di Pavia – per alcuni secoli la sola Università lombarda – ad offrire la cattedra di Psichiatria a Dario De Martis. Nell’antica capitale del Regno italico, si dipanerà tutta la sua successiva carriera. A Pavia egli insegnerà Psichiatria (indimenticabile, per gli studenti di allora, la sintesi critica della clinica psichiatrica realizzata in: De Martis 1978), dirigerà la scuola di specializzazione ma, soprattutto, ridurrà la distanza tra psicopatologia e quotidiano clinico, dapprima presso il nuovo Istituto universitario, realizzato accanto all’Ospedale Psichiatrico di Voghera, quindi nel capoluogo, dove, fin dai primi anni ‘70, nei locali della Provincia diede il via ad un’esperienza di psichiatria territoriale che anticipò notevolmente la legge di riforma psichiatrica. Sia che si trattasse di restituire una storia ai pazienti manicomiali che avevano smarrito la propria (De Martis et al 1980), sia che si trattasse di affrontare quadri di recente insorgenza attraverso il lavoro clinico quotidiano, l’organizzazione di servizi territoriali, la pratica di interventi domiciliari, tutto quanto nel segno della continuità terapeutica (De Martis & Bezoari 1978), De Martis si poneva controcorrente rispetto all’isolamento un po’ elitario della psichiatria universitaria italiana.
La Psicoanalisi
La formazione psicoanalitica di De Martis avviene parallelamente alla sua carriera accademica. Dario De Martis viene analizzato da Pietro Veltri, una tra le figure più riservate della psicoanalisi milanese delle origini. Apprezzato ed impegnato magistrato di Corte d’Appello (Sigurtà 2000), profondamente interessato anche alla psicologia dell’uomo che delinque e al suo trattamento (si veda la prefazione a: Alexander & Staub 1978), Veltri fu – insieme a Franco Fornari – uno dei primi analisti formatisi con Cesare Musatti a Milano. Il documento di fondazione del CMP vede infatti le firme congiunte di Cesare Musatti, che era allora presidente della SPI, di Franco Ciprandi, Renato Sigurtà e Pietro Veltri.
Nel quotidiano di De Martis l’attività psicoanalitica avveniva, in genere, “dopo” quella accademica ed istituzionale. Personalmente, ricordo bene – ad esempio – lo stupore di alcuni miei compagni di training, in supervisione con lui, ai quali veniva proposta la domenica mattina come momento formativo… Diviene presto analista didatta, ricopre diverse cariche istituzionali, tra cui quella di presidente del Centro Milanese di Psicoanalisi dal 1992 al 1994.
Insieme a Fausto Petrella, importa la “peste” a Pavia, senza dubbio il capoluogo italiano (e verosimilmente mondiale) con il più elevato rapporto tra analisti e popolazione (all’inizio del 2018 Pavia conta uno psicoanalista (27) ogni 2700 residenti nel capoluogo).
I contributi teorici
L’impasto di sapere psicopatologico, formazione psicoanalitica e lavoro psichiatrico impegnato trova la sua espressione in Sintomo psichiatrico e psicoanalisi (De Martis & Petrella 1972), piccolo ed intenso volume, che riscosse un meritato successo nel panorama scientifico letterario dell’epoca. All’altro estremo delle sue opere psicoanalitiche, Realtà e fantasma nella relazione terapeutica (1984) costituisce una ampia panoramica del suo pensiero. Il volume raccoglie diversi saggi, a partire da: Aspetti psicodinamici della corporeità (1968), fino agli sviluppi più recenti della sua riflessione, come: Lo stato attuale della prassi psicoterapica (1981)
I suoi lavori psicoanalitici più citati, sono però quelli che “leggono” in termini relazionali – la parola-chiave del suo operare (Petrella 1997) – il lavoro istituzionale e quello educativo/formativo al contatto con la sofferenza mentale (De Martis 1976). In essi emerge pressoché costantemente la sua grande capacità di “ascolto” della sofferenza mentale, in particolare quella psicotica.
Tale capacità di comprensione profonda della sofferenza mentale, a partire dagli anni ‘80 (la terza edizione del DSM è proprio del 1980), è andata sempre più scemando nella psichiatria contemporanea, a beneficio di istanze maggiormente oggettivanti e classificatorie da un lato, nonché alle pretese di razionalizzazione, economicità ed aziendalizzazione (Barale 2003) dall’altro.
In precedenza, Dario De Martis aveva ideato e coordinato la pubblicazione di diversi volumi collettanei, da Istituzione, famiglia, équipe curante (1978) a Il paese degli specchi (1980), resoconto di un impegno terapeutico con i cronici istituzionalizzati, sino al più recente Fare e pensare in psichiatria (1987), testimonianza viva della capacità di mobilitare, attorno alla sua impostazione, l’intero gruppo di lavoro (Petrella 1997).
Quanto alla qualità del suo operare, non può essere dimenticato come, nelle differenti articolazioni della sua attività, De Martis conservasse una piena interiorizzazione del setting, sia in aula universitaria, sia in reparto psichiatrico, come durante le consulenze negli altri reparti ospedalieri. Per scelta, egli non trattava in maniera sistematica la psicoanalisi durante le lezioni di psichiatria agli studenti di medicina (De Martis 1978), e neppure durante i seminari di specialità. Eppure, il procedere del suo discorso ex cathedra lasciava continuamente intuire l’importanza, se non la necessità, di un percorso personale di presa in carico degli aspetti motivazionali, disfunzionali, dei bisogni e dei punti ciechi di ogni persona che si confronti con la sofferenza mentale. Persino le sue proverbiali sfuriate con il gruppo di lavoro, apparentemente lontane dall’intervento terapeutico, a giochi fatti, consentivano quasi sempre di elaborare l’accaduto, apprendendo dall’esperienza. Questa sua attitudine psicoterapeutica, universalmente riconosciuta anche dai colleghi meno in sintonia con lui, lo portò a fondare, all’interno della Società Italiana di Psichiatria, la Società Italiana di Psicoterapia Medica, di cui fu il primo Presidente.
La politica
Ultimo aspetto, meno ricordato, ma non certo meno importante, fu la sua dimensione politica. De Martis, presentatosi come candidato indipendente nelle liste del PCI, fu eletto per due mandati come Consigliere comunale a Pavia, svolgendo tale compito in autentico spirito di collaborazione e servizio, in quegli anni “di piombo” in cui l’impegno civile non era certo facile.
A Dario De Martis sono state intitolate la Biblioteca del Centro Psicoanalitico di Pavia e l’Unità di Psichiatria del Dipartimento di Scienze del Sistema Nervoso e del Comportamento dell’Università di Pavia. Il Dipartimento di Scienze del Sistema Nervoso e del Comportamento bandisce periodicamente un premio di studio a lui dedicato.
BIBLIOGRAFIA
Franz Alexander, Hugo Staub (1929). Il delinquente, il giudice e il pubblico. Un’analisi psicologica. (Trad. it.) Milano: Giuffré 1978
Paolo Ambrosi, Dario De Martis, Fausto Petrella (a cura di). Fare e pensare in psichiatria. Milano: Cortina 1987
Francesco Barale (2001). L’inconscio ai tempi dell’aziendalizzazione. L’istituzione e la memoria. In: Luigi Rinaldi (a cura di). Stati caotici della mente. Milano: Cortina 2003
Dario De Martis, (1968). Aspetti psicodinamici della corporeità. Rivista di Psicoanalisi, 14(2):93-103.
Dario De Martis, Fausto Petrella. Sintomo psichiatrico e psicoanalisi. Per una epistemologia psichiatrica. Milano: Lampugnani Nigri 1972
Dario De Martis. Narcisismo e perversione. In: Eros e onnipotenza. Studi psicoanalitici sul narcisismo (a cura di E. Gaburri), Guaraldi, Firenze, 1976, 35-54.
Dario De Martis. Il talismano inaccessibile. Problemi di dipendenza e di autonomia in un’esperienza didattica. Relazione al Congresso Internazionale su “Psicoanalisi e Istituzioni”. Milano, 30 ottobre-1 novembre 1976. In: Psicoanalisi e istituzioni (a cura di F. Fornari), Le Monnier, Firenze, 1978, 129-135.
Dario De Martis. Argomenti di clinica psichiatrica. Padova: Piccin 1978
Dario De Martis, Michele Bezoari (a cura di) (1978). Istituzione, Famiglia, Equipe Curante. Pratiche e Teorie a Confronto. Milano: Feltrinelli
Dario De Martis, Fausto Petrella, Edgardo Caverzasi. Il paese degli specchi. Confronto con lungodegenti manicomiali. Milano: Feltrinelli 1980
Pier Francesco Galli (2004): Silvano Arieti torna in Italia. Psicoterapia e Scienze Umane, 38(4):505-514
Fausto Petrella (1997): Dario De Martis: uno psichiatra, uno psicoanalista. Rivista di Psicoanalisi, 43(2):353-362
Enzo Morpurgo (1973). L’esperienza di Niguarda. In: I territori della psicoterapia. Milano: Angeli, pp. 76-93.
Diego Napolitani (2006) Di palo in frasca. Milano: Ipoc 2006.
Renato Sigurtà (2000): Musatti e l’Istituto milanese di psicoanalisi. In: Romano D., Sigurtà R. (a cura di), Cesare Musatti e la psicologia italiana. Milano: Franco Angeli, 2000