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25 Agosto 2013, Cape Town (South Africa) – 14° Congresso Internazionale di Neuropsicoanalisi “Clinical applications of Neuropsychoanalysis”. Resoconto di A.Ficacci e C.Pirrongelli

29/10/13

Resoconto di Antonietta Ficacci e Cristiana Pirrongelli

 

Cape Town (C.T.) ha fatto da sfondo al Congresso che si è tenuto dal 22 al 25 agosto 2013 ma la città ha costituito anche un elemento saliente di tale avvenimento per il fatto che Mark Solms ha lì la sua casa e una wineyard (Solms – Delta) importante non solo per la vasta produzione di rinomati vini ma anche per il ruolo di integrazione sociale che svolge in una terra in cui la ferita dell’apartheid è ancora dolente.

Nella costruzione dove sono alloggiati i grandi contenitori di vino si è svolta la cena sociale (dinner and wine-tasting!) con il sottofondo dei gruppi musicali voluti e creati da Solms stesso con coloro che collaborano all’attività vinicola.

Mentre nella giornata iniziale del Congresso, l’Archbishop Desmond Tutu aveva portato il suo saluto, la Premier di C.T. (figura politica corrispondente, in qualche modo, a quella di Governatore della Regione) ha partecipato alla cena.

Queste righe introduttive al Report del Congresso tentano di evocare in chi legge l’atmosfera che ha permeato le giornate congressuali grazie alla sentita partecipazione di ognuno.

In modo particolare, poi, sia Tutu che la premier di C.T., con un linguaggio fortemente connotato emotivamente, parlando del Sud Africa, hanno sottolineato l’importanza del ruolo svolto dagli altri nel costruire l’identità dei singoli e dei popoli che si realizza, per usare le loro parole, “through the others“.

Mentre precedenti Congressi di Neuropsicoanalisi ( NPSA) hanno visto i relatori impegnati soprattutto nella proposta e nell’approfondimento di ipotesi teoriche, per es. quello tenutosi a Berlino nel 2011 particolarmente ricco da questo punto di vista), il Congresso di C.T. ha visto gli speakers presentare casi clinici per descrivere le applicazioni cliniche della Neuropsicoanalisi.    

Le applicazioni cliniche descritte sono avvenute, sinora, nell’ambito del lavoro ‘psicoanalitico’ fatto con pazienti portatori di danni cerebrali di varia natura, con una lettura di quanto veniva accadendo nello scambio analista – paziente effettuata nell’ottica delle concettualizzazioni classiche della psicoanalisi (transfert, controtransfert, identificazione proiettiva…) ma sembra di poter prendere atto di una grande disponibilità nel riconoscere il bisogno di discutere le applicazioni cliniche della Neuropsicoanalisi anche relativamente al lavoro svolto con ‘regular patients’ ( come avevamo proposto in uno scambio di mail con Maggie Zellner successivo al Congresso).

A questo proposito, Maggie Zellner, psicoanalista, Direttore Esecutivo della Fondazione NPSA a New York e membro del Comitato Organizzatore del Congresso ha invitato a proseguire nella ricerca nella direzione proposta e a scrivere in merito anche in vista del prossimo Congresso che avrà luogo dal 24 al 27 luglio 2014 a New York : “We are just at the beginning of understand that, and part of the process is each person thinking about and communicating with other colleagues the ways in which we use neuroscience in our own work”.

Prima di entrare nel dettaglio di alcuni interventi congressuali, segnaliamo che l’articolo di Solms e Panksepp (che si può scaricare alla fine di questo Resoconto) ha costituito una sorta di red–line teorica alla quale la maggior parte dei relatori ha fatto riferimento.

Dopo il discorso di saluto e di introduzione al tema del Congresso fatto da Mark Solms nel pomeriggio del 22 agosto, Carlo Semenza ha aperto e coordinato i lavori della mattinata successiva dopo aver esplicitato che la cornice filosofica del Congresso è costituita da fatto che ‘the mind is the brain’ e che per capire meglio come la mente funzioni è importante usare i nuovi strumenti di conoscenza derivanti dalle neuroscienze integrando così punti di vista che derivano da posizioni soggettive con derivati oggettivi.

Ha poi aggiunto, riprendendo tematiche familiari alla neuro psicoanalisi, che le pulsioni (drives) e l’Es sono il link tra corpo e mente e che la coscienza è essenzialmente affettiva: il sentire del corpo.

Tutti i relatori hanno sottolineato come, quando si reintroduce lo psichico con la terapia, si attivino cambiamenti anche se le strutture cerebrali sono state danneggiate e di come questa certezza renda l’indicazione al trattamento per questi pazienti un impegno morale.

Oliver Turnbull ha parlato della confabulazione come un tentativo del paziente di riempire i vuoti (gap–filling) motivato dall’imbarazzo per la sopraggiunta amnesia.

Mentre, però, ha aggiunto, la maggior parte dei confabulatori sono amnesici, non tutti gli amnesici confabulano e ha assimilato la confabulazione alla modalità di funzionamento dell’inconscio freudiano caratterizzato dalla mancanza di temporalità e mosso dalla ricerca di soddisfazione del desiderio.

Paul Jenkinson dopo aver sottolineato l’importanza del corpo nella formazione dell’Io, ha descritto il lavoro con pazienti con danni dell’emisfero destro che determinano disordini nella consapevolezza della motricità (anosognosia) e come ciò renda difficile il lavoro di riabilitazione.

I pazienti così danneggiati sembrano dividere il corpo in parti accettate e in altre rifiutate (splitting body): per questi pazienti è possibile il riconoscimento allo specchio del proprio arto danneggiato anche quando non è possibile il riconoscimento diretto (body ownership in the mirror) e questo fa interrogare il relatore sulla possibilità, per la psicoanalisi, di funzionare, in questi casi, come specchio.

Lisa Ouss ha affrontato il tema dei diversi tipi di disordini da conversione nei bambini e adolescenti legati alla possibilità o meno di inscrizione delle esperienze traumatiche (periodo preverbale) o alla rimozione di rappresentazioni intollerabili.

La non inscrizione delle esperienze traumatiche le manterrebbe vivide, in una sorta di stato ipnoide.

La Ouss, in disaccordo con Freud, ha sottolineato, nei pazienti isterici, non tanto l’importanza dell’eccitamento sessuale ma l’importanza della mancanza della barriera difensiva e del non pieno sviluppo dell’apparato cognitivo come protezione nei confronti dell’esperienze traumatiche.

Jaak Panksepp ha parlato dell’archeologia della mente e ha fatto riferimento alle ipotesi teoriche presenti nel sopra-citato lavoro scritto con Solms, a cui rimandiamo. Il suo ultimo libro dal titolo “The Archeology of Mind” sarà presto pubblicato anche in Italia.

Maggie Zellner ,nel suo intervento, ha sottolineato la sovrapponibilità di quanto accade a livello cerebrale nella dipendenza da oppiacei con quanto avviene nei pazienti con modalità di attaccamento dipendente.

Yoram Yovell ha presentato la sua ricerca relativa all’importanza del sistema ‘panic–grief’ nel generare il comportamento suicidario. Dal momento che tale sistema è mediato dagli oppiacei, propone un oppioide a basse dosi, la buprenorfina, come antisuicidario in alternativa ai comuni antidepressivi che, prima ancora di aver migliorato l’umore, possono attivare il paziente.

Nella mattinata conclusiva, Maggie Zellner ha discusso dell’impatto delle neuroscienze nella stanza di consultazione, con vari interlocutori e con l’audience.

La maggio parte degli interventi hanno sottolineato come la neuropsicoanalisi possa essere una fonte di nuove ipotesi e formulazioni per costruire la narrativa con i pazienti (basti pensare alle importanti scoperte sull’amigdala e ippocampo per comprendere meglio il funzionamento della memoria esplicita e implicita), per aiutarli a nominare quello che il corpo dice, per aiutarli ad avere informazioni su i “perché” della loro sofferenza, per individuare approcci tecnici utili con particolari pazienti.

Ribadita l’importanza delle esperienze fatte nella prima infanzia per gli effetti duraturi che ne conseguono e l’importanza dell’attività mentale inconscia nel condizionare la nostra vita cosciente, è stato però anche sottolineato come la neuro plasticità (‘Neuropsychoanalytic perspectives on neuroplasticity’ sarà il tema del prossimo congresso a New York) consenta, ad esperienze mentali nuove come quelle promosse all’interno di una terapia psicoanalitica, di cambiare il cervello .

Quello che impariamo dalle neuroscienze “inform” la nostra pratica clinica: questa è stata la considerazione espressa da Virginia Barry e Richard Lane che ha trovato condivisione da parte dei clinici presenti.

Solms ha chiuso il Congresso facendo il punto sulle tre aree in cui le neuroscienze e in particolare la neuro psicoanalisi, stanno definendo nuovi concetti e modalità terapeutiche: la psicoanalisi, la psichiatria e la neurologia. Riguardo alla psicoanalisi, ha sottolineato, ci si sta interrogando soprattutto su come si possano utilizzare le recenti acquisizioni neuroscientifiche, molte delle quali hanno convalidato le intuizioni meta psicologiche freudiane (per esempio il sogno, le emozioni di base, i ‘drives’) mentre altre sembrano discostarsene (per esempio il concetto di inconscio) .

Per quanto riguarda la neurologia Solms ha riaffermato con forza l’”obbligo etico e scientifico” di trattare i pazienti neurologici con una totale apertura alle loro emozioni: non come fossero solo cervelli con deficit bensì come persone in analisi, andando oltre quanto fatto dalla ‘behaviour neurology’ e rivolgendosi al nucleo vivo di sofferenza e ricerca di espressione di ogni paziente nella sua singolarità.

Per quanto riguarda la farmacologia, Solms, riferendosi alla relazione di Yovell che trattava dell’efficacia della buprenorfina nei pazienti con tendenze suicidarie, ha ipotizzato che tutti si fossero meravigliati del fatto che un tale argomento venisse trattato in un Congresso di Neuropsicoanalisi ma ha anche ricordato come Freud in “Lutto e Melanconia” abbia affermato, ad un certo punto, che un disturbo mentale è anche un disturbo psichiatrico.

La depressione è una perdita, un dolore per la perdita di un oggetto e, per Solms, sul dolore sia la psicoanalisi che la farmacologia, ognuna con i propri strumenti, possono lavorare.

Solms ha poi chiuso il Congresso con rimandi al concetto di “Ubuntu”: un’etica, un’ideologia dell’Africa, in particolare del Sud Africa, che si focalizza sulla lealtà e sulle relazioni tra le persone. E’ un’espressione in lingua bantu che indica “benevolenza verso il prossimo”. E’ una regola di vita basata sulla compassione e il rispetto dell’altro: “io sono ciò che sono in virtù di ciò che tutti siamo”. L’ubuntu esorta a sostenersi e aiutarsi reciprocamente, a prendere coscienza non solo dei propri diritti ma anche dei propri doveri poiché è una spinta ideale verso l’umanità intera, un desiderio di pace.

Il Self, afferma Solms, esiste attraverso l’altro: abbiamo bisogno degli altri e attraverso la cathexis, a costo di confusione e vulnerabilità, l’Ego incontra i suoi oggetti e diventa Self.

La deriva di questo Congresso è stata, sorprendentemente, una deriva “etica” sostenuta da basi neuro scientifiche e in esse convergente.

 

–>  scarica l’articolo di Solms M. & Panksepp J. (2012). The “Id” knows more than the “Ego” admits: neuropsychoanalytic and primal consciousness perspectives on the interface between affective and cognitive neuroscience. Brain Sciences, 2: 147-175.

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