Parole chiave: Psicoanalisi; Shoah; Nissim Momigliano; Egidi Morpurgo; Sonnino
Zakhor e la Psicoanalisi
Quaderno del Centro Milanese di Psicoanalisi
A cura di M.Pezzati
Recensione di Sonia de Cristofaro
Il testo Zakhor e la psicoanalisi, il nuovo Quaderno del Centro Milanese di Psicoanalisi, è uscito proprio nei primi giorni di Ottobre. E dal 7 Ottobre 2023, sono tornati i pogrom contro gli ebrei e contro la loro dignità di esseri umani. Appaiono le svastiche sui muri delle capitali europee e le stelle di Davide per denunciare la presenza degli ebrei. E’ un copione che non ammette ritocchi scrive Elena Loewenthal, l’epidemia dell’odio dilaga e stupisce che neppure i muri delle università la sappiano contenere, con molti esponenti del mondo accademico occidentale schierati contro il mondo ebraico. Dobbiamo prendere atto che l’attacco ad Israele del 7 ottobre, ha avuto come ripercussione peggiore l’aver slatentizzato ciò che pensavamo fosse alle nostre spalle:il fantasma dell’antisemitismo e la ripetizione da cui la Storia non riesce a liberarsi. Come dice Maurice Blanchot, “il disastro è ciò che avviene dopo essere già avvenuto”, ed è proprio questo rigurgito in aprés-coup a lasciarci increduli e raggelati.
Zakhor e la Psicoanalisi, raccoglie una selezione di lavori a partire dal 2006, presentati alla Casa della Cultura di Milano, in occasione della Giornata della Memoria organizzata dal CMP, su iniziativa di Valeria Egidi Morpurgo, Anna Ferruta, Simonetta Diena e Ronny Jaffé. Si tratta di una raccolta di scritti e di testimonianze sulla Shoah che è al tempo stesso una risposta alla ripetizione della Storia e una scommessa sulla capacità del ricordo di illuminare il presente e proteggere il futuro. La sua pubblicazione, avviata un anno fa, arriva a termine con inquietante e perturbante tempismo, offrendo al lettore un piccolo manuale di sopravvivenza col quale far fronte al momento storico, umano e politico cui stiamo assistendo. Il libro è un bell’esempio di resistenza culturale agli aspetti più oscuri e impensabili dell’agire umano e della capacità della psicoanalisi di uscire hors les murs, come direbbe Jean Laplanche, come movimento culturale in dialogo con lo spirito del proprio tempo, con la Storia e con le grandi questioni etiche che la attraversano.
A partire dall’introduzione di Anna Ferruta e Ronny Jaffé, Una memoria rivisitata dal progetto del futuro, nella scelta di interventi che compongono il Quaderno vi è un filo conduttore che funge da common ground e che rimane costante fin dalla prima delle Giornate della Memoria nel 2006. Si tratta del tema clinico e storico, dell’aspetto individuale e collettivo del trauma, della sua trasmissione transgenerazionale e della funzione ripartiva della memoria. Su questa base si innestano di volta in volta riflessioni che aprono all’etica, toccando il problema dell’esistenza del male, anche in ognuno di noi, dei limiti e degli effetti del perdono (a es. Valeria Egidi Morpurgo, I processi di riconciliazione e i loro limiti alla luce dell’etica della riparazione; e Clara Mucci, La necessità di una comunità di testimonianza), e altre più storiche come quelle sul Negazionismo e i limiti dell’interpretazione storiografica di Valentina Pisanty e Shoah e tragedie collettive, quale elaborazione per l’inelaborabile? di Alberto Sonnino, fino a arrivare a lavori che interrogano la creatività, l’arte e la musica come punti di massima resilienza – qualità elettiva dell’identità ebraica – via di uscita dall’orrore – pratica viva della memoria e di ciò che si sceglie di trasmettere da una generazione all’altra (Una vita, di Paola Guglielmetti, report dello spettacolo teatrale che l’autrice ha realizzato a partire dalle memorie di Luciana Nissim redatte al ritorno dal campo di sterminio di Auschwitz–Birkenau; I violini della speranza di Weinstein e l’intervista al Maestro Daniel Oren).
Il libro ha una struttura particolare che ci permette di leggerlo in due modi. Su un piano offre un insieme di riflessioni che si spostano con agilità dal piano generale a quello della clinica, intessendo un articolato dialogo tra riflessione teorica e esperienza personale, dentro e fuori la stanza d’analisi. Da questo punto di vista, nonostante la scansione temporale degli anni e delle Giornate della Memoria, i testi che il libro propone possono essere letti come se fossero stati scritti nello stesso momento e per un unico evento, per il giorno d’oggi, come se le diverse Giornate della Memoria fossero un insieme compatto e sincronico che si oppone all’orrore cui tentano di corrispondere. Una risposta corale e potente all’impensabilità della Shoah, capace di mobilitare ogni suo autore, come se parlasse qui ed ora.
Per un altro verso, scorrendo l’indice, ci si accorge che progressivamente le Giornate, forse in risonanza con il precipitare degli eventi della nostra contemporaneità, pur restando ancorate nei binari originari, si focalizzano sempre più sull’esperienza soggettiva e personale degli eventi storici che, nostro malgrado, ci coinvolgono, non tanto come testimoni del passato bensì come interlocutori di un presente reduce da un secolo di genocidi e di traumi collettivi. Così, per esempio, le edizioni 2021, Com’è difficile non essere razzisti, e 2023, La scelta del doganiere, morire per un si o per un no, chiamano direttamente in causa la posizione etica e soggettiva del lettore.
Lo scorrere degli interventi e degli anni sembra mettere sempre più in chiaro il bisogno, la necessità di interrogare, accanto alla Storia e alla memoria, l’agire etico di ciascuno di noi, come se fosse sempre più urgente reperire una bussola che ci orienti in tempi duri e preoccupanti. E se può sembrare difficile dire in che cosa consista oggi questa bussola, è proprio il titolo del libro a darci la migliore indicazione: ‘Ricorda!’, non nel senso intellettuale del termine, ma in quello assai più decisivo di tenere a contatto ciò che si legge con la propria esperienza soggettiva e affettiva.
A questo proposito va detto anche che il quaderno, scaricabile al seguente link:
ha anche la caratteristica di legare il lavoro di due generazioni, quello dei fondatori del gruppo e quello della nuova generazione che ne raccoglie il testimone e insieme la sfida di mantenere viva la giornata della memoria, perché non diventi solo un ‘monumento’ alla Shoah, ma anche una lezione esemplare di sopravvivenza e di trasmissione dei valori della vita umana.
Zakhor e la psicoanalisi è da leggere per sentire sulla propria pelle cosa significa ricordare, perché alcuni passaggi fanno accapponare la pelle, e affinché questa nostra pelle non si raffreddi come quella di una rana d’inverno. Zakhor e la psicoanalisi coinvolgerà chi vorrà e potrà sostenere lo sforzo di tenere la mente a contatto con la realtà della Shoah senza distogliere lo sguardo e coinvolgerà chi saprà riflettere sulla seduzione del male, su quell’attrazione umana, troppo umana, che rende tragica la banalità del male, come insegna Hannah Arendt.
Il 7 ottobre 2023 è successo qualcosa di mostruoso e che gli eventi riverberino con una ripetizione rende l’evento ancora più grave, ma nella mia esperienza come in quella dei colleghi con cui ho parlato, i pazienti in seduta tacciono su ciò che è accaduto: l’orrore non arriva a disturbare lo scorrere delle sedute che rimangono saldamente ancorate a curare il proprio orto interno. Vien da domandarsi se il silenzio, non sia, al di là di ogni possibile comprensione psicoanalitica, la spia rilevatrice dell’intimidazione inconscia che accompagna la violenza in atto e insieme del distacco, della dissociazione che serve a non bruciarsi gli occhi guardando in faccia la realtà.
Concludo questa recensione, e il mio invito alla lettura, con le parole di un amico e collega della Società Israeliana di Psicoanalisi, Avner Bergstein, tratte da una conversazione recente. Avner vive a Tel Aviv, ha amici e figli di amici direttamente coinvolti nel conflitto e così descrive la sua esperienza di vita quotidiana in questi giorni stranianti:
Here it’s almost impossible to stay emotionally connected to all the bloodshed and devastating pictures we are exposed to.
I am caught in surreal situations of having a drink with a friend with missiles exploding over our heads … and we just go on talking … But there are moments, especially when we hear of young soldiers being killed, that the wall of dissociation collapses …
I work, and even write a little, but I spend many hours just lying on the sofa, staring into space. I hear the same from many others. It’s like passing time until it’s all over and we can go back to our lives.
Qui è quasi impossibile rimanere emotivamente in contatto con il sangue versato e le immagini devastanti alle quali siamo esposti.
Vivo situazioni surreali, come quella di prendere qualcosa da bere con un amico mentre i missili esplodono sopra le nostre teste …. e continuiamo a parlare … ma ci sono momenti, soprattutto quando si sente parlare dei giovani soldati che sono stati uccisi, che quel muro di dissociazione crolla …
Lavoro, scrivo anche qualcosa, ma passo molte ore steso sul divano a guardare il vuoto. Sento dire la stessa cosa a molti altri. E’ un passare il tempo finché tutto questo non sarà finito e potremo ritornare alle nostre vite.
Bibliografia
Blanchot M. (1980), La scrittura del disastro, Il Saggiatore, Milano, 2021.