Parole chiave: Psicoanalisi; Freud; Ferenczi; Winnicott; Trauma; Amati Sas; Cabré; Carloni
“Trasformazioni del trauma in analisi – Sogno, libido, creatività” a cura di Cinzia Carnevali e di Luis J. Martin Cabré – Alpes 2023
Recensione di Pierluigi Moressa
Il trauma è stato tema di riflessioni approfondite per la psicoanalisi fin dagli albori. Nota è la teoria freudiana sul trauma, elaborata nella prima classificazione delle nevrosi e nella trattazione dell’après coup, azione differita capace di rappresentare l’innesco di aspetti sintomatici successivi allo stesso trauma. Altrettanto noti sono i passaggi che hanno dato valore alle fantasie inconsce e alle esperienze di perdita. Muovendosi sul confine fra trauma reale e fantasmatico, la psicoanalisi non ha cessato di interrogarsi sui differenti aspetti psicopatogeni. Continua a farlo con questo libro a più voci (italiane e di lingua ispanica) pubblicato, come osserva Silvia Amati Sas nell’introduzione, “forse non a caso in un particolare momento storico” gravato da elementi traumatici e distruttivi incidenti a livello collettivo e sociale. La ripetizione del trauma attraverso le coazioni inconsce, la successiva presa di coscienza, la possibile elaborazione soggettiva: questi gli aspetti che lungo il testo costituiscono reali “aperture psicoanalitiche” e punti di innesco per le “trasformazioni nella cura”. Di livello diverso e articolate su gradienti dotati di intensità variabile risultano tanto l’incidenza psichica dell’evento patogeno quanto le difese opposte al trauma, mentre l’assetto teorico che la psicoanalisi continua a proporre si articola sull’evento traumatico come punto di intersezione fra storia collettiva e individuale, psichica e corporea, destinate a trovare rivisitazione e rivitalizzazione entro il transfert. In questo senso, le esperienze di ripetizione prendono una forma ulteriore e un significato trasformativo.
Suddiviso in due sezioni (“Sogno, libido e creatività” e “Il sentire dell’analista – Transfert e controtransfert”), il volume accoglie contributi di più autori realizzando non solo una polifonia clinico – teorica, ma anche mostrando la sequenza dei distinti punti d’ingresso entro il tema trattato. Assai incisivo è il contributo che apre la trattazione: “Il dialogo tra Freud e Ferenczi sulla teoria psicoanalitica del trauma. Una vera o apparente controversia?” Juan Martin Cabré ripercorre la vicenda che portò a una distanza teorica fra il fondatore della psicoanalisi e il suo allievo prediletto, generata dalla presentazione al congresso IPA di Wiesbaden (1932) da parte di Ferenczi del lavoro “Confusione di lingue tra gli adulti e il bambino”, in cui egli intervenne sulla differenza fra il tempo del trauma e la strutturazione della scissione, “ultima risorsa possibile per difendersi dal terrore della sofferenza”. La non rappresentabilità del trauma finiva per collocarlo al di fuori della vita psichica e per renderlo estraneo alla rimozione. La teorizzazione di Ferenczi, inizialmente non accettata e non condivisa, riuscì, invece, a estendere lo sguardo teorico verso quelle situazioni in cui l’eccessiva smania interpretativa dell’analista contribuiva a suscitare la sottomissione nevrotica del paziente. Un originale scritto di Alberto Spadoni (“Qualche riflessione sulla pedofilia o … pedofobia?”) introduce il concetto di “pedofilia incestuosa” che si verifica entro famiglie in cui di solito è presente almeno un soggetto dalla condotta problematica. L’autore sottolinea il ruolo che il reale evento traumatico assume nel produrre alla vittima dell’abuso uno stato di “morte psichica”; poi si sofferma sulla psicopatologia dell’aggressore, soggetto “passivo – dipendente” o “aggressivo – dominante”, e aggiunge: “certamente la condizione psicopatologica del pedofilo è molto complessa … nella sua mente ciò che per lui erano da bambino la sua tenerezza, la passività, l’arrendevolezza, l’inerzia, vengono percepite come esclusivamente appartenenti alla vittima e suscitano impulsi altamente aggressivi che fanno pensare … anche a desideri inconsci di riappropriarsi del bambino violato o perduto o … allo scatenamento di forze distruttive”. Un ulteriore contributo di Juan Martin Cabré mette in luce il valore della funzione traumatolitica del sogno, sottolineando il valore del processo onirico come strumento necessario per consentire alla mente di migliorare la propria capacità di pensare. Valore del sogno è anche quello di condensare “i processi identificativi e il mondo degli affetti”, tanto da riproporre modalità di funzionamento primitivo e da ristabilire il contatto con antiche emozioni e tracce mnestiche. La funzione traumatolitica del sogno venne individuata nel 1913 da Ferenczi che successivamente propose (1931) una revisione della interpretazione dei sogni; in definitiva, la riflessione dello psicoanalista ungherese individua nel processo onirico la funzione di decomporre e dissolvere i vissuti traumatici, che risultano più precoci rispetto alla difesa rappresentata dalla rimozione. Il contributo di Michela Tonti (“Violante”) si apre con un riferimento al Diario clinico di Ferenczi laddove (1932) parla dello “shock psichico”, stato in cui la sofferenza supera la capacità di elaborazione dell’Io fino a una sorta di “autotomia” che conduce all’amputazione di una parte di sé destinata a sopravvivere, “sprovvista di affetti, al margine della propria esistenza”. L’esposizione del caso clinico di Violante prende avvio da queste considerazioni che introducono il clima anestetizzato di un lungo periodo d’analisi durante il quale le difese della paziente si manifestano come assenza emotiva: sorta di amputazione di parti di sé che gradualmente potranno affacciarsi a una nuova integrazione. Nell’articolo “Impotenza sessuale impotenza psichica”, Cinzia Carnevali raccoglie le riflessioni al riguardo del lavoro con pazienti “particolarmente difficili, eterogenei”, capaci di suscitare risposte controtransferali assai intense e non facili da gestire. La descrizione della teoria che l’autrice pone alla base della propria indagine si fonda sulle ricerche di Freud e di Ferenczi e sui successivi sviluppi condotti da autori contemporanei; al centro della trattazione emergono i concetti di après-coup rielaborativo, di fantasmatizzazione, di frammentazione dell’Io. Nel caso clinico proposto (l’analisi di D.) si ritrova l’ampiezza dell’assetto teorico proposto, mentre il percorso analitico porta allo svelamento di un trauma transgenerazionale che ha inciso profondamente sulle relazioni familiari. In un capitolo successivo (“Inconscio e trasformazioni in analisi: corpo, oggetto del bisogno e fantasma sessuale”), la stessa autrice si addentra nella definizione del “controtransfert corporeo” entro gli scambi interpersonali: il tutto descritto nell’ambito di una relazione analitica con pazienti traumatizzati in cui il percorso comune si delinea nei termini del passaggio tra corpo, sensazione, affetto, fantasma, sogno, ricordo. “Evoluzione teorica del trauma: il rifugio segreto di Lady” è il titolo del lavoro di Simona Lucantoni. Partendo dagli scritti di Freud, Ferenczi, Balint, Winnicott, il testo accoglie un caso clinico in cui la consistenza del trauma sessuale infantile, in parte rimosso come un “segreto”, è alla base di stati sintomatici (attacchi di panico) attivatisi dopo un trauma recente, che trova in analisi non solo chiarificazione, ma anche soddisfacenti elaborazioni trasformative. La stessa autrice, nell’articolo “Il corpo dell’analista”, si interroga sulla dimensione somatica entro la relazione col paziente e lo fa dal punto di vista del terapeuta, esplorando ampiamente la componente soggettiva: “come se il mio corpo facesse da cassa armonica del contenuto non ancora pensato”; rispecchiando angosce impensabili e gradualità dell’insediamento nel corpo della psiche, la presenza concreta dell’analista offre spazi per forme di transfert destinate a portare in scena anche vissuti inconsci primitivi. Santiago Sanchez – Palencia, nel lavoro “Trauma e sublimazione, compie un excursus esauriente entro la teorizzazione freudiana; l’autore si addentra nelle dinamiche di “piacere e dispiacere”, nei rapporti fra evento traumatico e fantasmatizzazione, fra trauma e distruttività, si sofferma sugli aspetti della soggettivazione come “verità vissuta”. Di fatto, il ritorno in analisi dell’esperienza traumatica “è una speranza di riconciliazione dell’Io con le sue parti” di là dall’esperienza di de-soggettivazione subita col trauma. Laura Ravaioli, nell’articolo “Saldi nella furia dei venti e degli eventi”, descrive la situazione traumatica rappresentata dalla pandemia da Covid 19 e indica, attraverso un resoconto clinico, come l’impatto sociale del fenomeno pandemico abbia potuto coinvolgere anche il vissuto soggettivo a livelli profondi; i sentimenti appaiono tanto più esacerbati quanto più generati dagli eventi traumatici determinati dal virus, come morti inattese, perdita del contatto interpersonale, abolizione dei riti collettivi.
Apre la seconda parte del libro il testo elaborato da Angelo Battistini e Cinzia Carnevali, “Neutralità dell’analista al lavoro”; questo resoconto teorico – clinico parte dalla critica proposta da Ferenczi al concetto di neutralità analitica e mostra l’assetto del terapeuta che, accostandosi con “tatto” al paziente, grazie alle proprie qualità empatiche, può offrirgli “una partecipazione affettiva”. Il valore dell’articolo risiede soprattutto nella disamina della posizione dell’analista compiuta dagli autori contemporanei e nella descrizione di un caso dove la partecipazione emotiva della terapeuta a una grave vicenda traumatica della paziente appare determinante sia nel mantenimento del setting sia nella capacità “di accogliere le identificazioni proiettive, contenerle, bonificarle e quindi restituirle con l’interpretazione”. Una tranche di attività clinica viene presentata da Teresa Ferret e Jordi Sala col titolo “Dall’abuso al trattamento: alcune riflessioni sugli abusi sui bambini”. Dopo un inquadramento teorico del trauma avvenuto nel contatto con un oggetto primario e toccando il tema dell’“omicidio dell’anima”, il testo espone due sedute di psicoterapia in cui una adolescente viene aiutata nella dolorosa elaborazione dell’abuso sessuale subito in famiglia. Concludono gli autori: “riuscire ad avvicinarsi a questo nucleo di impotenza/seduzione richiede tempo e molto lavoro”; tre sono i livelli possibili di interpretazione in cui si tiene conto sia della capacità di introiezione del paziente sia del pensiero simbolico, affinché “gli interventi del terapeuta siano formulati in un modo che aiuti a integrare gli aspetti scissi della personalità”. Elena Fieschi Viscardi intitola il suo lavoro “Come parlare con i cuccioli di dinosauro e altre storie”, dove tratta dei traumi affrontati dai bambini: situazioni che rivestono un peso elevato nello sviluppo fino a configurare “angosce catastrofiche”. Così, la sofferenza di un infante che non riceve “risposte empatiche dall’ambiente alle sue ansie di morte può strutturare un nucleo precoce di potenziale autodistruttività destinato a riaffiorare in età adulta”. Le sedute col piccolo Dani portano in scena la nascita di un cucciolo di dinosauro che si sforza di far intendere il proprio linguaggio alla “mamma umana”, ed è linguaggio intriso di “rabbia primitiva, preistorica e disumana” come l’animale che il bambino ha scelto. Il piccolo paziente, ferito a morte dal trauma psichico precoce, porta in seduta il desiderio che la sua ferita venga non solo curata, ma anche completamente cancellata; in realtà, la buona cicatrizzazione che l’analisi consente renderà “possibile la vita e il movimento senza troppo dolore”. Segue il contributo di Maria Ceolin: “Freud e Ferenczi: ascoltare ciò che viene da un’altra parte”. Dopo aver esplorato le posizioni di Freud e di Ferenczi nella teorizzazione psicoanalitica, l’autrice prende in considerazione gli scritti di Elvio Fachinelli e la loro valenza capace di interrogarsi sul rischio di “normalizzazione” presente nella psicoanalisi; è proprio contro questo rischio che si sono battuti Freud e Ferenczi. Il lavoro elenca i punti di contatto fra i due pensatori e la loro portata innovativa. L’esempio clinico riguarda un paziente dalle complesse e gravi vicende traumatiche, cui l’analisi consente la riappropriazione del desiderio e della pulsionalità sottratti al clima mortifero dell’angoscia e dell’inibizione. “Il trauma come tsunami familiare” è il lavoro scritto da Giorgio Mereu. In esso, l’autore propone il doloroso confronto fra le vicende traumatiche del paziente e i limiti umanamente presenti nel lavoro dell’analista. Il terapeuta viene presentato, mentre controtransferalmente avverte un doloroso senso di impotenza nel farsi carico della situazione di due coniugi, esposti a mutamenti angosciosi entro la vita familiare, paragonabili a uno tsunami: onda d’urto dall’immane forza che tutto travolge. L’improvvisa sofferenza di una figlia ha messo in crisi l’intero impianto relazionale; compito del terapeuta è apparso principalmente quello di aiutare la coppia a recuperare la pensabilità della situazione vissuta di fronte all’impatto emozionale primariamente disgregante. Un altro lavoro proposto da Cinzia Carnevali ha per titolo “Trasformazioni del trauma in analisi: dalla stereotipia mortifera del fantasma alla soggettività vitale”. Partendo dalla teorizzazione sulla “clinica del trauma”, l’autrice indica il valore della relazione fra trauma reale e fantasma e approfondisce questi concetti nel resoconto di un’analisi ove il controtransfert dell’analista assume intensi aspetti somatici a riflesso dell’immissione nel suo pensiero da parte del paziente di elementi primitivi generati da situazioni traumatiche e destinati a trovare solo successivamente possibilità di elaborazione. “Attualizzazione del concetto di trauma nella clinica analitica” è il contributo offerto da Norberto Marucco, il quale definisce il trauma come “uno degli argomenti che trae maggior beneficio dallo scambio e dal confronto”, connesso com’è al legame fra realtà interna ed esterna. Il trauma può rivestire il significato di un evento difficilmente rappresentabile in quanto segregato nell’inconscio del bambino che ha subìto l’abuso; il senso strettamente pulsionale del trauma presente in Freud indica come sia la pulsione a dover trovare possibilità di rappresentazione. Il secondo punto preso in considerazione riguarda “il trauma e la problematica della identificazione”; l’evento traumatico fungerebbe qui da fonte di “identificazione primaria passiva”. Il terzo aspetto della trattazione è costituito dal “trauma libidico”, ove l’essenza del trauma consiste nei movimenti di “amore e disamore”; è questo il caso dell’incidenza rivestita dalla libido entro la costituzione di un trauma che oscilla dall’impossibilità di amare alla dismisura dell’amore. Due sono gli estremi di questa posizione: isolamento con resistenza ad amare (“intossicazione narcisistica”) ed “emorragia libidica” che segna gli stati di “innamoramento idealizzato”. Il ruolo dell’analista viene indicato come il senso di una presenza portatrice di emozioni sane e di vita, capace di risollevare il paziente dal clima determinato dalla infinita “ripetizione del trauma”. Juan Martin Cabré è autore di altri due capitoli dedicati alla teorizzazione. Nel primo, “L’eredità di Ferenczi nell’opera di Winnicott”, traccia una linea di pensiero fra i due pensatori, indicando come l’ambiente materno, valorizzato da Ferenczi, abbia trovato piena espressione nei concetti winnicottiani di “holding”, “madre sufficientemente buona”, “preoccupazione materna primaria”; attraverso questa intuizione, Winnicott poté dar valore alla realtà esterna e allo spazio concreto e mentale in cui il bambino veniva accolto, individuando corrispettivi in lavori ferencziani come “L’adattamento della famiglia al bambino” (1928). Molti sono i punti in comune tra i due autori che Martin Cabré sottolinea, indicando come attraverso lo spazio transizionale e la tecnica del gioco si possa sviluppare una relazione terapeutica efficace, favorita certamente dal fatto che l’analista metta da parte il suo sapere col fine di costruire un modo efficace per stare in seduta col paziente. In “Controtransfert e teorie dell’analista”, Martin Cabré compie un excursus su questo importante strumento di cura, partendo da Freud e sviluppando le fasi di “padronanza del controtransfert” descritte da Ferenczi. Il valore dello psicoanalista ungherese viene espresso anche dalle sue intuizioni che trovarono significato postumo coi concetti di identificazione e controidentificazione proiettiva, di interpretazione del transfert, di partecipazione emotiva dell’analista, di analisi del controtransfert. Il lungo silenzio cui fu destinata l’opera di Ferenczi offrì protezione al valore teorico da lui espresso, sorta di “fiume carsico” destinato a riemergere e a influenzare la psicoanalisi contemporanea.
Il volume rappresenta, a mio parere, un punto di riflessione consistente su temi centrali entro la pratica psicoanalitica attuale; è proprio dalla rivisitazione di concetti consolidati, confrontati con l’esperienza clinica, che linfa e vitalità rinnovate possono essere portate al nostro lavoro coi pazienti.
Bibliografia
Balint M. (1969). Trauma and object relationship. Int. J. Psycho-Anal, 50, 429-435.
Carloni G. (1984). Tatto, contatto e tattica. Riv. Psicoan. 1984, 191-205.
Ferenczi S. (1932). Confusione delle lingue tra adulti e bambini in “Fondamenti di psicoanalisi”, Guaraldi, Rimini, 1974.
Ferenczi S. (1932). Diario clinico. Raffaello Cortina, Milano, 1988.
Ferenczi S. (1928). L’adattamento della famiglia al bambino in “Opere” vol. 4, Raffaello Cortina, Milano, 2002.
Ferenczi S. (1931). Una revisione dell’interpretazione dei sogni in “opere” vol. 3, Raffaello Cortina, Milano, 2002.
Freud S. (1937). Analisi terminabile e interminabile. OSF 11.
Winnicott D. W. (1971). Gioco e realtà. Armando, Roma, 2005.