Recensione di Marco Mastella
“Solo.” A cura di e con testi di Raffaella Tancredi
Con Fabio Stassi, Andrea Dei Castaldi, Stefano Bambini
Casa editrice: Barta
Anno: 2017
“Solo”, da una poesia di Edgar Allan Poe, per raccontare l’estrema solitudine in cui le persone autistiche vivono e crescono. Eppure la mente di un bambino autistico ha bisogno, come quella di tutti i bambini, di essere nutrita attraverso la relazione con altre menti. Ma questa relazione non è possibile se le persone che gli stanno accanto non sono informate sul suo modo di funzionare, ed è qualcosa che riguarda tutti. “Gli autistici nel mondo sono così tanti che non è possibile non aver trovato nella propria vita almeno un contatto diretto e personale con uno di loro. Non so se lo sapevi. Io l’ho imparato”. Così appare il frontespizio del libro “Solo” a cura e con testi di Raffaella Tancredi, racconti di Fabio Stassi e Andrea De Castaldi e storie raccolte da Stefano Bambini, edito da Barta (2017). La prima stesura di questo volume, apparso per i tipi di Felici nel 2011, è stata promossa dall’ isola dei Girasoli Onlus con contributo della Cassa di Risparmio di Pisa; migliaia di copie di tale stesura sono state distribuite ai lettori attraverso il quotidiano Il Tirreno. La ristampa di questo volume, che era divenuto troppo rapidamente introvabile, costituisce un’impresa preziosa di grande valore , perché consentirà a molte altre persone, distribuite in un’area geografica più vasta, di accedere al frutto delle conoscenze dell’esperienza dell’autrice, medico neuropsichiatra infantile e psichiatra, nonché psicoanalista della Società Psicoanalitica Italiana, che svolge attività clinica e di ricerca presso l’IRCCS Stella Maris di Calambrone ( Pisa ). Qui affluiscono mediamente, per approfondimenti diagnostici ed indicazioni terapeutiche, 11 nuovi casi di autismo alla settimana! Mi sono spesso chiesto quanto sia complessa l’elaborazione scientifica dei dati raccolti, ma anche la violenza dell’impatto emotivo prodotto da tanti incontri con persone e famiglie profondamente coinvolte o travolte da questo/i disturbo/i dello sviluppo che segna per sempre la loro vita. E quanto sia difficile calibrare, tra i tanti interventi clinici che vengono effettuati durante gli accertamenti, di solito effettuati in day hospital, la restituzione e le indicazioni ad una famiglia già profondamente provata dall’impatto quotidiano con un figlio che appare come diverso, estraneo, disinteressato emotivamente, comunicativamente; irraggiungibile, distaccato, chiuso, solo, apparentemente indifferente anche alla presenza o assenza dell’altro, del genitore, che non sembra riconoscere come tale. Ed ancora mi sono chiesto: cosa potrà recepire e comprendere ed elaborare, a diversi livelli e secondo molteplici ritmi, la famiglia dal responso, che poi comporta inevitabilmente la ricerca di supporti molteplici in prossimità della propria residenza?
Il libro, inizialmente destinato a persone comuni, a genitori, insegnanti, curanti cui intende fornire una base informativa fondamentale sulla natura del/i disturbo/i autistico , inizia con due racconti molto toccanti, rispettivamente di Fabio Stassi, “Il banchetto del ciabattino”, e di Andrea De Castaldi , “Pelle”. Il primo descrive la progressiva scoperta, da parte di un bambino, di uno zio autistico, che vive da autorecluso in una parte della casa dei nonni, uno zio di cui in famiglia non si era mai parlato. Uno squarcio su una condizione di vita piuttosto diffusa nelle famiglie allargate della prima metà del secolo scorso: presenze invisibili, anche se ritmicamente, acusticamente presenti, che talora scandivano ritmi e rituali della famiglia stessa: una sorta di Barone Rampante domestico ( Calvino). Penso che a molti che si occupano di autismo sia accaduto di incontrare qualcuno di simile nell’ambito della propria cerchia familiare. Il secondo racconto, “Pelle”, articolato come una sorta di giallo, è imperniato sulla narrazione in prima persona di una donna che frequenta un Centro Diurno, in cui incontra, apparentemente come operatrice, diversi pazienti-ospiti, di cui cerca di comprendere, a modo suo, le dinamiche relazionali. Si tratta in realtà di una madre anch’essa ospite del Centro, che nega, tramite una dissociazione posttraumatica, la morte di un figlioletto, perito in un incendio. Il suo dolore e la sua cura sono temporaneamente depositati nel padre della signora (nonno del bambino scomparso).
Attraverso questi due racconti, vengono poeticamente descritte due importanti condizioni che caratterizzano molte situazioni familiari che ospitano un componente autistico: la protezione-clausura familiare, spesso organizzata a proteggere ( e mantenere nascosta) un’esistenza fragile e particolarmente bisognosa; la segregazione intrapsichica in cui viene relegata, da una madre, una perdita inelaborabile: quella del proprio figlioletto, che inizia a metterci in contatto con la profondità del dolore e la complessità delle difese che comporta la perdita di un figlio sano.
Inizia quindi la parte più specialistica, trattata da Raffaella Tancredi in un linguaggio reso accessibile, mai superficiale, che si sofferma su fondamentali dettagli clinici, basandosi sulla sua esperienza quotidiana di interviste a genitori in cerca di una diagnosi, che spesso hanno già confusamente intuito e sentito pronunciare, ma da cui sono terrorizzati, poiché spesso pronunciata senza lasciar spazio alla speranza.
Genitori in cerca di una cura o di qualche rimedio che permetta di riparare un presunto danno, di rendere accessibile l’umanità nascosta ( Ballerini e al., 2006) del proprio figlio. Genitori arrabbiati per averlo sentito definire in modi insopportabili ( es.: “ suo figlio è come un tram rotto, non riparabile “). Genitori che sembrano compiere gli ultimi tentativi per differenziare i comportamenti dei propri figli da quelli indicati come caratteristici dei Disturbi dello Spettro autistico. E nello specificare il significato delle parole di uso comune e delle parole specialistiche, Raffaella Tancredi offre un saggio ammirevole dei suoi tentativi di proporre una comprensione condivisa dei dati osservativi e una traduzione dei comportamenti in indici, segni, sintomi, significati. Senza imporre il proprio sapere, bensì utilizzandolo per osservare insieme ai genitori il bambino in modo più realistico. Nel capitolo Autismo/Autismi, Raffaella Tancredi ricostruisce un po’ di storia, ripartendo dal lavoro di Leo Kanner del 1943, che riprende da Bleuler ( 1911) il termine autismo, termine introdotto per descrivere il sintomo fondamentale della schizofrenia ( “ questo distacco dalla realtà, con la conseguente ed assoluta predominanza della vita interna, che definiamo Autismo”). Secondo Kanner ci troviamo di fronte, in questi bambini caratterizzati fin dall’inizio da un’estrema solitudine autistica, a casi puri di disturbo autistico congenito del contatto affettivo. Raffaella Tancredi riprende poi la descrizione indipendente di H. Asperger ( 1944) di alcuni bambini “ psicopatici autistici”, anomali nello sviluppo della loro personalità. Sottolineando come a lungo questi bambini siano stati considerati psicotici, ovvero affetti da un chiaro disturbo mentale, conseguente ad un ritiro attivo da condizioni di vita insostenibili all’interno della famiglia, ovvero da una reazione ad una situazione estrema simile a quella degli internati nei campi di concentramento ( Bettelheim, 1967), o come espressione di una fissazione ad uno stadio primitivo dello sviluppo, ad una ipotetica fase autistica normale. Sarebbe interessante ricostruire storicamente le distinzioni cliniche e teoriche – e le rispettive ricadute sul piano dell’assistenza sociale e sanitaria- effettuate dagli anni ‘70 in avanti del secolo scorso nei diversi Centri di Igiene Mentale delle Provincie italiane, nelle diverse Scuole di Specializzazione in Pediatria e in Neuropsichiatria infantile, nei primi tentativi regionali di organizzazione di Servizi che offrivano assistenza ai bambini affetti da Handicap, differenziati in Paralisi Cerebrali Infantili ( o Disturbi Neuroevolutivi), Ritardo Mentale di diversa natura ( o Disturbi neuropsicologici o Cognitivi e del Linguaggio) e Disturbi affettivo Relazionali, nelle loro espressioni Hard e Soft . In tempi che coincidevano con la progressiva chiusura delle istituzioni totali, in seguito alla Legge Basaglia, a favore dell’inserimento nelle scuole di pertinenza geografica, con utilizzo di educatori e insegnanti di sostegno che iniziavano allora ad essere formati. Se si rileggono gli articoli delle principali Riviste italiane di Psicopatologia, Psichiatria e Psicoterapia infantile, si rilevano le enormi differenze di linguaggio e di teorie di riferimento. E se ne possono comprendere alcune delle ragioni leggendo la Storia dell’Autismo di Hochmann (2006) o libri soprattutto di Autori francesi, che cercano di reagire ai tentativi politici di imporre, in Francia ( come peraltro accade in Italia) soltanto alcuni Metodi rieducativi, di tipo cognitivo comportamentale.
Meritano di essere segnalati tentativi pregevoli di ricerca sull’effetto della terapia analitica in bambini autistici (Priori, 2013) e tentativi di differenziare con cura, all’interno dei Disturbi dello Spettro Autistico, gli Autismi dalla Psicosi infantile, per quanto riguarda gli aspetti diagnostici e le modalità di intervento (Touati et al., 2016); e tentativi di comprendere l’Autismo in altro modo, differenziandolo principalmente dai Disturbi della Comunicazione e del Linguaggio ( Danon-Boileau,2015).
Tornando al lavoro di Raffaella Tancredi, lo sforzo di rendere fruibile, comprensibile un problema così complesso, evitando eccessive semplificazioni, è assolutamente pregevole. In un’esperienza pilota di formazione di insegnanti all’osservazione del bambino con difficoltà relazionali ( compresi i bambini con autismo) il testo “Solo” è risultato molto utile per le educatrici e le insegnanti, come base per sfatare molti pregiudizi e fraintendimenti. Pure numerosi genitori lo hanno apprezzato, anche se la fatica di riflettere e comprendere in una situazione di angoscia pervasiva è molto elevata.
Raffaella Tancredi assume una posizione netta di difesa delle madri che spesso sono state erroneamente considerate, in passato, corresponsabili ( o addirittura colpevoli) della condizione del figlio, caratterizzata dalla presenza di un disturbo neuroevolutivo, una neuroatipia e non una malattia. La posizione colpevolizzante verso le madri viene spesso genericamente attribuita al mondo psicoanalitico, ma secondo la mia esperienza si trattava piuttosto di un pensiero che accomunava operatori non formati psicoanaliticamente, che affermavano di rifarsi ad un modello psicoanalitico; operatori che esasperavano e fraintendevano alcune frasi del lavoro di Kanner, che psicoanalista non era, e cercavano ulteriori conferme in alcune affermazioni teoriche ( piuttosto che cliniche) di alcuni psicoanalisti.
Gli echi di questi fraintendimenti, ed i timori di un loro ripetersi, sembrano peraltro indurre a porre l’accento sul bambino valutato ‘a sé’, ‘in sé’, come pura entità individuale, espressione del proprio cervello, neuroatipico, e non anche all’interno di una storia evolutiva e interattiva che si è andata costruendo in quel modo, non solo per la neuroatipia del bambino, ma anche per le ‘occasioni mancate’ di sintonizzazione emotiva, di condivisione sensoriomotoria, percettiva ed emotiva, attentiva. Per via della neuroatipia, ma anche del mancato aiuto ( alle madri e agli operatori) finalizzato a proteggere il figlio dall’eccesso di stimoli sensoriali, a sostenerlo nell’esplorazione modulata del mondo…Qui si aprirebbe un vasto capitolo sul senso di ineluttabilità, di impotenza e di rinuncia ad avviare un processo di facilitazione dello sviluppo sostenuto ( o di Re-Start, come proposto da Stella Acquarone, 2016) con aiuti multidisciplinari tempestivi e massicci, che conducano a modulare un ambiente adatto ai bisogni speciali del bambino, con momenti di cura specifici ( in primis cura della relazione, che abbia alla base il riconoscimento delle difficoltà di accesso all’intersoggettività). Senso di rinuncia a proporre e realizzare forme tempestive e massicce, multidisciplinari di aiuto che sembra pervadere trasversalmente molti dei Servizi specialistici del SSN. Raffaella Tancredi, nel capitolo L’Autismo e la famiglia ( da pag. 57 a pag. 72) sceglie di dare la parola a madri che raccontano la loro storia ed esperienza in un Gruppo Internet; racconti che risultano molto toccanti e comunicativamente molto efficaci, che permettono di intravvedere le vicissitudini interiori delle madri stesse, che hanno scelto spontaneamente di raccontarsi dal di dentro, per uscire dal loro isolamento, indotto da un’esperienza che inizialmente risulta davvero catastrofica: raccontarsi per ascoltarsi ed essere ascoltate, per condividere ed eventualmente suggerire altri punti di vista, altre possibili narrazioni.
Mi sembra mancare, nel testo, un resoconto di osservazioni partecipate, da parte di un terzo che poi condivida il senso di ciò che si osserva con i genitori stessi, delle interazioni madre ( padre)-figlio, con le domande poste dalla constatazione dei rispettivi blocchi nella sintonizzazione emotiva reciproca. E’ forse qui che sta il futuro della ricerca e terapia psicoanalitica? Vi sono interessanti spunti al riguardo.
L’Autrice propone poi il capitoletto: “Autismo: che fare?” Per ridare la parola ai genitori ( pg. 78-81).
Con il titolo generale “Vivere” vengono riportate storie raccolte da Stefano Bambini, che ha intervistato Laura Imbimbo, all’epoca Presidente del Gruppo Asperger ( madre di Dario, allora ragazzo autistico) e a Pietro, 40 anni, all’epoca Vice Presidente della stessa Associazione, che ad un certo punto della sua vita ha cercato conferma dei suoi sospetti, mai avanzati da un medico, sospetti di essere una persona autistica ( Sindrome di Asperger), che ritiene a sua volta di aver avuto una madre autistica.
In Appendice, Raffaella Tancredi riporta un Dialogo ( neanche tanto immaginario) fra una psicoanalista ed un professionista esperto di Autismo cercando di reagire – lei che ha entrambe le qualifiche, competenze e ruoli- alle critiche alla psicoanalisi provenienti dal mondo scientifico. Introducendoci ai suoi dilemmi professionale e personali quotidiani. Mi auguro che questo Dialogo immaginario si arricchisca presto di contributi di altri colleghi psicoanalisti ed esperti di autismi da diversi angoli prospettici; alcuni di questi colleghi hanno finalmente iniziato a ritrovarsi in un Gruppo di Ricerca SPI su Autismi e Terapie Congiunte genitori-bambino. A questo proposito riprendo alcune frasi di Raffaella Tancredi ( pg. 40): “ In un bambino molto piccolo ( di età inferiore ai tre anni) l’autismo si presenta in via di organizzazione, in statu nascendi, potremmo dire, e può manifestarsi in modi molto diversi da quelli meglio conosciuti, tanto da rimanere non riconosciuto anche da professionisti non esperti di autismo”. Questa constatazione rientra nella complessa questione del cosiddetto Bambino a rischio autistico ( Delion, 2004) e dell’atteggiamento dell’equipe che effettua la diagnosi e propone ( o non propone) un intervento. Atteggiamento che può avere una grande influenza sull’ambiente familiare, carico di angoscia ed in attesa di qualche prospettiva evolutiva o riparativa della presunta anomalia – quando è stata raggiunta qualche consapevolezza che qualcosa non va, o di qualche proposta interattiva partecipe, che permetta di comprendere le difficoltà del figlio nello stare al mondo condivisibile e di cercare di raggiungerlo là dove lui è, o di farsi raggiungere, là dove noi siamo, al suo fianco. La questione può essere affrontata sia sul piano sensoriomotoruio, in modo innovativo (Bullinger, 2004) che su quello cognitivo ed affettivo, anche ricorrendo a provvisorie diagnosi come Evitamento relazionale del lattante ( Carel, 2004), meno cariche di attese negative. Possono essere rivisitati i concetti di flusso sensoriale, di intermodalità o di smantellamento, magari ritrovando analogie importanti tra approccio cognitivo e approccio psicoanalitico ( Danon-Boileau,2015). In ogni caso, tra Autismo o Autismi, Raffaella Tancredi afferma con forza l’esistenza di persone con autismo. A proposito delle cause, propende per un disturbo su base epigenetica, espressione di un’anomalia genetica regolata da fattori di altro genere. Riafferma con forza la falsità delle ipotesi di una causalità riconducibile ai vaccini.
E ricorda l’esistenza di quadri quasi autistici descritti in bambini gravemente deprivati (ad es. descritti in bambini provenienti da orfanotrofi rumeni) in cui le caratteristiche autistiche scomparivano solo in parte dopo che erano stati adottati. Ritengo che a livello clinico tali quadri, spesso piuttosto sensibili ad un trattamento individuale e ambientale, siano più frequenti di quanto si stimi ufficialmente.
Si sofferma quindi sugli elementi più rilevanti della sintomatologia, spiegandoli dettagliatamente e analizzando con molta cura le differenze tra caratteristiche dello sviluppo in un bambino sano e in un bambino autistico. Considera così le anomalie del comportamento sociale, le anomalie nell’uso dello sguardo, nell’uso dei gesti, l’incapacità di sviluppare relazioni con i coetanei, le anomalie del comportamento comunicativo, le anomalie di comprensione ed espressione verbale, gli interessi ristretti e stereotipati, il profilo sensoriale e le modalità percettive; le modalità, in famiglia, di intuire che qualcosa non va. E per affrontare quest’ultimo punto, assolutamente cruciale, da la parola ai racconti che diverse madri fanno nella chat Gruppoasperger@com .
Sono, queste, pagine molto toccanti, che esprimono efficacemente alcune reazioni emotive profonde che accadono nella mente materna; a questo punto il Titolo del libro inizia, nella mia mente, a trasformarsi in: Soli: i bambini autistici e le loro madri e i loro padri. Alla ricerca di un buon terapeuta, tempestivo e vivo, e di un buon ambiente. Ci sarà qualche psicoanalista tra questi?
Bibliografia
Acquarone S. ( 2016) Changing Destinies: The Re-Start Infant Family Programme for Early Autistic Behaviours. Karnak Books, London
Amy M.D. ( 2015) Autismes, les inquietudes d’une psychanalyste. Ed. érès,Toulouse
Bullinger A. ( 2004) Il dialogo sensomotorio con il bambino: le caratteristiche del neonato a rischio di autismo. In: Delion P. ( a cura di-) Il bambino a rischio autistico. Pendragon, Bologna
Carbone Tirelli L. ( 2008) ( a cura di-) Bion e la psicoanalisi infantile.Il Pensiero Scientifico Ed., Roma.
Carell ( 2004) I segni precoci dell’autismo e dell’evitamento relazionale del lattante. In : Delion P. ( a cura di-) Il bambino a rischio autistico. Pendragon, Bologna
Cattelan C. ( 2012) Di cosa parliamo quando parliamo di autismo? Riv. Psicoanalisi, 58 (4), 1001-1015.
Danon-Boileau L. ( 2015) L’autismo: un altro modo di comunicare. F. Angeli, Milano.
Golse B. ( 2013) Mon combat pour l’autisme.
Hochmann J. ( 2006) Histoire de l’autisme. O. Jacob, Paris.
Laznick M.C. ( 2012) Con voce di sirena. Ed. Riuniti.
Mistura S. ( a cura di-), Ballerini A., Barale F., Gallese V., Ucelli S. ( 2006) L’umanità nascosta. Einaudi, Torino.
Priori M.( 2013) Presupposti psicoanalitici e metodologia della Ricerca INSERM: l’esperienza del gruppo italiano. Richard e Piggle, 21 ( 4) , 363-377