L’Autrice riprende la nota tesi freudiana della reciproca implicazione di sadismo e masochismo, che frequentemente convivono a livello inconscio nella stessa persona, accenna all’importanza del “contratto” perverso, sottolinea l’enfasi spesso posta dagli psicoanalisti sulla povertà del mondo emotivo del perverso. L’originalità del testo risiede tuttavia nell’attenzione riservata al versante femminile, a partire dall’analisi del libro e del film “La pianista”, ove la perversione viene ricondotta alla patologica distorsione del rapporto madre/figlia. Estela V. Welldon osserva coraggiosamente come lo stereotipo della donna “vittima” possa indurre una sorta di scotomizzazione dell’abuso femminile nei confronti dell’infanzia, e come l’idealizzazione superficiale e conformistica della maternità come luogo di risoluzione dei conflitti possa ostacolare la percezione e la prevenzione della violenza delle madri sui figli.
Dai più ordinari casi di molestia, abuso e maltrattamento, lo sguardo spazia fino ai più drammatici e sconvolgenti crimini contemporanei contro i bambini. Eppure, sebbene l’Autrice adduca in materia una lunga pratica terapeutica, ciò che scarseggia nelle sue analisi sono proprio gli approfondimenti clinici e terapeutici. Ciò priva di fatto la trattazione della possibilità di passare dal piano fenomenologico e descrittivo a quello più propriamente psicodinamico, con un’attenta considerazione delle vicissitudini della relazione terapeutica, della qualità e dell’evoluzione del transfert. Estela V. Welldon si limita ad esprimere la propria preferenza per un’eziologia di tipo traumatico, di cui suggerisce la possibile estensione sul piano transgenerazionale, senza argomentarla e presentandola in maniera meccanica e semplificata. La nozione di trauma è tanto ampia da apparire una nozione passepartout, dove convivono la deprivazione e la molestia, l’abuso e la violenza vera propria, sessuale e non sessuale, materna e paterna. Si tratta forse di limiti dovuti alla brevità dello scritto, che si presenta peraltro avvincente e interessante, ma come un’introduzione che termina proprio dove la disamina psicoanalitica dovrebbe iniziare.