“Quando la scuola fa paura”, di Franco De Masi, Manuela Moriggia e Giancarlo Scotti
(Mimesis edizioni, 2020)
Recensione a cura di Lucina Bergamaschi
Chiaro, essenziale ed esauriente “Quando la scuola fa paura”, scritto a più mani da Franco De Masi, Manuela Moriggia e Giancarlo Scotti, affronta il problema della fobia scolare, di cui si discute poco e troppo poco ci si occupa in ambito psicoanalitico, lasciando campo libero ai colleghi di indirizzo cognitivo comportamentale, che tuttavia non sembrano avere maggiori strumenti per affrontare la complessità della sindrome.
Il termine fobia scolastica appare limitativo rispetto alla sintomatologia e alle conseguenze legate a questo disturbo, che spesso mette in ginocchio gli insegnanti e i terapeuti che se ne occupano. E’ facile immaginare il carico di ansia e di preoccupazione che un bambino o un adolescente, che abbandona la scuola, apparentemente senza motivo, genera nella classe e nella famiglia a cui appartiene.
“Perdonami, ma credo di avere assolutamente bisogno del tuo personale e indispensabile aiuto”, scrive ad uno degli autori, un preside alle prese con l’abbandono della scuola di un suo alunno. “Incapace di non fare nulla ma senza possibilità di comprendere come intervenire”.
Nel testo è sottolineata, sin dalle prime pagine, la complessità di questo disturbo e come siano posti di fronte ad un compito spinoso coloro che si prendono cura di questi ragazzi e delle loro famiglie.
La fobia scolastica si manifesta “con una varietà di forme che non possono essere inquadrate in un unico denominatore”, ci dicono gli autori , “per questo motivo la sindrome rimane in parte misteriosa nelle sue motivazioni profonde e nella sua dinamica. ”Più facile da affrontare e curare quando si manifesta in età precoce, può fissarsi con maggior tenacia e cronicizzarsi in adolescenza. Per ogni caso bisogna approfondire le ragioni che hanno condotto ad una crisi globale della personalità”.
E’ importante distinguere due manifestazioni principali di fobia della scuola.
La prima può comparire durante la scuola primaria o all’inizio della secondaria, motivata da angosce di separazione.
Di solito le difficoltà di questi bambini affondano le radici nella prima infanzia, per l’esposizione eccessiva alle incertezze e alle angosce dei genitori. La cura è in questi casi meno complessa perché le crisi di ansietà e di attaccamento patogene, che si devono affrontare, non hanno ancora gravemente compromesso i processi evolutivi di emancipazione.
La seconda si presenta durante la pubertà o l’adolescenza, spesso come sintomo di una struttura psicopatologica fino ad ora inespressa.
Si tratta di adolescenti con una fragilità narcisistica, capaci di un buon funzionamento, ma estremamente sensibili alle frustrazioni. Quando insegnanti e coetanei li espongono anche a piccoli fallimenti “il nuovo involucro identitario si rompe come un fragile vaso di cristallo”.
Per questi ragazzi la cura non può essere rivolta solo al sintomo del rifiuto della scuola, che preoccupa comprensibilmente genitori e insegnanti.
Il compito della cura è “ricostruire le fondamenta di una personalità mancante di solidità che una volta abbandonata la scuola può lasciarsi assorbire dal ritiro regressivo e gratificante nel mondo virtuale di Internet”.
“Un percorso lungo e complesso” può essere necessario per la cura “quando la scuola fa paura”. La suggestiva immagine di una treccia a tre capi ( bambino- scuola –famiglia) in cui, una volta legato il capo, non è più possibile definire l’origine della treccia (Catheline2013) è scelta dagli autori per evidenziare quanto possa essere difficile differenziare difficoltà e risorse in ogni singolo caso di fobia scolare.
L’approccio alla cura non può, pertanto, che essere multifocale.
E’ possibile indicare gli elementi necessari al buon esito della cura, come la psicoterapia ma non si può prevedere quando questa potrà avere un esito positivo. Non si tratta di risolvere il sintomo “fobia”, ma di far crescere su basi vere e reali la personalità del ragazzo.
“ Fondamentale è che il bambino, l’adolescente, la famiglia non perdano la speranza e siano capaci di mantenere un legame positivo con la terapia”.
È necessario costruire una rete protettiva intorno al paziente e alla famiglia di cui possano far parte il terapeuta e gli insegnanti, affiancati a volte da un educatore.
E’ indispensabile la partecipazione consapevole dei genitori, specie quando la terapia non raggiunge lo scopo di far tornare il ragazzo a scuola, o quando questi si rifugia sempre di più nel mondo virtuale di internet. Gli autori sottolineano che l’Italia è carente sia di norme specifiche per la fobia scolastica, sia di presidi terapeutici adeguati, che esistono, invece, in Francia. Non bisogna dimenticare che non si tratta solo di un problema di apprendimento, perché la rottura con la classe e il gruppo dei coetanei mette in crisi lo sviluppo sociale, psichico ed emotivo del ragazzo.
Per la cura dedicata all’organizzazione dei capitoli e per la chiarezza dell’esposizione, il testo può essere uno strumento particolarmente utile a psicoterapeuti, ad educatori e soprattutto ad insegnanti, che si trovino di fronte ad un problema che va oltre le loro competenze e troppo spesso annulla i loro sforzi di promuovere il recupero.
A questo scopo gli autori danno molto spazio alla presentazione di numerosi casi clinici, raccontati in modo semplice e comprensibile ad un largo pubblico.
Interessante è la presentazione e la discussione di casi irrisolti, che aiutano a riflettere sugli aspetti, personali, familiari, ambientali e didattici, che possono condizionare significativamente l’esito della cura.
Franco De Masi e collaboratori, con questo testo, hanno proposto con efficacia uno strumento, quale l’approccio psicoanalitico, necessario a clinici e operatori, per comprendere e affrontare un problema complesso quale la fobia scolastica, un disturbo che ha come esito infausto l’isolamento del giovane dal contesto sociale e il blocco del suo sviluppo emotivo.
Bibliografia
Catheline N. (2013) Intérêt et limites d’une conception psychopathologique de la phobie scolaire, in “La nouvelle revue de l’adaptation et de la scolarisation”, vol. 2, n. 62, pp. 133-143.