Parole chiave: Psicoanalisi, Istituzioni, Sociale, Soggettività, Cura, Adolescenza, Famiglie, Scuola, Migranti, Violenza, Emergenza Ecologica.
Recensione di Paolo Boccara
Quaderno
Raccolta Articoli Scientifici Psicoanalisisociale.it Marzo 2021- Gennaio 2023
a cura di Gabriella De Intinis, 2023, Vecchiarelli Editore
Con contributi di: T. Baldini, D. Biondo, P. Boccara, T. Boeri, A. Calvi, C. Carnevali, F. Castriota, G. Coderoni, C. Curto, F. D’Alberton, G. De Intinis, V. De Micco, R. Di Lascio, A. Ferruta, P. Fradeani, G. Giordano, M. Halle, A. Lucattini, M.A. Lupinacci, M.L. Mondello, M.F. Natali, R. Provenzano, A. Purgato, G. Riefolo, G. Saraò, C. Schinaia, M. Sommantico.
La pubblicazione della Quaderno/Raccolta degli articoli scientifici proposti nel Portale Psicoanalisisociale.it nell’arco di due anni, dal marzo 2021 al gennaio 2023, è la testimonianza ricca e complessa del contributo che il pensiero psicoanalitico può dare al lavoro istituzionale.
L’esperienza professionale degli psicoanalisti in azione con gli altri operatori nei servizi sanitari territoriali e ospedalieri, nei servizi sociali educativi, nei servizi per migranti, nei servizi residenziali, nei centri diurni e nei centri di aggregazione giovanile, dà conto ai lettori del Quaderno dellediverse prospettive di come ci si può ‘prendere cura’ e di come ci si può mettere in relazione con l’altro, potenziando le capacità di osservare ciò che si fa, riuscendo ad avvicinare l’obiettivo di un ‘processo di appropriazione soggettiva’ dei pazienti, quale essenza del lavoro psicoanalitico.
Attraverso i trenta articoli dei diversi autori (divisi in nove capitoli), vengono indagati a fondo le aree di intervento proposte, trovando anche lo spazio per tematiche legate all’ambiente, all’emergenza ecologica, all’economia del sociale secondo le diverse culture psicoanalitiche, e vengono presentati alcuni strumenti analitici, sia in senso formativo che di ricerca, per lavorare intorno ai casi clinici con i Seminari Analitici di Gruppo e i Gruppi di Psicoanalisi Multifamiliare.
La lettura questi lavori dimostra puntualmente come l’attività istituzionale si sia avvalsa, non solo della competenza psicoanalitica già acquisita, ma abbia anche permesso, nel concreto della attività clinica e delle successive elaborazioni teoriche, di utilizzare gli attuali sviluppi della psicoanalisi contemporanea, quali la necessità dell’allargamento dei dispositivi analizzanti, la comprensione dell’importanza della soggettività dell’operatore nell’ascolto del paziente, la valorizzazione delle azioni del paziente o del terapeuta come mezzo di conoscenza e di cura.
Le descrizioni dei luoghi di lavoro molto diversi fra loro, hanno certamente comportato differenti esperienze, ma fanno ben intuire come spesso sia stato il campo a definire cosa poter fare come psicoanalisti e come talora la profondità non sia stata associata necessariamente solo alla sfera interiore, ma che anche alle influenze sociali che, spesso inconsciamente, diventano espressione di parti significative del vivere sociale.
Dopo la puntuale introduzione di Gabriella De Intinis (curatrice dell’intero volume) e a partire dal primo fondamentale articolo di Anna Ferruta, risulta sempre più evidente come la partecipazione della psicoanalisi, sia come modello teorico di riferimento sia come strategia terapeutica, ha contribuito ad accrescere le potenzialità di cura delle istituzioni soprattutto quando si è intuito che il dispositivo analizzante poteva essere concepito e adattato anche in funzione delle diverse e atipiche situazioni cliniche che ci si trovava di fronte. La realtà, già presente intorno ai diversi progetti terapeutici, è stata così spesso intesa non solo come una successione di avvenimenti reali ma, anche e soprattutto, come un’occasione favorevole all’avvicinamento ad avvenimenti psichici che potevano essere condivisi mentalmente con i pazienti stessi.
Buona parte dell’esperienza soggettiva del funzionamento mentale dei pazienti è passata poi per il ‘non verbale’ e ha attraversato certe modalità di agire, di comportarsi e di interagire, permettendo un autentico avvicinamento a dimensioni psichiche interne, inizialmente non simbolizzabili né per il paziente stesso né tantomeno per gli stessi terapeuti.
Molti degli articoli proposti nel Quaderno, permettono così di evidenziare come il riflettere analiticamente sulle comunicazioni nascoste o prive di rappresentazione mentale del paziente e sulla responsabilità della soggettività e autoreferenzialità dei curanti, si è rivelato nel tempo un utilissimo strumento per evitare una particolare collusione tra l’immensità delle problematiche dei pazienti, i desideri delle famiglie per ipotetiche soluzioni ideali e le fantasie oscillanti tra impotenza e onnipotenza dei terapeuti, mantenendo a livello di qualsiasi servizio descritto, le possibilità di mettere in rapporto ‘il pensare con l’agire’.
Sviluppare una specifica posizione riguardo alle azioni svolte nelle istituzioni pubbliche, per molti psicoanalisti ha significato allora provare a monitorare una particolare responsabilità attiva che mantenesse una sufficiente preoccupazione positiva verso i loro interlocutori, nonostante la gravità e a volte la violenza delle dinamiche istituzionali, non solo in base a una teoria che la potesse prevedere, ma soprattutto attraverso un possibile modello di intervento terapeutico che lo potesse consentire.
Emerge così dall’insieme di questi articoli, una particolare posizione che riconosce la sostanziale reciprocità (malgrado le apparenze), tra il contesto istituzionale e quello analitico in senso stretto, soprattutto quando si comincia a porre al centro delle considerazioni la funzione dell’analista in rapporto ai bisogni del paziente e ai diversi modi (non solo verbali) di rappresentare il trauma pregresso, che ora si ripresenta in loro presenza e per la loro presenza.
E se nel caso della posizione solo interpretativa c’è un analista distinto da un oggetto analitico che è il paziente, nell’altra posizione, che potremmo chiamare intersoggettiva, c’è un analista che fa un’operazione su di sé, il cui esito positivo può diventare solo la trasformazione del proprio oggetto analitico in funzione di ciò che sta trattando.