Quale è l’apporto della psichiatria fenomenologica alla psicoanalisi? Perché per lo psicoanalista è opportuno conoscere la fenomenologia? Per cercare risposta a queste domande, l’autore ci propone un filo conduttore, che è l’attenzione per l’ascolto clinico del paziente e la ricerca della sua singolarità di soggetto: sviluppate da un lato dalla psichiatria fenomenologica e dall’altro dalla psicoanalisi.
Ci mostra perciò i reciproci influenzamenti a partire dai grandi esponenti delle due correnti, e traccia un panorama storico che va dai primordi della psichiatria, alla psicoanalisi come filosofia del dialogo e dell’ascolto, da Ferenczi a Winnicott, agli indirizzi relazionali attuali. Tutto ciò passando per una disamina delle grandi scuole psichiatriche del XX secolo (Jaspers, Binswanger, Minkowski) che hanno sviluppato la psicopatologia con cui ancora oggi ci confrontiamo. E che mostrano tuttora la loro fecondità, con esponenti di spicco in tutta Europa, anche in tempi attuali. Un bagaglio che si vede in particolare nella ricostruzione del lavoro in Italia di psichiatri fenomenologi e psicoanalisti fenomenologi o ispirati dalla fenomenologia: nel campo della teoria, della cura e sociale. Così pure nei numerosi esempi di casi difficili proposti dall’autore.
L’ispirazione della psicoanalisi e della psichiatria fenomenologica ha una fonte comune: le due discipline nascono e si sviluppano come conoscenza critica di fronte a ogni sapere ereditato, specie il positivismo ottocentesco. Oggi possiamo articolarle con le neuroscienze cognitive che affianchiamo alla psicoanalisi. Ma il cuore dei due approcci rimane la clinica, la ricerca della singolarità individuale e l’incontro. D’altro canto è la riflessione non più sulle cause ma sui significati e sulle motivazioni inconsce degli eventi psichici che ha fondato la psicoanalisi. Con Freud il malato viene accolto e ascoltato nella stanza d’analisi ed il terapeuta cerca significati e motivazioni per tutto ciò che gli viene raccontato, per entrare in un dialogo con lui.
Con Freud si può dire che “la malattia del paziente (…) non è qualcosa di concluso, di cristallizzato, ma qualcosa che continua a crescere (finché) l’intera nuova produzione della malattia si riversa su un solo punto” ovvero sul rapporto con il terapeuta.
Ezio Maria Izzo è medico psichiatra e psicoanalista. E’ membro ordinario della SPI e dell’IPA (International Psicoanalytical Association) e analista di training della Società Psicoanalitica Italiana. Per venticinque anni, come Primario dell’Ospedale Psichiatrico “S. Maria Immacolata” a Guidonia, diretto da Bruno Callieri, poi da Pier Luigi Scapicchio, ha lavorato alla de-istituzionalizzazione dei pazienti e alla loro integrazione nelle comunità e cooperative di lavoro protetto.
E’ autore di articoli pubblicati su riviste di psicoterapia istituzionale e di psicoanalisi, in cui in particolare si è concentrato sull’estensione del metodo psicoanalitico alle patologie psicotiche.
Vedi anche:
Elementi dell’esperienza psicoanalitica, Enrico Mangini, Libreria Cortina (2015)