Gli Autori suggeriscono una concezione pluralistica della conoscenza, secondo la quale discipline diverse ritagliano il proprio oggetto in base a criteri osservativi e operativi diversi. Ciò non impedisce il dialogo e sembra anzi richiederlo, quando fra tali oggetti s’intuiscano connessioni, implicazioni e possibili integrazioni. Ma bisogna poter tradurre fra loro linguaggi diversi, evitando la confusione epistemica collegata alla pretesa riduzione o assimilazione dell’uno all’altro. La psicoanalisi può dunque guardare con interesse ai contributi delle neuroscienze come stimoli euristici all’approfondimento, estensione o revisione di parti del proprio sapere, a prescindere da ogni intenzione di verifica o di convalida, che essa si procura, come ogni altra disciplina, col suo specifico metodo d’indagine. Il lavoro muove dall’illustrazione delle tesi di Kandel, che a partire dalla dimostrazione di come la psicoterapia possa modificare in maniera stabile le funzioni sinaptiche di neuroni, circuiti e aree cerebrali, propone un efficace modello dell’interazione fra natura e cultura. Altro argomento trattato è la memoria, che le recenti indagini neuroscientifiche permettono di distinguere in implicita o non dichiarativa ed esplicita o dichiarativa. Alla prima, fondata sulla funzionalità dell’amigdala, è collegato l’inconscio precoce non rimosso, preverbale e non suscettibile di ricordo cosciente, custode della relazionalità precoce ed eventualmente traumatica. A tale inconscio avrebbe fatto riferimento lo stesso Freud col termine di rimozione originaria. Alla seconda modalità mnestica, collegata all’ippocampo, sarebbe invece connesso l’inconscio dinamico, basato sulla rimozione propriamente detta, verbalizzabile e suscettibile di ricordo cosciente. Ampio spazio è dedicato al sogno e alla sua cornice biologica. Il volume si conclude con l’attualissimo argomento dei “neuroni specchio”, coinvolti in fenomeni psicoanaliticamente rilevanti come l’empatia e i processi di imitazione e identificazione. Come afferma Mancia nella postfazione, il quadro concettuale di fondo non può che essere quello di un monismo ontologico. Osservazione certamente condivisibile, nella misura in cui la psicoanalisi intende collocarsi all’interno del discorso scientifico, che esclude dall’arredo del mondo “sostanze” non contemplate dall’ontologia della fisica. Ma tale monismo non va confuso col riduzionismo, come nella versione “forte” della teoria dell’identità mente-cervello, o con l’eliminativismo, che auspica la sostituzione dei termini mentali con un linguaggio neurale.
Giorgio Mattana