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“Masochismo mortifero e masochismo custode della vita” di B. Rosemberg. Recensione di R. Valdrè

16/02/23
“Masochismo mortifero e masochismo custode della vita” di B. Rosemberg. Recensione di R. Valdrè

Le parole chiave sono: Psicoanalisi, Freud, Masochismo, Pulsione

“Masochismo mortifero e masochismo custode della vita”

di Benno Rosemberg

(tr. it. Mario Sancandi)

(Alpes ed. 2022)

Recensione a cura di Rossella Valdrè

“Né la forza dell’abitudine, né l’evidenza dell’esperienza riescono a dissuadermi: l’idea stessa è scandalosa e, da qualsiasi parte lo si prenda, e qualunque sia la forma sotto cui si presenta, il masochismo resta un peccato contro il buonsenso. (…) ‘Se invece il dolore e il dispiacere non sono meri avvertimenti, ma possono essi stessi rappresentare dei fini, il principio di piacere ne risulta paralizzato, e in un certo senso narcotizzato il custode della nostra vita psichica’ (Freud, 1924, 5) si rammarica Freud introducendo il suo principale articolo sulla questione” (1). Così Benno Rosemberg apre il suo saggio più importante e introduce subito il lettore, con la citazione di Freud, al termine custode (della vita psichica) che, con grande originalità andrà ad attribuire proprio a lui, la pietra dello scandalo, senza però mai abbandonare il terreno freudiano. Andiamo con ordine.

Finalmente tradotto in italiano con la presentazione di Roberta Guarnieri il testo, o meglio la monografia di Benno Rosemberg, autore francese scomparso nel 2003, Masochismo mortifero e masochismo custode della vita pubblicata in Francia nel 1991 e più volte rieditata. L’attesa non è stata vana, perché il testo costituisce uno dei più importanti, se non il più significativo testo sul masochismo, sulla scia di Freud: come scrive Le Guen nella prefazione, esso “segna un’epoca e resterà a lungo il riferimento” (6). Mai tradotto, fino ad ora, in inglese, il pensiero di Rosemberg non ha avuto la diffusione che meriterebbe; ma poiché il tema di cui tratta, il masochismo, non conoscerà mai un declino di interesse, è sempre possibile che questo avvenga.

Benchè il libro si componga di quattro capitoli e un’introduzione, il titolo ne contiene già il cuore tematico in tutta la sua originalità, a cui è dedicato il secondo capitolo e, in misura ancora più estesa ed approfondita, il quarto ed ultimo: il masochismo avrebbe due volti, uno mortifero che già conosciamo, quale derivato di pulsione di morte come Freud ci ha insegnato, e uno ad esso dualisticamente contrario, che proteggerebbe la vita psichica, e perciò la vita. Ma come arriva l’autore a questa complessa teorizzazione? Rosemberg procede ad analizzare il testo di Freud, in particolare Il problema economico del masochismo del 1924, dove Freud racchiude la sintesi del suo pensiero sul masochismo, dopo la svolta del ’20 con la scoperta della pulsione di morte e la teorizzazione, che ne deriva, della primarietà del masochismo sul sadismo (rispetto a quanto scritto in Pulsioni e loro destini del 1951) e lo fa con metodo – è sempre Le Guen a precisarlo – “nel modo più freudiano. Egli non si limita a seguire il testo di Freud, anche se è una cosa che sa fare”, ma lo esplora con “una fedeltà particolare” (4), che lo rende ancor più fertile e generativo. Una vera lezione di metodo. Nel saggio del ’24, Freud aveva distinto tre forme di masochismo: primario o erogeno, da cui dipendono le altre, femmineo, e morale, ossia il masochismo propriamente detto quando parliamo comunemente di masochismo. Sappiamo che l’enigma del masochismo non cessò mai di tormentarlo; scandalo, enigma, paradosso come lo definisce Rosemberg, di cui non solo la psicoanalisi, ma la letteratura, l’arte e l’osservazione stessa della vita e della clinica ci danno continue evidenze: perché l’uomo, unico fra tutti i viventi, non evita la sofferenza? Perché il dispiacere nel piacere, la ricerca attiva del dolore? Si potrebbe dire, con Assoun, che “il masochismo è una vera spina piantata nella logica, il sintomo irriducibile del vivente” (2007, 71). L’esistenza del coeccitamento libidico, da Freud identificato sin da I tre saggi nel 1905, si dà come fondamentale, ma non sembra esaurire la questione. Con la seconda teoria delle pulsioni e l’introduzione della pulsione di morte, la concettualizzazione del masochismo trova una nuova collocazione e ne diventa, in qualche modo, figlio, un prodotto potremmo dire; non si può comprendere il masochismo al di fuori della teorizzazione della pulsione di morte e della necessità degli impasti pulsionali, poiché il masochismo è la migliore espressione dell’impasto della pulsione di morte con eros. Bisogna tornare al saggio freudiano e alla definzione di masochismo erogeno, poiché è da questa fondamentale citazione che si articola il complesso ragionamento dell’Autore, esso è “un residuo di quella fase dello sviluppo in cui ha avuto luogo la fusione della pulsione di morte con Eros” (Freud, 1924, p.10) ed è questo legame, vero legamento pulsionale, a farsi custode della vita, a consentire la formazione dell’Io arcaico, proiettando la primitiva pulsione di morte all’esterno. Questa citazione da sola, è lo stesso Autore a riconoscerlo, consentirebbe lo sviluppo dell’intero testo. Nel momento in cui si è teorizzata una pulsione di morte nell’organismo del vivente, occorre che questi abbia a disposizione i mezzi per disfarsene, e il masochismo erogeno primario diventa lo strumento principale poiché protegge l’Io nascente dalla distruttività estroflettendola all’esterno, e mantenendo, a vari gradi, il legame interno con eros.

Benno Rosemberg ci conduce così agli albori della vita psichica, e della vita in sé, in quel misterioso magma pulsionale che contiene pulsioni alla vita ma anche alla sua distruzione, che dipenderà anche dalla qualità dell’oggetto saper accogliere, ma l’originalità e l’acutezza del suo pensiero sta nell’approfondimento dell’intuizione freudiana che vede nel masochismo non già una bizzarra perversione, uno sporadico fatto della vita in cui si può inciampare, ma il fondamento pulsionale della vita stessa, un plafond potremmo dire che ha nel masochismo erogeno la sua fonte costitutiva, senza la quale l’Io sarebbe schiacciato dalla distruttività, come avviene in certe gravi psicopatologie. L’Autore è sempre attento a sottolineare l’importanza clinica, e io aggiungerei sociale, di questa che sembra una grandiosa astrazione metapsicologica; il masochismo erogeno ci permette, in parole semplici, come dirà Freud ne Il disagio della civiltà di sopportare la vita, ossia i lutti, le delusioni, le miserie, i dispiaceri che ci affliggono. Se è eccessivo, “un masochismo riuscito troppo bene” come scrive Rosemberg (73), avremo il masochismo mortifero, effetto del disimpasto con eros, e il masochismo (come può avvenire per il sadismo) non resta che pura pulsione di morte, come avviene nei gravi accessi di malinconia. Alla malinconia, infatti, Rosemberg dedica un capitolo, così alla pulsione di morte e al masochismo morale, poiché tutte queste problematiche, sia teoriche che cliniche, sono comprensibili nella galassia del complesso fenomeno del masochismo, all’interno di una fondamentale dimensione masochistica dell’esistenza. Esempi di psicopatologie in cui il masochismo erogeno ha perso la sua funzione di custode della vita sono le gravi anoressie, certi autismi, le psicosi non deliranti e quello che Green chiama ‘il negativo’, ma poiché il masochismo è presente anche nel comune masochismo morale, che Freud riteneva il più grave ostacolo alla terapia, la dimensione masochistica dell’esistenza abita la stanza d’analisi sotto forma di bisogno di punizione, reazioni terapeutiche negative, irriducibili resistenze. Anche laddove non si vede, avverte l’Autore, in pazienti che non ne fanno mostra, va sempre ricordato che la pulsione di morte è muta, e che il bisogno di punizione e il senso di colpa inconsci sono profondissimi nell’essere umano. Come diceva Lacan, dalla dimensione masochistica nessuno può dirsi esente.

Rosemberg non manca di toccare spunti di grande interesse teorico e clinico ripresi anche da autori di orientamenti diversi, quali ad esempio il legame tra masochismo e narcisismo (di cui si è occupato anche Stolorow, 1975); la necessità della pulsione di morte, che svolge nell’apparato psichico una funzione slegante, che consente di separarsi, di non fondersi nel troppo eros, ad esempio nella troppa adesione a un oggetto o a un gruppo, che alcuni autori hanno chiamato “la funzione soggettivante” (Penot, 2017; Le Guen, 1989 ), o “anarchica” (Zaltman,1999); l’esistenza di uno spettro di ‘negativo’ dalla negazione nevrotica al diniego con gradiente crescente di pulsione distruttiva e l’importanza delle pulsioni di vita e morte nella storicizzazione del soggetto, con i loro movimenti progressivi e regressivi.

Sottraendo il masochismo, o meglio i masochismi, alla stereotipia del pensiero comune e riportandolo al cuore del pensiero freudiano e della ricerca psicoanalitica, Rosemberg esplora la natura stessa dell’umano e del suo fenomeno più paradossale, il masochismo che, pur misterioso, trova la sua ragion d’essere solo se anch’esso collabora al disegno vitale imbrigliando, finchè resiste il legame con eros, la morte nel suo intrico.

Bibliografia

Assoun P. L. (2007): Le masochisme. Paris, Antropos

Freud S. (1905): Tre saggi sulla teoria sessuale. OSF 4

Freud S. (1915): Pulsioni e loro destini. OSF 8

Freud S. (1924): Il problema economico del masochismo, OSF 10

Le Guen C. (1989): Du bon usage de la pulsion de mort. Revue Francaise de Psychanalyse, 53, 535-554

Penot B. (2017): The so-called death drive, an indispensable force for any subjective life. Int. J. Psycoanal., 98, 2, 299, 321

Stolorow R. D. (1975): The narcissist function of masochism (and sadism). Int. j. Psychoanal., 56, 441-448

Zaltman N. (1999): De la guarison psychanalytic. Paris, Puf

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