A cosa ci riferiamo usando questo termine? A una categoria sessuologica, a un disturbo mentale, a una deviazione etica, a uno stile erotico-edonistico? Al di là delle possibili “classificazioni”, le perversioni rimangono, per usare l’espressione dell’autore, un terreno di caccia per gli psicoanalisti, in quanto mettono in primo piano la dimensione sessuale. A partire dagli studi di Freud sulla sessualità e dalle “scabrose intuizioni” che tanto scalpore hanno suscitato, il lavoro dell’Autore si sviluppa seguendo tre linee centrifughe che approdano a Masud Khan, Lacan e Stoller, psicoanalisti postfreudiani, i cui scritti sull’argomento costituiscono un contributo d’indubbia originalità e vengono presi in esame nel corso del volume. Estremamente diversi fra loro, ma accomunati da una decisa divergenza rispetto all’ortodossia, questi psicoanalisti rappresentano tre modelli forti – quello clinico, speculativo e di ricerca – che secondo l’Autore dovrebbero coesistere e perfezionarsi ulteriormente al fine di garantire una psicoanalisi attuale e aperta ad altre forme di sapere.
Dal punto di vista teorico-clinico, Benvenuto propone una lettura delle perversioni intese come scacco etico della vita sessuale in quanto segnano un mancato rapporto con l’altro come soggetto di desiderio e di piacere, mentre riconduce l’origine delle perversioni alla triangolazione edipica e al trauma della scena primaria. “La scena primaria – scrive – è innanzi tutto una scena di primaria esclusione: il soggetto è fuori di essa. – Io non sono fonte né di desiderio né di godimento per l’altro che amo – Da qui la difficoltà ad essere soggetto. Questo tradimento dell’altro è la matrice delle perversioni che non a caso mettono sempre in gioco un’esclusione dell’altro come fine”. (39) Condotte e forme di vita perverse (esibizionismo, sadismo, masochismo, pedofilia, voyeurismo, feticismo) sarebbero quindi la riattualizzazione, o riedizione metaforica, dell’evento traumatico vissuto dal soggetto. Tale posizione claustrofilica – di esclusione dall’altro e chiusura all’altro – può diventare causa di profonda sofferenza psichica perché confina il soggetto perverso dentro i limiti del proprio piacere legato all’esperienza di un dolore da cui non riesce a distaccarsi.
Nel capitolo “Svezzarsi dalla perversione?” (139) l’Autore rimanda al significato della “cura analitica” delle perversioni: il percorso analitico, la cui specificità è costituita dal setting e da un tempo storicizzato e trasformativo, può consentire il lavoro di quel “lutto mancato” aiutando il soggetto a separarsi dal proprio trauma.
Benvenuto articola questa sua ipotesi eterodossa con uno stile personale, attingendo idee e riflessioni non solo dall’esperienza clinica, ma anche da opere filosofiche e letterarie, episodi storici, film ed esperimenti di psicologia sociale, rilanciando, con qualche provocazione, interrogativi attinenti la stessa psicoanalisi e le sue teorie di riferimento.
Laura Contran