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“L’Autorità della Tenerezza”di P. Williams. Recensione di A. Migliozzi

25/10/22
"L’Autorità della Tenerezza"di  P. Williams. Recensione di A. Migliozzi

L’Autorità della Tenerezza. P. Williams

Mimesis 2022

Recensione di A. Migliozzi

Parole chiave: autorità della tenerezza; Williams; trauma; psicoanalisi;

Con l’Autorità della Tenerezza (2022), si conclude la trilogia che Paul Williams ha dedicato agli esiti del trauma infantile e alla sua possibile riparazione.
I tre volumi, di cui fanno parte Il Quinto Principio e Feccia, ripercorrono la vita, dall’infanzia all’età adulta, di un bambino abusato e traumatizzato, cresciuto in un ambiente violento, e costituiscono un, ‘… resoconto dettagliato dei modi in cui una mente cerca di avere la meglio su circostanze oppressive (p.19).’
Questo terzo capitolo, dagli esiti positivi per la straordinaria resilienza del protagonista, è scritto dal sé adulto e affronta il tema del recupero e rifondazione del vero Sé, nucleo prezioso e imprescindibile per una crescita autentica dell’individuo.

Williams è psicoanalista raffinato e clinico attento, da sempre interessato alla comprensione del funzionamento della mente psicotica e al trattamento dei pazienti gravemente traumatizzati. Formatosi presso la British Psychoanalytical Society, dove ha lavorato e svolto funzioni di training. E’ stato direttore per anni, insieme a Glenn Gabbard, dell’International Journal of Psychoanalysis. Attualmente vive e lavora in California.
Autore di molti lavori teorico-clinici, L’Autorità della Tenerezza fa parte di una nuova fase in cui l’autore (2010, 2012, 2019) si sta dedicando ad un differente tipo di scrittura, un esperimento, come lui stesso afferma, in cui la psicoanalisi prende una forma letteraria per arrivare più efficacemente nel vivo del trauma. Il lavoro, dunque, non è un’autobiografia o la storia clinica di un caso, dato che la persona che scrive e il soggetto non sono gli stessi. Attraverso la descrizione delle vicende che l’individuo soffre per farsi persona, Williams fotografa la mente al suo interno mentre viene attaccata, umiliata e deturpata, prima che sia in grado di proteggersi.

“…Merda mangiare merda non si può tronco merda mangiare merda immobile fissare uccidere no dietro fuggire uccidere fuggire tronco immobile fuggire tutt’e due (p.47).” Viviamo in prima persona la lotta, spietata ma necessaria, che un individuo gravemente traumatizzato fa per mantenere l’integrità del sé autentico, nonostante le spaventose umiliazioni subite. Troviamo la determinazione di non desistere di fronte alla disperazione, alla vergogna e al terrore, guidato dalla fiducia nella possibilità di uno sviluppo emotivo e umano, “Perché non sono rimasto in Francia? E’ una domanda che mi sono posto molte volte. Spero di aver avuto, ma penso di no, la convinzione di avere diritto di scelta (pag.53)” Scopriamo, però, anche l’esperienza di incontri positivi, veri e propri colpi di fortuna, la scoperta dell’amore e della bellezza, come correttivo al dolore mentale. “…l’amore, tutto ciò invocava accettazione se volevo riconciliarmi con me stesso (p.59).”
La strada sembra essere stata lunga per l’uomo che si andava formando, la psicoanalisi utilizzata, “…per salvare la propria vita con qualche speranza di un cambiamento significativo (pag.21),” lo ha aiutato a combattere la paura continua di impazzire e gli ha permesso di ‘trovarsi.’“…Da ciò emerge l’accettazione delle forme di vita dalle più fragili alle più profonde (pag.101).”

Williams ci consegna la sua psicoanalisi. Un processo con il quale possiamo affrontare pazienti che difficilmente riusciremmo a comprendere profondamente, se non diventassimo capaci di un rispetto sincero per la dignità personale e realizzare, così, un passaggio da un sé in sviluppo, bisognoso di assistenza, ad un sé capace di solitudine e dignità. Un insieme di teorie e di pratiche consolidate, dunque, ma prevalentemente un ‘arte,’ che sia capace di risvegliare l’immaginazione intima ed umana, senza la quale sembra impossibile ogni cambiamento. “L’analisi è esperienza non studio né apprendimento (pag. 58).” L’analista, dunque, dovrà essere disposto ad esporre tutto sé stesso ad un dolore inaspettato e disperato per poter riconoscere il Sè traumatizzato del paziente, esposto e violato, al fine di non ri-traumatizzarlo durante la cura,“…Un essere umano era ciò che poteva salvarlo, ma era anche ciò che l’avrebbe ucciso (p.34).”
Williams, a più riprese, sottolinea come un tale adulto, morto da giovane, sia stato un bambino che non ha potuto imparare dall’esperienza emotiva perché l’apparato per apprendere era compromesso in partenza mentre l’indifferenza e l’insensibilità avevano preso il sopravvento. “…Scomparso non temporaneamente o alla ricerca di un’alternativa ma Scomparso per non tornare mai più (p.61).” Di conseguenza, l’esperienza emotiva, di cui l’essere traumatizzato ha un bisogno disperato, non può essere riconosciuta, capita e tollerata. Il riconoscimento potrà avvenire, dunque, soltanto grazie ad un analista genuino che sappia operare con pazienza, onestà e gentilezza.
L’analista si troverà, inizialmente, di fronte un essere ‘alienato’, gravemente ritirato dal mondo emotivo e relazionale e con un’ipertrofia della vita fantastica interna. Un individuo in cui gli ‘pseudopodi’ del Sé autentico, non hanno trovato nutrimento ma veleno, creando le premesse per un isolamento estremo. Successivamente, l’analista scoprirà il Sé nucleare, che si trova in nascondigli profondi, e attraverso l’esperienza della dipendenza da un’altra persona, potrà permettergli di sviluppare quella capacità intuitiva e inventiva, che sta all’origine della creatività e dell’ispirazione artistica.   

Nel suo testo Williams ci offre, nella descrizione di un piccolo evento, apparentemente felice e improvviso della vita ‘del ragazzo,’ l’esempio del potere distruttivo del trauma emotivo sulla mente e le conseguenti manovre, ancor più distruttive, che ostacolano lo sviluppo di relazioni realmente nutrienti alla sua crescita.

Il ragazzo ascolta una canzone (Yellow Submarine) mentre partecipa alla prima festa della sua vita. Ha un’esplosione di felicità ma al tempo stesso, di panico perchè non ha ancora una mente che possa elaborare quanto sta sperimentando, ed è sconvolto e piange. Alcune persone buone gli chiedono, cosa ci sia che non va. Completamente disorganizzato, afferma che, il contadino ha sparato al suo cane. La reazione che riceve è la compassione. A questa compassione, segue ulteriore panico per la ‘bugia schifosa prodotta, venuta fuori così’, che causa vergogna e umiliazione.  

Il suo universo, dunque, privo di figure benevoli, si presentava come un bricolage di emozioni allo stato puro, di desideri non corrisposti, di frammenti di pensiero primitivo e di meccanismi istintivi di sopravvivenza che lo esponevano continuamente a cadere nella follia. Sappiamo che il bambino nasce con una psiche che ancora deve essere incarnata” e solo quando la mente accetta la responsabilità della sua soggettività diventa, “soggetto dell’essere (Grotstein, 2004:152),” ossia persona al centro della sua storia come protagonista responsabile della sua vita. Al di fuori di questo processo, c’è solo l’indifferenziato Io vuoto, che Tustin (1990) chiama buchi neri.

Come possiamo, dunque, raggiungere un tale paziente, con quali strumenti?

Williams parla di ecolocazione, “… una forma di ascolto attraverso il suono e il significato di ciò che l’individuo dice a ciò che non può dire direttamente non a causa di un’attività difensiva che può esserci […] ma perché il nocciolo del dilemma che la persona sta vivendo esisteva ancora prima (p.37)” Dunque l’ecolocazione è un sonar, una forma di ascolto indiretto, capace di recettività verso tracce del sé autentico. Si possono percepire soltanto tracce tramite, sussurri e grida primordiali, affermazioni poetiche oblique, allusioni bizzarre o lunghi silenzi.
La persona uccisa, dunque, impossibilitata a comunicare veramente, tenta costantemente di tenersi al di sopra dell’abisso della disfatta. Per questo, è necessaria una vera e propria rivoluzione, che non si può fare da soli, ma solo attraverso un paziente lavoro analitico di scoperta e riscoperta delle nuove modalità relazionali, attraverso cui trovare la propria personale interpretazione. “Fanculo (2010) non è semplice rigetto delle esperienze passate, ma è proprio la demolizione dei termini su cui tali modalità di relazionarsi sono state costruite e continuano nel presente a distruggere ( p.93).” In questa fase, durante la quale sperimentiamo un’estrema vulnerabilità, che potrebbe dissolvere il tutto, si potrà affermare l’autorità della tenerezza, la quale priverà le figure traumatiche dell’ossigeno necessario per le fiamme della distruzione.  

Con l’Autorità della Tenerezza, ma potrei dire con l’intera trilogia, Williams è stato capace di mettersi a nudo, di utilizzare tutto sé stesso, con il proprio percorso umano e professionale, per risvegliarci dalle nostre sicurezze analitiche e spingerci verso territori ancora inesplorati della mente umana. Usa la sua carne viva, la sua disperazione e paura per mostrarci cosa significhi veramente diventare umani.

Un merito particolare va alla pregevole traduzione di questo volume di Paola Capozzi che ha saputo mantenere fedelmente il valore delle parole intense e significanti, scelte dell’autore.

Paul Williams  (2022) L’Autorità della Tenerezza, Mimesis, Milano

Bibliografia

Grotstein J.S. (2000), Chi è il sognatore che sogna il sogno?, Roma, Maggi, 2004

Tustin F. (1990), Protezioni autistiche nei bambini e negli adulti, Milano, Cortina, 1991

Williams P. (2010) Il Quinto Principio, Mimesis, Milano

Williams P. (2017) Feccia, Mimesis, Milano

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