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“Jean Laplanche. Da Lacan a Freud” di J. André e P. Guyomard. Edizione italiana a cura di L. Spanò

28/03/25
"Jean Laplanche. Da Lacan a Freud" di J. André e P. Guyomard. A cura di L. Spanò.

Parole chiave: Lacan, Freud, Laplanche, Psicoanalisi

JEAN LAPLANCHE. DA LACAN A FREUD

A cura di Jacques André e Patrick Guyomard.

Edizione italiana a cura di Leonardo Spanò

Casa editrice: FrancoAngeli

Anno: 2025

Un estratto dall’introduzione all’edizione italiana di Leonardo Spanò.

A cent’anni dalla nascita di Jean Laplanche, “il più originale e filosoficamente informato teorico della psicoanalisi del suo tempo.”, secondo la rivista Radical Philosophy, una nuova raccolta di lavori, eterogenei per forma, contenuti e contesto permette di immergersi e affrontare criticamente tutte le emergenze e i nodi teorici della sua opera.

Dalla teoria della seduzione generalizzata, articolata intorno ai due elementi della situazione antropologica fondamentale e dell’ipotesi traduttiva della rimozione, alla originale traduzione dell’opera freudiana, alle divergenze con la teoria lacaniana: che si tratti della questione dell’alterità e del grande Altro, del rischio di una tentazione verso l’ideologia, della forma oscura di certe formulazioni, dell’inconscio transindividuale, del ruolo e della funzione del Padre, l’intento che anima questa raccolta di scritti non lascia spazio a molte ambiguità o dubbi: mettere al lavoro il pensiero di quello che è stato uno dei maggiori psicoanalisti francesi del nostro tempo. Del resto, è proprio questo il più grande omaggio che gli si possa tributare.

Una raccolta di testi che, ciascuno a suo modo, compiono un ritorno a Laplanche, o ancora meglio un ritorno su Laplanche, attraverso il medesimo metodo e la medesima postura con la quale egli stesso ha messo a lavoro l’opera di Freud e quella di Lacan.

Freud e Lacan sono i nomi propri dei due maestri, dei due padri (rigorosamente con la lettera minuscola), dei due interlocutori, delle due teorie con e contro cui Laplanche ha costantemente dialogato e lavorato. Un doppio movimento che non descrive un’opposizione ma piuttosto una dialettica mutevole e contradditoria. Una fedeltà infedele o una infedeltà fedele – a seconda di dove si preferisca far cadere l’accento – è quella che si istituisce nel rapporto con le opere di Freud e di Lacan, un inseguimento e una liberazione (magari imperfetta, come del resto sono tutte le separazioni). In fondo, il solo modo di gestire l’eredità, il lascito e il legame con una teoria (e con un maestro) che ci hanno istruiti non può non passare che attraverso una trasgressione: aprire l’opera, maltrattarla quando è il caso, individuarne le macchie cieche, i nodi irrisolti, le piste abbandonate, al fine di mescolare di nuovo le carte, di rianimarla, di renderla viva, mettendola al servizio di inedite ipotesi cliniche, piegandola all’esigenza di nuove necessità di teorizzazione, operando deformazioni e trasformazioni per continuare a far progredire un pensiero, a farlo correre, a proiettarlo verso il futuro.

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